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Birrai stranieri in Italia: intervista a Oliver Harbeck (Birrapulia) e Jurij Ferri (Almond)

A circa un mese dalla prima intervista doppia, torniamo a raccontare le storie dei birrai “stranieri” operanti in Italia tramite le loro parole. Dopo aver dedicato la prima puntata a Carl Friztpatrick (BBBirra) e Romain Verrecchia (Kashmir), è ora il momento di conoscere meglio altri due protagonisti del movimento brassicolo nazionale. Il primo è Oliver Harbeck, fondatore del birrificio Birrapulia di Ostuni (sito web), situato in provincia di Brindisi. Come vedremo è per un buon motivo che compì una scelta quasi paradossale: lasciare la sua Baviera, terra di birra per antonomasia, e aprire un birrificio in Italia. Il secondo personaggio è Jurij Ferri di Almond ’22 (sito web), che produce birra in provincia di Pescara (l’azienda ha sede a Remartello) addirittura dal 2003. Molti di voi lo conosceranno, ma non tutti sanno che è nato a Stoccolma da madre svedese e ha vissuto 12 anni nel paese scandinavo.

Ciao. Per iniziare raccontaci la tua storia e spiegaci perché hai deciso di produrre birra in Italia.

Oliver Harbeck – Sono nato e cresciuto in Germania, o meglio in Baviera, dove ho studiato e mi sono formato per diventare birraio. In quel periodo ho anche incontrato la donna che sarebbe diventata mia moglie, che come me studiava a Monaco di Baviera. In seguito ho lavorato per più di 20 anni in diversi birrifici di piccole e medie dimensioni, ubicati sempre in Baviera. Nel 2000 abbiamo acquistato una casa per le vacanze nelle campagne di Ostuni con un terreno di 3 ettari e mezzo, dove sono ospitati un vigneto e un oliveto di medie dimensioni che al momento coltiviamo in famiglia. Nel 2006 è nato Tiziano, mio figlio, che in Germania purtroppo soffriva di gravi malattie respiratorie, come asma bronchiale. Quando abbiamo verificato che in Italia stava meglio abbiamo deciso di trasferirci qui.

Jurij Ferri – Sono di mamma svedese e ho vissuto in Svezia per 12 anni. Ho iniziato a produrre birra a casa nel 1999 . Producevo di tutto da anni: salumi, marmellate, liquori. Così ho iniziato a produrmi la birra. Ho deciso con mia moglie che saremo rimasti in Italia a vivere e quindi di conseguenza abbiamo aperto a Pescara in Abruzzo nel 2003.  Ho studiato molto e lo faccio ancora oggi. Non davo nulla per scontato e lavoravo sempre sulla stessa birra (una weiss) per cercare di migliorarla sempre. A dire il vero avevo una buonissima cultura enogastronomica, ma abbastanza scarsa in campo birrario: semplicemente non mi piacevano le birre che trovavo normalmente in giro (parliamo di quasi 20 anni fa in Abruzzo…. il deserto dei tartari 🙂 ). Fare birra a casa è diventata quasi un’esigenza. Il resto è venuto da se.

Le birre che produci traggono ispirazione dal tuo paese di origine? Oppure non hanno alcun legame con esso?

Oliver Harbeck – Considerando i nomi delle mie birre come la Lager, la Rauch, la Doppelbock, la Weizen, la Pilsener e la Vienna, considerando gli stili di riferimento, considerando il metodo della fermentazione nei tini aperti, considerando la maturazione lunga in cella frigo, considerando l’imbottigliamento isobarico… direi che prendere più ispirazione dal mio paese di origine non è possibile 🙂 . Però non voglio dire che gli altri tipi e gli altri metodi non mi interessano, altrimenti non mi fermo più…

Jurij Ferri – Certo, alcune hanno la speziatura ispirata a  dolci tipici svedesi (Grand Cru e 45 Lune), altre legate alla mitologia (vedi Remartello, dedicata a Thor).  Del mio lato scandinavo c’è il rigore e la precisione nel lavoro.

Fare il birraio in una nazione senza grandi tradizioni brassicole come l’Italia è per te un vantaggio o uno svantaggio?

Oliver Harbeck – Secondo la mia esperienza la gente italiana è sempre aperta, sa valutare una buona birra tradizionale tedesca e sopratutto un prodotto di alta qualità. Lavorare e produrre birra ad un livello elevato per me è uno standard.

Jurij Ferri – Un vantaggio dal punto di vista sia creativo sia per quello che riguarda la libertà nel creare nuovi sotto stili o nell’interpretare stili canonici. Poi l’Italia (mio padre era Italiano) ha una ricchezza di risorse enorme ed è forte ispirazione. La cucina italiana è magnifica (per chi la conosce bene e sa cucinare ancora di più) ed è stata di grande ispirazione, portandomi a creare birre bilanciate ed eleganti. Purtroppo sacrificare un po’ di testosterone birrario è necessario se si vuole seguire il filone enogastronomico Italiano.

Hai mai pensato che sarebbe stato meglio gestire un birrificio nel tuo paese d’origine?

Oliver Harbeck – Devo ammettere che soffro tanto la burocrazia italiana, l’altissima tassazione e il sistema delle accise, ma non ho mai pensato di gestire un birrificio in Germania. Secondo me in nessun paese è facile gestire un microbirrificio, perché ogni paese ha le sua peculiarità. Prendiamo l’Editto della Purezza: non sempre è un vantaggio, poiché rappresenta anche una grave restrizione allo sviluppo del mondo della birra.

Jurij Ferri – Molte volte. La burocrazia di questo paese è ridicola.

Se provi a guardare al futuro, ti immagini sempre a fare birra in Italia?

Oliver Harbeck – Anche se non sempre mi sembra tutto facile qui in Italia… voglio godere anche in futuro del clima, del mare e della cucina tradizionale italiana.

Jurij Ferri – A febbraio saranno 15 anni di Almond’22, le mie radici da birraio sono qui e voglio continuare a fare birra per le persone che ci amano.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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