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Ancora sul Salone del Gusto

Concluso ormai da alcuni giorni il Salone del Gusto, si moltiplicano sul web i resoconti di coloro che vi hanno partecipato, sia come visitatori, che come espositori, che ancora come relatori. In questo post cerco di riportare qualche commento in merito, ovviamente da parte di chi si è espresso circa l’aspetto birrario della manifestazione.

Parto dal blog in.birrerya, in cui sono stati pubblicati (per il momento) due report sul Salone, con spunti interessanti e critiche costruttive. Da entrambi emerge l’idea che lo spazio birrario dell’evento poteva essere curato meglio dal punto di vista logistico, ma anche che, guardando oltre certi problemi collaterali (fino a un certo punto, ovviamente), la sensazione che rimane è che la scena birraria italiana stia crescendo qualitativamente. Una speranza che coltiva ogni appassionato consumatore come me…

Prezioso anche il punto di vista di un birraio, nella fattispecie quello dell’amico Moreno Ercolani dell’Olmaia, che ci racconta con il solito entusiasmo la sua personale esperienza al Salone. Anche in questo caso non manca un appunto alla location riservata alla birra, mentre è molto interessante leggere la sua opinione sulle birre presenti e sul laboratorio che ha visto protagonista – tra le altre – la sua PVK.

Sempre in riferimento ai laboratori degustativi, Charlie Papazian sta in questi giorni esponendo le proprie impressioni sul suo blog, dopo il primo post che avevo riportato qualche giorno fa. Come sempre risulta estremamente interessante apprendere l’opinione di un guru della birra artigianale mondiale.

Sul blog Kelablu, ospitato dal sito del Gambero Rosso, c’è una decisa critica da parte dell’autore al movimento artigianale nostrano, con una serie di riflessioni che personalmente trovo abbastanza superficiali. Il concetto generale dell’articolo, e cioè il carattere “snob” di noi appassionati, è ripreso e riformulato in un modo sicuramente più illuminato da Maurizio Maestrelli sul suo Birragenda, il quale affronta concetti importantissimi e sui quali ci sarebbe molto da scrivere, in primis sul costo delle birre artigianali in Italia.

Questa è una selezione di alcuni resoconti “birrari” del Salone del Gusto. Altre opinioni, come sempre, sono consultabili on-line sui siti e i forum specializzati.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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10 Commenti

  1. secondo me Kelablu, a parte il patetico artifizio retorico iniziale per introdurre la sua tesi, dalle due argomentazioni portate a sostegno della sua tesi snobista (che ci può anche stare) dimostra più che altro di non conoscere assolutamente nulla della “comunità che gli gira intorno” (al mondo della birra, ndr) visto che da quel che mi risulta si pensa l’esatto contrario. che le Oskar Blues in lattina siano da urlo e che il rivestimento interno non infici la qualità… sai che rivelazione…

  2. Ringrazio qui pubblicamente Maurizio per la citazione, anche se ultime vicissitudini mi faranno essere molto meno garbato (se mai lo sia stato). E’ proprio per il proliferare di alcuni “santoni” che il nostro mondo birrario rischia di sprofondare nello snobismo puro, dimenticando quello che si è sempre detto: la birra in primis DEVE mantenersi elemento socializzante, ma ultimamente ho letto cose MOSTRUOSE che mi fanno riflettere su alcuni MOSTRI creatisi (e non siamo esenti da colpe su questo…)…Fortunatamente ciò non accade con i birrai italiani, la mia esperienza al Salone in questo senso è stata fantastica: molti dei nostri birrai lavorano col cuore e l’anima e passare il tempo con loro ti porta in un mondo dove l’ultima cosa che ti viene in mente è prorpio lo snobismo. Può essere criticata la via di diffusione che ancora non ha portato queste birre alla conoscenza dei più, ma il loro atteggiamento è straordinariamente aperto, come può confermare qualsiasi persona abbia fatto visita a un loro birrificio.
    Lo snobismo è altrove e ultimamente fa sentire la sua voce, speriamo tutti che il consumatore finale non sia poi così coj…

  3. E Charlie Papazian aveva tanto da dire oltre al laboratorio degustativo.

    Ha anche avuto un’incontro con UB dove ha spiegato le dinamiche di formazione e mantenimento della BA.

    Quando ho chiesto a Charlie come hanno fatto a generare in America una organizzazione così duratura ed efficente come la BA, lui ha focalizzato molto sul fatto che i grandi risultati in america sono stati possibili solo grazie alla cooperazione e il non-segretismo dei colleghi della scena oltreoceano. Sarebbe bellissimo che succedesse anche quì.

    Ma evidentemente qui c’è qualche furbetto che rema contro perchè crede di fare i propri interessi, incapace di capire che gli interessi dovrebbero essere convergenti.

    Beers!!
    Alex

  4. Fermo restando che in Italia, rispetto ad altre realtà, vige un po’ ovunque l’idea di coltivare il proprio orticello, credo che da questo punto di vista il movimento birrario sia proprio uno degli ultimi settori riconducibile a certi discorsi. Mi spiego meglio: per mia esperienza in generale vedo rapporti molto amichevoli tra i birrai, magari non di collaborazione in tutti i sensi, ma comunque di condivisione. Insomma, per fortuna è un ambiente informale e amichevole, lontano da dinamiche riconducibili a ben altri contesti. Se la scena americana è profondamente diversa dalla nostra, se BA è qualcosa che noi ci possiamo solo sognare, è per altri motivi. Da noi sicuramente c’è una visione limitata (anche di business), ma per motivi strutturali e di tradizione (e non è una giustificazione). Certo è un peccato, ma non ce li vedo i birrai italiani che remano contro, nascondendo nel cassetto i propri segreti e cercando di danneggiare i colleghi.

  5. Ma… tutta questa tranquillità nel movimento birrario italiano io non cela vedo.
    Basta considerare quante associazioni diverse abbiamo in Italia che non si riescono assolutamente a coordinare, anzi!!
    Qui ci sono proprio, partiti e fazioni!!
    Se poi ti riferisci al fatto che ci sia collaborazione e condivisione all’interno di questi gruppi ci mancherebbe!!! almeno questo!

  6. Alex questo è vero, ma la parte migliore sono i birrai, perchè l’interesse che devono difendere è la diffusione del proprio prodotto e se ne fregano di tutte le polemiche inutili.
    Roma era abbastanza fuori da queste dispute, o meglio era pragmatica,perchè non ci tiriamo fuori di nuovo e parliamo di birra che è quello che ci accomuna ?
    Ciao Paolo

  7. Ciao a tutti.
    Chi ha visto snobismo al Salone forse era in un posto diverso da quello che ho visto io.

    E rispetto a quanto ha detto Papazian, a noi manca tutto ma certamente non lo spirito di scambio e collaborazione: almeno questa è la mia esperienza.

  8. scusa Paolo, ma mi sembra un ragionamento “tautologico”. sei un birraio, prima di qualsiasi ogni altra cosa devi far quadrare i conti e magari fare dell’utile, stai a buttarti in tutte le polemiche del mondo e a farti dei “nemici” oppure te ne stai abbottonato e cerchi di proporre il prodotto (cioè venderlo) lavorando bene?

    simone, come spesso accade, sono d’accordo con te

  9. Mi scuso se non sono stato chiaro, quando concordavo con Alex mi riferivo al mondo della birra artigianale nel suo complesso e mi riferivo non solo a questa discussione su “Cronache” molto lineare ma anche ad interventi sul forum GR.
    Ciao Paolo

  10. Ciao a tutti,
    confesso che il post di Kelablu mi aveva in qualche modo “provocato” e ho voluto girare la provocazione nella rete e, come è succsso qui, i risultati si sono visti. Se si discute, è ovvio, vuol dire che l’argomento è sentito. A mio avviso più che del problema di snobismo, se uno fa cose strabilianti ma è snob non mi sarà simpatico umanamente, ma lo ammiro lo stesso; andrebbe affrontato il problema della qualità e della costanza della suddetta. Il fenomeno artigianale, così arrembante negli ultimi anni e al quale abbiamo contribuito un po’ tutti (me compreso) ha creato la solita reazione all’italiana ovvero innamoramento rapido, necessità di trovare degli idoli da seguire e poi… bah, quello è ancora futuro. In questa fase di amore cieco si confonde la qualità, che è frutto della tecnica quanto della creatività, con l’estro, la costanza si dequalifica in banale ripetitività, l’approccio “umile” al lavoro diventa perdita di tempo. Mi chiedo quanto tempo i primi birrai hanno impiegato a provare e riprovare le prime birre, prima di venderle al pubblico, e quanto tempo invece ci mettono gli ultimi adepti del movimento… Mi chiedo anche perché la prima birra dei nuovi imprenditori deve per forza di cose essere una stile abbazia aromatizzata con qualunque cosa e non invece una buona pils fatta come si deve? Il passaggio da fenomeni e basta a fenomeni da circo è più breve di quello che si pensa e buona parte della comunicazione (giornalisti, televisioni, etc…) è come uno stormo di cavallette: arriva, si “mangia” tutto quello che trova e poi vola in cerca di qualcosa d’altro. Le mode possono anche essere cavalcate, ma si dovrebbe guardare sempre dove diavolo va il cavallo…

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