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Energia dalla birra e birrifici galleggianti

Torniamo al post leggero del venerdì, che stavolta si concentra sull’argomento birra e energia. Un tema per la verità non nuovo, che viene affrontato spesso per due motivi: la capacità di ottenere energia dal processo produttivo della bevanda e la sempre maggiore attenzione di opinione pubblica e ricerca per i problemi ambientali del pianeta. Così talvolta accade che gli esperimenti si traducano in realtà e che la birra sia realmente utilizzata con finalità secondarie. E’ il caso ad esempio del piccolo comune di Southwold (Suffolk, Inghilterra orientale), dove circa 200 abitazioni a breve verranno riscaldate con birra.

Sia chiaro, non significa che negli impianti di riscaldamento scorrerà birra: in realtà il meccanismo è più complesso. Il birrificio Adnams ha stretto un accordo con la British Gas per trasformare in biocombustibile i residui organici utilizzati durante il processo produttivo, che verrà utilizzato per riscaldare gli appartamenti. Secondo l’azienda brassicola, ogni appartamento necessità di circa 600 pinte di birra, perciò l’obiettivo è di arrivare a 4,8 milioni di kilowatt/ora, in grado di riscaldare 235 famiglie.

Un progetto simile è stato messo appunto nel Wisconsin, dove il birrificio locale è stato coinvolto con modalità simili per la realizzazione di un motore a biogas. L’obiettivo è di fornire energia al Gundersen lutheran hospital, il quale conta in questo modo di raggiungere l’indipendenza energetica entro il 2014.

Da progetti reali passiamo a trovate più fantasiose, ma sempre legate al tema birra – ambiente. In un recente studio, la multinazionale SABMiller ha cercato di delineare alcuni scenari futuri, per capire come potrebbe evolvere il mercato della birra. Si tratta di previsione estreme, per adattarsi alle quali sono state prodotte ipotesi surreali, da considerare come provocazioni o come “cibo per la mente”.

Tra le soluzioni più incredibili c’è quello di un birrificio galleggiante, cioè di un impianto brassicolo allestito sulla superficie di una nave. Questa idea si adatterebbe in modo efficiente a uno scenario piuttosto radicale, che prevede un mercato con un accesso limitato all’acqua e costi energetici elevati. Ecco come viene spiegato da Rob Wilkinson, direttore di Innovia (società coinvolta nel progetto):

Le descrizioni sono da intendersi come cibo per la mente, piuttosto che come modelli per la costruzione di nuovi impianti. Tuttavia, l’esempio della fabbrica di birra su una nave è del tutto fattibile. Essa consentirebbe una rapida entrata in nuovi mercati, sarebbe capèace di consentire la flessibilità di posizionamento e la durata del soggiorno muovendosi con le fonti d’acqua, con la gente, con le colture, o anche lontano dal maltempo, calamità naturali o di instabilità politica.

Gli altri scenari analizzati prevedono soluzioni meno fantasiose, ma comunque intriganti. Si parla ad esempio di sistemi altamente ottimizzati, che prevedono l’impiego di una quantità minima di acqua, oppure strutture perfettamente integrate tra diverse realtà operative. Se siete curiosi di saperne di più, date un’occhiata al blog di Terry Nesti.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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8 Commenti

  1. Birrificio sulla nave progettato da chi, topo Gigio?
    Voglio vederli a fare la precipitazione, la decantazione del mosto, terminare una fermentazione o una maturazione (decantazione del lievito), durante una tempesta. Ricordo che i serbatoi di produzione (fermentatori, maturatori e tini combinati) vengono messi a bolla, prima dell’uso. Dovrebbero fare serbatoi basculanti!!?? CIAO.

  2. Ma la sierra Nevada non faceva già distributori di biodiesel?

  3. @ Nico
    Se la cotta si riduce a quello strano aggeggio, che si vede nella foto, è roba da 50 litri o poco più. CIAO.

  4. @Nico
    Oops. Scorrendo le foto in effetti si vede un birrificio, con le sala cottura in vetro. Tipica costruzione Tedesca di cui non ricordo il nome del produttore. Però, sempre scorrendo le foto, si trova una targa riportante il marchio Brahaus Hovel, che se dato in pasto a google produce questo risultato: http://beeradvocate.com/beer/profile/7713/21905

    Interessante notare il logo, oltre al nome, assolutamente identico. Una finta? Noto inoltre a, sempre nella foto del birrificio, a fianco della sala cottura degli strani serbatoi, rivestiti in rame, ma senza cappa, che in effetti in 15 anni di carriera, con centinaia di birrifici visionati, non avevo mai visto.

    Semplici tini di stoccaggio, contenenti la birra Hovel come riportato sulla targa del birrificio marittimo, o tecnologia segreta??

    Qui il link, con tanto di filmato della Brauerei Haus Hovel:
    http://www.hoevels-hausbrauerei.de/brauerei.html

    CIAO.

  5. è la Joh. Albrecht di Monaco che ha sviluppato l’impianto per poter funzionere sulle navi… secondo me hanno qualche annetto di esperienza anche loro ?
    Una delle 3 ricette prodotto sulla nave viene dalla Hövels, ma che finta….

  6. @ Nico
    Il punto di domanda sta ad indicare un interrogativo. Mi chiedevo se fosse una finta, per via del marchio e ti ringrazio di averci chiarito il dubbio, con la faccenda della ricetta. Mi chiedevo se fosse una finta, perché non sarebbe di certo la prima, visto che esistono un sacco d’impianti finti in giro per il mondo, che poi acquistano la birra da altri.

    Ti ringrazio anche per aver riportato il nome del produttore, che non ricordavo, che ha sviluppato una tale tecnologia. Il fatto che io non la conosca non significa di certo che non esista, infatti c’è sempre il punto interrogativo. A questo punto mi piacerebbe sapere se effettivamente hanno adottato dei tini basculanti, come da mia supposizione o se c’è dietro un’altra soluzione tecnologica. CIAO.

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