Nonostante gli sporadici proclami che di tanto in tanto fanno capolino sui quotidiani nazionali, l’impressione è che l’Italia sia ancora lontana dal lasciarsi la crisi alle spalle. A confermare nel suo piccolo questa sensazione arriva l’anteprima dell’Annual Report di Assobirra, il documento dell’associazione degli industriali del settore che ogni anno analizza lo stato della birra nel nostro paese. E ciò che emerge dai dati del 2013 è che forse per la prima volta il mercato birrario sta accusando – per fortuna in maniera marginale – gli effetti della congiuntura internazionale. Se fino allo scorso anno avevamo potuto affermare che il settore era rimasto sostanzialmente indifferente alla crisi, ora alcuni numeri ci lasciano un po’ meno sereni. Per fortuna non ci sono solo notizie negative e la birra continua a essere una bevanda piuttosto in salute.
Il mercato nel 2013 si è dunque mantenuto sostanzialmente in equilibrio, mostrando sia numeri positivi che negativi. La produzione ad esempio è calata leggermente, registrando un -0,3% rispetto al 2012, che tuttavia è stato bilanciato dai consumi in crescita di una percentuale uguale e di segno opposto (+0,3%). Se consideriamo che l’industria alimentare ha registrato una contrazione dei consumi del 4%, possiamo accogliere i dati con un velato ottimismo. L’Italia si conferma quindi decimo produttore europeo di birra, mentre è da segnalare anche il segno abbondantemente positivo per la produzione di malto italiano (+3,8% rispetto al 2012).
Il dato più preoccupante – e che giustifica le considerazioni iniziali – riguarda invece l’occupazione nel settore, scesa di un pesante 5,6%. In un anno sono stati bruciati circa 8.000 posti di lavoro e praticamente è stato annullato (con gli interessi) l’ottimo risultato dell’anno precedente (+4,4% di occupati), quando erano stati registrati 4.700 impieghi diretti aggiuntivi. All’epoca era stato sottolineato che il trend positivo era da ascrivere quasi esclusivamente al comparto artigianale, ma questo non significa che l’attuale flessione provenga dal segmento dei microbirrifici. Tuttavia il primo quadrimestre del 2014 ha segnato un impressionante -65% di nuove aperture rispetto allo stesso periodo del 2013. Anche in questo caso potrebbe trattarsi di un rallentamento fisiologico e non di un fenomeno associato alla crisi, ma chiaramente qualche preoccupazione al riguardo è più che comprensibile.
Sul fronte export, Assobirra lo definisce il fiore all’occhiello della birra italiana. Però i dati non sono così rosei, visto che le esportazioni sono calate del 3,3% rispetto al 2012. Cifre che comunque mostrano la capacità del settore di resistere in un ambiente non certo ospitale, dove principalmente pesano i disequilibri fiscali con gli altri paesi. Di contro l’import è tornato a stabilizzarsi (+0,3%) dopo il calo dell’anno precedente, aumentando leggermente il saldo commerciale tradizionalmente negativo del mercato birrario italiano.
Come accennato i consumi sono leggermente saliti rispetto al 2012 (+0,3%), ma anche qui purtroppo la crisi proietta la sua ombra inquietante. Da una parte, infatti, cresce una dimensione più domestica del prodotto, dall’altra le scelte dei consumatori si stanno spostando verso prodotti più economici. Per chi è appassionato di birra artigianale, gli effetti negativi di queste due tendenze sono chiare. Nel primo caso è evidente la riduzione della percentuale di birra bevuta fuori casa: un trend che non piacerà a chi ritiene il pub un ambiente fondamentale per promuovere la cultura birraria e un consumo consapevole. Nel secondo caso invece è evidente che lo spostamento rende più complicato consolidare il consumo di birra artigianale. Per la prima volta da molto tempo il segmento “premium” ha subito un forte calo (-2%).
In generale la birra in Italia si mantiene un mercato stabile. Se consideriamo questa tendenza insieme ai dati degli anni precedenti, possiamo essere soddisfatti per il modo in cui il settore è riuscito a contrastare la crisi. Dal report in esame sembra tuttavia che la resistenza stia cominciando a scricchiolare: la speranza è che siano degli effetti marginali destinati a scomparire con il tanto auspicato rilancio dell’economia nazionale. Però visto il momento è naturale scorgere delle nubi all’orizzonte, rese più minacciose dall’aumento delle accise atteso per il 2015. Meglio berci su…
Sono daccordo sul fatto che un -3.3% di export sia un dato assolutamente negativo. Sarebbe interessante conoscere il calo verso l’area euro e le altre aeree (per vedere se è omogeneo o se presenta variazioni tra un’area e l’altra).
Sarebbe anche interessante confrontare questo calo con i dati di altri paesi, se ad es. il consumo di birra è calato un po dappertutto, è chiaro che il dato negativo dell’export italiano ne è diretta conseguenza. Se invece è rimasto stabile, allora questo dato può essere letto diversamente.
Per il resto beh, forse ci siamo, lo avevano detto un po tutti che prima o pii sarebbe arrivato il momento in cui il mercato avrebbe scremato (per un motivo o per l’altro).
Ciao
Carlo
Beh già il fatto che tendenzialmente sia rimasto stabile non è male, l’export in leggero segno meno è dato magari da qualche grande gruppo (con ovvie grandi produzioni) che ha perso qualche posizionamento in qualche mercato, ma che magari, non so se ci siano i dati differenziati, potrebbe essere chessò, un +10% per gli artigianali.
Poi leggevo, ma forse sbaglio, che è aumentato fino oltre i 29 l\anno il consumo pro capite italiano. Cheers