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Un riassunto delle due settimane che sconvolsero la birra artigianale italiana

Complice probabilmente l’avvicinarsi delle vacanze estive (o comunque del periodo tradizionalmente ad esse dedicato), la situazione nel mondo della birra artigianale italiana pare essersi calmata. Ciò che è accaduto nelle ultime settimane ha avuto un effetto sconvolgente per tutto il movimento: nel giro di pochissimi giorni siamo stati costretti a cambiare completamente la visione del nostro ambiente a causa di acquisizioni, partnership e operazioni che avranno pesanti ripercussioni nell’immediato futuro. Abbiamo dovuto eliminare dal novero dei “piccoli birrifici indipendenti” nomi altisonanti e accettare l’idea che ormai l’industria ha messo più di un piede nel segmento artigianale. Sicuramente nei prossimi mesi andremo incontro a ulteriori evoluzioni, ma per il momento possiamo fermarci, guardare a quanto accaduto recentemente e tirare le somme. Una pausa quasi vitale dopo il trambusto di inizio mese.

Scopo di questo articolo è dunque riassumere quanto verificatosi nelle scorse settimane e capire cosa potrebbe accadere successivamente. Gli eventi che hanno determinato la “Rivoluzione di luglio” sono essenzialmente tre e riguardano altrettanti importanti birrifici italiani: Toccalmatto, Ducato e Birradamare.

L’accordo tra Toccalmatto e Caulier

Tutto è cominciato giovedì 29 giugno, quando il birrificio Toccalmatto ha annunciato una partnership con Caulier – passata alla storia con la definizione di “sodalizio tra pari” –  per unire le proprie forze e raggiungere nuovi traguardi imprenditoriali. Abbiamo raccontato la notizia in un post pubblicato in pieno “terremoto birrario”, ma a oggi i dettagli dell’accordo rimangono ancora non del tutto chiari. Il comunicato ufficiale ha infatti spiegato solamente che l’impianto del produttore emiliano sarà in parte destinato a realizzare le birre Caulier per il mercato italiano, tuttavia non ha rivelato altri passaggi fondamentali per comprendere il futuro dei due marchi. Posso dirvi che si parla di una cessione del 100% delle quote di Toccalmatto a Caulier e di un’entrata di Bruno Carilli nella società belga: informazioni che magari saranno ufficializzate a breve con un altro comunicato. Al di là di questi aspetti, il rapporto tra le due società risulta parecchio ingarbugliato nell’ottica della definizione legislativa di birra artigianale, che si poggia su un concetto generale di “indipendenza” senza disciplinarlo nel dettaglio. Per questo non ci resta che aspettare l’interpretazione di Unionbirrai, finora dimostratasi assolutamente sensibile al tema – e ci mancherebbe! A rendere tutto più complicato c’è la posizione dello stesso Carilli all’interno dell’associazione, dove ricopre il ruolo di supplente del Collegio dei Probiviri. Staremo a vedere cosa succederà.

L’accordo tra Ducato e Duvel

Pochi giorni dopo, lunedì 3 luglio, il Birrificio del Ducato ha comunicato la cessione del 35% delle sue quote al colosso Duvel, confermando le voci che si rincorrevano da tempo nell’ambiente e che ormai erano diventate ingestibili. L’annuncio però ha dipinto una situazione ben diversa dalla realtà, ridimensionando il controllo della multinazionale brassicola quasi al punto da considerarlo ininfluente. Abbiamo dovuto pubblicare un vero e proprio articolo d’inchiesta per svelare che gli accordi erano ben altri: dallo statuto di Gruppo Italy srl – l’azienda del Ducato atta alla produzione – non emerge alcuna totale autonomia da parte della vecchia proprietà, mentre è evidente un interesse di Duvel ad aumentare le proprie quote societarie nei prossimi anni. La vicenda ha evidenziato non solo la pessima gestione del birrificio italiano in termini di comunicazione e rispetto dei suoi interlocutori, ma ha anche cancellato ogni dubbio sulla perdita dello status di “piccolo birrificio artigianale”. Qualche giorno dopo Unionbirrai ha confermato che le produzioni del Ducato non possono più essere considerate birra artigianale.

L’accordo tra Birradamare e Molson Coors

L’ultima “bomba” risale a pochi giorni fa e più precisamente a mercoledì 12 luglio, quando abbiamo pubblicato in anteprima la notizia della cessione del 100% delle quote di Birradamare alla multinazionale Molson Coors. Un accordo molto simile a quello che lo scorso anno legò Birra del Borgo ad AB Inbev e che ha immediatamente decretato la perdita dello status di “birrificio artigianale” per il produttore del litorale romano. Un’operazione chiara e sintetica rispetto alle precedenti, perché riguardante l’acquisizione totale di un birrificio da parte di un’industria del settore e perché comunicata nei tempi corretti.

Nel giro di un paio di settimane, quindi, il panorama della birra artigianale italiana si è completamente trasformato. La concentrazione di tali notizie in un tempo così ridotto ha alimentato nell’ambiente una sorta di cieca eccitazione: per giorni si sono rincorse voci fuori controllo che parlavano di imminenti nuove acquisizioni, tirando in ballo – spesso in maniera infantile – tantissimi nomi di birrifici italiani. Tutti gli indizi si sono rivelati infondati – almeno nei tempi prospettati – e per fortuna la frenesia di quei giorni è quasi completamente scomparsa. È evidente che ci sono tante industrie interessate al nostro mondo, ma per altre operazioni eclatanti occorrerà attendere ancora.

I primi 15 giorni di luglio hanno però dimostrato che siamo in un momento di non ritorno, in una fase che rischia di fare da spartiacque tra due ere della birra artigianale italiana. Paradossalmente la situazione può giocare a favore dei produttori indipendenti, che possono giustamente sfruttare il momento a proprio favore da un punto di vista comunicativo. È ciò che ha fatto, ad esempio, Tenute Collesi, che recentemente ha annunciato l’acquisizione del 10% del capitale sociale di un’importante azienda di distribuzione francese giocando sulla contrapposizione con quanto avvenuto recentemente nell’ambiente. Ecco i passaggi chiave del comunicato:

C’è chi vende e c’è chi va. E c’è anche chi continua a credere in un progetto nato nel 2007 e divenuto, in breve tempo, bandiera delle birre artigianali in Italia. Tenute Collesi, il microbirrificio di Apecchio, nel cuore dell’Appennino marchigiano, annuncia oggi l’acquisizione del 10% del capitale sociale di un’importante azienda di distribuzione francese, specializzata nella fornitura di birra.

La notizia arriva a distanza di pochi giorni dall’annuncio della cessione di quote che alcuni birrifici artigianali hanno fatto a favore dell’industria internazionale. “Un duro colpo anche per i competitor – dice Giuseppe Collesi, patron dell’azienda – perché significa che i sacrifici, i progetti dell’intero comparto perdono importanti interpreti. Ora è importante reagire

È per questo che Tenute Collesi rilancia il suo impegno guadagnandosi uno spazio della distribuzione francese: “L’ export, in questo momento, rappresenta il 30% del nostro fatturato, quello francese il 7%. Con quest’operazione puntiamo a potenziare le vendite nel mercato d’oltralpe sia nel canale della GDO, sia in quello dell’Horeca e arrivare al 20% di esportazioni della nostra ‘artigianale italiana’ in Francia”.

Come capite, il futuro della birra artigianale italiana si gioca su più tavoli, dimostrando che il movimento è entrato in una nuova fase, più matura. E non è detto che sia necessariamente un male, sebbene le notizie di cessioni rappresentino sempre un brutto colpo per gli appassionati.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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3 Commenti

  1. Andrea, hai sentito che Baladin è stato acquistato da Inbev?

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