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In Cina apre un Brewdog Bar, ma si tratta di un falso clamoroso

brewdog_chinaCome forse saprete, il birrificio Brewdog da qualche anno ha iniziato ad aprire locali a suo marchio in giro per l’Inghilterra, spingendosi in realtà anche fuori dai confini del Regno Unito – è già attivo un Brewdog Bar a Stoccolma, mentre si parla addirittura di un futuro approdo a Roma. Conoscendo la forza di espansione del marchio scozzese può dunque non suonare insolita la notizia di un nuovo locale Brewdog aperto recentemente in Cina, se non fosse per un piccolissimo dettaglio: il bar, che riporta marchio e insegne ufficiali, non è di Brewdog. In altre parole siamo di fronte al più classico dei plagi made in China, come confermato su Twitter dal fondatore James Watt.

Come potete dedurre dalla foto qui presente, il locale cinese non si fa alcun problema a ostentare i simboli chiave del birrificio scozzese, decontestualizzati rispetto al loro spazio di appartenenza. Addio quindi allo scudo che li contiene: l’illustrazione canina (che a me è sempre sembrata una volpe) e il nome dell’azienda sono posti in successione orizzontale, su una grande insegna che campeggia all’entrata del bar. Del resto si capisce poco, a parte una scritta eloquente (“great beers”) e uno stile di arredamento che può ricordare, ma molto alla lontana, proprio i locali Brewdog. Il tutto è contornato da quell’aura di pacchiana decadenza che caratterizza i plagi cinesi.

Bisogna ammettere che l’imprenditore orientale dietro al progetto (se così vogliamo definirlo) ha avuto un tempismo eccezionale, dato che recentemente le birre del duo scozzese sono sbarcate sul mercato cinese. Come riportato dall’articolo pubblicato su The Drinks Business (e rilanciato da Bere Birra), James Watt non ha perso occasione per esprimersi sulla vicenda, commentandola così:

Non abbiamo alcun negozio (in Cina ndr). Distribuiamo le nostre birre in Cina, specialmente a Shanghai, ma quello è un locale falso. Al momento sono confuso, in qualche modo divertito, un po’ lusingato e allo stesso tempo terrorizzato. Proprio come un’anatra francese da foie gras.

E così il birrificio artigianale che più di ogni altro in Europa ha costruito i suoi successi e la sua immagine su impressionanti campagne di marketing, si ritrova oggi beffato dalla più antica e subdola strategia di mercato: la copia spudorata dei prodotti altrui. In questi anni Brewdog è riuscita a tenere testa alle multinazionali del settore, ad associazioni potenti come il Camra, alle violente campagne dell’opinione pubblica. Chi l’avrebbe mai detto che il primo caso di imbarazzo sarebbe arrivato da un plagio di stampo cinese…

Ed è curioso che il “fake bar” è andato a colpire un birrificio che lo scorso anno annunciò una birra chiamata Fake Lager: una bassa fermentazione costruita sui principi delle multinazionali, anche a livello organolettico. In quel caso fu un Pesce d’aprile, sebbene poi la birra fu messa realmente in commercio nelle settimane successive. Ma se il calendario non inganna, stavolta la clamorosa novità proveniente dalla Cina è più vera che mai: ad aprile mancano ancora diversi mesi…

Ammettetelo, quanti di voi staranno godendo per la vicenda del finto Brewdog Bar cinese? 🙂

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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21 Commenti

  1. alexander_douglas

    ahahyahahahahah i cinesi colpiscono pure nel mondo delle craft beers….senza parole XD ma davvero si parla di un brewdog bar pure in italia? immagino quanti puristi storceranno il naso 😛

  2. In fondo anche questa è pubblicità… Non ho idea di come andrà a finire la vicenda, ma fa riflettere quanto il marchio Brewdog sia diventato famoso suscitando perfino l’attenzione di taroccatori cinesi.

    • Eh sì hai perfettamente ragione

      • Potrei dire una boiata, ma la storia di Brewdog mi ricorda in un certo senso cosa avvenne con il marchio Guinness, quando iniziarono a spuntare Irish Pub più o meno ovunque e si creò di fatto un brand che andava ben oltre la birra (e la qualità della stessa). Ovviamente ci sono delle differenze notevoli, ma le vicende hanno degli aspetti simili.

  3. in Cina la registrazione del marchio è del primo che lo fa, non da chi ne è proprietario effettivo nel paese di provenienza. troppi produttori sono rimasti fregati da questo gioco. alcuni con danni grossi, altri semplicemente hanno preso a commercializzare con un altro marchio.

  4. Chi di marketing ferisce di marketing perisce!

  5. Speriamo almeno che la birra sia buona

  6. Qualche altro indizio sulla vicenda Mikkeller?

  7. Diciamo che hanno rotto le scatole con questi plagi cinesi: lontani dalla qualità, certo, ma andatelo a spiegare al consumatore finale!

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