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Addio alla “beer tie”? I pub britannici vicini a una svolta epocale

pubCiò che è accaduto in Gran Bretagna negli scorsi giorni molto probabilmente decreterà l’inizio di una profonda rivoluzione nel mondo dei pub e in uno dei settori economici più importanti per la nazione. Andando persino contro il parere della governo, la Camera dei Comuni ha infatti votato a favore di un disegno di legge che cambia radicalmente il rapporto tra publican e proprietari dei locali, mettendo fine alla norma secolare della “beer tie”. Si tratta di un vincolo contrattuale per il quale il gestore di un pub era costretto ad acquistare la birra esclusivamente dalla pubcos di riferimento, cioè presumibilmente da una delle grandi aziende che possiedono centinaia – se non persino migliaia – di pub in tutto il Regno Unito. Una novità che sembrerebbe favorire una gestione indipendente dei locali, ma che nasconde anche diverse insidie.

Per capire bene la situazione possiamo appellarci a un recente articolo di Pete Brown, nel quale ripercorre rapidamente la storia della beer tie. Come qualcuno di voi saprà, per gran parte del ventesimo secolo i pub britannici sono stati di proprietà dei birrifici. I locali rappresentavano dunque per questi ultimi un canale di vendita sicuro e privilegiato, con un investimento minimo: si facevano sì carico della manutenzione e dell’arredamento del pub, ma poi potevano godere di un luogo dove venivano servite esclusivamente le proprie birre. È un tipo di rapporto che, in casi sporadici, è arrivato fino ai giorni nostri : alcuni pub inglesi sono ancora di proprietà dei birrifici, come ad esempio il rinomato Jerusalem Tavern di Londra (di proprietà di St. Peter’s).

La situazione mutò completamente nel 1989, quando il governo considerò questo rapporto contrario alle logiche di libera concorrenza e fissò un numero massimo di pub per ogni birrificio. Improvvisamente una quantità spropositata di locali si ritrovò senza proprietà e fu acquistato da soggetti diversi, tra cui grandi aziende che furono ribattezzate pubcos. Queste aziende si trasformarono in vere e proprie catene di pub, arrivando persino a possedere migliaia di proprietà in tutta la nazione. L’oligopolio che si venne a creare ripropose lo stesso problema che la legge aveva cercato di risolvere: come fa notare Pete Brown, invece di trovare le birre Whitebread nei pub Whitebread e quelle Courage nei pub Courage, ora il consumatore aveva a che fare con line up praticamente identiche ovunque e incentrate quasi esclusivamente su marchi commerciali.

In aggiunta il dominio delle pubcos spinse quest’ultime a sfruttare la posizione privilegiata che avevano ottenuto, quasi speculandoci sopra. Da un lato imposero prezzi sempre più bassi ai produttori, dall’altro ridussero notevolmente i margini di guadagno dei publican. A ben vedere è questo il motivo che ha portato la Camera dei Comuni a votare contro la beer tie, che per la cronaca è il rapporto contrattuale che caratterizza la metà dei pub attualmente operanti in Gran Bretagna.

Tuttavia la beer tie porta con sé alcuni vantaggi. Diversi publican si trovarono – e si trovano tuttora – a proprio agio con questa forma contrattuale. In particolare è una soluzione che offre diversi vantaggi per chi si trova a entrare nel mercato dei pub senza troppa esperienza e solidità economica. I rischi personali di un’impresa del genere sono infatti in gran parte girati sulla proprietà del locale, mentre la clausola di acquisto della birra riduce sì la libertà di acquisto del publican, ma permette di operare in tranquillità anche a chi possiede una scarsa conoscenza del mercato.

In parole povere il rapporto in vigore fino a qualche giorno fa prevedeva, almeno in teoria, vantaggi sia per la pubco che per il publican. Il problema è che molte aziende hanno abusato della posizione di forza determinata dalle caratteristiche contrattuali, trasformando un meccanismo sulla carta valido in una serie di oneri e vincoli a carico del gestore del locale.

Con la beer tie, quindi, la pubco aveva due fonti di guadagno fondamentali: l’affitto del pub e la marginalità sulla vendita della birra, che il publican era costretto ad acquistare a un prezzo più alto di quello del mercato. A grandi linee, invece, la nuova norma permetterà al gestore di negoziare il costo dell’affitto e di acquistare la birra da vari fornitori direttamente sul mercato. È una situazione che in qualche modo possiamo rapportare alla nostra realtà quando parliamo di impianti di spillatura in comodato d’uso o di proprietà del locale: nel primo caso il publican è costretto ad acquistarla dal fornitore dell’impianto (solitamente un distributore).

La prima conseguenza macroscopica della nuova regolamentazione si è avuta in borsa: le azioni di due grandi pubcos come Enterprise Inns e Punch Taverns sono letteralmente crollate nel giro di poche ore. Ma gli effetti più importanti si noteranno nel lungo termine: benché la novità sia a favore dei publican, secondo molti analisti potrebbe acuirsi la fragilità di un settore che è già alle prese da diversi anni con un ritmo di chiusure impressionante. Come sottolinea Repubblica, se il disegno di legge dovesse passare, si rischierebbero altre 1.400 chiusure e la perdita di 7.000 posti di lavoro.

Al di là degli allarmismi, è evidente che la novità potrebbe aprire le porte a una nuova stagione dei pub britannici. I publican potrebbero ritrovarsi a vestire improvvisamente le vesti di veri attori del settore, con l’onere/onore di essere responsabili del futuro di una delle istituzioni sociali più importanti del Regno Unito. Se poi ci limitiamo alla visione della birra di qualità e delle Real Ale, mi sembra che il disegno di legge sia perfetto per favorire la diffusione di pub “illuminati”, che quotidianamente cercano di sostenere le tradizione birrarie della loro nazione. Non dimentichiamoci infatti che in Gran Bretagna la birra in cask è decisamente in controtendenza rispetto a quella commerciale, che sta soffrendo le abitudini dei consumatori più giovani.

Se il discorso vi interessa e volete approfondirlo ulteriormente, vi segnalo infine l’opinione di Stonch, uno dei publican più apprezzati del Regno Unito, che chiaramente ha una visione molto specifica sulla novità che si appresta a diventare legge.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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Un commento

  1. è indubbiamente una rivoluzione, sicuramente porterà a meno sicurezza economica e finanziaria nei confronti dei fornitori, ma un locale potrà scegliere le birre (sia singolarmente che da un determinato distributore) e finalmente dare una vera impronta al pub… si chimerà selezione naturale secondo me….

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