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Brewdog ha inaugurato a Londra un pub con solo birra analcolica

Molti di voi potrebbero pensare che l’idea di un pub per astemi sia una delle peggiori aberrazioni concepibili da mente umana. Eppure a maggio dello scorso anno vi parlai proprio di un locale del genere, battezzato The Virgin Mary e attivo a Dublino da inizio 2019. In realtà al The Virgin Mary la birra è praticamente assente: ci sono sciroppi e tisane, si possono ordinare cocktail e vino con tenore alcolico nullo e l’impianto di spillatura eroga caffè al posto della Guinness. Insomma si tratta di un divertissement o quasi, che ha poco da condividere con la nostra bevanda: non a caso all’epoca inserii la notizia nella categoria Fast News, dove spesso trovano posto vicende frivole o comunque leggere. Il problema è che recentemente a Londra ha aperto un altro locale del genere, ma questa volta l’iniziativa non è partita da una coppia di publican alternativi, bensì da un colosso della birra craft mondiale: Brewdog. Proprio così, il birrificio scozzese ha appena inaugurato un pub dove si serve solo birra analcolica.

Come riportato da Wired, il nuovo progetto di Brewdog si chiama AF Bar, dove l’acronimo sta per “alcohol free”. A differenza del locale di Dublino, qui non troviamo surrogati della birra o altre bevande analcoliche in sua sostituzione. L’AF Bar è un pub a tutti gli effetti, con la differenza che l’intera offerta è incentrata su birre con un contenuto alcolico inferiore allo 0,5% – dunque analcoliche secondo la disciplina nazionale. Così ad esempio alla spina è possibile trovare la “storica” Nanny State, la versione alcohol free dell’ammiraglia Punk IPA e alcune nuove birre a firma Brewdog, come Wake Up Call (una Stout), Hazy AF (una Hazy IPA) o Faux Fox Raspberry (una Berliner Weisse con lamponi). Coerentemente con quanto accade nei vari Brewdog, ci sono anche birre ospiti e il menu prevede anche altre bevande fermentate, come Kombucha (a marchio Overworks) e sidro analcolico. Nel pub è possibile mangiare (disponibile anche per il brunch), partecipare a gare di karaoke o giocare al bingo.

Nonostante l’apertura dell’AF Bar abbia del clamoroso, la relazione tra Brewdog e la birra analcolica è tutt’altro che recente. La già citata Nanny State fu lanciata addirittura nel 2009, sebbene con presupposti completamente diversi. Come il nome suggerisce, all’epoca rappresentò infatti una sorta di risposta polemica del birrificio scozzese agli attacchi neo-proibizionisti subiti a causa della loro Tokyo, un’Imperial Stout che finì nell’occhio del ciclone per un tenore alcolico troppo elevato, benché non superasse il 12%. Questa volta però l’obiettivo è completamente diverso, perché il colosso anglosassone non vede nelle birre analcoliche una semplice provocazione, bensì il futuro della birra artigianale. Se pensate che sia un’esagerazione, leggete come Brewdog presenta il suo locale:

L’obiettivo di Brewdog è dimostrare che birra analcolica non significa birra priva di gusto, perciò abbiamo aperto il nostro primo bar incentrato esclusivamente su prodotti alcohol free. Proporremo una straordinaria offerta di birre sotto lo 0,5%, provenienti dal nostro eclettico portfolio e dal resto del Regno Unito. Punk IPA fu la birra che diede il via alla rivoluzione della birra artigianale e l’AF Bar è il passo successivo nella nostra missione di produrre birra per ogni palato, per ogni occasione.

Agli osservatori più superficiali l’idea di Brewdog può sembrare folle e oscena, eppure i dati di mercato sembrano suffragare questo nuovo progetto. Come raccontato la scorsa estate, la categoria delle birre con basso contenuto alcolico è in netta ascesa, tanto da registrare una crescita del 381% in circa tre anni. Questi prodotti stanno incontrando l’interesse di target diversi tra loro: abbiamo ad esempio gli sportivi, tradizionalmente non consumatori di birra, che trovano in queste creazione delle alternative ai classici reintegratori liquidi; abbiamo però anche clienti normali che per scelte salutistiche stanno spostando i propri consumi su birre molto leggere. Secondo molti osservatori questo fenomeno è destinato a crescere enormemente nei prossimi mesi, tanto da determinare il futuro dell’intero settore.

In Brewdog sono maestri nell’anticipare le tendenze del mercato e per questa ragione la notizia lascia qualche strascico preoccupante, almeno nel sottoscritto. Archiviati da anni gli istinti più machisti rispetto all’argomento, da una parte ammetto di essere affascinato da birre del genere, soprattutto nel momento in cui riescono a mantenere un livello qualitativo accettabile e a non compiere troppi compromessi in termini di gusto. Dall’altra parte, tuttavia, rimane un retrogusto inquietante per l’assenza (o quasi) di un elemento – cioè l’etanolo – che è il frutto naturale della fermentazione, cioè del processo alla base della birra e di altre bevande alcoliche. Senza contare che per ottenere birre analcoliche bisogna intervenire nell’iter produttivo con operazioni non certo associabili al concetto più classico di birra artigianale.

In aggiunta c’è in questa tendenza una propensione pseudo-salutista che non amo molto, ma che si sta diffondendo in molti risvolti della società occidentale. Sia chiaro, sono il primo ad affermare che la birra in linea generale fa male, così come tutte le bevande alcoliche che per loro stessa definizione rappresentano prodotti tossici per il nostro organismo. Ma allo stesso tempo non condivido abitudini alimentari (o comunque quotidiane) dettate dall’idea della rinuncia forzata o dell’auto-castrazione. Quando si combatte l’eccesso con un altro eccesso, magari opposto, non è mai un bel segnale. Basterebbe rimanere nei confini della moderazione: sarebbe la scelta più saggia, ma spesso le estremizzazioni attirano più delle vie di mezzo.

In definitiva non vorrei che il locale di Brewdog sia il sintomo di una tendenza modaiola che ha poco a che fare con la birra e probabilmente ancor meno con l’idea di pub. Curioso poi notare che una delle prime vicende con cui il birrificio scozzese raggiunse la fama mondiale fu la sfida alla birra più alcolica del mondo. Roba di inizio decennio scorso, sebbene sembri passato un secolo visto come sono cambiate le strategie di Brewdog nel frattempo.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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Un commento

  1. A me non scandalizza il fatto che il pub serva birre analcooliche, mi lascia perplesso il fatto che serva SOLO birre analcooliche. Da un birrificio non mi aspetto sia una scelta settaria quanto un’ingenuità.
    O forse sono ingenuo io a pensare che in un gruppo di persone che vada a far serata al pub ci possano essere amanti dell’alcool insieme ad astemi, oppure che ci sia chi a fine serata desideri bere un’altra pinta senza ingurgitare altro alcool.

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