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Open Baladin: la birra è solo l’inizio

Quando qualche settimana fa scrissi del lancio ufficiale della nuova birra Open di Baladin, subito si alimentò una certa curiosità attorno a un progetto che, apparentemente, non si sarebbe fermato solo alla presentazione di un prodotto inedito. Alcune voci di corridoio facevano capire che la birra era solo la punta dell’iceberg e il sito stesso della Open lascia presaggire grandi novità all’orizzonte (“stiamo preparando una grande sorpresa per voi”).

Ebbene, a distanza di qualche tempo, Teo Musso ha ormai reso pubbliche tutte le iniziative che compongono il grande progetto Open. La più entusiasmante è l’apertura di una serie di birrerie Open dislocate su tutto il territorio nazionale. E se credete che sia di un’idea campata per aria e che non troverà facile concretizzazione in tempi brevi, dovrete ricredervi: il primo locale Open Baladin (definito da Teo “numero 0”, proprio per sottolineare il carattere sperimentale del progetto) aprirà i battenti nella seconda metà di aprile.

La prima birreria Open sarà a Santa Vittoria d’Alba (CN), non lontano quindi da Piozzo, il paese dove Baladin iniziò la sua avventura più di un decennio fa. Il locale avrà caratteristiche ben definite, che si ritroveranno anche nelle altre “filiali”: stile identificativo comune, grande attenzione alla qualità, predilezione per i prodotti artigianali italiani, zone per “scambi culturali”.

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Al primo locale seguirà un secondo nel giro di pochissimi mesi e, nella realtà dei fatti, rappresenterà la prima invasione di Teo Musso nel centro-italia. Tutti i concittadini del sottoscritto drizzino bene le orecchie, poiché il locale Open “numero uno” aprirà a settembre 2009 proprio nel cuore della Capitale. E lo farà in grande stile: 500mq, tra le 40 e e le 50 spine (eh sì, avete capito bene) pronte ad ospitare fusti da tutto il mondo, una scaffalatura – comune a tutte le birrerie Open – con le 100 migliori bottiglie italiane (la selezione si baserà sulla Guida alle Birre d’Italia di Slow Food), sale per i birrai “ospiti”, aree per lo scambio di fumetti e musica.

Il Baladin Open Roma aprirà tra Campo de’ Fiori e Trastevere, più precisamente in via degli Specchi, come già anticipato quasi un mese fa dal blog Porzioni Cremona. Nel post in questione si cita anche la partecipazione di Leonardo Di Vincenzo: in effetti nel progetto base delle birrerie Open rientrano proprio il birraio della Birra del Borgo, oltre a Manuele Colonna del pub Ma che siete venuti a fà.

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Nei prossimi 5/6 mesi, dunque, il panorama birrario italiano sarà invaso dai primi due locali Open, ai quali nelle intenzioni di Teo Musso seguiranno altri cuginetti sparsi tra le più importanti città italiane. Ma l’idea Open non si ferma qui, poiché nelle intenzioni del suo creatore il progetto attraverserà l’oceano Atlantico per approdare a New York: se tutto va per il meglio, nel 2011 la metropoli americana vedrà aprire il primo locale Open in una posizione centralissima, tra la 5th Avenue e la Broadway (insomma nei pressi di Central Park). Inutile dire che la birra artigianale italiana potrebbe ricevere un impulso incredibile in termini di immagine.

Lontano quindi dalla concezione classica di pub, i locali Open cercheranno di cambiare l’idea di birreria in Italia. Un obiettivo ambizioso, al pari di quello della birra omonima che, nelle intenzioni di Teo Musso, dovrebbe penetrare la rete dei locali italiani per offrire un’alternativa artigianale all’offerta tradizionale dei pub italiani. Tutte queste considerazioni sono riportate da un imperdibile articolo apparso sul nuovo numero di Fermento Birra, corredato da interessanti video interviste al patron di Baladin, tra cui riporto qui sotto quella relativa ai locali Open.

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Per concludere, Open sarà anche il marchio di una collezione di abiti, realizzati con tessuti biodinamici e lavati nella birra. Altro che pesce d’aprile, cose del genere possono scaturire solo dalla mente “malata” di uno dei più grandi pionieri della birra artigianale italiana.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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74 Commenti

  1. ma questo è ancora un artigiano?
    e quando le fa le “sue” birre? quanto tempo le segue? e cosa ci sta proponendo?
    da WIKI : “Un artigiano è un lavoratore esperto che utilizza attrezzi, macchinari e materie prime per la produzione o la trasformazione di determinati oggetti. Prima della rivoluzione industriale tutta la produzione era affidata a loro.”
    chi c’è dietro tutto questo? un uomo solo al comando o la forza di un gruppo impenditoriale che di artigianale ha solo l’etichetta?
    siamo assistendo ad una macdonaldizzazione della birra artigianale senza che nessuno batta ciglio.
    marketing questo sconosciuto…

  2. Perdonami matilde, ma la tua opinione mi sembra influenzata da considerazioni che defineri esagerate, per usare un eufemismo. Mi riferisco a espressioni come “gruppo imprenditoriale” o “mcdonaldizzazione”. Mi sembra poi fuori luogo la tua chiosa finale, anche solo perché in antitesi con quanto hai espresso prima.

  3. ascolta: io credo che un artigiano investa sui prodotti prima e solo dopo sul marchio. qui invece siamo in presenza di una buona operazione di marketing coordinata dal sig musso e alla quale partecipa il sig divincenzo che anche lui ha ultimamente preso una deriva markettara.
    a parte che l’ida non è nuova credo tu abbia letto il libro di sam calagione dove descrive come far diventare il proprio marchio sinonimo di un experience).
    mi sembra che la cosa sia stata preparata da tempo.
    dapprima il consorzio dei birrai migliori poi l’avvento di farinetti, i contatti con slow food e la creazione (?) della birra open sono cose che sono sevite solo a preparare il campo per questa che è unicamente un impresa. e come tale oggetto di attività imprenditoriale.
    lo svincolare il marchio da un luogo produttivo lo rende come la coca cola. si compra il marchio non il prodotto.
    in pratica MAC DONALDS altro che artigiano.
    sia chiaro che non ho nulla contro il sig. musso e le imprese ma della parola artigianale si fa un uso ormai svincolato dalla realtà. lo si usa quasi come sinonimo di qualità. e in questo caso a sproposito.

  4. Sì vabbè, ma l’espressione “marketing questo sconosciuto” sta a significare che quanto esposto è latente in termini di marketing… quindi, avendo letto la tua idea, è evidente che la usi in modo diametralmente opposto a quello che significa.
    Questo per quanto riguarda la forma.

    Per quanto riguarda il contenuto, mi fa sorridere questa demonizzazione di tutto ciò che è “impresa” o marketing. Stiamo parlando di due birrifici tra i migliori in Italia, definizione che non si ottiene certo con le operazioni di marketing, ma con la qualità dei propri prodotti, sulla quale spero non ci siano dubbi.
    Poi se da questo seguono iniziative “commerciali” come una birra in formato e prezzo abbordabile o una serie di nuovi locali dedicati alla birra artigianale (che è tale per caratteristiche proprie, non perché è un aggettivo messo lì a caso), tanto meglio. Anzi, arrivo a dire che in Italia vorrei vedere sempre più marketing (= operazioni studiate a tavolino) e sempre meno un certo tipo di artigianalità (= pressapochismo).

  5. Mi sembra abbia tutte le carte in regola per seguire il sentiero tracciato da Slow Food e Eataly.

    L’intervista non tocca mai il discorso prezzi….per me sarà quello il vero grimaldello per allargare il mercato della birra artigianale al grande pubblico.

  6. bè, sicuramente nn è una cosa per niente “umile”, il progetto è di un vero imprenditore e la pubblicità che si è fatto prima delle aperture ne è degna, di critiche verso alcune birre baladin ce ne sono (come anche degli elogi), ma rimarremo cmq noi consumatori a decidere la bontà delle sue produzioni. Ritengo assolutamente che non debba interessarci come sfrutta il tempo Musso (e devo ammettere che credo ormai poco nella denominazione “birra artigianale”, per me industriale o artigianale nn fa molta differenza, l’importante è che sia buona!) e qundi al di là del fatto che “siamo in presenza di una buona operazione di marketing” l’iniziativa è essenzialmente un investimento di quelli che oggi giorno nn sono rari, solo che fatto da una persona che produce ANCHE birra “artigianale”.

    Piuttosto spero che Musso faccia qualcosa di veramente nuovo venendo ad aprire un locale al sud (io sono di napoli) dove a birrerie serie siamo messi proprio male

    ah ovviamente con queste parole nn accetto che l’idea delle birra italiana all’estero (in questo caso negli USA) venga rappresentata solo dal suo locale, l’Open di New York dovrà essere e rimanere solo un altro locale di questa catena.

    p.s. ho finito il mio periodo di vergogna 😉
    XD

  7. guarda che io non demonizzo affatto l’impresa o il marketing.
    sono anzi convinta che il marketing sia fondamentale e che gli artigiani siano comunque degli imprenditori che devono avere il senso di ciò che fanno.
    non mi sembra abbia senso il riferimento al pressapochismo. se uno lavora male il mercato lo punirà.
    io sostengo che le iniziative ultime di questi signori sono tipiche di una realtà diversa da quella artigianale. certamente se sono sul mercato è perchè i loro prodotti sono ben fatti, sicuramente.
    la mia opinione è che questa sia un operazione commerciale che ha come punto di partenza il prodotto artigianale (italiano) ma poi arriva unicamente alle tasche dei signori citati.
    tutto legittimo, ma continuo a vedere un idea di artigiano che non mi piace, che fa sue le logiche dei grandi gruppi, che cerca di essere egemone su quello che era un movimento sano. non mi dirai che non ti sei chiesto come verranno scelte le birre a scaffale. con la guida slow food: ma sbaglio o il sig. musso è socio di un certo farinetti proprietario di lurisia che sponsorizza (o sostiene) slow food? e di fatto i gestori della catena di acquisto di open saranno liberi di scegliere? la guida slow food è la bibbia delle birre di qualità? ed ancora i sig. musso e divincenzo non si troverebbero nella posizione di decidere se una birra potrà essere acquistata o meno eleggendoli al ruolo di guide del mondo birrario artigianale italiano ?
    l’operazione nasce da lontano e mi stupisce che i microbirrai non se ne rendano conto.

    comunque quando acquisto un prodotto artigianale lo faccio perchè il prodotto è buono o perchè mi piace, e se non lo è o non mi piace mi lamento, ma anche e sopratutto perchè apprezzo lo sforzo fatto nel produrlo.
    a me la parola artigianale fa pensare ai prodotti fatti con arte. ma l’arte che trasforma un idea in un prodotto tangibile, fruibile. non all’arte di generare macchine da soldi.
    se svincoliamo l’artigiano dal prodotto, se gli facciamo perdere il senso di cosa fa e perchè lo fa ci rimane solo un entità che vive esclusivamente di business. del rapporto creativo con il suo prodotto (e parlo dell’atto di generare non solo di ideare) si perde tutto.
    se mi è concesso, mi sembra però che quando si toccano alcuni personaggi subito si levano gli scudi dei loro paladini.
    non sarà che abbiamo perso un pò di senso critico?

  8. Aggiungo il mio piccolo appunto…scusate la lunghezza.

    Capisco la preoccupazione di Matilda nel vedere la birra artigianale ( di Teo Musso o meno ) espandere i propri confini ed entrare in altri settori rischiando di perdere le origini. infatti mentre quello di creare una “catena” di locali a tema può comunque ritenersi un progetto “correlato” quello dell’abbigliamento è pura gadgettistica ( e vabbeh ).

    Ma tutto questo non credo vada visto come un problema in quanto un birraio dovrebbe starsene al suo posto e per mantenere l’appellazione di “artigiano” fare le cose “in piccolo”. Sarebbe sicuramente una considerazione valida se la qualità dei prodotti fosse calata ( o calasse nel divenire del progetto ). Dato che questo fino ad ora mi pare che non sia successo, e non possiamo sapere se succederà in futuro, i consumatori sono a posto.
    Per quanto mi riguarda, quello che succede al portafogli del sig. Musso non mi interessa e se ha voglia, tempo ed energia per mettere in piedi una avvantura del genere ben venga ( anche per la questione di far conoscere la birra italiana all’estero ).
    Poi certo potremmo pensare “ma sicuramente venderà più birra baladin delle altre”… beh mi pare quasi scontato ma nell’idea c’è l’offerta e la possibilità di bere moltissime altre birrre.

    In breve, capisco il timore di “mcdonaldizzazione” di un prodotto artigianlae di qualità, ma nella notizia riportate e nei metodi di realizzazione del progetto non vedo “trappole” o punti critici in cui questo possa accadere. Sempre con la riserva di vedere come vanno le cose. Per adesso, buona fortuna al progetto Open.

  9. La definizione “artigianale” non è sinonimo di certa qualità, ma di un metodo tradizionale di produzione svincolato dai macchinari industriali. Matilde fai un giro da Leonardo a Borgorose o da Teo a Piozzo e poi alla Peroni e capirai qual’è la differenza tra un artigiano e un imprenditore nel senso classico di industriale,dato che è questa l’accezione cui tu fai riferimento. Potrebbe bastare come dato la differenza tra i circa 5 milioni di ettolitri della Peroni contro i 3500 di Baladin? Se sei più in vena di definizioni wikipediane invece ti ricordo che la nostra legge, precisamente la 443 del 1985, prevede anche la fusion,ovvero l’imprenditore artigiano,qualifica che ottiene se ha questi requisiti:

    · esercita personalmente, professionalmente ed in qualità di titolare, l’impresa
    artigiana;
    · assume la piena responsabilità dell’impresa;
    · svolge in misura prevalente il proprio lavoro all’interno dell’azienda.

    E non vuol dire essere titolari della Procter&Gamble,ma semplicemente veri e propri artigiani riconosciuti e tutelati. Ora,Teo è titolare, gestisce il birrificio ed esercita personalmente e come mastrobirraio il suo lavoro lì dentro; la responsabilità del marchio Baladin è sua, tanto che risponde ad esempio lui dei guadagni,alti o bassi,di una nuova birra come la Open. E se non piacesse, i problemi sarebbero di Teo,non di qualcun’altro. Infine le ricette le sviluppa lui e con rara maestria,oltre a esserne giustamente molto geloso,se escludi quest’ultima open beer,quindi il lavoro è prevalentemente suo. La scelta degli ingredienti,il dosaggio,l’obiettivo,il lievito adatto ad ottenere questo o quel risultato,è opera sua.Il vecchietto che da un tronco mi ricava uno sgabello è un artigiano.Lo è anche chi battendo il ferro mi crea qualcosa di unico.Ma chi dall’orzo e dal luppolo mi tira fuori le birre del Borgo o le Baladin non solo è un artigiano,ma è anche un grandissimo artigiano. Se la Peroni facesse l’Elixir giuro la comprerei anche a prezzo alto e avrei dei birrai di quest’industria tutt’altra considerazione:ma questi sono solo imprenditori..Mi permetton di rinviarti ad un post che avevo scritto su un argomento affine (http://allavostra.blogspot.com/2009/02/amanti-darte.html)

    Ciao,Lorenzo

  10. Per molte cose sono d’accordo con Matilde (non tutto tutto, eh…)
    Open è un progetto che a me, consumatore, interessa poco, se non per il fatto che la birra sia buona o meno.
    Da Teo, che è un genio,mi aspettavo e mi aspetterei (anzi, mi aspetto) qualcosa di veramente rivoluzionario nel mondo della birra di qualità in Italia.
    Mi sembra invece che sia alle prese con il suo orticello che sta trasformando piano piano in un latifondo.
    Tanti auguri.

  11. Schigi però non si può pensare che una volta raggiunto l’obiettivo d’una riconosciutissima continuatività nella qualità delle birre prodotte,un birraio non possa pensare ad espandere il proprio progetto.Se anche dopo tanti sforzi, con quanto ottenuto si preferisse aiutare solo gli altri senza minimamente pensare a stessi, ribadisco,dopo aver dato ben più d’una prova di serietà e bravura nel proprio e campo e tu lo sai meglio di chiunque altro,si vivrebbe coi capelloni in Palestina e il terzo giorno si ascenderebbe al cielo. Sul fatto di non esagerare,allora quello è un altro conto.
    Ciao,Lorenzo

  12. @matilde

    ma non ti sembra che sia già un successo creare locali con 100 bottiglie di birra artigianale, mediamente di buona qualità, in città dove oggi nemmeno volendo se ne recuperano 10 di bottiglie?

  13. @Schigi
    “Open è un progetto che a me, consumatore, interessa poco”

    Si ma quanti consumatori ci sono al tuo livello in Italia?

    Se la birra è fatta con il chiaro intento di essere “divulgativa” e di permettere un primo approccio alla birra artigianale a chi non ne ha mai bevuta è chiaro che lascerà indifferente i palati più fini ed esigenti.

  14. continuo a ritenere che non siano i litri prodotti ma l’atteggiamento che definisce l’artigiano.
    io penso che qualcuno stia facendo un operazione esclusivamente commerciale spacciandola per sostegno al mondo della birra artigianale. ciò che importa, oltre al business, in questo caso mi sembra riappropriarsi di una posizione di dominus sul mondo dei microbirrifici.
    se invece che birra fosse gas petrolio liquefatto dati i presupposti e l’atteggiamento sarebbe la stessa cosa.
    è unicamente business. artigianale in questo caso è solo un aggettivo privo di alcun significato, abusato.
    poi questo è il mio pensare. auguri a open. per me artigiano è altro.
    e in questo caso mi sento presa in giro.

  15. Andrea Turco scrive:

    7 Aprile 2009 alle 18:08:41

    …Poi se da questo seguono iniziative “commerciali” come una birra in formato e prezzo abbordabile…

    Caro Andrea, hai presente il prezzo delle xyaoyu ed in generale delle “riserve”?
    E cosa vuol dire “una birra in formato” abbordabile?

  16. Forse era più logico fare prima i locali che spillavano la Open (dando la possibilità di assaggiare il prodotto da nord a sud) e poi indire il concorso per homebrewer…
    (così com’è, sembrerebbe quasi una partita a scacchi). 😀

    in bocca al lupo e che la birra scorra a fiumi!

  17. @Astolfo
    Parlavo della Trentatre di Leonardo

    @Schigi
    Non capisco come io, consumatore, potrei rimanere indifferente di fronte all’apertura di un locale incentrato sulla birra artigianale e che, magari, sia l’unico vicino casa (non parlo di me, fortunatamente) tra una selva di pub che servono i soliti prodotti industriali. Che, ricordiamolo, sono la stragrande maggioranza.

    @Matilde
    Secondo te la birra artigianale non è tale in base alle caratteristiche del prodotto, ma a quelle del birraio. Ergo se il birraio è un Geppetto chiuso nel suo laboratorio ok, altrimenti ti senti addirittura presa in giro. Opinione condivisibile o meno, ma che riduce la base di appassionati ad essere semplici membri di una setta religiosa. A me piacerebbe un modello diverso e finché le iniziative non pregiudicano la qualità generale ma, anzi, permettono di allargare la base di fruitori, ben vengano. Le domande che ti poni, per quanto valide, sono anche piuttosto banali, tanto che lo stesso Musso ti risponde nel video qui presente. Trovo del tutto naturale che nelle birrerie Open, tra i prodotti italiani, ci sia una posizione privilegiata per quelli dei proprietari dei locali. Mi sembra assurdo meravigliarsi di ciò.

  18. leggendo questi post provo a esporre in breve la mia idea:
    Teo Musso fa birra “artigianale” e gli riesce bene. Teo Musso ha ampi orizzonti, è riuscito a far diventare le sue birre dei colossi tra le produzioni italiane. Teo Musso a volte ha applicato strategie di marketing ai sui prodotti (cuffie ai fermentatori, utilizzo di orzo “coltivato in loco”, e ciò mi sembra la vera presa per i fondelli; ricordate la sceneggiata a rai uno tipo mela verde o quelle cosè lì?) PUNTO.

    Teo Musso ha accumulato un buon capitale o si è indebitato fino al collo (mi interessa poco) e ha deciso di aprire una serie di locali. Questi locali sono solo locali che venderanno birre artiganali (come fanno tanti altri) che spero facciano la felicità di questi produttori e spero che ne venga aperto uno vicino casa mia, dove locali buoni scarseggiano.

  19. @Andrea io sono contento, figuriamoci, se mi aprisse un Open viscino sarei sempre lì.
    Ma non facciamola passare come una cosa rivoluzionaria o una crociata.

  20. Ah sì d’accordo, per quanto il progetto abbia spunti originali, non è certo una rivoluzione. Ma non mi pare che si parli di rivoluzione nè nel post, nè nei commenti

  21. Ben venga l’apertura di locali con la birra artigianale, appunto non in franchising, che abbiano un’anima e una passione. E’ ovvio che il marchio Baladin e Birra del Borgo saranno spinti tantissimo, però non dimentichiamoci delle birre ospiti e delle 100 birre in bottiglia. Sono curioso, non vedo l’ora. Se sarà una delusione, se lavoreranno male, peggio per loro, non ci andremo e falliranno! Non vedo il perché di tutte queste polemiche. Se non piacerà, non ci si andrà.

  22. Teo è uno che non sa stare fermo. E credo che nemmeno con questa iniziativa si sia arrivati al termine delle sue possibilità. Da un certo punto di vista, ritengo sia affetto da una patologia che meriterebbe una seria analisi da parte di una equipe di analisti e psicologi. Detto questo ammetto di ammirarlo molto (nonostante l’evidente malattia che lo affligge) e di ammirare molto le birre che produce (e che mi onoro di vendere nel mio locale). Spero che la produzione rimanga quantitativamente ad un livello “artigianale”, altrimenti sarebbe molto difficile rispondere alle critiche sulla sua “industrializzazione”, visto che già ora se ne pongono ed a ragion veduta… Io resto dell’idea che una birra artigianale vada prodotta, venduta e consumata sul posto. E’ buona? Bene, allora salto in macchina e vado fin lì (ovunque sia) a gustarmela. Qualche eccezzione ci sta, ma senza strafare. Qui però siamo di fronte ad un ciclone umano, e forse dovremo tutti rivedere i nostri canoni di giudizio.

  23. Non vedo l’ora che apra per vedere com’è.
    Certo che nella mente, subito dopo un “fico!” i primi tre pensieri sono stati:
    1) E poi dicono che con la birra artigianale non si fanno i soldi….
    2) Forse con la birra artigianale i soldi si fanno vendendola e non facendola…
    3) Ma Milano è così tabula rasa? Eddai uno anche a Milano, o a Varese… 😉

  24. … o a napoli!!!

    dai un mercato vuoto come il sud è un ottimo luogo dove sperimentare nuove aperture! e sappiamo bene che a Musso piace sperimentare, ergo…

  25. e’ divertente, vi scrivo proprio da Casa Baladin…Solo come un cane e con l’imtenzione di rapire Xyauyu (se lo trovo) come ostaggio per chiedere asilo politico qui…
    Allora, scrivo un paio di cosette così per dare un panorama più completo, visto che mi hanno messo in mezzo: il progetto Open a Roma nasce da una chiaccherata tra me, Leo e Teo a Rimini (pittosto recente quindi), nasce da un’idea di portare da noi (ritengo con orgoglio e ragion di causa che Roma abbia due squadre di calcio di merda ma un pubblico birrofilo senza eguali in Italia e quindi PRONTO per questo) un locale in stile “tap house” americana, ovviamente per un progetto assolutamente fuori dalla nostra portata avevamo bisogno di partner, la scelta è caduta su Teo che già sapevamo impegnato nella sua idea “Open”…Da lì è nata una collaborazione che ci ha portato oggi pomeriggio a trincare un pò di bottiglie insieme per stilare la lista delle birre da portare in questi locali, e ti assicuro Matilde che la lista è una degna rappresentanza del panorama nazionale e i prezzi saranno sicuramente inferiori a quelli che uso nei miei locali…Niente di rivoluzionario forse, ma dare la possibilità a fruitori di diverse città di gustarsi in maniera IMPARZIALE la lista di 100 birre in bottiglia (ogni produttore ne avrà 3 a testa) oltre che di una buona dose di fusti, credo sia una cosa buona per tutto il movimento…Poi per l’anima del locale con me sfondi una porta aperta, “chi mi conosce lo sa” e a spillare birra troverete sempre me, il Cammello, Chen e così via (almeno per Roma). Poi se pensi che chi investe su larga scala sia da demonizzare, può darsi…la birra come ho già scritto altrove sta diventando un territorio pericoloso, ci si guadagna e quindi di personaggi ne escono fuori, l’importante è che facciano ben con una buona conoscenza del prodotto (Teo e Leo non sono due sprovveduti, oppure avresti preferito il figlio di Berlusconi perchè tanto accadrà, oppure avresti preferito NIENTE…bah).
    Può non piacerti la loro birra, può non piacerti la mia faccia (e avresti ragione), ma meglio qualcuno che questo lavoro l’ha sempre fatto piuttosto che il modaiolo di turno che ti spilla la birra “rompendo le molecole del luppolo”, no???

    Scusate la lunghezza, altrove avevo scritto che mi fermavo in autogrill, mi è venuto a prendere un vecchio amico che ora gira col macchinone e mi sta facendo rivenire voglia di spillare qualche birretta…Sai, anche lui una volta trainava un trattore…ha lavorato, ha avuto successo, si diverte ancora come un ragazzino…

    Non demonizziamo, al massimo ti farai qualche birretta sotto casa in un locale spero di amici, se non ci fosse stato qualcuno che faceva qualche soldo con questo lavoro stavi ancora a casa a berti Heineken. Pensaci

  26. Piuttosto fatti trovare domani sera che vengo con Luigi e spero stappiamo qualche esperimento…..( Leonardo c’è)

  27. sig. colonna evidentemente non la penso come lei. ma tant’è…
    per me è solo business ed anche fine a se stesso.
    solo che profumarsi l’alito con le parole artigianale, qualità, guida del mondo birrario italiano etc da chi ha contribuito a decretare la fine di unionbirrai mi sembra un bestemmia.
    coraggio signori: pecunia non olet ma abbiate almeno la decenza di dirlo.
    l’artigiano per come lo conosco e lo amo, non ha ne tempo ne voglia di fare comparsate internettiane televisive. o almeno le fa (vergognandosi un pò) per parlare dei suoi prodotti, non dei vestiti che laverà nella birra andata a male (così massimizziamo i profitti).
    io amo chi fa il vino e passa il suo tempo in vigna, conosce uno per uno i suoi filari e si preoccupa di seguire la vinificazione personalmente. e chi segue le sue birre dalla scelta del malto all’imbottigliamento.
    Colui che quando lo incontro (magari nel suo birrificio o in cantina) trova il tempo di raccontarmi perchè fa così e che quando fa una fiera trova il tempo per parlare con chi gli chiede informazioni anche se solo per comperare un bicchiere. poco mi frega se il maglione che indossa è stato lavato nella lurisia 10.
    io continuo a preferire il vecchio sapone di marsiglia. (ma il costo della birra con cui ha lavato il maglione farà parte del prezzo del maglione, oppure la birra verrà venduta come riserva perlana? – no royalties su questo payoff)
    se manca il contatto con il prodotto stiamo parlando di imprenditori della birra che di diverso dalle industrie hanno solo i volumi ed il fatturato. Ripeto, auguri al loro progetto ma abbiano la decenza di non ammantarlo di prosopopea inutile .
    a proposito nel marchio OPEN trovo scritto “LA birra artigianale” e perchè le altre cosa sono?
    È davvero tutto qui il mondo della birra artigianale italiana? O sei un pressappochista (citazione) oppure un esperto di marketing? Io non credo o meglio spero di no.
    ora vado da macdonald a farmi un bigmac e una peroni. almeno della stupida me lo do da sola.
    P.S.: come mai i microbirrai non trovano nulla da ridire? Sono d’accordo? Ma certo! sto sicuramente sbagliando io a pensare che non si può criticare per paura di essere esclusi dal gioco, a ritenere che l’idea di fondo suoni più o meno “speriamo che open acquisti le mie birre così pago il mutuo. tanto si sa che teo è un genio ed io non sono alla sua altezza. mmmh. 10 locali, poi magari me la vende a newyork così potrò dire anche io di essere nel business.”

  28. @ Colonna
    Per fortuna che ci sei tu, sennò Leo & Teo sembravano i cugini di Qui Quo e Qua 😉
    Ormai siete diventati “uni e trini”, occhio a venerdì… a no il derby è sabato…
    Per l’inaugurazione…. quand’è? Ci devo essere! Si beve gratis vero?
    ;-))))
    come dicono a New York, “in the mouth of the wolf”

  29. Matilde, ma chi sei?
    (Se posso chiedertelo…)
    Condivido molto di quello che hai detto, ma comunque voglio prima farmi un giro all’Open di Roma (Roma città Open, anche questo opensource! 😉 ) per capire bene il concetto.
    Ti offro io una birra, non annegare l’amarezza in una non amara peroni.
    E stai tranquilla, poi non vado a scrivere il rate così non ti chiamano a testimoniare :-)))))

  30. devo dare ragione a matilde sulla storia dei vestiti lavati nella birra, come ho già detto, se Musso si mette in società con dio e gli angeli e apre dei locali la faccenda mi può interessare, perchè più locali ci sono (dove si beve bene) meglio è per me, ma quando invece si parla di birra, ritengo che usarla per lavare dei vestiti sia al quanto criticabile in quanto per me questa è una strategia di marketing deplorevole.

  31. Sì, probabile come probabile il contrario, potrebbe essere una cosa simpatica…Io vedo altrove il “male” per la birra, in un informazione data a minchia da un gestore, un servizio di merda…Prova a far bere a un neofita una artigianale sotto l’impianto da dieci giorni, magari zozzo, poi voglio vedere come la ricompra, cioè, ai vestiti proprio non ci penso…E’ opinabile, ma poi se al banco spine ci trovo la madonna servita pure in maniera professionale, non avrei che da gioirne, e poi starei tutto il tempo a annusarmi i vestiti…

    A parte tutto il commento di matilde mi sembra troppo “personale”, condivisibile o meno mi sembra che abbia troppo astio ingiustificato…Su quello alzo le mani sperando di convincerla con i fatti, poi se le sta sulle palle Teo son problemi loro…
    Comunque apprezzo il “Signor Colonna”, purtroppo ho l’alito che puzza…

    @Tyrser: sarà un derby amaro…

    @Schigi: la parabola dell’autostoppista all’autogrill m’ha fatto tajà da solo…

  32. e pensare che quando mi cade la birra sul maglione di solito m’incazzo.. 😉
    scherzi a parte , io se passo da Roma dopo l’estate un salto ce lo faccio ben volentieri , poi se è il caso di criticare lo si farà a tempo debito

  33. Si dimentica alle volte come il 99% di chi beve birra “artigianale” sia all’oscuro di beghe come Unionbirrai, MoBi, ADB, i vestiti di Teo Musso, pensiamo alla sostanza e usciamo dal guscio…Tantissimi birrai esteri acquisiscono fama e gloria con la comunicazione e la partecipazione ad eventi (come sta avvenendo ultimamente ai nostri con MoBi), birrai ai quali molti dei nostri piscerebbero in testa. Ultimamente ho il locale invaso da degustatori e appassionati esteri che finalmente si accorgono della DIFFERENZA, pensiamo a dare la possibilità ai “pischelli” di riconoscerla anche loro sta differenza…Se arriva qualcuno in grado di fare questo (Teo lavorava dietro al banco di Baldin in un periodo e in un posto sinceramente azzardato, parliamo di vent’anni fa…e ti posso assicurare che conosco bene le difficoltà nel proporre un prodotto “diverso”), ben venga, qualsiasi cosa faccia di altro.

    Spero a questo punto nei preservativi alla birra, tromberemo tutti di più (pensa a una degustazione fatta alla tua donna…) e saremo tutti più sereni.

  34. “Tantissimi birrai esteri acquisiscono fama e gloria con la comunicazione e la partecipazione ad eventi (come sta avvenendo ultimamente ai nostri con MoBi)”

    Manuele non mi è chiaro quali siano i birrai che stanno acquisendo fama grazie a MoBI

  35. Mah, a fine aprile il Kuaska ne porterà qualcuno a un festival in Belgio, credo sia col MoBi e credo sia una buon cosa, come quando andarono con Unionbirrai al Bruxellensis…Poi boh, vado anch’io e ovviamente per bere…

  36. ah ok , grazie.

    diciamo che si chiami MoBI, si chiami UB o CGIL , l’importante è andare in Belgio con Kuaska 😉

  37. @Colonna, domanda secca:
    A birre della Merla mi dicesti:”Ma non ti rendi conto che il vero pericolo per gli amanti della birra artigianale non è il Polli…ma gli squali come Vecchiato di Interbrau”
    E’ cambiato qualcosa da allora?

  38. @Colonna

    “Io vedo altrove il “male” per la birra, in un informazione data a minchia da un gestore, un servizio di merda…Prova a far bere a un neofita una artigianale sotto l’impianto da dieci giorni, magari zozzo, poi voglio vedere come la ricompra, cioè, ai vestiti proprio non ci penso…”

    bè su questo punto credo che siamo tutti d’accordo, ma quì parlavamo delle iniziative made in Baladin

  39. sig. colonna,
    non so se le puzza l’alito come sostiene ne suo post; forse è per quello che propone di far “degustare” alle donne il profilattico alla birra.
    complimenti per lo stile.
    non avevo capito che ero in presenza di un maschilista erotomane di vecchio stampo.
    peccato che i profilattici aromatizzati ci siano già e che quindi non è un idea nuova.
    beh però a ben pensarci nemmeno l’idea dell’open experience (sam calagione docet) ne tantomeno quella dei vestiti lavati nella birra sono originali .
    ma non sarà che alla fine si sta parlando di rivendere in salsa italiana un idea di altri condendola con un pò di made in italy, che fa sempre figo?
    non ho nulla contro di lei ne contro i sigg. musso e di vincenzo, anche se sinceramente non mi hanno mai affascinato (parlo di loro non delle birre); anche perchè alle varie fiere cui ho partecipato non sono nemmeno riuscita a chiedere informazioni su ciò che stavo comprando; non a loro direttamente almeno ma sempre al collaboratore (facente parte del gruppo di lavoro ovviamente) di turno.
    il mio unico intento era di sottolineare la deriva markettara (mi si passi il termine) che sta prendendo la birra artigianale italiana, e mi sembrava che il progetto open fosse solo il culmine di un idea di egemonizzazione del movimento artigianale.
    però se non frega nulla ai microbirrai trovo corretto il punto di vista del consumatore. certo che se qualcuno ha, in virtù di una posizone dominante il potere di decidere chi inserire in lista o meno credo che anche il consumatore si trovi nella condizione di non avere una reale possibilità di scelta tra tutti i prodotti italiani ma solo in una scuderia di cavalli ben allineati. che ne traggono un beneficio ed accettano una situazione di comodo.
    mi sia concesso però di dire che non è l’atteggiamento di chi vuole essere guida del mondo artigianale.
    la solita querelle tra autorità ed autorevolezza.
    mi piace di più il birraio che si ingegna per fare bene il suo prodotto che l’imprenditore con un gruppo di lavoro che si preoccupa di disegnare scaffali e vestiti .
    comuque colonna (ormai posso chiamarla così vista l’intimità che ci lega) da anni hanno inventato il dentifricio. magari così può ampliare la sua gamma di attività erotiche invece che limitarla a fantasticherie di sesso orale.

  40. @ Matilde o matildo
    ma dopo tutti questi commenti, parole, bla,bla metti in dubbio la QUALITA’ della birra Baladin? Se Teo “deriva” la qualità “deriva”? Io preferisco una buona birra anzichè una cattiva birra ( così diceva Catalano) , deriva o no deriva. Matilde, ma lei deriva?

  41. lapo o lapa,
    capisco l’amore per la buona birra ma magari cominciare a bere un pò piu tardi aiuterebbe.
    nessuno mette in discussione la qualità della birra di baladin.
    a me interessava sottolineare gli aspetti di marketing dell’operazione.
    ma vedo che i pretoriani di open si muovono in fretta …

  42. ma questi locali sono all’aperto?? 😀
    perchè con il concetto di open non ci vedo proprio nulla…
    oltretutto “Open sarà anche il marchio di una collezione di abiti”: un nerd che faccia anche lo stilista non l’avevo mai sentito! 😀

  43. Ok i toni accesi, ma cerchiamo di non superare il limite, mi raccomando…
    Finora non è successo, però meglio ricordarlo…

  44. @Colonna
    Metti alla spina la Pliny e vengo a fare volantinaggio per una settimana.
    E poi è dal 5 Maggio che vi voglio bene;-)
    Ma tu e Leonardo siete coinvolti nel progetto “Roma” o a livello globale? Se posso chiederlo…
    Mi immagino frotte di aspiranti publican che vengono da te a prendere lezioni… Prof Colonna della Draft University ;-)))

    @Matilde
    Ma tu un salto da open lo farai comunque?

    @SR
    Io lavoro e tu raccogli i frutti….

  45. IMHO è fisiologica la percezione di disagio quando vediamo un birraio professionista che inizia a fare franchising, brand name e fashion…
    Anche perchè poi si sente parlare anche di altri birrai che per fare la birra non riescono a trovare nemmeno il tempo per dormire (probabilmente a causa delle dimensioni dell’impianto).
    scusate, chiudo.
    rinnovo l’inboccallupo!
    ciao 😉

  46. @velleitario

    Mi sa che prima di commentare devi sentire le interviste.
    Teo è stato chiaro:no a Franchising (ai quali è contrario)
    Tutti gli Open saranno a partecipazione diretta.

  47. @ Schigi
    Giusto, però è anche vero che ci saranno diversi locali accomunati da una “riconoscibilità abbastanza importante”.
    Musso progetta (dice: “sto creando una serie di locali”) e propone uno standard che chiama “Progetto Open”.

  48. Ebbene sì matilde, hai ragione in pieno su di me…Però ammetti che un preservativo alla Nora potrebbe ravvivare un rapporto anche a uno sfigato come me…
    Comunque dici che Leo non ti ha mai affascinato, in realtà oltre a essere molto bello è anche un cucciolone che ti porta la colazione a letto la mattina, Teo poi…Con le donne si sà! Pensa a me che a furia di spillare 500 birre a sera c’ho pure i calli sulle mani e l’ascella pezzata, come potrei competere? Secondo me mi hanno voluto a Open solo per pulire i cessi…

    …E invece no! Sono un grande imprenditore che ha capito che con la birra si fanno i miliardi e sono 8 anni che prendo per il culo la gente, giusto? Oppure sono uno che non ha capito una sega della vita e che si sbatte credendo in qualche progetto di qualche “squalo”…In ogni caso MA A TE CHE MINCHIA TE NE FREGA? Cioè, vieni da me, bevi bene…poi potrai dirmi che sono un coglione per qualche non oscuro motivo, ma BEVI BENE E BEVI BIRRA.

    Seriamente, possiamo parlarne fino alla fine dei nostri giorni, Teo non è mio fratello, lo conosco e lo stimo come tanti altri nel mondo della birra. fare un locale del genere a Roma era un sogno per noi e lui era l’unica persona di cui comunque mi fido che poteva aiutarci…Sulla sua persona possiamo discutere a lungo, ma non è quanti soldi ha che mi interessa, mi interessa quello per cui ho sempre lavorato: dare birre nella maniera migliore e cercando di comunicare sempre, e spero che ogni Open che aprirà avrà la stessa filosofia.

    Adesso sentirò dire ovunque che mi sono dato all’imprenditoria e che non me ne frega niente: qualche anno fa si litigava al macche perchè le proposte di lavorare con gente come Kapuziner e Monchsof ci avrebbero garantito 35000 euro in contanti l’anno, non l’abbiamo fatto perchè non mi sarei divertito e i soldi per andare 5 volte l’anno in Belgio ce li ho comunque e quello mi basta…poi io sono così e chi mi conosce lo sa, il giorno che smetterò di divertirmi farò altro.

    Tutto questo ribadisco: discutiamo a progetto finito perchè alcuni di voi sono lontani anni luce sull’immaginare quello che accadrà nell’Open romano…all’inaugurazione offrirò sì da bere, ma potremo condividere molti pareri in proposito.

    matilde, quello che ti preoccupa sarà la perdita di “cuore” nei confronti della birra? Se accadrà io non sarò dietro a quel bancone e ti dirò che non ci ho capito una mazza di chi mi gira intorno…mi farò un bicchiere di tavernello e mi ubriacherò con te, magari nasce una bella storia…

    @Schigi: te prego, non me fa litigà con la gente, non nego quello che ho detto per una questione di filosofia lavorativa e con Vecchiato ne ho parlato a Rimini (credo che Teo sia lontano molto da quella situazione, se non altro per competenza nel campo, lo penso seriamente, se sbaglio il primo a pagare sarò io), però già faccio fatica a rispondere a chi mi chiede se mi sono venduto e a chi mi chiede una ceres…Sai che ho la pressione alta e rischio l’infarto…

  49. va beh. lasciamo perdere è un dialogo tra sordi.
    fai bene a fare ciò in cui credi.
    almeno tu non hai l’ambizione di fare il filosofo della birra.
    per me l’argomento è chiuso.

    anzi no. permettimi (nota il tu – ormai siamo intimi no?) una considerazione:
    le tue parole mi hanno illuminata; pensare che sia il preservativo a fare di un rapporto un bel rapporto è come pensare che sia l’immagine a fare di una birra una buona birra.
    meglio non potevi esprimerti per dare corpo ai miei dubbi.
    ammetto però che è un passo avanti rispetto a quando i maschietti pensavano che fosse importante avercelo grosso!
    ma sai che quasi quasi comincio a volerti bene?
    tyrser mi spiace ma se vengo a roma voglio colonna.
    prima.

  50. Evvai!!!! Ochhio che ho un pò di arretrati, poi non darmi del maschilista brutale…cerca di capirmi…

    Comunque concludo anch’io con una domanda (premettendo che come parecchi di voi sono molto preoccupato sul fenomeno “modaiolo” della birra e sono il primo a pagarne le conseguenze avendo rapporto DIRETTO con la gente): ma se un birraio…No, hai ragione: ma se uno che prima ha fatto il publican (scommessa VINTA…), poi il birraio (altra vittoria) si è messo a fare marketing e ideatore di cose diverse (bizzarre probabilmente..ma se vince pure con i vestiti?)…dove è il problema? se poi troverai persone competenti dietro il bancone dei suoi locali (@ Tyrser: io scelgo solo le cameriere…Oops…scusa Mati, posso chiamarti Mati, vero?), una selezione di 35/40 birrifici italiani (alla faccia dei cavalli di scuderia), una serie di spine che il Macche diventa obsoleto (ok, il macche è sempre il macche…), DOVE E’ IL PROBLEMA???

    La birra tira, fidati che tra poco vedrai personaggi aprire locali o parlare in tv che faranno impallidire quello che pensi di Teo, perchè almeno lui non c’è dubbio che sappia COME si fa una birra e sappia COME si lavori dietro a un banco…

    Comunque non uso preservativi

  51. nulla da dire se quello che dice è quello che fa. se lo ammanta di mistici riferimenti al ruolo guida del mondo birraio non mi trova daccordo.
    chiunque pò parlare in tv o dove vuole ma chi ascolta ha il diritto di dissentire e se trova che una proposta viene fatta aprofittando di alcuni concetti e sopratutto con finalità (o effetti) dannose sul mondo che dice di sostenere credo che si possa dire che è quantomeno n”strana” (eufemismo).

    la scuderia è di fatto già in tondino da un po.
    è che i cavalli non hanno il coraggio di togliere il parocchi per paura di perdere la biada.

    comunque caro il mio paletto (diminutivo per diminutivo) io non faccio la cameriera.
    certo che se non usi preservativi capisco come mai hai degli arretrati…magari la birra che offri non è così buona.
    guarda: la tua idea del preservativo alla birra tutto sommato comincia a piacermi.
    purchè da buon publican assaggi prima tu.
    Oops …scusa paletto….

  52. Mati…pensavo ribadissi il mio maschilismo erotomane vecchio stampo con la “scelta delle cameriere”…Mai pensato facessi la cameriera, cominci a perdere colpi intuitivi.

    Seriamente :-PPPPPP ….Ovviamente il dissentire su un argomento premette una giusta cultura di base, qualcosa a livello “culturale” sulla massa si sta muovendo, ma sulla birra (prodotto che tutti bevono ma che nessuno conosce, o pochi…) la curiosità e la “fame” di informazioni è ancora straordinariamente diffusa. In un territorio così (come ribadito da me numerose volte, e il Presidente lo sa) CHIUNQUE abbia un ruolo di rilievo (es. publican, relatore di fiere o degustazioni) può intortare a suo piacimento la “massa”, perchè se io dico a un “curioso” che spillo la birra in più tempi perchè “rompo le molecole del luppolo”, lui mi crederà, perchè non ha le basi per dissentire… Giusto?
    E allora, di Teo mi interessa questo, la capacità conoscitiva del prodotto, quella non puoi negargliela, se poi fa vestiti con la birra…meglio lui che Armani, lui sceglierebbe o si farebbe pagare dalla Peroni per farli…meglio la solita Nora.

    Ultima cosa: i birrifici presenti non saranno solo quelli di Consobir.

    Mati, stai perdendo classe…E ci fai pubblicità, meno male che ci sono io a rovinare tutto…Anche se “paletto” mi piace, forse avrei preferito “stipite”…

  53. cultura è la parola d’ordine. sono daccordo.
    però non è con e tovate markettare che si fa cultura. se Rubbia mi dicesse che al CERN hanno trovato il modo di fare la fusione nucleare grazie al nuovo paio di bretelle colorate che usa gli direi che mi sta prendendo per i fondelli.
    quando poi intravedo un disegno non trasparente (non sulle bretelle) mi arrabbio.
    comunque mai pensato che fosse unicamente consobir la scuderia.
    purtroppo molti ronzini trotterellano qui in giro. non sono i finimenti che fanno i purosangue. .
    per quanto riguarda il mio intuito che latita sono dolente: mi sarò fatta influenzare da te.
    per quanto riguarda la classe mi dispiace…
    adesso credo di dover interrompere l’epistola. non vorrei fare ingelosire tyrser.
    a parte gli scherzi. sono convinta davvero della tua buona fede ma dovresti sapere che non bisogna mai prendere troppo sul serio le donne.
    vi auguro davvero i migliori successi.
    tanto so che presto troverò nuove mirabolanti avventure dei nostri paladini della birra artigianale di qualità…
    notte

  54. Ho letto solo in parte perchè ho trovato la notizia solo oggi, ma oltre un’ operazione di puro business, potrebbe anche essere vista come un opportunità per i microbirrifici, italiani e non, per avere uno spazio,

    Capisco che alla fine Musso e co, sceglieranno delle birre, spero nn in base a simpatie/favoritismi, ma alla fine chi può dirlo che sono in mala fede, cmq è qualcosa che a Roma nn c’e’ o se c’e’ è molto limitata alla vendita di bottiglie nn facili da reperire.

    Vediamo che ne viene e giudichiamo, magari alla fine sarà un’operazione soddisfacente, che aiuterà chi produce della birra artigianale a trovare un po di luce nel panorama italiano…

  55. @ Matilde e Colonna
    Scrivo per la prima volta anche se mi capita di leggiucchiare qua e la abbastanza spesso… E lo faccio soprattutto per ringraziare Matilde e Colonna… Grandissimi! E’ stato parecchio divertente e perfino edificante direi! 😉

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