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Ecco perché lo spot della Nazionale di Baladin è un buon prodotto televisivo

Come abbiamo raccontato la scorsa settimana, in questi giorni sta andando in onda sulle reti Mediaset uno spot pubblicitario di Baladin dedicato alla sua birra Nazionale. È la prima volta che il birrificio di Piozzo approda sulla tv generalista con una propria campagna pubblicitaria e, come facile immaginare, la novità ha stimolato commenti molto diversi tra loro. C’è chi ha apprezzato l’iniziativa, chi ha gridato al “tradimento”, chi non ha gradito il modo in cui il messaggio è stato ideato e chi lo ha accolto come un potenziale strumento per spingere la birra artigianale fuori dai confini degli appassionati. Personalmente lo considero un prodotto abbastanza ben confezionato, che raggiunge il suo obiettivo considerando i mezzi a disposizione, il target a cui si riferisce e altre variabili di cui scriverò. Non è uno spot rivoluzionario, anzi è fin troppo allineato a suggestioni viste e riviste, ma nel complesso rappresenta un tentativo ben riuscito di Baladin di muoversi in un campo che in passato è stato battuto raramente dalla birra artigianale italiana – credo che l’unico precedente sia incarnato da Collesi.

Lo spot in quanto tale

Prima di analizzare lo spot, soffermiamoci sull’idea stessa di pubblicizzare il proprio marchio sulla tv generalista. Le critiche di diversi appassionati si sono concentrate sulla scelta di Baladin più che sul modo in cui si è concretizzata, come se apparire sulle reti Mediaset (o su qualunque altro canale nazionale) fosse un peccato mortale. Insomma, ci risiamo. Ancora una volta una parte del nostro mondo – per fortuna sempre più limitata – si manifesta in tutto il suo dannoso snobismo, disdegnando qualsiasi iniziativa rivolta ai canali mainstream. Qualche mese fa era accaduto con l’apertura di Unionbirrai nei confronti di alcuni supermercati, ora succede con Baladin per il suo spot sulla tv generalista. Bisognerebbe cominciare a capire che i birrifici, ancorché artigianali, sono prima di tutto delle imprese e dunque compiono le loro scelte in funzione del proprio business. Non certo per assecondare la visione di chi ritiene che rivolgersi a certi interlocutori significhi perdere una sorta di verginità. Questo approccio non tiene conto delle esigenze del comparto e delle singole aziende e risulta particolarmente insopportabile in un momento in cui la birra artigianale italiana dovrebbe sperare di trovare ossigeno in dinamiche diverse da quelle consolidate. Non per un semplice capriccio o perché ormai si è “svenduta al nemico”, ma semplicemente perché è opportuno superare la devastante fragilità dell’intero settore.

Ammesso che sia concesso parlare in certi termini, un’eventuale perdita dell’innocenza andrebbe legata ad altri fattori, come la cessione alle multinazionali o l’adozione di soluzioni produttive contrarie al concetto stesso di birra artigianale. Non certo perché si cerca uno sbocco nella grande distribuzione – per la precisione un certo tipo di grande distribuzione, aperta ad accogliere le esigenze dei microbirrifici – o perché si prova a promuovere il proprio marchio rivolgendosi a un pubblico e a un contesto generalizzato. Personalmente ne ho abbastanza di certe prese di posizione pseudo-ideologiche e vagamente radical chic, perché non portano alcun effetto benefico sul movimento, ma rischiano solo di obbligarlo a rimanere per sempre in una dimensione limitata e imprenditorialmente rischiosa.

I presupposti del messaggio

Archiviate le critiche più insensate, passiamo ad analizzare lo spot nel dettaglio. Per farlo non basta affidarsi al proprio gusto soggettivo (mi piace/non mi piace), ma occorre tenere in considerazione gli elementi che hanno portato alla genesi del video e gli obiettivi per i quali è stato ideato. Innanzitutto se Baladin ha scelto di promuovere la sua birra sui canali Mediaset, è perché ha voluto rivolgersi a un target ampio e indistinto, tipico delle reti televisive generaliste. Affinché lo spot risultasse efficace, ha dovuto sviluppare un messaggio che parlasse a tutti, utilizzando un linguaggio chiaro e diretto e delle immagini facilmente decodificabili. Un messaggio dal gusto nazional-popolare, che ovviamente è quello che funziona meglio in certi ambiti.

Tuttavia a influenzare l’elaborazione del messaggio non ci sono solo parametri riferiti ai destinatari, ma anche quelli relativi al mezzo. Lo spot ha una durata di appena 15 secondi, durante i quali bisogna riassumere tutti i concetti da veicolare trovando il giusto compromesso tra efficacia, sintesi ed esaustività. Le soluzioni comunicative a disposizione sono limitate e sono influenzate dal famoso assioma di McLuhan, secondo cui il mezzo determina il modo in cui il messaggio viene costruito e veicolato (“il medium è il messaggio”). Infine, ma non certo meno rilevante, è l’esborso economico necessario per un’operazione del genere: possiamo immaginare che l’investimento di Baladin non sia stato indifferente, soprattutto per un’azienda che ha dimensioni piuttosto ridotte – checché molti appassionati ne dicano.

Dunque per valutare il risultato finale non si può prescindere dal tenere in considerazioni tutti questi aspetti. Baladin ha voluto promuovere sulla tv generalista la sua Nazionale: una birra artigianale prodotta con soli ingredienti italiani. Questo era il concetto da trasformare in un video pubblicitario della durata di 15 secondi e destinato a un canale ben preciso, su un mezzo di comunicazione ben preciso. Senza compiere voli pindarici o avventurarsi in messaggi troppo rischiosi, poiché l’investimento è stato importante e l’azienda non poteva prendersi il rischio di sbagliare la comunicazione – cioè rendere lo spot difficilmente decodificabile, quindi poco efficace, quindi inutile.

Lo spot nel dettaglio

Lo spot di Baladin può essere diviso in tre momenti. Il primo contestualizza il consumo della Nazionale in scene di vita quotidiana per creare nello spettatore un effetto di immedesimazione, il secondo si concentra sulle caratteristiche intrinseche della birra, il terzo chiude il video con un’immagine riassuntiva e un claim. La prima parte è sicuramente quella che può attirare le critiche maggiori, soprattutto per il suo tenore spudoratamente nazional-popolare (tutti lo siamo, ma nessuno vuole ammettere di esserlo). Le scene di vita quotidiana individuate da Baladin sono due: un gruppo di quattro giovani seduti su un divano che esultano davanti – immaginiamo – a una partita trasmessa in televisione; tre uomini di generazioni diverse che giocano a carte seduti a un tavolino all’aperto. Dove abbiamo già visto queste immagini? Chiaramente negli spot della birra industriale, che qui Baladin ricalca in modo talmente esplicito da farli sembrare quasi beffarde citazioni. Ma al di là degli obiettivi, è comprensibile che questa scelta possa non piacere e apparire poco originale. L’impressione però è che l’azienda piemontese abbiamo voluto andare sul sicuro, utilizzando scene viste e riviste, ma decisamente utili per perseguire il proprio obiettivo.

Come accennato, la seconda parte dello spot si concentra sulla principale peculiarità della Nazionale, cioè quella di essere prodotta con ingredienti tutti italiani. Ed ecco allora si susseguono velocemente tre immagini focalizzate sulla terra, il malto d’orzo e il luppolo. Se le ultime due non richiedono particolari spiegazioni, la prima si collega alla visione di Teo Musso e allo slogan che lo accompagna da anni: “La birra è terra”. Infine lo spot si conclude con una foto della Nazionale, in cui compaiono il logo di Baladin, il claim “Nazionale, la birra artigianale 100% italiana” e l’hashtag #beviartigianaleitaliana. L’ultimo elemento è finalizzato a veicolare l’idea che il birrificio di Piozzo operi non solo per sé stesso, ma a favore di tutto il comparto: un’idea molto cara a Teo Musso, che declinata in questo modo può davvero fornire un minimo di impulso al settore.

Conclusioni

Quello di Baladin non è uno spot sconvolgente o particolarmente originale, ma raggiunge gli obiettivi prefissati in partenza. Tutti probabilmente avremmo sperato in un debutto diverso per Baladin sulle reti generaliste, magari con un video più coerente con la grande creatività che contraddistingue da sempre la creatura di Teo Musso. Ma sottolineare la mancanza di coraggio dello spot in questione mettendolo in contrapposizione con quello di molte birre industriali non ha senso, ed è ingeneroso se consideriamo la differenza potenza economica a disposizione – e sia chiaro che lo stesso discorso vale anche paragonandolo agli spot dei maggiori birrifici craft statunitensi. Qui è chiaro che Baladin ha voluto andare sul sicuro con un messaggio mirato, anche se ciò ha significato sacrificare la creatività.

Infine, non dimentichiamoci quanto spiegato poco sopra. Il video di Unionbirrai dedicato alla birra artigianale è sicuramente più attraente per un appassionato, ma non potrebbe essere veicolato sui canali televisivi per motivi strutturali e comunicativi. Il mezzo influenza il messaggio e infatti quel video è sviluppato per i social, mentre lo spot di Baladin è destinato a un certo tipo di reti televisive. I media sono diversi, i pubblici sono diversi, il tipo di fruizione è diverso. Anche gli investimenti sono diversi. Lo spot della Nazionale non sarà ricordato negli anni a venire, ma se teniamo conto di tutti gli aspetti, è un prodotto funzionale per un birrificio che per la prima volta decide di compiere un passo del genere.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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7 Commenti

  1. La cosa più sconvolgente del video è che il vecchio gioca l’asse di prima mano. Questo è inaccettabile. Per il resto non ci trovo nulla di sacrilego: sono pienamente d’accordo con te Andrea e l’ultima frase dell’articolo chiude qualsiasi tipo di discussione si possa fare su questo spot. Molto apprezzato il gesto dell’ hashtag non autoreferenziale. Speriamo che la gente colga la differenza tra il semplice #beviitaliano e #beviARTIGIANALEitaliano.
    A tal proposito mi piace pensare a un risvolto positivo che potrà avere questo spot sulla mia vita privata: la prossima volta che andrò a cena a casa di un amico eviterò la solita scena patetica: “visto che ti piace la birra artigianale, ho pensato a te mentre facevo la spesa al supermercato!”. E immediatamente fa la sua comparsa il bottiglione di Peroni Gran Riserva o di Moretti Gran Cru col suo bel tappo di sughero.
    La strada per arrivare a sperare di trovare sul tavolo una cassa di lattine di Crack o di Lambrate è ancora lunga, ma se la prossima volta l’amico mi accoglie con una bottiglia di Nazionale, ecco…tiro mezzo sospiro di sollievo e ringrazio Teo.

    • Magari quella dell’asso di prima mano è una citazione di qualche tipo 🙂 Completamente d’accordo sul resto.

  2. oops, ovviamente “crak” ha una “c” di troppo…poi la gente pensa male!

  3. Che fine ha fatto il commento di Ricci che condividevo in pieno?

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