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Gli assaggi del Barcelona Beer Challenge e uno spaccato della birra a Barcellona

Da alcuni anni in Spagna si respira un grande entusiasmo intorno alla birra artigianale, simile a quello che si è vissuto in Italia fino a poco più di un lustro fa. Le città si sono riempite di locali eccellenti, alcuni birrifici hanno ottenuto una meritata attenzione a livello internazionale e diverse iniziative hanno raggiunto fama in tutta Europa. Tra queste ultime si segnala il Barcelona Beer Festival e il concorso birrario ad esso collegato, almeno in termini organizzativi: il Barcelona Beer Challenge. Come spiegato venerdì scorso, quest’anno ho avuto l’onore e il piacere di ricoprire il ruolo di giudice nel contest catalano, potendo dunque confrontarmi per la prima volta con un concorso “mediterraneo” al di fuori dell’Italia. Esperienze del genere sono sempre utili non solo per l’attività di assaggio in sé, comunque molto formativa, ma anche per entrare in contatto con la realtà brassicola locale. Il programma che aveva preparato per noi l’ottima organizzazione ci ha permesso di visitare alcuni indirizzi della Barcellona birraria.

Gli assaggi

Gli assaggi del Barcelona Beer Challenge si sono tenuti per la prima volta all’interno del Craft Beer Cluster, un polo multifunzionale completamente dedicato alla birra artigianale e situato a Lliçà d’Amunt, 30 chilometri a nord di Barcellona. L’ampio complesso, che in molte sue parti è ancora in fase di allestimento, è stato un luogo perfetto per le sessioni di assaggio, che si sono protratte da venerdì pomeriggio a domenica mattina fino a pranzo. L’edizione 2022 del concorso ha visto l’iscrizione di ben 1.315 birre da tutto il mondo, valutate da 60 giudici provenienti da 15 diverse nazioni. Numeri di tutto rispetto per un’iniziativa giunta solo alla settima edizione, tanto da richiedere un’impostazione molto “smart” in tutti gli elementi del processo di assaggio. Quindi tavoli composti da 3 o 4 giudici (anche per le finali), scheda di valutazione piuttosto asciutta (ma con la possibilità di lasciare feedback ai birrifici) e nessuna menzione speciale oltre alle classiche medaglie d’oro, d’argento e di bronzo.

Il Barcelona Beer Challenge prevede la rotazione dei giudici: a esclusione dei capitani di tavolo, che rimangono al loro posto per tutta la durata delle sessioni, gli altri esaminatori cambiano posizione (e compagni di valutazione) a ogni categoria da assaggiare. È una soluzione che comporta qualche complessità in più a livello organizzativo e non a caso viene adottata raramente, ma permette di esaltare al massimo il concetto di confronto, spesso vero valore aggiunto in esperienze del genere. Gli assaggi del Barcelona Beer Challenge mi hanno lasciato moderatamente soddisfatto. In generale il livello qualitativo mi è sembrato più che discreto, sebbene non siano mancate alcune categorie deludenti. In particolare mi hanno colpito le Hazy IPA, presenti all’interno della più ampia categoria Specialty IPA: al netto delle eccezioni, le ho trovate piuttosto centrate e con pochi problemi di ossidazione rispetto alle premesse.

I locali di Barcellona

Sebbene gli assaggi si siano tenuti lontani da Barcellona, il nostro albergo era situato in pieno centro città. Per il programma degli appuntamenti collaterali l’organizzazione ha dunque scelto locali non troppo distanti e facilmente raggiungibili a piedi. La prima sera abbiamo cenato al Brew Wild, non distante dall’Università e situato curiosamente a due passi dai locali di Brewdog e Mikkeller – giusto per darvi un’idea dei nomi che hanno aperto nel capoluogo catalano negli ultimi anni. Come risulta evidente sin dall’insegna esterna, il Brew Wild gioca sul connubio tra birra e pizza, riuscendoci in maniera più che dignitosa: la pizza è bassa e “crunchy”, ma ben condita e con un occhio di riguardo per la lievitazione; l’offerta birraria invece è incentrata esclusivamente su birra craft, con un’attenzione particolare per i produttori della Catalogna.

La seconda sera abbiamo invece cenato nello spettacolare locale di Moritz (sito web), situato nel quartiere di Sant Antoni. Si tratta di un marchio storico di Barcellona che è stato riportato in vita in tempi relativamente recenti e che ha avuto il suo momento di svolta nel 2011, quando la proprietà ha deciso di ristrutturate completamente l’edificio che aveva ospitato l’impianto produttivo. Il risultato è un ambiente a dir poco evocativo, che si sviluppa su diversi livelli con un’attenzione a particolari quasi ossessiva. La nostra cena si è tenuta nel piano interrato, tra volte a botte, muri a mattoni, impianto a vista e installazioni di sicuro effetto. Come filosofia le birre si posizionano in quello che potremmo definire un segmento “premium”, una via di mezzo tra l’industriale e l’artigianale.

Lunedì pomeriggio abbiamo infine cenato presso il brewpub La Textil (sito web), altra destinazione dall’impatto estetico non indifferente. Il locale si sviluppa in lunghezza, alternando tre ampi ambienti: il primo dove campeggia il grande bancone e l’impianto di spillatura a muro con decine di vie; il secondo occupato centralmente da una favolosa cucina a vista (abitabile) e dai tavoli; il terzo, normalmente non accessibile alla clientela, in cui è sistemato l’impianto di produzione. Le birre disponibili sono quelle della casa e spaziano da stili più convenzionali a sperimentazioni varie, con risultati altalenanti. La cucina è davvero squisita e il locale in generale colpisce per la cura in ogni singolo dettaglio. Anche in questo caso c’è alle spalle un progetto – se non erro americano – di spessore non indifferente.

Conclusioni

La birra artigianale in Catalogna sta vivendo un momento di grande successo. La qualità delle produzioni sta crescendo di anno in anno e non mancano i progetti sostenuti da investimenti importanti, sia che si tratti di locali appariscenti, sia di poli multifunzionali completamente dedicati all’argomento. I luoghi birrari sono spesso pieni di clienti, anche relativamente giovani, e ciò dimostra che il segmento craft ha raggiunto una massa critica non trascurabile. Insomma, come accennato in apertura l’impressione è che in terra iberica si sia sviluppato un fenomeno culturale paragonabile a quello vissuto da noi sei o sette anni fa, ma con alcune differenze sostanziali: la predisposizione degli spagnoli per il consumo della birra, molto più alta della nostra (circa 90 litri pro capite contro 33); la maggiore facilità nel fare impresa; lo stile di vita improntato ai consumi fuori casa. In altre parole mai come ora la Catalogna e la Spagna in generale sono scene brassicole da tenere in forte considerazione. Grazie all’organizzazione del Barcelona Beer Challenge per questa splendida opportunità.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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3 Commenti

  1. Sono un italiano residente a Barcellona ormai da 7 anni e lavoro nel settore. La tua analisi mi sembra molto centrata nonostante i pochi giorni passati in Catalogna.
    Pultroppo il settore si è sviluppato troppo in fretta e male, soprattutto dovuto alla poca identità. Le birre sono un risultato di copia e incolla da altri paesi/produttori. Manca un aspetto fondamentale: capire la birra. Spesso e volentieri si cerca di colmare lacune produttive con il marketing. Molte marche vendono perché ci sono pochi produttori validi e la concorrenza qualitativa è ridotta.
    Detto questo c’è ampio margine di miglioramento e Barcellona (e la Catalogna in generale) rimangono un centro birraio interessante con un buon prospetto futuro.
    Grazie per condividere la tua esperienza!

    • Grazie Alberto. Una riflessione che mi sono dimenticato di riportare è che, forse proprio per gli alti consumi pro capite, mi sembra ci sia molta meno “resistenza” nei confronti di produzioni quasi industriali. Magari questo aspetto rallenta la crescita qualitativa, ma ha sicuramente altri vantaggi rispetto a una visione talebana come quella che si è sviluppata in passato in Italia.

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