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La folle pretesa di Lefebvre: “Il Birrificio Italiano rinunci al logo Barbarrique”

Anche nel mondo della birra artigianale è difficile trovare notizie interessanti in pieno agosto, ma oggi non è così. Appena qualche ora fa, infatti, il Birrificio Italiano ha pubblicato sulla sua pagina Facebook alcune considerazioni circa una spiacevole vicenda di natura giurdica che lo sta vedendo protagonista. Come già accaduto in passato, anche questa volta parliamo di un contenzioso riguardo a un marchio: il birrificio belga Lefebvre, produttore della birra Barbar (una Strong Ale al miele), ha avanzato precise richieste nei confronti del marchio Barbarrique, con il quale si identifica la speciale linea di maturazioni in legno realizzate dal Birrificio Italiano. Per la precisione la contestazione è arrivata dal gruppo d’investimento Jupece Invest, che possiede il birrificio Lefebvre.

A molti di voi la vicenda ricorderà quella che a fine 2015 coinvolse Luppolo Station, il pub romano che fu intimato da Poretti di non registrare il suo marchio in quanto confondibile con quello della birra 3 Luppoli. All’epoca l’episodio sollevò feroci critiche nei confronti del marchio di Carlsberg, tanto che alla fine la multinazionale decise di rinunciare a procedere, facendo decadere la questione. Oggi quanto sta accadendo con il Birrificio Italiano ha toni decisamente simili.

La storia è iniziata a maggio 2016, quando Jupece Invest scrisse all’azienda lombarda per contestare la richiesta di deposito del marchio verbale Barbarrique, perché troppo simile a quello della birra Barbar. Attenzione, all’epoca il contenzioso riguardava esclusivamente la forma verbale del marchio: sebbene si potrebbe discutere sull’opportunità di una simile scelta, a livello fonetico c’è una certa somiglianza tra i due nomi – soprattutto nella prima parte di Barbarrique – tanto da rendere la richiesta di Jupece tutto sommato lecita. Era un colpo basso, ma basato su una considerazione logica e quindi senza troppi margini di opposizione.

Evidentemente al Birrificio Italiano pensarono la stessa cosa, perché pur controvoglia decisero di rinunciare alla registrazione verbale del marchio e di procedere solo con quella figurativa. In effetti se a livello fonetico c’era qualche possibilità di confusione tra i due marchi, a livello grafico sono profondamente diversi. Storia conclusa quindi? Neanche per sogno.

Pochi giorni fa il Birrificio Italiano ha ricevuto una nuova lettera da parte di Jupece… e indovinate un po’? Esatto: ora l’azienda belga contesta anche il deposito del logo Barbarrique perché visivamente troppo simile a quello della loro birra. Una richiesta oggettivamente ridicola, che presuppone delle somiglianze francamente impossibili da comprendere. Da una parte c’è un (brutto) logo sui toni del giallo, con il disegno di un guerriero di qualche tribù e il nome della birra; dall’altro un logo in bianco e nero, con l’immagine di un vichingo e il nome della linea. I marchi sono differenti in tutto: nel colore, nella forma, nel soggetto rappresentato. Questa volta la logica alla base della richiesta di Jupece Invest è davvero senza senso.

Ciononostante, come spesso accade in queste situazioni, il Birrificio Italiano sta vivendo ore non facili: da una parte c’è la convinzione di essere dalla parte della ragione, dall’altra l’impossibilità di dimostrarlo se non sostenendo costosissime spese legali. E come sempre la lotta è impari, perché se qui parliamo di un birrificio artigianale di modeste dimensioni, lì a opporsi c’è una grande azienda, con una potenza economica totalmente differente.

Alla luce delle insensate motivazioni su cui si basa il contenzioso, la speranza è che, come in situazioni analoghe, sia partita una richiesta formale in maniera “automatica”, senza cioè tenere conto della fattispecie e del destinatario della stessa. Difficile altrimenti credere che un grande birrificio come Lefebvre possa essere preoccupato da un progetto che definire di nicchia è quasi eufemistico. La speranza è che a breve arrivi un dietro front da parte di Jupece Invest e tutto il polverone rientri senza ulteriori conseguenze.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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4 Commenti

  1. Mah!
    Anche Poretti (Carlsberg) finanziariamente è una potenza se paragonata al pub Luppolo Station, e la sua pretesa era altrettanto demenziale.
    Non penso proprio che la giustizia (o perlomeno lo spero) sia proporzionale ai mezzi finanziari a disposizione. Qualsiasi legale italiano che abbia nozioni di diritto industriale, sarà in grado di difendere benissimo il Birrificio Italiano a fronte di tale scemenza, ma ritengo che anche in questo caso il buonsenso avrà il sopravvento.
    L’importante è capire di aver fatto una sciocchezza.

  2. ma siamo sicuri possa definirsi demenziale la pretesa ? anche il nome (a prescindere dal logo puo’ essere oggetto di tutela). occorre verificare fino a dove si estende la tutela dei segni distintivi di babar: ma voglio ben sperare che BI abbia fatto le dovute verifiche prima di lanciare il suo marchio. se hanno ragione resistano. Diversamente dovrebbero prendere atto di aver commesso una leggerezza…

  3. La penso come Enrico..marchi e tutele vero casino e giungla da approfondire bene

  4. Posso sbagliarmi ma la verosimiglianza fra i due loghi temo sia legata non tanto alla grafica ma alla parte verbale in essa contenute, ovvero “BARBAR” e “BARBARrique”.
    Una registrazione senza parte verbale difficilmente sarebbe attaccabile.

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