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Le prossime industriali? Non pastorizzate, non filtrate e senza Co2

Parallelamente al crescente successo della birra artigianale in tutto il mondo, in questi anni stiamo assistendo a curiose manovre da parte delle multinazionali del settore, che in un modo o nell’altro cercano di fare breccia in un segmento lontano anni luce dalla loro concezione di birra. In passato la strategia degli industriali si era concentrata sulla creazione o acquisizione di brand pseudo-artigianali, nel tentativo di sottrarre e difendere quote di mercato con prodotti “premium” – questo l’appellativo con cui gli uffici del marketing amano chiamare le birre di qualità. Recentemente invece il piano sembra diverso: abbandonare i marchi satellite e puntare a versioni modificate delle loro birre di punta. Nomi che conosciamo benissimo, ma che ora si accompagnano a espressioni come “non filtrata” o “non pastorizzata”.

Ultimo caso è quello della Poretti “Non filtrata ai 7 luppoli”, del cui lancio ha dato notizia Beverfood giusto qualche giorno fa. Seguendo una moda ormai consolidata anche a livello industriale, si tratta di una birra disponibile in edizione limitata e pensata per le festività natalizie. Come il nome suggerisce (o forse non suggerisce, fate voi) è realizzata con sette diverse qualità di luppolo e per l’appunto non è filtrata. Lo stile di riferimento è il Vienna, tipologia passata decisamente di moda in tempi recenti, ma con la quale il birrificio Poretti ottenne grandi successi a fine ‘800.

Cercando di superare quell’approccio un po’ snob che, in quanto appassionato, a volte tendo ad avere nei confronti di certe notizie, direi che aspetterò di assaggiare la “Non filtrata ai 7 luppoli” prima di pronunciarmi sulla qualità di una simile trovata commerciale. Nulla esclude che potrebbe essere una produzione interessante, meritevole magari di un acquisto fugace al supermercato sotto casa in tempi di crisi d’astinenza birraria 😉 . Ammesso che sia disponibile, visto che si tratta di un’edizione limitata.

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Riprendendo le file del discorso, è invece interessante notare che la nuova creatura di Poretti sarà disponibile non solo in bottiglia e nei classici fusti d’acciaio, ma anche nei fusti in PET pensati per la tecnologia DraughtMaster Modular20 di Carlsberg Italia. Sul funzionamento di questa innovazione probabilmente tornerò in un futuro post, al momento sappiate che questi fusti permettono di spillare la birra senza l’utilizzo di Co2 aggiuntiva. L’assenza di anidride carbonica garantirebbe “una birra di qualità superiore, dal gusto più fresco e duraturo e con un minor impatto ambientale”.

Questo dell’eliminazione della Co2 al momento del servizio della birra è curiosamente l’argomento più caldo tra le multinazionali del settore. Il motivo mi sfugge, poiché dubito che una birra fortemente industriale possa ottenere grandi vantaggi da simili tecnologie, ma evidentemente gli esperti del marketing ci vedono chiare correlazioni semantiche. Al punto che bisogna registrare un altro nome altisonante tra i partecipanti a questo curioso gioco. Quel nome è Heineken.

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Come raccontato dal portale I Love Beer di Heineken Italia, qualche settimana fa ha aperto a Milano il BirraMi, il primo locale della città che sfrutta la tecnologia Cellar Beer System. Con questo nome si indica un sistema di spillatura costituito da due piccoli silos, ognuno dei quali contiene una sacca dalla capacità di 950 litri di birra. Le sacche si comprimono col procedere della spillatura, spingendo il liquido fino alla spina senza l’ausilio di anidride carbonica.

Un particolare da non sottovalutare è che questo sistema è utilizzato per birra non pastorizzata. Dunque che birra sarà disponibile presso il BirraMi? La risposta è più semplice del previsto: Heineken non pastorizzata! Ed ecco che il cerchio si chiude e torniamo alle considerazioni di apertura. Nonostante detenga il controllo di tanti marchi “premium”, per questa innovazione la multinazionale ha deciso di scendere in campo con la birra che porta il suo nome. Come a dire: smuoviamo l’artiglieria pesante. Ma adeguatamente modificata.

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Insomma, siamo di fronte a un nuovo, curioso fenomeno? Sarei propenso a rispondere affermativamente, anche perché credo che i casi di Poretti e Heineken non resteranno isolati per molto. Cercando di lasciare da parte un approccio eccessivamente talebano, cosa ne pensate di tutto questo?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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26 Commenti

  1. La ainechen non pastorizzato si beveva già qualche anno fa anche a bologna in uno pseudo brew pub. Na vergogna. Sia il finto brew pub che l’olandese.

    • Ferita ancora aperta, il brewpub di cui parli era il mio, che venduto, è stato trasformato in pub con il “valore aggiunto” della birra cruda.
      Solo per chiarezza: spero che ancora pochi publican spillino con l’aiuto della spinta di Co2, che è indubbiamente un metodo poco consono alla qualità della birra.

        • ti rimando al link più sotto. E’ necessario comprendere l’utilizzo, a mio avviso non corretto, della Co2 in spinta. In sostanza, la Co2 andrebbe utilizzata solo a compensare lo spazio che si libera nel fusto durante l’estrazione della birra, non a spingerla al rubinetto. Il surplus di pressione necessario, unito magari alla bassa temperatura, innesca inevitabilmente un processo di sovracarbonatazione della birra.

      • Io preferisco che la birra sia infustata in fusti di acciaio e venga spillata con CO2.
        Se il prezzo da pagare per che la birra venga spillata senza CO2 e infustarla in un contenitore o pure in una borsa di plastica.. No grazie… Altrimenti mi compro la birra in bottiglia PET dall’ discount…

        Poi.. la Co2 ce n´e gia nella birra.. Realmente non vedo il problema..

        Scusate la ortografia, vengo da lontano e imparo molto piano..

  2. Fenomeno molto curioso, indubbiamente….avendo più mezzi sfonderanno di sicuro, o meglio con più facilità, ahimè! Già assaggiata la birra Heineken con il Cellar Beer System (a Torino l’unico locale che io sappia ad averlo, ha totalizzato in un paio di mesi il consumo di 4000 litri), il gusto non cambia, sempre mais è 😉 (scusate il “talebanismo”). Potrebbe diventare interessante per i nostri mastribirrai?…secondo me sì…indubbiamente, bisogna vedere però i costi di questo tipo di impianti

  3. Meno male che gli artigiani della birra fanno della loro unione una forza e sicuramente usciranno a breve con un concetto di tutela per le birre artigianali italiane!…

    …. me devo essere addormentato, mi sa che ho sognato na roba strana

  4. Le Multinazionali raschiano sempre il fondo del barile, ora si aggrappano al trend del non filtrato e non pastorizzato per accalappiare qualche possibile allocco da abbindolare. Come se la non filtrazione e la non pastorizzazione fosse il presupposto per fare una buona birra. Mi risulta che la Samuel Smith Imperial Stout è sia filtrata che pastorizzata ma ciò nonostante in grado di asfaltare tante e tante birre artigianali non filtrate ne pastorizzate.

  5. bel pezzo. sono un po’ preoccupato perché a me le birre velatine, magari luppolate, poco gasate sono sempre piaciute. ora me le ritrovo anche al supermercato.
    delle due l’una, o sono senza saperlo il consumatore modello perfetto, oppure sotto il mio falso nome si cela il signor heineken in persona e vi seguo per spiarvi

  6. Sono contento di questo. O almeno è la mia prima impressione “di impatto”. Sfruttando un trend del genere forse si attireranno molti clienti da 66 verde al concetto misterioso di “birra non filtrata e non pastorizzata” (lasciando perdere il numero dei luppoli..) a tutto vantaggio dei micro. Mentre comprendo ma non apprezzo il talebanismo di molti.. perchè arroccarsi con le unghie e coi denti a qualcosa talmente più grande di noi che, tra l’altro, non ci appartiene??

  7. Il fatto che una (o sembra, più di una) multinazionale, si provi a fare qualcosa che vada verso un prodotto “artigianale” o “di qualità” lo vedo comunque come un fatto positivo..
    Per il resto, purtroppo, non la vedo una operazione che porterà acqua “buona” al mulino: non aiuterà a comprendere cosa vuol dire luppolo, cosa vuol dire non filtrata e/o cruda o definizioni simili al consumatore medio.
    Andrea ti sei scordato il caso (forse lo hai citato in altri post), uscito un paio di anni fa, della “Moretti Gran Cru”! Anche lì, ci sarebbe molto da discutere. Tanto che alcuni clienti “medi” la comprano, e poi dicono che fa schifo perchè troppo “forte”, troppo “intensa”, diciamo così troppo “birra” rispetto a quella con Mr Baffo..
    Voglio dire una cosa: ma non potrebbero fare come si fà all’estero da multinazionali serie? Dobbiamo sempre fare gli italiani?! Insomma, la Ambev, più grosso gruppo produttore di birra al mondo, ha preso e si è andata a comprare uno dei birrifici artigianali di maggior successo in Usa, Goose Island di Chicago, e così, semplicemente, è entrata nel mondo dell’artigianale dalla porta principale!! Giusto, sbagliato che sia, e al di là delle conseguenze per la qualità di Goose (speriamo di no!) bene o male ha fatto il suo “sporco” lavoro di multinazionale: ha preso quote di mercato! Heineken Italia, non potrebbe semplicemente fare lo stesso? Oppure, ma questa è una utopia, cominciare DAVVERO a fare un prodotto di qualità, di qualità vera intendo!

  8. I vantaggi del DraughtMaster a me sono chiari e sono principalmente per il produttore e marginalmente per il consumatore.
    Il produttore con questo sistema elimina il lavaggio, la pulizia ed il ritiro dei fusti usati, non ha più elementi chimici nella fase di sanitizzazione che poi paga per smaltire. Lo smaltimento del fusto vuoto (PET) diventa onere del PUB/bar etc..
    Volendo poi essere cattivi, un domani la multinazionale riceve l’ordine dai propri agenti e fa le consegne dirette con semplice corriere espresso, saltando tutta la filiera dei distributori.

    Tutto cio vi pare poco?

    Ciao
    Coraz

    W il fusto di acciaio

  9. Scusate se vado un pò tant6o O.T. ci sono novità sulle birre di Natale di quest’anno?
    Potreste farcene una rassegna(intendo tra quelle già presneti da qualche anno e le nuove)

    grazie

    ciao

    Ale

    • Ciao Ale,
      a breve farò un post sulle nuove birre di Natale, anche se ad oggi non ho ricevuto tantissime notizie in merito. Se vuoi una lista abbastanza esauriente delle più importanti birre di natale italiane, ti consiglio di ripescare tutti i post che hanno parlato di Birre sotto l’albero

  10. Se dedichi un articolo al DraughtMaster Modular20 sarò molto interessato a leggerlo.
    Sono molto curioso di capire questa tecnologia. Lo hanno adottato al mio pub (industriale) di riferimento, la spillatura della weizen Tucher (oh, la publican è una spillatrice provetta dei tre colpi alla tedesca) avviene in soli due colpi e in una frazione del tempo classico (ma con il solito cappello di schiuma a cupola sopra).

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