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La birra Etrusca, Sam Calagione e altri spunti di riflessione

Uno degli aspetti peggiori della passione per la birra artigianale è la sveglia mattutina il giorno successivo a una serata di degustazione 😛 . Sacrificio che si può volentieri sopportare con un sorriso, soprattutto se ti permette di vivere un evento come quello andato in scena ieri all’Open Baladin. Come già accennato, la presentazione del progetto birra Etrusca è stato il pretesto per rivedere all’opera Sam Calagione di Dogfish Head, insieme ovviamente a Leonardo Di Vincenzo (Birra del Borgo) e Teo Musso (Baladin). Abbiamo assaggiato la produzione in questione, ma anche altre creazioni dei tre birrai, introdotte dal mitico Kuaska e accompagnate dai piatti di un certo Gabriele Bonci. Una serata pregna di contenuti, quindi, che anche stavolta – dopo quella dello scorso marzo – è stata utile per alcuni spunti di riflessione in ordine sparso, che ora andrò a illustrare.

Non esiste la birra Etrusca… esistono le birre Etrusca

Parto parafrasando la più celebre frase del mattatore della serata di ieri – chiaramente stiamo parlando di Kuaska. Fino a oggi vi avevo detto che l’Etrusca sarebbe stata una birra molto particolare, nata con la precisa intenzione di riproporre una bevanda fermentata antichissima e diffusa nella zona dell’antica Etruria. Ciò che non vi avevo detto (e che non sapevo) è che esistono diverse incarnazioni di questa birra. Esattamente come succede per la My Antonia, anche per l’Etrusca i tre birrai coinvolti nel progetto hanno deciso di proporre la loro personale interpretazione, giocando sul tipo di fermentazione utilizzata partendo da una ricetta comune. Ieri abbiamo assaggiato nell’ordine le versioni Baladin e Birra del Borgo: la prima fermentata in botti di legno, la seconda nelle “famose” anfore di Borgorose. Naturalmente ne esiste una terza ad opera di Calagione, fermentata “semplicemente” in rame, che però non è ancora disponibile. Chi è interessato sappia che sarà presentata in futuro a Eataly Roma.

Ma com’è questa Etrusca?

Vi confido che mi sono avvicinato all’Etrusca con qualche perplessità, derivante in particolare dalla mia idiosincrasia nei confronti dei “minestroni brassicoli”. E data l’idea di partenza, con questa birra l’elenco degli ingredienti raggiunge vette mai sperimentate prima: nocciole, melograno, miele, resina, uva passa, grano Saragolla e forse altro che non ricordo. Il risultato invece mi ha costretto a ricredermi. Chiaramente non siamo al cospetto di una birra da tutti i giorni e non è sbagliato definirla sperimentale, tuttavia il risultato è molto intrigante e originale. In particolare il naso regala profumi inconsueti e affascinanti, alcuni dei quali si ritrovano al palato insieme a una carbonazione fine ma impetuosa.

Le diverse versioni cambiano solo per il materiale con cui è fatto il “fermentatore”, eppure le differenze sono molto evidenti. E’ stato molto divertente e immensamente istruttivo confrontare in parallelo l’Etrusca di Teo con quella di Leo. La prima è decisamente più piacevole al naso (riscaldandosi quella made in Borgorose rilasciava una leggera punta acetica), la seconda al palato. In particolare la fermentazione in anfora ha contribuito a donare all’Etrusca di Birra del Borgo un’elegante acidità, assimilabile a quella di un Lambic, ma anche con sfumature del tutto uniche. Questo si traduce in una maggiore scorrevolezza in bocca, nonostante possa essere definita addirittura più complessa della controparte di Baladin. In entrambi i casi, comunque, due birre da provare sicuramente (magari blendate come abbiamo provato con l’amico Lorenzo 😛 ).

Sam Calagione, birraio archeologo

L’Etrusca non è la prima birra “ancestrale” con cui si misura il buon Sam Calagione. Anzi, credo sia l’unico birraio al mondo che abbia indagato in modo così sistematico la storia delle bevande fermentate dell’umanità. Ieri ad esempio abbiamo avuto il piacere di assaggiare anche la sua Chateau Jiahu, che può essere considerata un tentativo di riproporre la più antica bevanda fermentata della civiltà umana – le tracce ritrovate in vasi di terracotta nel nord dell Cina risalgono a 9.000 anni fa. Riprendendo gli ingredienti utilizzati all’epoca, Sam ha previsto nella ricetta l’impiego di sciroppo di riso, miele di fiori d’arancio, uve moscato e bacche di biancospino. Il risultato è una birra clamorosa, con un ventaglio aromatico particolarissimo, per certi versi di stampo “orientale”. E’ stata probabilmente la migliore birra della serata, segno che Calagione mette anche sostanza oltre la forma.

Non so da cosa derivi questa passione del birraio americano per le birre dei tempi antichi, ma ormai le produzioni che rientrano in questa tipologia sono diverse. Oltre all’Etrusca e alla Chateau Jiahu, bisogna citare anche la Mida’s Touch (primo esperimento di Calagione in questo senso), la Theobroma (inserita nella degustazione di ieri) e chissà quante altre. Il tutto è accompagnato da un costante lavoro di marketing, ma oltre a questo c’è un autentico desiderio di conoscenza: non si spiegherebbero altrimenti le continue consulenza ad esperti come il Prof. Mc Govern. Oltre che birraio rock star, Sam è anche birraio archeologo!

Auguri Kuaska!

Gli applausi ieri non si sono sprecati, ma il più forte è arrivato nel momento finale della serata, quando al buon Kuaska è stata recapitata una torta per festeggiare i suoi 60 anni. In realtà il compleanno è stato a settembre, ma questo non ha impedito ai presenti di rendere omaggio al più grande evangelizzatore italiano sulla birra artigianale. Sessant’anni portati ancora splendidamente, con la stessa passione e voglia di fare proselitismi birrari. C’è poco da dire: il movimento italiano deve a Kuaska praticamente tutto. E’ e deve rimanere ancora a lungo l’ambasciatore dell’Italia birraria all’estero, nonché il punto di riferimento per ogni appassionato.

Evento piacevole oltre ogni aspettativa. Non ho scritto tutto quello che avrei voluto, in particolare ho colpevolmente tralasciato i fantastici abbinamenti di un Bonci in forma come non mai – spero di non dover subire pene corporali inflitte direttamente da lui 😛 . Complimenti ai birrai, allo staff e a tutti coloro che si sono prodigati per regalare una bella serata ai presenti.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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8 Commenti

  1. Serata fantastica sotto ogni punto di vista. Sarei stato ad ascoltare Kuaska fino all’alba!
    Per quanto riguarda le birre anche secondo me la Chateau Jiahu è stata un gradino sopra le altre, davvero incredibile.
    Peccato che l’Etrusca di Calagione sia rimasta ferma alla dogana, sarei stato curioso di vedere la differenza con le altre 2 che devo ammettere di aver gradito non poco.

  2. Io venerdì a Torino se Leo porta un anfora mi ci faccio immergere…
    Sono molto curioso, ma parecchio.

  3. Francesco C. (ADB Lazio)

    Ottima serata! Birre affascinanti e intriganti, ambiente gradevole, cibo di qualità e un grandissimo “Virgilio” Kuaska che ci ha accompagnati nel paradiso birraio. Complimenti a tutti!!

  4. Veramente serata splendida!!!!

  5. Serata incredibile su tutta la linea, dal cibo alle birre passando per la narrazione di Mr. K.!
    Tra tutte le birre quella che mi ha impressionato maggiormente è stata la Chateau Jiahu, parte da una connotazione ascrivibile alla mousse di fragola per chiudere con un finale corto caratterizzato da un forte componente di frutta rossa (amarene su tutto); un bicchiere chiama l’altro…l’etilometro ringrazia. La Theobroma mi è piaciuta pochissimo, il cacao rimaneva veramente troppo a lungo sul palato, come il lunghissimo piccante/pepato del finale, però valeva assolutamente l’assaggio, vista anche l’atmosfera della serata.
    Tra le due “etrusche” devo dire di aver preferito la versione di Teo, più elegante e smussata nelle note più ostiche, mentre quella di Leo mi è parsa troppo slegata e con una sapidità accentuata che un po’ cozzava con l’acetico (per via dei minerali dell’anfora, cosa tra l’altro riscontrata anche nel lambic in anfora di Cantillon).
    I piatti del Bonci succulenti, specialmente il pane lavorato con la zucca e l’hamburger di maiale.
    Serata memorabile.

  6. Serata veramente eccezionale. La Chateau Jiahu è una delle birre più buone e perfette che abbia mai assaggiato (parere da inesperto ovviamente). E complimenti per l’articolo, piacevolissimo come sempre 🙂

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