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Dove bere birra artigianale a Padova: quattro locali visitabili a piedi

Come mi ripeteva spesso uno dei miei mentori lavorativi “il lavoro chiama ulteriore lavoro” e pertanto, in occasione di un’altra trasferta professionale a Padova, ho approfittato per fare una visita a qualche pub della città. Qui peraltro ho avuto il piacere di passare qualche ora in compagnia dell’amico Marzio Berrugi, giudice nazionale di pluriennale esperienza, con cui ho già condiviso esperienze di festival birrari e, appunto, giuria di concorsi nazionali di homebrewing a firma Mobi. Padova è una città con diverse attrattive, in primis la Cappella degli Scrovegni e la Basilica di Sant’Antonio, e che a mio avviso non necessita di presentazioni. Diversi sono i pub attivi nella birra artigianale, con alcuni interessanti innesti arrivati negli ultimi tempi. Come accaduto in altre città, anche questa volta ho potuto spostarmi a piedi tra una tappa e l’altra, godendo di gradevolissime passeggiate sotto i portici.

In 10 minuti scarsi a piedi dalla stazione ferroviaria si raggiunge Piazza de Gasperi e di fronte al campo di basket si trova Birrone Padova, inaugurato il 22 ottobre scorso, che rappresenta uno dei vari locali monomarca del birrificio Birrone operativi in Veneto. Il posto è ampio e luminoso e appena entrati è facile notare, sulla destra, un bancone interamente refrigerato lungo più di 6 metri, sul quale campeggiano 12 spine tutte dedicate alle referenze di Birrone. Personalmente ho optato in primis per una soddisfacente SS46 (4,8% abv), una Helles dal colore giallo dorato, limpida, frutto una lagerizzazione eseguita a dovere, dove si rinvengono al naso note di fiori bianchi e arancioni e toni maltati e mielati, che proseguono in bocca conferendo una sensazione di morbidità e rotondità, prima di un finale leggermente secco e amaro. Ho poi proseguito con la Brusca (4,8% abv), una Pils sicuramente fresca e gradevole, con tuttavia un profilo amaricante erbaceo nel finale che a mio avviso risulta un filo troppo intenso e persistente.

Dopo aver ringraziato  il responsabile del locale per il servizio attento e scrupoloso, mi sono diretto verso il Foramoda, distante 5 minuti a piedi. Inconfondibile per via della tenda rossa posta sopra l’ingresso del locale, nonostante le sue dimensioni contenute il Foramoda risulta sempre piuttosto frequentato, caldo, accogliente e con un’atmosfera amichevole e conviviale, circostanza che mi invoglia sempre a passare diverse ore al bancone. Il locale è composto da una piccola sala dove è presente il bancone vivibile con 6 spine, un frigo e un paio di tavolini e una saletta più tranquilla raggiungibile con qualche scalino. Per quanto attiene le bevute, ho scelto la Corva Nera di Mukkeller (6,5% abv), che non bevevo da tempo: una Porter color ebano con schiuma compatta di color nocciola, senza sgranature, che si staglia al naso tra note torrefatte di caffè, orzo, farina di castagne e cacao amaro, oltre a sfumature agrumate. La carbonazione è appropriata e le sensazioni palatali ricalcano quelle nasali, salvo la farina di castagne. Il tutto, è il preludio ad un finale morbido e al contempo asciutto, senza alcuna astringenza e di buona persistenza. Pleonastico il mio giudizio soddisfacente della bevuta, nonché il fatto che mi piacerebbe avere il Foramoda ad un tiro di schioppo da casa.

Salutati Eleonora e Niccolò, ho fatto una passeggiata di 20 minuti percorrendo i portici di Via Savonarola e arrivando in Via Vicenza, dove poco prima dell’incrocio con Via Digione si trova il pub di Busa dei Briganti, birrificio candidato al premio Birraio emergente 2021. Il locale si presenta con un piccolo dehors, varcato il quale ci si ritrova davanti un’unica sala rettangolare, con diversi tavolini in legno abbastanza distanziati fra loro. Alle pareti sono presenti da un lato dei pannelli che descrivono il processo di produzione della birra, dall’altro alcune scansie ben illuminate con le referenze di Busa dei Briganti in lattina in bella mostra. Proseguendo, si arriva ad un bancone in legno piuttosto lungo, dove si può mangiare senza problemi, dietro il quale è presente una cucina parzialmente a vista. Non ho potuto fare a meno di notare diversi hamburger piuttosto allettanti sia sulla carta che alla vista, oltre al fatto che il locale è piuttosto frequentato per la cena con una buona mole di lavoro dedicata alle consegne a domicilio. Venendo alle bevute, ho voluto riprovare la Eva K (4,2% abv), una Zwickel che questa volta ho trovato scevra da difetti evidenti, crooccante, pulita, con un finale amaro ben presente senza essere invasivo o slegato. Successivamente, ho bevuta la Misty Morning (7% abv), una NEIPA torbida, di color oro pallido, con una schiuma discretamente compatta, che rivela al naso sentori di frutta esotica, pino silvestre, pesca. La carbonazione è un po’ bassa, il corpo è medio e rivela una leggera nota resinosa, seguita da sentori agrumati e tropicali che introducono un finale delicatamente amaro. Avrei gradito una maggior persistenza.

Last but not least, ho concluso la serata alla Taverna del Porto in compagnia dell’amico Marzio. In tutta sincerità ignoravo l’esistenza di questo pub, che si è rivelato un buon indirizzo in cui tornerò nella mia prossima visita a Padova. Aperto dal 2016 e situato in zona Mandriola, il locale è dotato di un’ampia offerta formata da 15 vie tutte di birra artigianale, con referenze, tra le altre, di Elvo, Mukkeller, Foglie d’Erba, Croce di Malto, Lariano, Vecchia Orsa e Porta Bruciata. L’offerta è impreziosita da una buona cucina che spazia dagli hamburger al pulled pork, dal polpo arrosto a carpacci e tartare, senza tralasciare i dessert. Inoltre La Taverna del Porto è dotata di un dehors e di una veranda molto gradevole che diviene spazio all’aperto quando la stagione lo consente. Un pub sicuramente accogliente, con le pareti adornate da disegni che rimandano fortemente alla vocazione “marinara” del posto e il bancone ad angolo retto dove sono presenti, appunto, delle piccole ancore a mo’ di stemma. Anche il mobilio ricorda molto quello di una taverna, sebbene si tratti di un pub vero e proprio, pensato per accogliere “viandanti e navigatori della birra artigianale”. Tra chiacchiere, battute e scambio di impressioni e opinioni, ho avuto modo di assaggiare una più che discreta After the Pils di Elvo (5% abv) e una Rajah di Vecchia Orsa (6,5% abv) che non bevevo da anni: un’IPA old fashioned tendente all’ambrato carico, con note caramellate e di agrumi, buona persistenza e un finale amaro e maltato.

Tirando le somme, dal punto di vista birrario sono discretamente soddisfatto di questa visita a Padova. Dalla mia ultima volta, nel 2017, mi è sembrato di trovare un’offerta sicuramente più varia, comunque imperniata su birrifici nazionali e sicuramente arricchita da locali monomarca. Tornerò sicuramente con piacere e non mancherò di recarmi a Crak Casana che, ahimè, ho dovuto “saltare” per mancanza di tempo.

L'autore: Pierluigi Nacci

Appassionato di birra artigianale sin dal 2004, ha frequentato numerosi corsi di degustazione e nel corso degli anni ha sviluppato una predilezione per i viaggi birrari all'estero, comprensivi di visite a taproom e pub, e per i festival internazionali. Senza assolutamente tralasciare la scena italiana.

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5 Commenti

  1. Mimmo Saku Inglese

    La prossima volta le consiglio anche il white pony in corso Vittorio Emanuele II, non se ne pentirà.

  2. Birra a Padova? Imprescindibile l'”Asinella”, in via Chiesanuova 117.

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