Cimec

La mappatura del genoma dell’orzo per una birra migliore. Sarà vero?

Se seguite assiduamente Cronache di Birra, non vi sarà sfuggita la sfilza di commenti seguiti al post riguardante le ripercussioni della futura legge di stabilità. In realtà gran parte degli interventi si sono concentrati su un argomento diverso e solo marginalmente collegato a quello di partenza: gli OGM. Sì proprio loro, gli organismi geneticamente modificati, che di tanto in tanto tornano sotto l’occhio d’ingrandimento dell’opinione pubblica. Proprio mentre il dibattito imperversava su queste pagine, contemporaneamente arrivava la notizia, rilanciata dal Corriere della Sera, della definitiva mappatura del genoma dell’orzo da parte di un team di ricerca britannico. Con un’immediata e diretta conseguenza: la promessa di una birra migliore. Ma sarà veramente così?

La ricerca, che ha trovato ospitalità persino sulla rivista Nature, è stata condotta dal professor Robbie Waugh dello scozzese James Hutton Institute in collaborazione con il centro di analisi del genoma di Norwich. Da sottolineare che nell’International Barley Genome Sequencing Consortium (Ibsc) hanno preso parte anche studiosi dell’Istituto di genomica applicata e dell’Università di Udine.

Sebbene al giorno d’oggi si legga sempre più frequentemente di mappatura del genoma, l’orzo ha rappresentato per il progetto in questione una sfida non irrilevante. La pianta infatti ha un genoma quasi doppio rispetto a quello dell’uomo, con un’infinità di sequenze strettamente correlate tra loro. La soluzione ha puntato a concentrarsi esclusivamente sulle sequenze di geni utili alla produzione di proteine, ignorando invece il restante “dna spazzatura” – tanto per usare un’espressione poco ortodossa ma molto efficace.

Le promesse della ricerca sono spiegate dallo stesso Prof. Waugh:

L’accesso a questo catalogo che assembla sequenze geniche razionalizzerà gli sforzi per migliorare la produzione di orzo attraverso la coltivazione di varietà che meglio resistono a parassiti, malattie e condizioni ambientali avverse, quali lo stress da siccità e calore. E verrà accelerata la ricerca anche sullo stretto parente dell’orzo, il frumento.

E quali ripercussioni si avranno sulla birra? Nonostante il titolo altisonante, l’articolo del Corriere della Sera non offre spiegazioni al riguardo. Quindi tutto si riduce semplicemente a uno specchio per le allodole? Non precisamente.

Come per qualsiasi altro prodotto alimentare, da quando l’uomo ha imparato a fare la birra ha anche cercato di isolare gli ingredienti migliori per la sua produzione. Oggi esistono tante varietà di orzo, che sono il frutto di una lunga selezione effettuata dalla civiltà umana nei secoli al fine di enfatizzare le caratteristiche più adatte alla produzione brassicola. Come spiega l’enciclopedico The Oxford Companion to Beer:

Esistono oggi molte tipologie di orzo in diverse regioni d’Europa […] che posseggono differenti caratteristiche rispetto all’orzo dell’antichità. Queste tipologie non sono “pure”, piuttosto derivano da un miscuglio di varietà possibili grazie all’ampiezza del genoma della pianta.

La ricerca di un costante miglioramento nella produzione brassicola ha dunque spinto l’uomo a modificare l’orzo, piegandone le caratteristiche genetiche a suo vantaggio. Questo in passato è avvenuto senza il ricorso a esplicite tecniche di ingegneria genetica, per lo più controllando i processi spontanei e incrociando le diverse varietà.

Affermare però che per la birra si sta aprendo una nuova era – quella cioè prodotta con orzo geneticamente modificato – non è corretto. Non è corretto perché l’orzo diffuso è già ampiamente “modificato”. Non sono un esperto in materia e quindi spero di non sbagliare affermando che nei decenni passati l’uomo è intervenuto sulle varietà della pianta mediante irraggiamento nucleare, che tuttavia non è una tecnica rientrante nella definizione di OGM.

Non mi spingo oltre perché non ho le competenze per farlo. Dubito però che la scoperta possa aprire serie prospettive per una crescita qualitativa della birra, per la quale tra l’altro l’uomo è già intervenuto in passato con soluzioni di diversa natura. Per saperne di più, vi segnalo questa interessante discussione apparsa sul forum Area Birra.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

Leggi anche

Intelligenza artificiale e gusto della birra: arriva dal Belgio uno studio innovativo

L’intelligenza artificiale (IA) si sta rapidamente affermando come un potente strumento per l’innovazione in diversi …

Ancora un record per i birrifici italiani al Barcelona Beer Challenge: 77 medaglie tra cui 23 ori

Venerdì scorso si è tenuta la cerimonia di premiazione del Barcelona Beer Challenge, uno dei …

Un commento

  1. Attenzione, non è vero che l’uomo è intervenuto sull’orzo mediante irraggiamento nucleare.

    L’autore si confonde probabilmente con il frumento di varietà Creso.

    Giuseppe

Rispondi a Giuseppe Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *