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C’era una volta il pub, o dell’ibridazione di locale birrario

Luppolo e Farina, uno degli esponenti della nuova corrente di locali ibridi

Nella recente rassegna degli ultimi beershop aperti nella Capitale ho sottolineato come alcuni tra gli ultimi arrivati abbiano iniziato a differenziare la propria offerta, sia proponendo articoli completamente diversi dalla birra (piercing, biciclette, libri), sia accompagnandola con street food e proposte simili (eclatante il caso del franchising Beerland). Insomma, sembrerebbe in atto un’ibridazione del concetto di beershop, non più incentrato quasi esclusivamente sulla birra, ma anche su prodotti più o meno distanti anni luce da essa. Credo si possa affermare che la stessa ibridazione – decisamente in maniera più evidente – sta riguardando anche i locali: il pub non è più la casa della birra in modo esclusivo, bensì stanno aprendo posti dalla natura promiscua, in cui i prodotti dei microbirrifici sono protagonisti, ma non in modo assoluto.

Questo fenomeno di convergenza a Roma è stato portato alla ribalta dal bir&fud, che ha unito la birra artigianale italiana a una cucina informale ma di primissimo livello. In parole povere una pizzeria con birra di qualità, incarnando una formula che si è rivelata senza dubbio vincente. Sulla stessa falsariga è stato poi impostato l’Open Baladin, senza la pizza ma con ottimi panini. Ma al di là di questi nomi conosciuti anche a livello nazionale, Roma e provincia negli ultimi tempi si sono riempite di tantissimi locali ibridi. Di pub tradizionali in stile Ma che siete venuti a fà se ne vedono sempre meno…

Una mia recentissima scoperta è ad esempio Grapes, che ho conosciuto grazie alla segnalazione dell’esimio Aleandro. Si trova a Castel Gandolfo, proprio a ridosso del Lago di Albano, e si presenta come uno dei tanti ristoranti che circondano la zona lacustre. Se non fosse che dispone di un’ottima e ampia selezione di birre alla spina e che delizia i clienti con un autentico barbecue americano, curato direttamente da Tony, una vita passata a Philadelphia. Ho avuto il piacere di sorseggiare un’ottima Space Man di Brewfist – sì in questo momento è una delle mie birre preferite 🙂 – mentre le mie papille gustative godevano con fantastiche ali di pollo e costolette di maiale. Mai avrei pensato che un giorno sarei riuscito a bere in modo eccellente in un posto del genere.

Tornando nei confini del Raccordo Anulare, un locale che mi ha sempre attratto sin dalla sua apertura (che se non sbaglio risale a quasi un anno fa) è Luppolo e Farina. Come si può intuire dal nome è una pizzeria con birra artigianale, che pone grande attenzione a entrambi gli aspetti della sua natura. Non ho avuto ancora la possibilità di provarlo – soprattutto a causa di orari non proprio amichevoli per chi abita dall’altra parte della città – ma dalle foto sembra vantare un ambiente molto curato. L’attenzione per la birra non è casuale, visto che regolarmente vengono organizzate serate di degustazione.

Ben più vicino a dove abita il sottoscritto è invece partita da qualche mese l’avventura di Beere, che ha sostituito lo storico Starbess (chi conosce Mike Murphy sa a cosa mi riferisco). Da classico pub il locale si è trasformato in una sorta di bistrot, con cucina, vino e birra, ovviamente artigianale. A parte il ricco aperitivo, il Beere si segnala per birre non comuni. Insomma non solo produzioni di qualità, ma anche di non facile reperibilità: ad esempio alla spina è possibile provare tutta o quasi la produzione del friuliano Sauris (quello della Zahre).

Questi tre esempi dimostrano come i prodotti dei microbirrifici hanno permesso alla birra di entrare in locali diversi dai pub e, in alcuni casi, di stimolare l’inventiva degli appassionati verso attività commerciali dalla natura particolare. In tutti i casi qui descritti, tuttavia, lo sfoggio di birra artigianale non sembra un orpello per rincorrere la moda del momento, bensì una scelta ragionata e portata avanti con un certo grado di competenza. Come spiegato in apertura, il pub non è più il solo luogo designato per la birra artigianale.

Cosa pensate di questi locali innovativi? Preferite il classico pub o pensate che possano essere una valida alternativa?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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22 Commenti

  1. grande Tony,ormai Grapes è il punto di riferimento per godersi un po’ di sano freschetto brassicolo!

  2. Propendo per la seconda, trovo sia bello che esistano anche dei locali alternativi ai pub tradizionali (senza nulla togliere a questi ultimi, sia chiaro…).
    L’importante è che si abbia sempre la possibilità di mangiare bene e bere una buona birra (o un buon vino, perché no?).

  3. Assolutamente favorevole al proliferare di questi locali ibridi…è decisamente una goduria potersi mangiare una buona pizza o un buon panozzo accompagnati non dalla solita per**i o tub**g ma da una buona birra artigianale!!!

  4. Mi hanno consigliato ed invitato al grapes 20 volte e ancora non ci sono stato 😐

    Gli “ibridi” mi sembrano molto legati al discorso “gourmettaro” che va tanto di moda ultimamente (a roma in particolare). Non so se siano un bene perché si potrebbe rientrare nel discorso birra vs alta ristorazione.

    Preferisco sicuramente se alla birra si legano tutte le sue componenti alternative.
    L’idea di unire birra e fixed per me è straordinaria 😀 così come potrebbe esserla quella di birra e musica etc etc…

  5. l’idea degli ibridi, se non nasce solo dal tentativo fuffaiolo di riposizionare dei prodotti in una fascia di prezzo superiore, non vedo cosa possa avere di male

    ma la vera rivoluzione italiana, a cui non ha pensato nessuno, è quella dei BAR “indipendenti”. il bar, erede dell’osteria, è l’equivalente italico del pub e lì ci sarebbe da lavorare…

  6. Oggi per aprire un’attività commerciale di qualsiasi idea, bisogna essere preparati/lungimiranti e appassionati. Questi locali da te indicati certamente non sono ne innovativi ne alternativi e avranno poco riscontro tra gli amanti..del genere.Giovanni Mastroianni

  7. come per tutto il “troppo stroppia” benvenga ogni tipo innovazione, ma, personalmente rimango fedele al pub vecchia scuola… “giù nel pub sempre le solite facce, niente acqua publican perchè io non so che faccè!”

  8. In Italia, secondo me, ci fa talmente strano l’idea di andare in un posto (pub) per bere solamente (magari improvvisando chiacchiere in piedi), al punto da inventarci un sacco di combinazioni per non rinunciare ad accompagnare il bere al cibo.
    Di locali così ce ne sono una marea ormai. Non è che sia un male estremo, per carità, ma non lo vedo così salutare per tutto il movimento.
    Preferisco il pub.

  9. Sarebbe bello a questo punto fare un elenco completo di tutti i locali che servono birra artigianale a Roma: pub, beer-shop, ristoranti e “ibridi”. Penso che stabiliamo un nuovo record mondiale.

    Da appassionato ovviamente preferisco il pub, ma fa piacere andare un pò ovunque e avere una possibilità di scelta. Per un neofita sarebbe meglio supportare ogni posto con una buona e sana comunicazione, discorso trito e ritrito. Come postato da Giovanni non tutti sono preparati o appassionati, sono però lungimiranti, perchè s’è capito ormai che la birra artigianale tira e nemmeno senza troppi sforzi.

  10. Benvenuti gli ibridi, ma viva i vecchi pub! Luppolo&farina, per me personalmente, una delusione. Forse le mie aspettative erano esagerate…Ma frequentando il bir&fud e l’open mi sembra normale! A parte i prezzi, giustamente onesti, altrimenti la mia “recensione” sarebbe stata più severa, posso dire: birre poche e sempre le stesse. (Con attesa di 20 minuti circa per spillare una Reale, poco di più per una Isaac – alla fine arrivata in bottiglia perchè ci hanno rinunciato! Segnalo che mi trovavo di fronte alle spine ed ho assistito a scene di pura follia in quei venti minuti di tentativi falliti…) Da mangiare ho provato un tagliere e della pizza al taglio. Entrambi di basso livello. Forse ho sbagliato giorno?

    • cosi me lo smonti Luppolo&Farina..intendevo provarlo a breve..vabbe almeno ci vado con pretese dimezzate:)

    • Probabilmente sono stato fortunato, ma le due volte che sono stato per un aperitivo da Luppolo e Farina sono rimasto più che soddisfatto.
      L’importante è non aspettarsi la varietà di birre di locali quali Bir&Fud o Open.
      Per la pizza, vale un discorso analogo: non sarà il Pizzarium, ma secondo i miei gusti è di buona qualità. Anche i prezzi sono più che corretti.
      Ben vengano locali “ibridi” accanto ai ritrovi per appassionati: aiutano ad avvicinare alla birra di qualità anche chi non è né vuole diventare un esperto.

    • Ci rincresce non averti soddisfatto… Vorremmo però spiegare che non abbiamo mai avuto la pretesa di divenire un “tempio della birra”.Ci troviamo in un quartiere
      non propriamente modaiolo e fatichiamo ad educare una clientela inconsapevole
      dell’ esistenza di un mondo parallelo rispetto la classica “birretta”.
      Questo ci costringe a riversare risorse preziose nella fascia del pranzo e spiega gli
      orari di chiusura (Al mattino entriamo alle 07:00.. 16/17 ore di lavoro!!!)
      L’ offerta delle birre, al momento, si basa su una filosofia didattica e di approccio
      più che di ricerca, anche se 40 etichette e 5 linee non le consideriamo poche per una pizzeria a taglio/gastronomia.
      Ci perplime l’osservazione sulla Isaac… Mai montata su una linea e pronti a mostrare tutte le fatture d’ acquisto… e quella riguardo i “momenti di follia”… forse un fusto in rifermentazione? forse uno spurgo dopo un lavaggio?…
      Comunque ti invitiamo a tornare PER FARCI PERDONARE e per darti tutte le informazioni che vorrai…

  11. Ci siamo pure noi… Nabbirra non è un pub, non è un bistrot, non è un winebarsoftloungeunderground, forse è un beershop con annessa degustazione e cucina (?), un posto modesto, piccolo, con i tavoli da ristorante, un piccolo bancone di spinatura mooolto artigianale, tante bottiglie, dove si possono bere un sacco di birre interessanti, compresa la mia Riulì (che è buona e basta) ed una cucina ruvida ed efficace, fatta di ingredienti freschi ben cucinati, per assorbire bene le bevute.

  12. La “contaminazione” del prodotto “birra artigianale”, con l’affiancamento di altri prodotti è essenziale a livello commerciale a volte. Spesso i costi iniziali di un’attività commerciale, quando non si hanno capitali propri, hanno bisogno di incassi che le sole birre non possono garantire.

    L’alimento da presidio slow food, un prodotto del mercato equo/solidale o un single malt di qualche isola britannica, aiutano in questo senso … senza trasformare il beershop in un drugstore. Soprattutto quando apri in aree geografiche dove i clienti devono essere ancora catechizzati …

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