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Arrivano le Norden: anche Ceres si lancia nel mercato delle birre artigianali

Da alcuni anni abbiamo imparato che uno degli effetti del successo mondiale della birra artigianale è l’invasione di campo portata avanti dalle multinazionali del settore. L’industria per anni ha praticamente ignorato qualsiasi discorso legato alla qualità, ma ora che i consumatori hanno scoperto un altro modo di bere birra, sta cercando di correre ai ripari. L’ultimo marchio ad aver compiuto questa correzione di rotta è Ceres, che qualche giorno fa ha annunciato una linea inedita che strizza esplicitamente l’occhio alla craft beer, battezzata Norden. Come già accaduto per iniziative analoghe, è importante analizzare nel dettaglio l’idea per capire in che modo una multinazionale (in questo caso Royal Unibrew) sta portando avanti l’ennesimo tentativo di salire sul carro dei vincitori.

Il comunicato con cui si accompagna il lancio della nuova linea è come sempre infarcito di quel “marketinghese” pieno di paroloni ma povero nella sostanza. Prendiamo il paragrafo introduttivo:

Ceres si accosta con eleganza e originalità all’esuberante mercato delle birre artigianali. Lo fa con lo stile autentico e “di sostanza” caratteristico del brand, reinterpretando la sua origine danese e proponendo in chiave contemporanea i gusti e le tradizioni birraie del grande Nord.

Tanto vale allora cercare autonomamente le informazioni più importanti tra le righe del comunicato. Partiamo proprio dalle caratteristiche delle birre Norden, che saranno tre e si ispireranno ad altrettanti stili birrari, due dei quali piuttosto diffusi. Il primo prodotto di chiama Fynen Pilsner (5%), è realizzata con 5 malti diversi (non specificati) e si distingue per il corpo pieno ed elegante, oltre che per una leggera nota fruttata di mela cotogna “che le conferisce una freschezza caratteristica delle grandi birre del Nord”, qualsiasi cosa significhi.

Non era quotata la possibilità che la seconda birra fosse una IPA. La Gylden IPA (5,9%) vanta una ricetta “ricercata ed originale”, che rende protagonisti i quattro luppoli utilizzati. Cosa insolita per un prodotto dell’industria, le quattro varietà sono specificate già nella descrizione commerciale: Simcoe, Citra, Pacific Gem e Green Bullit, con buona pace di quei birrai artigiani che faticano a rifornirsi di certi luppoli. Sappiate che la Gylden IPA “si distingue per la sua modernità e per le sue note speziate di rosmarino, che immergono sin dal primo sorso nell’universo selvaggio del Nord”. Va beh…

Curiosa invece la terza birra, perché appartiene a uno stile antico che in pochissimi conosceranno, quello delle Mumme. Come potete leggere su Una birra al giorno, è una tipologia continentale risalente alla fine del 1400, che si caratterizza per essere scura, alcolica, densa e molto dolce. Aver ripescato uno stile del genere potrebbe essere un bel colpo in termini commerciali, soprattutto se nel target potenziale ci sono anche i beer geek. Al di là di questa considerazione, la birra si chiama Dark Mumme (6,5%), è ripensata in chiave moderna e arricchita con l’aggiunta di bacche nordiche e di sette diversi malti.

Altro aspetto interessante è che la produzione dell’intera linea è stata affidata all’Albani Bryggerierne di Odense, in Danimarca. Se però pensate di essere di fronte a produzioni artigianali, frenate gli entusiasmi: il birrificio è sotto il controllo di Royal Unibrew (e quindi di Ceres) da oltre 15 anni ed è inoltre più conosciuto per produrre l’inquietante Giraf Beer. Un’occasione persa quindi? Più che altro la conferma che anche in questo caso siamo al cospetto di prodotti che fanno solo finta di essere craft.

Le Norden di Ceres si inseriscono dunque perfettamente nella famiglia delle pseudo-artigianali, fenomeno che sembra non voler risparmiare alcun marchio industriale. Di esempi in questi anni ne abbiamo avuti tantissimi e secondo me è anche l’occasione per una riflessione generale.

Il mercato craft poteva rappresentare per l’industria non solo la sua nemesi, ma anche una possibilità di riscatto, o quantomeno di diversificazione dei prodotti. Nella stragrande maggioranza dei casi mi sembra che le multinazionali vi si siano gettate come si fa con ogni altro trend: in passato c’è stata la stagione delle birre light, poi quella dei Radler, ora c’è quella delle birre artigianali. Gli uffici del marketing creano una bella storia, una grafica accattivante e un packaging d’effetto, ma dimenticano sempre di curare il prodotto finale. Non è affar loro, la qualità della birra è estranea alle loro idee perché semplicemente è estranea al modello di business dell’industria. Se questo può funzionare per altri trend, è assolutamente contrario a ogni progetto legato al mondo del craft. Ecco perché, salvo rare eccezioni, tutte queste iniziative per me sono destinate a fallire, confermando ancora una volta la superiorità (organolettica ma anche commerciale) delle birre vere, prodotte in maniera autentica. Staremo a vedere…

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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19 Commenti

  1. L’etichetta fa molto B94.

  2. Se non sbaglio direi che sia solo un caso di rietichettatura di birre già esistenti, attualmente prodotte da Albani Bryggerierne e chiamate “Schiotz” invece di “Norden”… comunque la grafica non è malaccio!

  3. Ma Le hai assaggiate?
    Perché Dal tuo articolo mi sembra che “spari merda” su queste birre pseudo artigianali a priori.
    Inoltre non condivido ” la qualità della birra è estranea alle loro idee semplicemente perché é estranea al modello di business dell’industria”, un’industria di successo cerca di vendere un prodotto che soddisfi il consumatore medio e sopra questa base fa marketing, non il contrario.
    Se ti sono sembrato aggressivo scusami, non volevo esserlo, ma mi sembra che spesso si giudichi una birra più per da chi è prodotta piuttosto che per il gusto.

    • Beh sì aggressivo abbastanza e tra l’altro senza motivo, visto che non ho espresso alcun giudizio sulle birre (non avendole assaggiate). La mia valutazione finale è un discorso generale, neanche rivolto esclusivamente a questa operazione. Poi se vogliamo dirla tutta ho anche sorvolato sul fatto che nella fattispecie stiamo parlando di prodotti già esistenti, rietichettati per un mercato specifico (l’Italia) e caricati di connotazioni che hanno poco a che fare con il contenuto.

      • Scusa ma secondo me quando riporti le descrizioni delle birre e alla fine aggiungi commenti sarcastici stai già dando un giudizio indiretto alla birra.
        Comunque ti chiedo ancora scusa se ti sono sembrato aggressivo, apprezzo molto il lavoro che fai.

        • Assolutamente no, semmai sto dando dei giudizi sulle descrizioni, che sono il frutto del solito marketingese senza senso. Altrimenti spiegami cosa significano frasi come “leggera nota di mela cotogna… che le conferisce una freschezza caratteristica delle grandi birre del Nord”

    • Sono perfettamente daccordo con te …. io ho appena ” bevuto ” la GYLDEN IPA …. È a dir poco OSCENA. Dire che ha note di rosmarino è un eufemismo. Lasciamo fare le birre artigianali a chi se ne intende !!!!

  4. Volevo prima di tutto ringraziare per avermi scelto per assaggiare la vostra birra artigianale infinitamente grazie ho assaggiato la Dark Mumme corposa decisa al primo impatto sembra vino ma al gusto è favolosa le altre le assaggerò presto!Volevo solo dire io posso bere solo birre artigianali per via della mia allergia al Nichel ho cercato e rigirato le vostre bottiglie ma non ci stà scritto Artigianali io vi consiglierei i metterci una scritta anche perchè persone come me che è la prima cosa che cercano su una bottiglia di birra se non lo leggono non la comprerebbero mai!Grazie e grazie ancora per le birre vi farò sapere come sono le altre…

  5. Io ho avuto la possibilità di testare tutte e tre le varianti di Norden e sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla caratteristica che ognuna di loro ha in termini di gusto. Io personalmente ho apprezzato la Dark Mumme che tra le tue ha il più alto grado alcolico e si presenta corposa con una schiuma peristente e adatta a piatti di cacciagione. Notevoli anche le altre due con sentori di rosmarino e bacche rosse.

  6. Ho potuto testare le 3 varianti della birra grazie a “the insider” e devo ammettere che sono rimasta molto sorpresa!
    La dark mumme è strepitosa… ha un gusto che somiglia in parte alla guinness… e a me è piaciuta tantissimo!!!
    Anche la fynen non è affatto male… mentre la gylden a me personalmente non è piaciuta a causa del retrogusto di rosmarino… ma alcune amiche l hanno trovata molto buona proprio per questa sua particolarità!!!
    Io credo che avranno successo sul mercato!!! quindi, viva chi prova a fare qualcosa di nuovo!!!!

  7. Ecco, quel che trovo davvero fastidioso è la chiusura del pezzo. Cito verbatim: “(…) dimenticano sempre di curare il prodotto finale. Non è affar loro, la qualità della birra è estranea alle loro idee (…)”. Ora, questo giudizio potrebbe arrivare se il redattore avesse assaggiato il prodotto e constatato la eventuale scarsa qualità. Ma per sua stessa ammissione così non è. Quindi, emette giudizi arbitrari e totalmente casuali ai quali dovrei credere – in qualità di lettore – forse a causa dei millantati titoli nell’occhiello dove l’autore è presentato.

    Ora, io non posso certo vantare tanta competenza. Ma sono un homebrewer di vecchia data e scuola. Bevo birra con cognizione di causa da una ventina d’anni. Ho assaggiato questa sera la IPA. E posso dire con certezza che non si tratta della migliore IPA su questa terra. Non regge il confronto coi luppoli della Hardcore IPA di Brewdog, per fare un esempio. Non è complessa come una Vuur un Vlaam. Ma è molto azzeccata, il malto non è invadente ed i luppoli fanno molto bene il loro lavoro, dagli amaricanti sino alle note di testa (azzarderei un dry-hopping). Considerando che a mio avvisto sino ad oggi l’unica collocazione degna di un qualsiasi prodotto Ceres è sempre stata nel serbatoio dell’automobile come eventuale additivo, ritengo questo prodotto molto interessante. E’ rimarchiato? Non ne ho idea. Esisteva altrove ed è solo stato presentato con una nuova etichetta in Italia? Possibile.

    Ma la vera domanda che io mi sono posto come consumatore – al di là della grafica, della pubblicità, del marchio – è stata “come sarà?”. Ho assaggiato prima di tranciare un giudizio. E, personalmente, ritengo che questa birra superi abbondantemente la sufficienza. Le appiopperei senza problemi un 7/10.

    Quindi, un plauso a Ceres per aver finalmente presentato il primo prodotto a mio avviso meritevole in anni. Circa il recensore, suggerisco una maggiore umiltà. E soprattutto, suggerisco di parlare dei meriti e della qualità solo *dopo* aver assaggiato, quando gli stessi si conoscono. Altrimenti, è aria fritta: magari gustosa ma con poca sostanza.

    • Fabio premesso che le frasi andrebbero citate per intero, è chiaro la considerazione finale riguarda il modello di business delle multinazionali in generale e non le Norden nello specifico. C’è scritto espressamente poche righe sopra. Checché tu ne dica (e ti sfido a dimostrare il contrario) nell’articolo non ho espresso alcun giudizio sulle birre, proprio perché mai assaggiate. Lascio ad altri questo compito.

      Se poi proprio lo vuoi sapere, Ceres qualche settimana dopo mi ha inviato una campionatura, che ho assaggiato insieme ad altri amici appassionati per avere anche il loro riscontro. Beh, il giudizio è stato stroncante ben oltre le nostre aspettative. Mi aspettavo comunque birre corrette, invece la Pils era un trionfo di zolfo, la Mumme tendente al metallico e la tua tanto decantata IPA completamente sbilanciata sul rosmarino e comunque poco attinente allo stile. Certo, questi sono i miei giudizi e possono valere meno di zero. Ma davvero, confrontati con altre persone che di birra ne capiscono e chiedigli cosa ne pensano della Gylden Ipa e soprattutto se può valere un 7 su una scala da 0 a 10.

      • Esiste un metodo per valutare le birre al di là dei propri gusti personali e si chiama degustazione. Un degustatore, degno di tale appellativo, non si ferma certo al gusto soggettivo e va oltre. Se no a che serve la degustazione? Il tutto è naturalmente basato su un metodo ben preciso.

  8. Nemmeno io sono un degustatore. Non sempre riesco a passare nei beer shop, non sempre posso spendere 4-5 euro per una birra: quando posso, lo faccio volentieri e generosamente. Quando non posso, mi rivolgo al supermercato: mi fa fatica definire questa birra come IPA però rispetto a decine di altre birre presenti sugli scaffali della GDO è molto particolare e, se non da fastidio il sentore pronunciato di rosmarino, cala bene ed in maniera particolare. Rispetto ad altre IPA da supermercato che ho assaggiato, italiane e non, direi che è una di quelle due o tre che tornerei ad acquistare più volentieri

  9. Sto bevendo in questo preciso momento la cosiddetta ipa. Più che di note di rosmarino parlerei di pesanti retrogusti di basilico piccolo. Il rosmarino ( ho la pianta qui sotto il terrazzo) non ha caratteristiche così dolci, tende molto più al resinoso. Pessima. L’ho scelta in un super perché avevo voglia di una ipa ( lo so impresa disperata) e mi sono fidato dei nomi dei luppoli in etichetta. Mal me ne incolse.

  10. Come non si può non apprezzare la gylden ipa col suo aroma inconfondibile e l’irresistibile sapore di dopo barba…di sicuro dolce e gabbana staranno in pensiero…cci loro

  11. Sto bevendo la ceresnorden gylden IPA ed è veramente come me l aspettavo. Amara con retrogusto di rosmarino come le artigianali californiane di cui sono un estimatore è ottima, chi la disprezza di birra non ci capisce molto.
    E brava la Ceres che la propone.

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