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Dal Veneto una legge sulla birra artigianale: 250.000 euro per il settore locale

Ivan Borsato di Casa Veccia è stato uno dei promotori della legge

In questi giorni sta rimbalzando sugli organi d’informazione la notizia dell’approvazione di una legge veneta sulla birra artigianale locale. In particolare il Consiglio regionale ha adottato una proposta destinata alla “Promozione e valorizzazione dei prodotti e delle attività dei produttori di birra artigianale”, circoscrivendo chiaramente la sua attuazione alle aziende brassicole operanti in Veneto. Se avete una memoria di ferro, ricorderete che avevamo parlato di questo disegno di legge a giugno del 2017, quando erano stati resi noti i criteri formulati dai firmatari della proposta, in primis Massimiliano Barison (Fratelli d’Italia). All’epoca avevamo rilevato una certa discrepanza con la legge italiana sulla birra artigianale, evidenziando come tale situazione potesse alimentare confusione a livello legislativo. Ora che il testo è stato licenziato dalla commissione incaricata (qui in pdf), possiamo notare una configurazione più coerente con la regolamentazione nazionale. Poiché si parla di 250.000 euro a supporto del settore, vediamo quali interventi sono previsti dalla nuova legge.

La prima opera di armonizzazione è relativa alle definizioni. La versione originale della proposta avanza una propria definizione di birrificio artigianale, che ora è stata sostituita con quella della regolamentazione nazionale (piccolo birrificio indipendente). La legge veneta prevede altre due fattispecie, che costituiscono dei casi speciali della prima: si parla di microbirrificio se la produzione non supera i 10.000 hl annui (invece di 200.000 hl); si parla di piccolo birrificio agricolo se rientra nei criteri dell’articolo 2135 del codice civile, cioè se si configura come impresa agricola. A differenza della legge nazionale, quella del Veneto prevede l’istituzione di un registro di birrifici artigianali, diviso in base alle tre tipologie descritte.

Come accennato, l’articolo 9 dispone un totale di 250.000 euro nell’anno 2018 per il perseguimento dei propri obiettivi. I fondi sono così distribuiti:

  • 50.000 euro sono destinati alla qualificazione e formazione professionale degli operatori, secondo le modalità stabilite da una precedente legge regionale riguardante il sistema educativo del Veneto.
  • 100.000 euro sono finalizzati alla promozione e alla valorizzazione del settore della birra artigianale. In particolare serviranno a gestire il suddetto registro dei birrifici, a sostenere interventi di ammodernamento agli impianti e a incentivare l’acquisto di macchinari e di certificazioni. È importante sottolineare che tali fondi saranno attribuiti in via prioritaria a microbirrifici e piccoli birrifici agricoli, nonché a quelle aziende brassicole che pongano in essere interventi per la realizzazione di prodotti adatti a soggetti affetti da allergie e intolleranze alimentari – quindi in primis birre gluten free, immagino.
  • 100.000 euro sono infine destinati alla sviluppo e alla lavorazione delle materie prime per la produzione brassicola, in particolare rientranti nella filiera dell’orzo e del luppolo.

Nel complesso dunque la legge dispone fondi piuttosto modesti per il settore, privilegiando i piccolissimi produttori ma soprattutto coloro che si configurano come imprese agricole. Ancora una volta una proposta regionale in materia agevola chi opera con orzo e luppolo coltivati in prima persona, quando forse avrebbe più senso separare i discorsi: prevedere incentivi ai birrifici, indipendentemente se siano agricoli o meno, e contemporaneamente (ma in maniera indipendente) supportare lo sviluppo della coltivazione delle materie prime. Un aspetto molto interessante è che il primo testo della proposta (qui in pdf) prevedeva un’ampia fase di controllo, atta a verificare che i criteri di identificazione dei birrifici fossero realmente riscontrabili nei loro prodotti. Sarebbe stata una novità interessante e che avrebbe coperto una delle lacune della legge nazionale, tuttavia nell’ultima stesura del testo è completamente scomparsa.

In conclusione, nonostante questa legge non sia una svolta storica come proclamato dai vari comunicati stampa trionfali, può essere considerata un discreto risultato per i birrifici del Veneto. Più che per i fondi a essi destinati, piuttosto contenuti e distribuiti in maniera opinabile, per gli elementi di contorno. In primis – è triste dirlo, ma è così – è una legge che non fa danni: non inserisce un disciplinare legato obbligatoriamente alla produzione con ingredienti locali, né risulta nella sua stesura finale incoerente con la regolamentazione nazionale. In secondo luogo offre spunti a livello di comunicazione e immagine, perché riconosce l’esistenza di un settore regionale in grande ascesa, presentando alla politica le esigenze dei piccoli produttori artigianali. Infine perché comunque offre qualche occasione di sviluppo, pur con tutti i limiti evidenziati.

Il problema semmai è che queste piccole conquiste scompaiono totalmente di fronte alla visione generale della classe politica, che negli ultimi anni si è sempre distinta in negativo quando ha dovuto compiere delle scelte davvero radicali per il nostro settore. Le ultime due beffe delle accise sono lì a ricordarci che si sta perdendo tempo e opportunità irripetibili, mitigate solo in minima parte da interventi come quelli promossi dalla regione Veneto.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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