Il nome di Alex Liberati è piuttosto conosciuto nell’ambiente della birra artigianale italiana e nella remota possibilità che non l’abbiate mai sentito prima, sicuramente avrete dimestichezza con alcuni dei suoi progetti, come la splendida Brasserie 4:20 di Roma o il marchio Revelation Cat. Il suo carattere vulcanico lo ha portato a viaggiare tanto e a concretizzare molte idee ambiziose, talvolta allontanandosi dalla Capitale e dall’Italia. La sua ultima partenza – avvenuta proprio oggi – potrebbe però essere definitiva, perché Alex è in procinto di trasferirsi in Colorado per realizzare il suo ultimo sogno in ordine di tempo: aprire un grande brewpub a Denver. L’occasione mi è sembrata perfetta per un’intervista, in cui ci racconta la sua ultima follia e i motivi che lo hanno spinto, come altri suoi colleghi, a lasciare l’Italia per fare business all’estero.
Ciao Alex, partiamo dall’inizio: raccontaci cosa vai a fare lunedì (oggi) a Denver.
Lunedì, dopo un anno e mezzo passato a girovagare, finalmente mi trasferisco a Denver, che è il posto che ho scelto per andare principalmente a vivere e ad aprire un brewpub. Lì vorrei riuscire a fare quello che avrei voluto fare qui.
Cioè?
Nel 2014 presi in affitto per 12 anni uno spazio di 800 mq nell’ex-mulino Biondi (dove hanno sede Stavio e Bibere Bistrot, oltre ad altre attività commerciali ndR), che sarebbe dovuto diventare un birrificio. Acquistai un impianto da 10 hl, che è ancora fermo in Cina ad aspettarmi, e andai all’ufficio delle Dogane per svolgere i primi obblighi burocratici. Premetto che con loro avevo già un discorso in essere per il magazzino fiscale di Impex Beer (la società di distribuzione di Alex ndR), quindi mi aspettavo non un trattamento di cortesia, ma quantomeno un iter lineare. Invece il mio interlocutore mi bloccò dicendo: “Alessandro, ma tu veramente vuoi aprire un birrificio artigianale? Io pensavo che tu avessi capito… per noi i birrifici artigianali sono un casino di lavoro, una sofferenza. Guarda, se tu lo fai io vengo e ti controllo” minacciandomi col dito puntato. Allora pensai che non ci fossero le condizioni migliori per un investimento a lungo termine e iniziai a cercare contesti più adatti in giro per il mondo.
E arrivasti a Singapore…
Sì, analizzai vari luoghi sulla base di diversi parametri (legislazione, consumo di alcol, ecc.) e scelsi Singapore, dove mi trasferii per sei mesi. Singapore è una città di cui ti innamori immediatamente, un’altra galassia, per certi versi molto lontana dalle dinamiche dell’Occidente. Il governo prevede incentivi e sgravi fiscali incredibili per chi comincia una nuova impresa e quando andai a parlare con gli impiegati del corrispettivo del nostro UTF, trovai tutte persone straordinariamente aperte e disponibili. Situazione perfetta quindi, se non fosse per un piccolo dettaglio: in generale a Singapore non puoi essere proprietario di immobili se non sei nato lì. La conseguenza è che il costo degli affitti commerciali è stellare e ha una durata ridotta, dopo di che sei costretto a rinegoziarlo col proprietario senza le necessarie garanzie. Nonostante le apparenze, anche questa destinazione si rivelò quindi poco adatta a un investimento a lungo termine, sebbene un giorno mi piacerebbe tornarci con un progetto di produzione.
Quindi hai ripreso a girare fino ad arrivare a Denver.
Sì, siamo andati a Tokyo, in giro per la West Coast, per l’Ohio, per tutto il nord compresa Chicago, per una parte di East Coast. Alla fine Denver ha vinto alla grande, nonostante io storicamente sia stato sempre innamorato di San Diego. Secondo me Denver in questo momento rappresenta una delle realtà più incoraggianti non solo per chi vuole lavorare nel mondo della birra artigianale – ci sono molti birrifici e il governatore è un birraio! – ma per chi vuole fare business in generale. È una città molto smart che guarda al futuro, destinata a crescere molto nei prossimi anni e orientata a un’imprenditoria di alto livello. Ma soprattutto è frequentata da persone ospitali e amichevoli, decisamente alla mano e molto diverse tra loro. C’è un bel senso di comunità aperta a tutti i nuovi che vi entrano, un’eccezionale propensione alla condivisione e alla crescita personale. In aggiunta il clima è piacevole e mai noioso.
Sembra veramente un luogo da sogno! Lì perciò nascerà il tuo progetto, parlacene nel dettaglio.
Abbiamo trovato questo edificio che è in zona centrale, quartiere Five Points, un isolato di distanza da Great Divide. È uno dei palazzi più vecchi di Denver, sede in precedenza della seconda stamperia più grande e antica del Colorado, sviluppato su due piani più un terrazzo (1.200 mq l’uno) e con un ampio spazio esterno (2.400 mq). All’interno avremo 500-600 posti a sedere.
Ok e quale sarà il nome del locale?
Bella domanda 🙂 Fondamentalmente a me piacerebbe mantenere staccate le due entità – locale e birrificio – e sto valutando come farlo. In linea di massima credo che il pub si chiamerà Strada, un nome facile da pronunciare anche per gli americani, che personalmente mi ricorda Roma e che si lega all’anima che vogliamo infondere al locale. Anche a livello estetico vorrei inserire caratterizzazioni molto italiane, con marmi e travertino, oltre a una serie di richiami architettonici al 4:20.
Il birrificio invece si chiamerà Birrificio Liberati. La mia idea è di caratterizzare parte della produzione con ingredienti italiani coltivati in loco, come i limoni di Sorrento. Sarebbe interessante riuscire addirittura a utilizzare luppoli italiani e uve italiane, nonché uve locali considerando che il Colorado ultimamente si sta orientando con decisione sulla produzione di vino biodinamico.
Passando a uno degli argomenti per noi più importanti, come sarà strutturata l’offerta birraria?
Beh avremo circa 80 spine, la metà delle quali mi piacerebbe coprire con le nostre produzioni, almeno per quando saremo a regime. Per il resto l’idea è di proporre molte birre ospiti di Denver e del resto del Colorado, allargando l’offerta anche ad altre realtà degli Stati Uniti e, perché no, dell’Europa, ammesso che sia possibile un’importazione sensata. Mi piacerebbe molto collaborare con i tanti birrifici importanti che popolano Denver e i suoi dintorni.
Che tipo di cucina proporrete? L’offerta del beverage sarà incentrata solo sulla birra?
A livello gastronomico mi piacerebbe orientarmi sullo street food italiano, unendo un tipo di cucina in grande ascesa con il made in Italy, fenomeno sempre di successo. Vorrei importare salumi e formaggi italiani di qualità, proporre gelato artigianale… sarà necessario un lungo rodaggio che comunque abbiamo già iniziato. Non ci sarà solo birra, ma anche cocktail per i quali stiamo studiando una collaborazione col Jerry Thomas Project.
Come ultima domanda non rimane che chiederti come lasci l’Italia…
Sicuramente è amaro pensare che qui non ho potuto continuare quello che mi sarebbe tanto piaciuto fare. Magari sono io che la vedo in maniera troppo drastica, certo però non sono né il primo né l’unico che si sta spostando fuori. Sinceramente mi sono davvero stufato di scontrarmi con lo Stato. Il mondo italiano della birra è fighissimo, ne ho sempre fatto parte divertendomi un mondo. Mi mancheranno tante cose, mi mancherà non poter più condividere momenti con persone con cui sono sono cresciuto professionalmente. Gli ultimi due anni sono stati gli anni più emozionanti e complicati della mia vita, ma sono orgoglioso e felice di quello che sto per compiere.
E allora non mi rimane che ringraziare Alex per l’intervista e augurargli un grande in bocca al lupo per il suo futuro progetto. I primi indizi dicono che lì è atteso con grandi aspettative, coerentemente con quanto mi ha raccontato del mood di Denver. E allora i presupposti ci sono tutti per un altro successo italiano nel panorama internazionale della birra artigianale.
Grande Alex….. in bocca lupo, torna presto:)))
“Guarda, se tu lo fai io vengo e ti controllo”
ahahahah che cattiveria!!
cosa dovrebbe fare un funzionario delle dogane?