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L’allarme di CIA e Unionbirrai: la birra artigianale è in serio pericolo

La birra artigianale italiana rischia di essere uno dei settori più penalizzati dall’emergenza sanitaria. Oltre al danno di non avere più sbocchi di vendita a causa della chiusura dei locali, si aggiunge la beffa di essere stata totalmente ignorata dagli interventi di sostegno economico del Governo. Il comparto infatti si trova a vivere in una situazione particolare: sulla carta la produzione ha potuto continuare anche durante il passato lockdown, ma nella realtà si quasi completamente fermata perché il principale canale commerciale a disposizione dei microbirrifici rimane l’horeca. I due decreti ristori non hanno previsto supporti concreti al segmento artigianale e il blackout prolungato comincia a diventare particolarmente gravoso per i produttori italiani. Così negli ultimi giorni abbiamo assistito ad annunci e dichiarazioni che restituiscono il senso del dramma, nonché a qualche piccolo elemento positivo. Come ormai succede regolarmente, oggi facciamo il punto della situazione.

Ad accendere i riflettori sulla situazione dei microbirrifici italiani è stato negli scorsi giorni un comunicato della CIA, la Confederazione Italiana Agricoltori, che ha raccontato con i numeri la crisi del comparto: in media negli ultimi mesi il fatturato è crollato del 90% a causa della chiusura di pub, ristoranti e birrerie. Il problema, sottolinea la CIA, dipende dall’assenza di un codice ATECO specifico per i birrifici indipendenti, poiché condividono lo stesso dei grandi marchi industriali. Marchi che, sfruttando invece un canale proficuo come la GDO – e, aggiungerei, colpevolmente snobbato in passato dalla birra artigianale – si ritrovano addirittura con dati di vendita in ascesa rispetto al passato. Il comunicato continua spiegando che è necessario un intervento mirato a sostegno del settore, altrimenti il rischio è che la birra indipendente sia destinata a morire. Una previsione che speriamo sia particolarmente pessimista, sebbene innegabilmente basata su constatazioni reali.

Qualche giorno prima del comunicato della CIA, diverse testate avevano rilanciato i risultati di un’indagine svolta da Bva Doxa per il Centro Informazione Birra di Assobirra. Un’indagine dai risvolti apparentemente positivi, nella quale si legge che nell’ultimo mese il 90% degli italiani ha acquistato birra. Facile però capire che la birra di cui si parla è quella industriale delle multinazionali: i titoli entusiastici suonano dunque come uno sberleffo nei confronti della condizione in cui si trovano i birrifici indipendenti. Nelle scorse ore Unionbirrai ha voluto precisare questo passaggio con un comunicato dai toni perentori, riassunti nelle dichiarazioni del consiglio direttivo dell’associazione:

Da quando è iniziata la pandemia, Unionbirrai ha cercato di collaborare con tutte le istituzioni e con varie associazioni di categoria rappresentative di settori collaterali al nostro, per portare all’attenzione dei Ministeri competenti le specificità del comparto della birra artigianale italiana. All’interno di questa cooperazione, tra l’altro, ci sono stati numerosi contatti con Assobirra, l’associazione dei produttori industriali di birra, al fine di trovare sinergie operative e punti di interesse comune. All’interno di questo contesto, troviamo che il recente studio patrocinato da Assobirra, dal titolo “Italiani a tutta birra: 9 su 10 hanno acquistato la “bionda” più amata”, racconti una realtà del mercato birra in Italia ai tempi del Covid assolutamente di parte e nel solo ed esclusivo interesse dei grandi produttori, che hanno sicuramente mantenuto elevati livelli di vendite grazie alla massiccia presenza in GDO. Questo quadro idilliaco che viene proposto è però uno schiaffo in faccia a centinaia di birrifici artigianali che sono completamente fermi o hanno visto il proprio fatturato crollare a seguito delle restrizioni e delle chiusure dei propri canali di vendita. Risulta difficile non notare che, di conseguenza, il comparto della birra artigianale, per il quale non esiste uno specifico codice ATECO, sia stato completamente tagliato fuori da ogni forma di ristoro nei decreti recentemente approvati.

Personalmente non ho compreso in pieno il senso dell’uscita di Unionbirrai, forse figlia anche del nervosismo che comprensibilmente serpeggia tra i produttori indipendenti. Tralasciando che la GDO non è certo un canale a uso esclusivo della birra industriale, mi sembra difficile pensare che lo studio commissionato da Assobirra abbia come fine ultimo il danneggiamento del comparto artigianale. Non si può invece non concordare con la necessità di un supporto concreto da parte delle istituzioni, che non più di due settimane fa sembrava alquanto vicino. Ma evidentemente il percorso è più tortuoso di quanto potesse sembrare a un certo punto.

Intanto però una piccola boccata d’ossigeno potrebbe arrivare dal fondo ristorazione. Come riportato da Il Sole 24 Ore, fino al 28 novembre gli operatori del settore della ristorazione (compresi pub e birrerie) potranno richiedere un contributo a fondo perduto fino a un massimo di 10.000 euro per l’acquisto di prodotti delle filiere agricole e alimentari al 100% made in Italy. Tra i prodotti acquistabili tramite il fondo c’è anche la birra, come riportato nella tabella presente in formato pdf sul Portale della Ristorazione. Chiaramente però parliamo di birra da filiera totalmente italiana: nel nostro paese le produzioni che rientrano in questa tipologia sono poche, ma per fortuna il loro numero è aumentato considerevolmente negli ultimi anni. Una nota importante: per accedere al contributo non è previsto un click day, ma basta produrre tutta la documentazione richiesta e inviarla entro la data di chiusura delle richieste.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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9 Commenti

  1. Ciao. Una curiosità.Quali sono attualmente le birre totalmente a filiera italiana ad esclusione di Baladin?

    • Dovrei fare una ricerca ma le prime che mi vengono in mente sono quelle di Cascina Motta che addirittura malta direttamente l’orzo (oltre a coltivare luppolo). Tra le novità mi viene in mente la Pils di MC-77.

      • Scusa ma sono basito..se la birra artigianale non è entrata nella Gdo non è per snobismo..
        Ma per valutazioni ponderate..
        Certo adesso non possiamo incolpare i birrifici di non essersi svenduti alla grande distribuzione..
        Basterebbe semplicemente che il governo faccia un distinguo oltre che per codice ateco anche per produzione annua..
        Poi effettivamente concordo che premiare la filiera 100% italiana riguardo pochi eletti..

  2. Ciò’ che nell’articolo viene definito come “una piccola boccata di ossigeno” è una misura che su circa 1000 birrifici artigianali, dovrebbe interessare due o tre o forse quattro aziende?
    Mi sembra molto più incomprensibile e fuorviante questa sottolineatura positiva, rispetto alla “uscita” di Unionbirrai, che in modo del tutto evidente – a mio avviso – oltre a sottolineare la gravissima situazione dei birrifici artigianali, prende atto della rottura da parte di Assobirra, di quel fronte comune che Unionbirrai stessa, avrebbe voluto costruire.

    • Guarda credo che birre da ingredienti italiani ormai le facciano più di “tre o quattro” birrifici in Italia. Non è una misura che sposta gli equilibri, infatti l’ho definita una “piccola boccata d’ossigeno”. Infine non capisco come possano le conclusioni di un’indagine di mercato essere interpretate come una “rottura” di una posizione comune. I pregiudizi giocano brutti scherzi…

  3. bhe io oggi ho fatto i regali di natale e quest’anno ho deciso di regalare solo birra di birrifici che conosco e di cui apprezzo le birre (non dico quali, mettiamo da parte gusti e opinioni).. facciamolo in tanti… e mettiamo le foto sui nostri profili social… regaliamola e sosteniamola… lo stesso sto facendo nei 3 – 4 negozi e bar che voglio ci siano anche nel prossimo futuro, lo stesso con le 3-4 attività (ristoranti, pub, bar, alberghi) che vogliamo nel nostro intimo rimangano.. senza alcun tipo di voglia pedagocica… forse con un po’ di sano egoismo.. sosteniamo quel che ci importa.

  4. Relativamente al contributo a fondo perduto preciso che riguarda in realtà prodotti già acquistati da ristoranti, mense e bar, a partire dal 14 agosto. Non è dunque un incentivo a nuovi acquisti, come si potrebbe intuire dall’articolo.
    Tra l’altro altri prodotti (vini igp e doc, formaggi e latticini con latte 100% italiano, prodotti da forno con cereali 100% italiano, ecc…) rientrano in categorie considerate “prioritarie” nella quale la birra non rientra.

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