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Dalle compensazioni della Tav un grande polo brassicolo italiano

Nel corso di agosto 2015 in Italia si sviluppò un acceso dibattito intorno alle compensazioni per la Tav, che il legislatore ridusse da 112,5 milioni a soli 32. Dopo quasi un anno quelle stesse compensazioni – previste per i cittadini dell’alta Val di Susa come indennizzo per la realizzazione della Torino-Lione – tornano d’attualità e si ripresentano come forma di finanziamento per quello che già viene definito il più grande polo italiano per la produzione di birra. Ma come si è passati da quella scabrosa vicenda a questo nuovo progetto birrario? La risposta è da ricercare nelle intenzioni del ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che a seguito delle polemiche per la riduzione delle compensazioni promise che tutti i fondi sarebbero stati ripristinati, finanziando però programmi di ampio respiro e con stabili ricadute economiche. Il futuro “distretto della birra” rientrebbe proprio in questa visione.

Come riportato da La Stampa, l’idea di partenza è molto interessante: creare uno spazio completamente dedicato alla fabbricazione brassicola, in grado di coprire tutti i passaggi della filiera produttiva. Il primo step sarebbe la fusione tra due dei principali (e più anziani) birrifici del Piemonte: Soralama di Vaie e Compagnia della Birra di Settimo Torinese. Se quest’ultimo nome vi suona insolito, considerate che si tratta della società proprietaria del marchio Befed e dei suoi brewpub in franchising, sparsi per tutto il nord Italia. Soralama invece non ha bisogno di molte presentazioni, essendo attivo sin dal 2004 e conosciuto da tanti appassionati.

Come accennato, tuttavia, il progetto non si limita solo alla nascita di questo nuovo attore, ma alla creazione di una “rete” di specializzazioni per coprire tutte le esigenze della filiera. A cominciare, ovviamente, dalla coltivazione delle materie prime in collaborazione con Coldiretti, coinvolta in prima persona nel programma. È stato lo stesso presidente nazionale Roberto Moncalvo (proprietario di un’azienda agricola in zona) ad aver proposto la conversione alla coltivazione di orzo di un consistente numero di ettari oggi destinati al mangime. E sempre tramite Coldiretti si sta pensando di attivare delle coltivazioni sperimentali di luppolo in Valsusa e nelle valli di Lanzo e del Canavese.

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Il piano però non si ferma qui, perché nelle previsioni c’è anche la creazione di una malteria e di una catena di ristorazione come canale di vendita primario. Se nel secondo caso presumibilmente si potrà sfruttare l’esperienza della Compagnia della Birra, l’idea relativa alla malteria merita qualche approfondimento. In primis perché sarebbe la prima struttura del genere in Italia settentrionale, secondopoi perché potrebbe rivelarsi una risorsa interessante per altri birrifici del Nord, non coinvolti direttamente nel progetto. A concludere il tutto ci sarebbe infine una rete commerciale da implementare, con potenzialità capaci di raggiungere le Valli Olimpiche e tutta Torino.

L’intero progetto, che sulla carta prevede un finanziamento di 15 milioni di euro, qualche anno fa sarebbe stato praticamente inimmaginabile nel nostro paese. Ora invece non solo è considerato una realtà concreta, ma ha ottime possibilità di essere realizzato. Nel frattempo, infatti, ha incassato l’apprezzamento dell’assessore regionale all’agricoltura, Giorgio Ferrero, e del presidente Sergio Chiamparino, mentre il commissario di governo, Paolo Foietta, si è espresso positivamente al riguardo.

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Il prossimo passo è la presentazione che sarà effettuata nei prossimi giorni in una riunione dell’Osservatorio Tav. La strada sembra in discesa, ma chiaramente c’è da superare lo scoglio più difficile, rappresentato da tutti quei sindaci No Tav che hanno sempre rifiutato ogni forma di compensazione. Ironia della sorte – ma in questi casi la sorte c’entra poco – il regista di tutta l’operazione è un ex leader dei sindaci No Tav: quell’Antonio Ferrentino che è oggi consigliere regionale e presidente delle Città del Bio. Tra i suoi antagonisti potrebbe esserci proprio il sindaco di Vaie, la città dove ha sede Soralama. Insomma, un panorama molto confusionario dal quale però potrebbe emergere un progetto brassicolo con ottimi presupposti.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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9 Commenti

  1. Detta così sembra che i notav siano brutti e cattivi.
    Ma ricordiamo che è gente che si batte per la propria terra,che già coltiva, seguendo le orme dei propri antenati, magari non coltivano orzo o luppolo.
    Ma attenzione a difendere il progetto tav che non è proprio progresso.
    spero di aver malinteso io.

    • A me sembra un resoconto abbastanza asettico di quanto accaduto, senza alcuna considerazione personale. Tra l’altro neanche sai qual è la mia posizione nei confronti della Tav (e dei no Tav)

  2. ‘ La strada sembra in discesa, ma chiaramente c’è da superare lo scoglio più difficile, rappresentato da tutti queisindaci No Tav che hanno sempre rifiutato ogni forma di compensazione.’
    Mi sembrava di leggere un compensazione=bene.
    a prescindere.
    ‘Spero di aver malinteso io’ = spero tanto che per della compensazione, anche se per far birra, non ci si sbilanci con leggerezza contro i sindaci notav che secondariamente hanno rifiutato la compensazione ma rifiutato prima la tav .

    Senza polemica ma bastava un : ‘ ha frainteso’

    Continuerò a leggerla comunque.

    • Beh per non fare polemica ne hai scritte di cose 🙂

      Ripeto, ho solo riportato i fatti. Nella frase che hai citato non vedo valutazioni personali sulla vicenda, a meno di non leggerla con qualche pregiudizio. Figurati quanto mi può piacere una storia in cui di fondi destinati ai cittadini scompaiono per poi ricomparire come finanziamenti ai privati.

  3. Come già commentato altrove ecco come fondi pubblici (spesi male) si trasformino in sovvenzioni per privati. Un ottimo esempio di come trasformare un mercato libero (quello della birra artigianale) e con concorrenti che giocano alla pari in un mercato dove pochi “fortunati” potranno produrre a prezzi agevolati con buona pace della concorrenza. Che si faccia, con quei finanziamenti, una malteria pubblica in Piemonte, senza distribuire soldi per creare una filiera che serve, fatta in questo modo, solo per riempire i discorsi del politico di turno e sbilanciare il mercato.

  4. Quoto Lelio. A parte la TAV che è un abominio, si farà la solita cosa all’Italiana mettendo i primi che capitano a maltare o ci sarà una ricerca di professionisti, ovviamente dall’estero, che sanno quello che fanno? Una cosa è fare le cose per bene e di qualità, un’altra è sfruttare la cosa per dire: solo malto Italiano, come fa la Moretti. Temo cioè che il tutto si risolva, oltre che in uno scompenso fiscale come spiegato da Lelio, in un’operazione di becero marketing e non sarebbe la prima volta nella birra artigianale Italiana.

  5. Tutto sarebbe bellissimo se a gestire questo pacco di milioni non fossero quei furbetti, Ferrentino per primo, che di fronte ai soldi sono pronti a cambiare dieci volte casacca. Nel 2000-2005 Coldiretti bloccava le strade coi trattori pensando agli ettari distrutti dall’opera tav, ora di fronto al “rumore dei soldi” ha cambiato idea, Ferrentino guidava gli abitanti della valle contro amianto e discariche di detriti, ora è presidente del bio ma fautore di un’opera molto poco “bio” per usare un eufemismo, e l’elenco è lungo. Un maltifico per ridurre la filiera e produrre localmente sarebbe una buona idea, tra l’altro irrealizzabile senza un forte investimento esterno, ma è inaccettabile il fatto (e il ricatto) che questa cosa si faccia al prezzo della distruzione di migliaia di ettari di terreni, della perdita delle falde acquifere e dei rischi per la salute, solo per citare alcune delle conseguenze previste nel progetto esecutivo dai fautori dell’opera.
    inoltre, la proposta di coltivazione di luppolo, mancante di qualsivoglia sperimentazione varietale precedente è stata più o meno così: iniziate a coltivarlo poi noi ve lo ritiriamo: a voi i rischi di impianto e coltivazione, a noi i soldi delle compensazioni per costruire un consorzio che lo ritira. Come tutte le grandi opere pubbliche si capisce già da dove arriveranno i soldi (tutti i contribuenti) e a chi andranno (gli amici degli amici), come è per tutta l’opera tav,guardare le varie inchieste giudiziarie su tav e mafia (operazione Minotauro per esempio). Vogliamo spingere la filiera agricola per dare lavoro agli agricoltori, integrare la filiera e liberarci dai monopoli? Benissimo, si investa così saliranno anche le paghe in agricoltura anzichè usare manodopera schiavizzata a 20 euro al giorno, e magari per creare poli e distretti di questo tipo usiamo quei soldi buttati alle varie mafie organizzate che stanno dietro a tav e simili. Semplice, no? però poi i Ferrentino sarebbero disoccupati…

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