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Consumo di birra e omicidio stradale: alcune considerazioni

Lo scorso marzo in Italia è entrata in vigore la legge sull’omicidio stradale, introdotta per cercare di arginare il fenomeno della pirateria automobilistica. Benché i presupposti di partenza fossero sacrosanti, la sua approvazione fu accompagnata da numerose critiche e polemiche, anche da parte di chi aveva inizialmente guardato positivamente a questa novità. Ma perché essere contrari a una legge del genere? Una risposta la si può trovare in una notizia rilanciata ieri da Blasting News e intitolata “Omicidio stradale, 19enne condannato a 8 anni: aveva bevuto una birra”. A prima vista sembrerebbe una frase che riassume gli eventi in maniera troppo semplicistica, ma a una lettura più approfondita sembra invece restituire correttamente il senso di quanto accaduto.

La vicenda riguarda un giovane ragazzo siciliano, condannato a 8 anni di reclusione in seguito a un incidente in cui perse la vita un suo caro amico, seduto sul sedile del passeggero. Prima di mettersi alla guida il conducente aveva bevuto una sola birra, ma “non era ubriaco” – questo dice l’articolo, probabilmente sottintendendo che non aveva superato il limite generico di 0,5 g/l. Il problema però è che nel suo caso, quello cioè di un neopatentato, il limite è fissato a zero. Di conseguenza è scattato il reato di omicidio stradale e la condanna alla lunga reclusione, tutto per una “leggerezza” che comunque è costata la vita a un suo coetaneo.

Subito dopo la sua approvazione, una delle critiche più nette nei confronti della legge arrivò dalle Camere Penali, che parlarono di una novità “repressiva, sproporzionata e incoerente”. Ecco alcuni passaggi del comunicato dell’epoca:

Già prima della nuova legge, sottolinea l’organo rappresentativo degli avvocati penalisti, il codice penale forniva strumenti per punire adeguatamente l’omicidio stradale (v. art. 589, comma 3, c.p.).

La norma sembra istituire una pericolosa presunzione di colpa e di causalità fra lo stato di ebbrezza e l’evento lesivo: una soluzione inaccettabile, pena lo stravolgimento dei principi fondamentali del sistema penale. L’evento lesivo deve essere infatti la concretizzazione del rischio specifico insito nella guida in elevato stato di ebbrezza; quindi si dovrà in ogni caso verificare che l’evento sia dovuto proprio all’incapacità del conducente di osservare le regole sulla circolazione stradale in ragione dell’alterazione delle sue condizioni psico-fisiche dovute all’ingestione di alcool o stupefacenti.

Quindi secondo questo punto di vista, i problemi della legge sull’omicidio stradale sono due. Il primo riguarda un inasprimento delle pene non conforme al principio di proporzionalità tra illeciti e sanzioni; il secondo che l’assunzione di alcool o stupefacenti – anche lieve, come nella fattispecie considerata – viene interpretata come colpa a priori, senza l’onere di verificare se l’incidente sia avvenuto effettivamente per un’alterazione del conducente o per altri motivi – anche se, personalmente, fatico a capire come si può arrivare a separare una causa da tutte le altre.

Ma perché oggi ho deciso di parlare di omicidio stradale? Perché leggendo di slancio la notizia, il mio primo pensiero è stato è che siamo di fronte a una legge eccessivamente repressiva. Le norme generali infatti ci dicono che, entro un certo limite, si può guidare dopo aver bevuto bevande alcoliche: trovare una situazione in cui questo comportamento non sia ammesso è plausibile, ma che in tal caso venga punito con 8 (e, se non sbaglio, persino 12) anni di reclusione appare paradossale. Insomma, che una variazione nel contesto trasformi un atteggiamento perfettamente lecito in uno punito gravemente solleva più di qualche perplessità.

Però preferisco fare un passo indietro, perché ci tengo a specificare di essere fondamentalmente un pedone. Uno dei modi in cui la birra ha cambiato la mia vita è stato proprio nell’uso della macchina: recandomi spesso a bere in una zona caotica come Trastevere, a un certo punto decisi di affidarmi al trasporto pubblico pur di non stressarmi per il famigerato traffico del Lungotevere e per l’impossibilità di trovare un parcheggio sensato. Il bilancio positivo tra vantaggi e svantaggi mi spinse ad adottare la stessa strategia per gli altri spostamenti quotidiani (compreso il tragitto casa – lavoro) e oggi uso l’automobile solo 4 o 5 volte al mese.

Questo cambiamento nelle abitudini di tutti i giorni mi ha spinto a vedere le cose in maniera diversa. In particolare ho compreso quanto debole e rischiosa sia la posizione dei pedoni e come l’automobile spesso venga usata senza un minimo di coscienza. Nonostante io abbia iniziato a usare bus e metro per motivi pratici, ho col tempo imparato ad apprezzare un effetto secondario da non sottovalutare: la possibilità di uscire senza dover tornare a casa guidando, che si traduce nella tranquillità di bere senza preoccuparmi del mio tasso alcolemico o di mettere a rischio la mia incolumità o quella degli altri.

Sono dunque a favore di interventi contro un uso sconsiderato e rischioso dell’automobile, d’altro canto sono però anche una persona che beve quotidianamente birra. Un aspetto dell’opinione pubblica che mi infastidisce parecchio è la demonizzazione di tutte le abitudini legate al consumo di alcolici, almeno rispetto ad altri comportamenti parimenti (o ben più) rischiosi. In riferimento alla guida, ad esempio, ci si scaglia a priori contro il consumo di alcool – che lo ricordo, entro certi limiti è consentito – rispetto a violazioni del codice della strada ben più gravi per l’incolumità delle persone: superamento dei limiti di velocità, mancato rispetto degli stop, passaggio col semaforo rosso e via dicendo.

In altre parole, muovendomi a piedi per la mia città spesso rischio la mia salute – letteralmente! – a causa di macchine che ignorano le strisce pedonali, furgoni parcheggiati in doppia fila, aspiranti Schumacher che sfrecciano a tutta velocità, recidivi nell’uso del telefonino durante la guida. Dubito che in tutti questi casi (o almeno nella maggior parte di essi) il conducente sia sotto l’effetto di alcolici o di droghe.

Se insomma il consumo di alcool (e non il suo abuso) è una condizione sufficiente per determinare una colpa mentre si guida, allora lo è anche l’uso stesso dell’automobile. Probabilmente il problema della legge sull’omicidio stradale è proprio qui: non nell’essere una norma esagerata ed eccessivamente aspra, ma nell’essere stata ideata sulla base di un pregiudizio sbagliato, che colpevolizza certi comportamenti e ne assolve altri. E che purtroppo è difficile da modificare, almeno finché gli stessi organi di stampa specializzata continueranno a ritenere “distrazioni” le violazioni del codice della strada. In fin dei conti anche bere una birra è una semplice “leggerezza”.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. Per capire la sproposità delle pene per questa legge basta leggere quanto è successo in senato pochi giorni fa:
    http://www.ilmessaggero.it/primopiano/politica/governo_va_sotto_sul_ddl_terrorismo_si_a_emendamento_fi_brunetta_pizzino_di_verdini_a_renzi-1814858.html

    Si era al paradosso che usare ordigni nucleari veniva sanzionato meno dell’omicidio stradale.
    Come al solito in Italia quando si deve fare una cosa (in questo caso una sacrosanta legge), la si fa a ca**o.

  2. Andrea Pinasco

    Anche per questo motivo a Roma ultimamente l’apertura di nuovi locali si e’ spostata verso quartieri periferici residenziali, così le persone possono evitare di dover prendere la macchina e andare al centro per bersi una birra.

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