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Giovani e alcol: cosa succede in Italia e all'estero

Il rapporto tra i giovani e la birra (e più in generale l’alcol) è un argomento da sempre scottante. A tal proposito ho letto su La Repubblica che da qualche giorno è partita la nuova campagna di Assobirra in collaborazione con l’Unione Nazionale Autoscuole e Studi Consulenza Automobilistica. Il messaggio è chiaro e perentorio: “O bevi o guidi”. Punto.

Come è facile intuire si tratta di un messaggio nuovo, perché per la prima volta non si fa riferimento a limiti di alcol assumibile o a strani calcoli per valutare cosa e quanto si può bere prima di mettersi alla guida. La novità di questo messaggio rivolto ai giovani è un aut aut: o si assume alcol o si guida, le due attività non sono compatibili. Per chiarire meglio questo concetto, riporto il claim completo della campagna: “Le chiacchiere stanno a zero. O bevi o guidi”. Chiacchiere che valgono zero, tolleranza zero, limite dello 0,0… una cifra che ritorna spesso, non c’è che dire…

Ma come giustificare questa nuova direzione dopo che per anni è stato detto che si poteva guidare con un comportamento responsabile nei confronti delle bevande alcoliche? Semplice:

Non è possibile stabilire esattamente con quanti bicchieri di vino, birra o superalcolici si raggiunga il limite di 0,5 g/l, perché molte sono le variabili, anche individuali: il sesso, il peso, l’altezza, l’età, lo stato di salute, le condizioni di fatica e di riposo, l’uso di alcuni tipi di farmaci… Dunque, così come per altre categorie ‘a rischio’, come donne in gravidanza e minorenni, anche nei confronti di chi si mette alla guida AssoBirra sostiene che l’unico modo efficace di eliminare il rischio per la propria incolumità e quella degli altri è non bere affatto.

L’iniziativa inoltre introdurrà in alcune città pilota un modulo formativo nei corsi per il conseguimento della patente per illustrare i rischi del consumo di alcol e di sostanze psicotrope per chi si mette alla guida, con il coinvolgimento di 3.000 autoscuole su tutto il territorio nazionale. Inoltre saranno consegnati opuscoli informativi e locandine, insieme a 10.000 alcol test distribuiti gratuitamente ai neo patentati.

Si tratta di una campagna “eccessiva”? E’ giusto il messaggio che si vuole far passare? Sinceramente non saprei: per quanto il fine sia ovviamente rispettabile, le modalità mi infondono un certo senso di angoscia, che si ricollega alle iniziative neo-proibizioniste di cui ho scritto in passato. La campagna mi lascia spiazzato e non riesco a farmi un’idea precisa al riguardo. Voi come la giudicate?

Se comunque pensate che da questo punto di vista in Italia ci sia un clima pesante, aspettate di guardare oltremanica. Nel Regno Unito, dove talvolta la ricerca del sensazionalismo raggiunge livelli epici, i produttori artigianali devono costamente lottare contro un’opinione pubblica ipocrita e ignorante. Ritengo che questi due aggettivi calzino a perfezione a un articolo apparso sabato scorso su The Independent, dove un pezzo a firma Pete Brown sulle nuove realtà anglosassoni è stato completamente capovolto al fine di attaccare i birrifici più innovativi.

Secondo l’estensore dell’articolo, tale Martin Hickman, aziende come Brewdog (onnipresente in questi casi), Thornbridge o Dark Star – per inciso tre nomi che godono di grande rispetto tra gli appassionati – andrebbero a favorire il binge drinking nella fascia di popolazione compresa tra i 18 e i 25 anni. Il motivo risiederebbe nella loro creatività, che li porta a creare prodotti con gradazioni alcoliche e impiego di luppolo maggiori rispetto alla tradizione angosassone.

Che dire, tra la crisi in cui riversano i pub inglesi e queste campagne gratuitamente degrinatorie, la situazione nel Regno Unito è davvero pessima. Per fortuna che esiste un’associazione forte come il Camra e tanti appassionati che tengono alto il livello di attenzione. 

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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4 Commenti

  1. Non è una novità che quello dell’alcol sia un problema grave, ma come al solito cercare di regolamentarlo con i numeri crea confusione, dubbi e diminuisce la credibilità di una norma fatta con uno scopo non solo nobile ma direi “necessario” come la prevenzione degli incidenti.

    Vero è che il limite zero può risultare molto restrittivo ( pensiamo ai tipici esempi “ma non posso nemmeno bere un bicchiere di vino a cena” o i più fantasiosi “se hai appena mangiato un mon chery risulti ubriaco”) e anche chi, pur avendo bevuto quacosa ( diciamo UNA birra ), è perfettamente in grado di guidare si trova legato.

    Per quanto riguarda la disinformazione sui birrifici artigianali in inghilterra, beh, già il fatto che si tratti di produzioni appunto artigianali, in piccole quantità e presumo con un costo più elevato delle altre dovrebbe togliere subito queste birre dalla lista delle peccaminose bevande che favoriscono il fenomeno del binge drinking… ma se era, come dici tu, per fare titolo… purtroppo è comprensibile che sia la novità a fare da capro espiatorio..

  2. Il problema dei giovani e alcol è abbastanza serio, io penso che più che leggi e restrizioni ci devono essere controlli, controlli da parte degli organi preposti. Secondo me, è giusto che per chi guida il tasso deve essere zero… per il semplice motivo che, come è stato detto, ci sono diverse cause variabili che possono influenzare il test. Come diceva un vecchissimo slogan pubblicitario “fatti non parole”…

  3. Scusate se torno sull’argomento, ma la locandina è un po’ forviante, nel senso che prima afferma che le chiacchiere stanno a zero, o si beve o si guida ma nel trafiletto sotto si invita a bere responsabilmente. Logicamente senza alcuna polemica…

  4. Giusta osservazione…

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