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A suon di pinte: la mia recensione

Su Cronache di Birra abbiamo citato A suon di pinte qualche settimana fa, in un post che analizzava i concetti di “commerciale” e “industriale” legati alla birra e che nasceva proprio dalla lettura delle prime pagine del libro. Nel frattempo ho terminato il lavoro di Luca Modica e quindi posso ora trarre le conclusioni su un’opera molto originale, che si sviluppa intorno all’idea di abbinare musica e birre. Una scelta solo apparentemente folle, perché, come ho spiegato in passato, i due mondi vantano un legame ben più saldo di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Un esempio su tutti? Non sono pochi i birrifici che propongono determinati brani come accompagnamento all’assaggio delle loro produzioni. Tuttavia è innegabile che scrivere un libro intero sull’argomento è quantomeno coraggioso…

E allora partiamo dall’autore. Luca Modica è un giornalista palermitano che si è occupato per anni di critica musicale e che a questa passione ha affiancato quella per la birra, tanto da diventare titolare di un birrificio artigianale in Sicilia (Rocca dei Conti, oggi Birra Tarì). A suon di pinte è chiaramente il frutto di questo particolare connubio, il tentativo di trovare punti d’incontro tra la grande varietà della musica contemporanea e quella, spesso meno conosciuta, della birra artigianale. Perché…

Bere una English IPA, in una public house di Londra, ascoltando i Clash, può essere totalmente diverso che ascoltare Frank Zappa sorseggiando un barley wine stravaccati sul divano di casa. Canticchiare i Velvet Underground degustando un lambic a Bruxelles è un’esperienza differente dal dissetarsi con una pils ceca nel bel mezzo di una dancehall in agosto.

Questo breve estratto dovrebbe restituire il senso del libro, sebbene l’opera vada ben oltre i semplici abbinamenti. Nei sette capitoli di cui si compone compaiono interviste a diversi birrai italiani e alcuni brevi racconti dal vago sapore autobiografico. In particolare queste “storie metropolitane” – così le definisce l’autore – rappresentano spaccati di vita quotidiana, flash su come il legame tra birra e musica possa insinuarsi nelle pieghe della routine giornaliera. Momenti che segnano scelte personali importanti, o che al contrario non rappresentano altro che una delle tante vicende giovanili. Proprio per questo il racconto può a tratti sembrare infantile, ma è questa caratteristica a renderlo godibile: è lo stesso motivo per cui il suono ruvido dei primi due album degli Iron Maiden esprimono una grinta e un’atmosfera introvabile nei successivi dischi, sebbene di fattura tecnica magari superiore.

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Interviste e storie metropolitane – insieme a piccoli glossari denominati “10 parole”  – contribuiscono quindi a rendere più vari i contenuti di A suon di pinte, che altrimenti si ridurrebbe a una “semplice” raccolta di abbinamenti tra birra e musica. Che tuttavia rimangono il cuore dell’opera e la concretizzazione della sua idea generatrice: in tutto il libro se ne contano una trentina e abbinano birre e brani molto diversi tra loro. A livello musicale si spazia dal punk al metal, dal jazz al grunge, dal progressive al raggae; dal punto di vista birrario troviamo invece produzioni realizzate da nomi piuttosto conosciuti del panorama nazionale e internazionale.

Molto interessanti sono i temi che hanno suggerito gli accostamenti. Così album capaci di fondere in modo innovativo diversi generi musicali sono paragonati a birre in grado di proporsi come originale anello di congiunzione tra due stili differenti. Gruppi diventati identificativi di una certa scuola musicale sono comparati a birre considerate l’incarnazione perfetta di determinate culture brassicole. Come vedete sto evitando di citare i nomi per non rovinarvi la sorpresa, ma se volete un esempio più preciso potete leggere il post citato in apertura, nel quale ho spiegato (o almeno ho cercato di farlo) l’abbinamento tra Sandinista! dei Clash e Punk Ipa di Brewdog.

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Ovviamente A suon di pinte è un’opera birraria molto particolare e non troppo facile da approcciare. Sebbene l’autore spieghi ogni abbinamento con dovizia di particolari, per apprezzarlo pienamente occorre non solo essere appassionati di birra, ma anche – e forse soprattutto – grandi patiti di musica. Ma se appartenete ad entrambe le categorie, allora questo libro risulterà estremamente gustoso e in grado di solleticarvi più di qualche riflessione sul legame tra i due mondi.

Ottimo per una lettura birraria d’evasione dopo manuali di birrificazioni e guide sulla degustazione, A suon di pinte non è perfetto (si finisce anche molto rapidamente), ma è un lavoro coraggioso e capace di rivelarsi davvero interessante. Potrebbe essere la chicca da tenere sugli scaffali della libreria tra tanti altri titoli “normali” sulla birra, soprattutto se la musica è la vostra vita al pari della birra artigianale. Lo trovate disponibile su Amazon.

A suon di pinte
di Luca Modica
Edito da Lit Edizioni per Arcana
Pagine: 143
Prezzo: 14 €

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Disclaimer: con alcuni dei siti linkati in questo articolo Cronache di Birra ha attivato un’affiliazione e ottiene una piccola quota dei ricavi, senza variazioni dei prezzi. Volendo, potete cercare gli stessi articoli su Google. Se invece volete saperne di più su questi link, su Il Post c’è una spiegazione chiara e dettagliata.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. Ciao Andrea, solo per dirti che con Luca di Rocca dei Conti c’è solo un curioso caso di omonimia; poi anch’io lavoro in un birrificio, ma questa è un’altra storia… Grazie della curiosità che hai avuto nel leggere il mio libro. Ciao!

    • Ciao Luca,
      scusami per l’incomprensione, in effetti aver letto che stavi lavorando come birraio ha reso l’omonimia un tranello inevitabile.

  2. A seguito delle “critiche” da me avanzate nel post precedente, ho provveduto all’acquisto di questo libro che, pensavo, sarebbe stato una curiosa, leggera e piacevole lettura estiva. Una prima occhiata random mi aveva già fatto un po’ storcere il naso. La sua lettura ha poi confermato la mia prima sensazione: per diversi motivi trovo che un testo che propone abbinamenti tra musica e birra sia, più che una scelta coraggiosa, una sorta di nonsense. L’argomento, secondo me, è troppo ampio, soggettivo e varabile per poter essere messo nero su bianco.
    Sono appassionato di musica da tanti anni e da alcuni anche di birra artigianale. Provo immenso piacere nel bere una birra e, contestualmente, mettere su un cd da ascoltare. Posso bere lo stesso prodotto sia oggi che domani ma il mio umore/stato d’animo non potrà mai essere lo stesso e, di conseguenza, sceglierò in base a questo cosa ascoltare.
    D’accordo con te sul fatto che le interviste e storie metropolitane presenti nel testo lo rendono più vario. Per carità, l’idea degli abbinamenti è buona ma, mio modesto parere, potrebbe rivelarsi più azzeccata per una trasmissione radiofonica che per uno scritto.

    • Sì forse la tua considerazione finale è la più corretta.
      Sulla soggettività dell’argomento è innegabile: secondo me più che valutare se uno si ritrova in certi abbinamenti, ha senso cercare di capire il ragionamento che li hanno guidati. E quindi decidere se hanno un senso o meno. Io mi ritengo un appassionato “medio” di musica e alcuni accostamenti li ho trovati molto interessanti e stimolanti.

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