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Buskers in Taberna: il mio resoconto

Come ormai saprete, tra le tante mode che si stanno diffondendo in Italia quella delle birre collaborative è la più evidente. E se parliamo di collaboration brew, è impossibile non citare il progetto Buskers, che probabilmente rappresenta la massima espressione di questa filosofia: un birrificio senza birrificio, che va in giro per la penisola a brassare le proprie birre insieme ai migliori birrai italiani. Oltre al grande successo ottenuto con le sue birre, il marchio Buskers si caratterizza per un altro aspetto: il numero esiguo di creazioni, che le rendono non facili da reperire. Ecco che allora non ho perso occasione per partecipare ieri sera all’evento organizzato dalla Taberna di Palestrina (RM): una cena di degustazione ad accompagnare cinque produzioni Buskers. Se volete sapere com’è andata, continuate a leggere…

La serata è stata presentata e condotta da Mirko Caretta, uno dei due fondatori del marchio e già conosciuto come proprietario del Bir&fud Bottega. Il padrone di casa, Marco Valente, ha invece introdotto gli eccezionali piatti in abbinamento – ancora una volta complimenti a Irma Valente per la sua abilità in cucina – spiegando i criteri di accostamento. Atmosfera come sempre intima e rilassata alla Taberna e organizzazione attenta ai minimi particolari.

La prima birra in assaggio è stata la Primavera al Verano, brassata in collaborazione con Aleph Birra presso l’impianto di Birra del Borgo. I creatori la definiscono una Graveyard Saison e il nome fa riferimento proprio al celebre cimitero di Roma. Perché un’allusione simile? La risposta è negli ingredienti utilizzati: bacche di cipresso e aghi di pino provenienti  proprio dal Verano (avete letto bene), oltre a pepe di Sichuan. Il risultato è una Saison molto profumata, in cui il lievito e il piccante del pepe ricordano una celebre pietra tombale… ehm miliare 🙂 dello stile di riferimento. A detta dello stesso Mirko, la resa gustativa può essere perfezionata: in effetti risultava un po’ scarica, mentre nel finale si avvertiva la presenza di brettanomiceti.

La birra è stata abbinata a fegatelli marinati alla Reale Extra e cipolle rosse in pastella di My Antonia e farina Enkir. Piatto squisito, che nell’abbinamento tendeva a prevalere sulla birra. Una maggiore secchezza in quest’ultima avrebbe reso l’accostamento sicuramente più congeniale.

Anche la seconda birra, la Dave, è stata prodotta a Borgorose. Può essere considerata una Belgian IPA ed è realizzata con un gran numero di qualità diverse di luppolo. Il risultato è una birra con intensissimi profumi fruttati, ma mai invadenti. L’amaro è ben bilanciato e rende la bevuta leggera e piacevole. Molto appagante, è stata proposta in accompagnamento a ravioli ripieni di coratella su crema di carciofi alla mentuccia. Come avrete ormai capito, tutti i piatti sono stati piuttosto “aggressivi”, proprio per sostenere tutte birre di gran carattere. Nella fattispecie il risultato dell’abbinamento è stato assai convincente.

In tanti hanno apprezzato la terza birra, battezzata Paranoid (omaggio ai Black Sabbath) e prodotta presso il birrificio Bi-Du. Nata sulla carta come Black IPA, è poi evoluta in una Dark Ale con luppoli europei. Il color fango non rende giustizia alla birra 🙂 , che invece risulta molto gradevole grazie al sapiente incontro tra malti tostati e luppoli: i profumi, leggeri ed eleganti, ricordano il cioccolato e il caffè, mentre al palato emerge il luppolo con un finale amaro lungo e persistente.

La Paranoid è stata abbinata a quello che secondo me è stato il miglior piatto della serata: tagliolini ai semi di finocchio con ragù bianco di fegato d’anatra e finocchietto selvatico. Che bontà ragazzi, e che accostamento decisamente riuscito!

Con la quarta creazione ci siamo spostati nell’impianto di Extraomnes, dove è stata brassata la Devochka. Il nome al limite dell’impronunciabile è quello con cui Alex di Arancia Meccanica si riferisce alle ragazze: un omaggio dunque a uno dei capolavori cinematografici del ventesimo secolo. E’ una Strong Ale d’ispirazione belga, prodotta con malto Pils e Cara, lievito Trappist, un mix di luppoli a fuoco spento e East Kent Golding in amaro. Per amplificare l’aroma di luppolo, è stato eseguito anche un dry hopping di Centennial in fiori freschi. Ottima e bilanciata in modo spettacolare. L’abbinamento in questo caso è stato con salsicce casarecce alla Reale Extra: due pesi massimi, che si sono equilibrati molto bene.

Infine abbiamo concluso con la Kashmir, ancora realizzata presso Birra del Borgo. Dedicata ovviamente ai Led Zeppelin, è una Christmas Ale brassata con l’impiego di uvetta biologica e scorza d’arancia amara, che ben si adatta anche ai mesi primaverili. Il luppolo (Magnum) in questo caso non è usato in maniera esagerata, ma serve per bilanciare l’evidente dolcezza dell’attacco. Nonostante il tenore alcolico (8,9%), risulta molto facile da bere.

L’ultimo abbinamento ha visto protagonista una pastiera preparata con cioccolato di Modica al luppolo di Birra del Borgo. Abbinamento abbastanza scontato, ma non per questo incapace di regalare grandi soddisfazioni.

Serata impegnativa 🙂 ma davvero esaltante. E’ stata una splendida occasione per avere una visione d’insieme del progetto Buskers e per tornare ad assaggiare le squisitezze della cucina della Taberna. Complimenti davvero a tutti! Per seguire le evoluzioni di “birrificio” e locale, vi rimando ai rispettivi siti web.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. Ho assaggiato quasi tutte le Buskers e il principale atout del progetto è quello di creare delle ottime birre, riuscendo ad imporre il proprio gusto rispettando l’anima del birrificio ospitante.

  2. Dave come sempre 😀
    Mi son piaciute molto le descrizioni delle birre, cosa non proprio facile visto che alla base del progetto c’è proprio una sorta di “freestyle”.

    Sottolineo che IMO la paranoid “more brown than black” resta un ottimo esempio di bipa nostrano.

  3. La paranoid per me è un enigma. L’ho bevuta due volte, una volta è vero era color del fango e mi è piaciuta moltissimo, la volta dopo invece era bella nera, completamente diversa a vederla ma stranamente mi è piaciuta meno. Qualcun altro ha notato questa cosa?

  4. Ciao,
    per prima cosa volevo ringraziare tutti per l’interesse e per la partecipazione all’evento ospitato egregiamente da Marco & Co. della Taberna.
    Come dicevo ieri sera, alcune nostre birre son state prodotte solamente una volta e mai con prove precedenti quindi in verità andrebbero sempre affinate e migliorate. Alcune volte mi è capitato di assaggiare 2 birre leggermente diverse dello stesso lotto, nonostante non abbiamo distributori. Tante volte l’impianto e le temperature cambiano parecchio il prodotto (non scopro di certo un enigma). Per la Paranoid ho notato che attaccandola e saturandola i leiviti finiscono sul fondo, diventando più nera che marrone, ma ne risente cmq il gusto pieno e rotondo di questa birra. La saison ad esempio bevuta all’Open di Roma e alla Tana sempre a Roma non aveva nessun tipo di “problemino”…ma l’impianto ieri era pulitissimo 😀
    Vai a saperlo…l’importante è che siano piaciute, noi da parte nostra cerchiamo di migliorare sempre, cotta dopo cotta.
    Grazie a tutti ancora e al Turco anche per lo spazio dedicato.

    p.s.
    I biscotti monoluppolo diventeranno un MUST vedrai.

  5. Complimentoni

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