Cimec

Dall’EBCU uno studio sull’impatto del coronavirus sui consumi di birra in Europa

Con enorme fatica e molti sacrifici stiamo finalmente uscendo dall’incubo coronavirus. La completa normalità è ancora lontana – soprattutto per alcuni aspetti della nostra quotidianità – ma la situazione è sicuramente migliore rispetto alle settimane passate. È ancora difficile capire quale impatto ha avuto e avrà l’emergenza sanitaria sul comparto della birra artigianale, tanto in Italia quanto all’estero. L’esperienza è stata così drastica che sicuramente influenzerà le nostre abitudini di bevitori, nonché il business model di locali e birrifici. Non è facile capire cosa ci riserva il futuro, ma intanto possiamo affidarci ad alcune ricerche che offrono dati più precisi su ciò che è successo e ciò che accadrà. A tal proposito, negli scorsi giorni sono stati pubblicati dall’EBCU i risultati di un sondaggio internazionale che ritengo molto interessante. Innanzitutto per l’ente promotore: l’EBCU è l’unione europea dei consumatori di birra e a essa sono associati diverse importanti realtà continentali, come il Camra (Regno Unito), lo Zythos (Belgio), il Danske Ölentuasiaster (Danimarca) e la nostra Unionbirrai. Poi per i numeri della ricerca: 1667 risposte provenienti da 26 diversi paesi europei.

Il questionario è stato somministrato tra il 26 aprile e il 17 maggio ed è stato strutturato in 9 domande, alcune a risposta multipla, altre a risposta aperta. Le prime due permettono di capire come sono cambiate le abitudini di acquisto e vendita durante l’emergenza sanitaria. Prima dell’avvento del coronavirus i locali rappresentavano il canale commerciale primario per la stragrande maggioranza degli intervistati: le risposte che hanno indicato pub, bar e taproom sono state quasi il doppio di quelle del successivo canale più usato, relativo ai negozi specializzati (beer shop e non solo). I supermercati erano solo in terza posizione e precedevano la soluzione di acquisto direttamente in birrificio. Infine è importante sottolineare che l’acquisto online era circoscritto a un numero contenuto di intervistati (solo il quinto canale per priorità).

Com’è facile immaginare, durante la pandemia questa configurazione è cambiata radicalmente. La GDO è diventato il canale prioritario per la maggior parte degli intervistati (+16%), ma il vero exploit è stato messo a segno da Internet, che è salito al secondo posto (+152,2%). In passato abbiamo sottolineato come l’emergenza sanitaria abbia spinto l’ecommerce della birra artigianale italiana, rimasta fino a quel momento confinata in numeri assai modesti, ma evidentemente il fenomeno ha coinvolto tutte le nazioni europee. Molto interessante è anche il dato relativo ai negozi specializzati, perché se da una parte è vero che hanno subito una flessione, dall’altra è opportuno notare che in termini di risposte il calo non è stato così evidente. Merito evidentemente dei servizi di delivery, che hanno rappresentato un buon paracadute in un momento difficile. E di cui si sono avvantaggiati gli stessi birrifici, che hanno visto incrementare le risposte degli intervistati pur rimanendo in quinta posizione. Come vedremo più avanti, a loro favore ha giocato anche il senso di appartenenza territoriale che la pandemia ha alimentato in tanti consumatori regolari.

La terza domanda si è concentrata sugli eventuali interventi da proporre per aumentare il consumo durante l’emergenza sanitaria. Essendo la risposta aperta e considerando le situazioni legislative profondamente diverse da paese a paese, non è facile trovare risposte comuni interessanti. La quarta domanda, invece, ha puntato a indagare se il consumo di birra è aumentato o diminuito durante la pandemia. Coerentemente con i risultati dello studio pubblicato dall’Associazione Le Donne della Birra, anche a livello europeo i consumi sono rimasti sostanzialmente uguali a prima, se non per un piccola propensione a bere qualche birra in più nell’arco della giornata.

Le successive due domande sono state formulate per capire se l’emergenza coronavirus ha cambiato il senso di appartenenza dei consumatori con i birrifici locali. Le risposte alla domanda numero 5 dimostrano che nel corso della pandemia si è sviluppata una forte propensione a supportare i produttori del territorio: in Italia non abbiamo dati certi al riguardo, ma l’impressione è che anche da noi si sia verificato lo stesso avvenimento. Questo consumo “solidale” probabilmente si ripercuoterà anche nei prossimi anni, come rilevato dalle risposte alla domanda successiva, che confermano come i consumatori saranno propensi a sostenere i birrifici locali anche in futuro. Si tratta di un ulteriore impulso a quello sviluppo “territoriale” della birra artigianale che abbiamo più volte sottolineato nei nostri articoli – e che, per chiarezza, non ha nulla a che fare (o quasi) con l’utilizzo di materie prime locali.

La domande 7 e 8 si sono focalizzate sulle iniziative online. Il 37,5% degli intervistati afferma di aver partecipato durante la pandemia ad almeno un incontro in virtual pub (l’espressione dovrebbe indicare sia eventi di tipo “ludico”,sia corsi online e iniziative didattiche) . La percentuale non è affatto irrilevante e dimostra come l’uso di Internet per progetti del genere potrebbe avere un peso formidabile nei prossimi anni. Anche perché, come emerge dalla domanda successiva, alla stragrande maggioranza degli intervistati queste forme di interazione telematica sono piaciute parecchio. Probabilmente il coronavirus ha permesso di accelerare la familiarità con una tecnologia che segnerà il futuro anche nella birra artigianale.

L’ultima domanda, a risposta aperta, ha chiesto agli intervistati cosa avranno intenzione di fare quando l’emergenza sanitaria sarà conclusa. La maggior parte ha risposto che il desiderio maggiore è rivedere amici e parenti in un pub, obiettivo che in Italia molti di noi sono riusciti a realizzare proprio in questi giorni. Bisognerà aspettare ancora per poter tornare a partecipare a un festival birrario, a un evento di degustazione o a un viaggio all’estero per la birra. In tutte le risposte è stata sottolineata la mancanza del contatto sociale con le altre persone, che come ben sappiamo è un elemento imprescindibile della nostra amata bevanda

Lo studio dell’EBCU è interessante e fornisce dati importanti per avere una visione più completa di ciò che abbiamo vissuto e ciò che vivremo nei prossimi anni. Proprio per questa ragione però noto la mancanza di alcune domande improntate al futuro: ad esempio non sappiamo se gli intervistati continueranno a usare i canali di vendita che sono stati sfruttati durante la pandemia (es. Internet). Inoltre per alcune domande sarebbe stato interessante suddividere le risposte per paese di provenienza, così da capire l’impatto che ha avuto il coronavirus sulle diverse realtà nazionali. A ogni modo la ricerca conferma alcune impressioni che avevamo coltivato in queste settimane e che avranno ripercussioni importanti in futuro per tutto l’ambiente.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

Leggi anche

Nuovi libri: La grammatica della birra, Beerfly e Il birraio di Modena, tre

Negli articoli di Cronache di Birra in cui passiamo in rassegna le novità editoriali, spesso …

La birra è inclusiva (ma sono altri i dati interessanti dell’osservatorio di Assobirra)

Nel 2020 Assobirra lanciò il Centro Informazione Birra (CIB), un osservatorio permanente sul settore brassicolo …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *