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Buone notizie dall’Osservatorio Birra: in Italia premiati i consumi fuori casa

Che fine ha fatto l’Annual Report di Assobirra? È una domanda che chi ama le statistiche associate al settore birrario si sarà sicuramente posto negli ultimi mesi. Stiamo parlando del documento che annualmente analizza(va) lo stato del mercato della nostra bevanda in Italia, con numeri relativi al settore nel suo complesso, ma utili anche in ottica birra artigianale. Solitamente veniva rilasciato in estate, ma già lo scorso anno si era segnalato un certo ritardo nella pubblicazione. Ora la situazione è peggiorata: il 2017 è quasi finito e ancora non ci sono aggiornamenti sulla nuova versione, mentre il link sul sito di Assobirra rimanda a quella precedente. Così in sua assenza stanno guadagnando autorevolezza gli studi dell’Osservatorio Birra, strumento della Fondazione Birra Moretti che avevamo già incrociato qualche mese fa. Negli scorsi giorni sono stati svelati i risultati di un nuova ricerca, incentrata sul rapporto tra le famiglie italiane e la birra nel contesto dei consumi fuori casa. I dati sono interessanti anche per il segmento artigianale.

L’inchiesta dell’Osservatorio Birra si è concentrata in particolare sul canale Horeca, quello composto cioè da tutti gli esercizi pubblici preposti alla preparazione e alla somministrazione di alimenti e bevande (hotel, ristoranti, pizzerie, bar, catering, ecc.). È un universo variegato ma molto interessante, oggetto di studio in epoche recenti: come riporta la stessa ricerca, nel 1989 il sociologo statunitense Ray Oldenburg lo definì il “Terzo Luogo”, un ambiente in cui la persona, dopo i contesti familiari e professionali, ritrova il senso della comunità ed esprime il suo spirito conviviale. Vi ricorda niente? La definizione sfrutta suggestioni che possiamo facilmente attribuire alla birra e non è un caso che questo canale sia decisamente importante per i destini della nostra bevanda.

Un canale che negli ultimi anni è riuscito a resistere alla crisi economica e ai profondi cambiamenti che essa ha causato nelle abitudini di spesa degli italiani. Tra il 2007 e il 2015 i consumi di generi alimentari hanno subito una forte contrazione (-18,7 miliardi di euro), ma il calo è rimasto pressoché confinato all’interno delle mura domestiche (-18,3 miliardi). In altre parole l’Horeca è rimasta stabile e gli italiani hanno continuato a spendere quasi le stesse cifre di prima per i consumi fuori casa (“solo” 344 milioni in meno). Da sottolineare – dettaglio molto importante – che il nostro trend è assolutamente in controtendenza rispetto al resto d’Europa, dove invece a subire la crisi sono stati soprattutto i consumi extra domestici. I motivi sono probabilmente da ricercare nella nostra attitudine enogastronomica, ma anche nelle caratteristiche del mercato: in Italia c’è un alto numero di esercizi pubblici (48 ogni 10.000 abitanti, contro i poco più di 20 di Germania, Regno Unito e Francia) e un’offerta di tipo “familiare” (solo il 5,4% di catene in confronto al 28,5% di Germania e Francia e al 38% del Regno Unito).

In questo panorama la birra gioca un ruolo da protagonista. Nel 2015 i canali Horeca hanno rappresentato il volano per la vendita di 7,8 milioni di ettolitri di birra, rappresentando quasi l’8% dei ricavi per gli esercenti. Se valutiamo solo i volumi, i consumi casalinghi sono ancora superiori (58,5% contro 41,5%), ma se ci spostiamo sul valore di mercato allora non c’è partita: la fetta occupata dall’Horeca raggiunge il 74,4%. Perché tuttavia in una fase di congiuntura economica gli italiani hanno continuato a premiare i consumi fuori casa, sebbene più costosi? Ecco la risposta della ricerca in questione:

Il maggior prezzo che i consumatori riconoscono nell’acquistare una birra in un bar, in un ristorante o in una pizzeria ripaga abbondantemente quel valore esperienziale e relazionale connesso al piacere di gustare un buon prodotto fuori casa, in un luogo ameno e magari in compagnia di persone care. Per dirla con le parole di Oldenburg: al desiderio di vivere fino in fondo la convivialità del Terzo Luogo.

Lo studio continua analizzando i ricavi garantiti alla birra in base alla tipologia di bar o ristorante posseduto e gli egregi numeri relativi all’occupazione (specialmente giovanile) nella filiera. Per quanto ci riguarda però ha senso fermarci qui e riflettere sull’aspetto emozionale del consumo fuori casa, perché estremamente importante per la birra artigianale. Secondo me chi opera in questo comparto non deve mai dimenticare che è fondamentale che il bevitore percepisca un valore aggiunto durante il consumo, tale da giustificare il prezzo superiore rispetto ai prodotti dell’industria. Si potrebbe ribattere che il valore aggiunto è nella qualità superiore – almeno in teoria – della birra artigianale, ma questa è un’affermazione che esclude l’aspetto soggettivo della questione. La verità è che il consumatore sceglie di spendere un po’ di più per sentirsi appagato, per avere in cambio qualcosa che valga i soldi appena sborsati.

Ancora una volta l’obiezione potrebbe essere che l’appagamento proviene dal gustare un’ottima birra, migliore di quelle delle multinazionali, ma è una visione molto limitata. La birra deve essere buona, è chiaro, ma in aggiunta il piacere può provenire da altri elementi che comunicano “valore”: una bottiglia ricercata, un’etichetta particolarmente bella, il contesto in cui si beve, la compagnia con la quale lo si fa. Ognuno darà peso a questi elementi in base alla propria sensibilità, ma dalla ricerca dell’Osservatorio Birra risulta che gli ultimi due sono particolarmente importanti. Una bella bottiglia puoi averla anche a casa, ma un ambiente di un certo tipo solo in determinati luoghi. Pub, birrerie e persino ristoranti o pizzerie: posti in cui ci si sofferma maggiormente su ciò che si sta consumando.

In definitiva lo studio conferma le caratteristiche intrinseche della birra e in particolare la sua natura conviviale e aggregante: è in luoghi che esaltano questi aspetti che il consumo diventa più appagante. È un assioma che dovrebbero tenere in forte considerazione tutti gli esercenti, e che dall’altra parte non dovrebbero dimenticare gli stessi birrifici, spingendoli piuttosto a indagare alcune incarnazioni dell’Horeca che a oggi sono rimaste ancora abbastanza estranee al fenomeno della birra artigianale. È un canale che fortunatamente ha resistito alla crisi e merita una riflessione più profonda.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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3 Commenti

  1. Birra fuori casa? ovvio, il giorno che ci saranno beershop come in Belgio, con prezzi abbordabili, sarà un brutto colpo per pub & affini.
    Ora come ora la birra in negozio costa poco meno (quando non di più come per la spina) di un pub.

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