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La morte dei pub inglesi

Come riportato dal blog Beer Me!, qualche giorno fa è apparso sul Daily Mirror un appassionato articolo di Paul Kingsnorth sulla situazione, per nulla rosea, dei pub tradizionali britannici. Come saprete, in Inghilterra è in atto da tempo una profonda rivoluzione nella natura delle “public houses”, che lentamente stanno perdendo i propri caratteri originali a favore di una “modernizzazzione” alquanto pericolosa. E’ un fenomeno che rientra in un più ampio discorso di cultura birraria, che nel Regno Unito preoccupa da anni appassionati e associazioni, in primis il CAMRA, da sempre in prima fila per salvaguardare le real ales e la tradizione brassicola anglosassone.

Cosa sta succedendo alla scena dei pub britannici? Come detto, si sta verificando una profonda trasformazione, che ha cause di tipo economico ma anche culturale. Il pub nella società anglosassone ha ovviamente un valore molto diverso rispetto alla nostra realtà: è un’istituzione millenaria, un elemento fondamentale intorno al quale il Regno Unito si è sviluppato nei secoli. Il nome stesso, “public house”, dà il senso della sua forte connotazione “sociale”, ponendosi come punto d’incotro e di socializzazione, elemento unico e fondamentale nella vita collettiva degli inglesi. E’ qui che sono nati i pub-village, agglomerati di poche case che avevano (e hanno tuttora) la taverna come punto di riferimento. Se in Italia ogni piccolo paese ha la sua immancabile chiesetta, lo stesso discorso può essere fatto per l’Inghilterra con i pub.

Insomma, i pub nel Regno Unito sono sempre stati un pezzo della tradizione locale, ognuno con la sua anima e i suoi tratti unici. Tratti che si stanno lentamente perdendo, a favore di una McDonaldizzazione dei pub inglesi: con questo termine cacofonico quanto geniale, si intende un processo di standardizzazione dell’offerta, un proliferare di locali tutti simili, spesso ridotti a semplici filiali di catene appartenenti alle famigerate PubCo.

Le PubCo sono delle società birrarie nate negli anni ’80, quando il governo Thatcher decise di tutelare la tradizione brassicola del paese con una serie di leggi a salvaguardia dei piccoli produttori. Effetto collaterale per nulla previsto fu tuttavia la nascita di accordi tra birrai per la nascita di società di pub indipendenti (le PubCo, appunto), alle quali vendettero i propri locali. Poiché queste aziende formalmente non producevano birra, non risultavano soggette alle suddette leggi. In poco tempo si formarono accordi tra produttori, arrivando alla nascita di un vero e proprio oligopolo: nel 1989 le tre maggiori PubCo possedevano circa 20.000 pub; oggi i numeri sono rimasti sostanzialmente invariati.

La concentrazione dell’offerta in pochi attori ha ovviamente avviato il processo di standardizzazione attualmente in atto. Ma la lenta trasformazione in un moderno locale privo di tavoli, con musica assordante e un’offerta birraria ridicola, non è neppure il destino peggiore che può accadere oggigiorno a un pub tradizionale inglese. Ormai sull’intero territorio nazionale non si contano più le public house che sono state costrette a chiudere i battenti, o che si sono trasformate in attività diverse, destinando all’oblio pezzi di tradizione di intere comunità.

Fortunatamente esistono realtà che sono riuscite a scampare alla forza delle PubCo e delle multinazionali dell’industria brassicola mondiale, come l’Old Crown di Hesket Newmarket, il primo pub inglese di proprietà collettiva. I proprietari dell’Old Crown sono i cittadini del paesetto in cui sorge, i quali detengono una quota del locale, al pari di altri appassionati sparsi in tutta la nazione e persino all’estero. Si tratta di un caso unico e per questo è un’eccezione, per quanto piacevole, nel deprimente panorama che si profila all’orizzonte.

Un aspetto fondamentale della tradizione anglosassone è dunque a rischio, per quanto potremo godere dei classici pub inglesi ancora per diversi anni. La sensazione, però, è che la cultura birraria in Inghilterra sia in profonda crisi, stritolata dagli interessi delle multinazionali, dalla distanza sempre maggiore nei confronti dei clienti, da decisioni che non tengono in considerazione il passato e le esigenze di una società. Ecco, è questo il carattere dominante: l’idea che il Regno Unito si voglia sbarazzare delle proprie tradizioni. La speranza è che il Camra e gli appassionati continuino a lottare per preservarle.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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3 Commenti

  1. E’ sempre la solita storia…Già vedere i pub inglesi pieni di Nastro Azzurro alla spina è stato un colpo al cuore, ma quando c’è un popolo soprattutto quello giovane che se ne frega delle tradizioni, certe scelte di “marketing” appaiono scontate, scelte nelle quali le multinazionali sguazzano. Purtroppo la mancanza del settore più giovane del mercato credo affosserà prima o poi anche le tradizioni tedesche e belghe…il mio unico modo per sentirmi ancora un pischello è infatti di entrare alla Spezial di Bamberga o al Brugse Beertjie di Brugge…

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