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C’eravamo tanto amati: sempre più tedeschi snobbano la birra

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Foto: The New Yorker

Negli scorsi giorni probabilmente non vi sarà sfuggita una notizia proveniente dalla Germania e che ha trovato spazio anche su testate mainstream. Come riportato ad esempio da La Stampa, l’antitrust tedesca ha multato per 106 milioni cinque tra i maggiori produttori nazionali di birra, colpevoli di aver artatamente gonfiato i prezzi al dettaglio dei loro prodotti. La notizia di per sé sembrerebbe più adatta alla cronaca economica che al nostro blog, se non fosse che a suggerire l’accordo illecito sarebbe stata la crisi galoppante nel settore. Infatti, sebbene la Germania sia considerata una delle patrie della birra, il mercato sta vivendo uno dei periodi più bui della sua storia. In passato abbiamo raccontato di queste difficoltà, ma purtroppo la situazione sembra peggiorare di anno in anno, con ripercussioni anche nel segmento della birra artigianale.

A tal proposito consiglio a tutti di leggere un interessante articolo di Michael Filtz apparso sul sito del The New Yorker, in cui l’autore dipinge un panorama assolutamente deprimente. Il punto di partenza è una dichiarazione del 1886 dell’ambasciatore americano in Germania, che definiva la birra come una bevanda consumata al pari dell’acqua, in un contesto sociale entusiasmante, goliardico, consapevole e dove le sbornie erano rare e mai smodate. A distanza di poco più di un secolo la situazione è profondamente mutata: i tedeschi bevono sempre meno birra e il loro feeling con la bevanda sta calando in modo preoccupante, almeno quanto i consumi. Lo scandalo portato alla luce dall’antitrust è dunque solo la punta di un iceberg inquietante.

È vero che i tedeschi rimangono i terzi bevitori di birra al mondo (dati pro capite), ma è proprio per questa “fama” che il trend degli ultimi anni appare clamoroso. Come segnalavo nel 2009, nel giro di 15 anni il numero dei birrifici si è praticamente dimezzato, mentre secondo la German Brewers Federation dal 1993 la produzione è calata di oltre il 20%. Cifre a dir poco spaventose.

Le cause di questa tendenza non sono facili da individuare. La stessa associazione suggerisce che alla base ci sarebbero cambiamenti di tipo socio-economico: il venir meno di industrie tradizionali – come quelle edili e minerarie – a favore di impieghi più sedentari avrebbe reso meno diretto il consumo quotidiano di birra. A questo bisognerebbe aggiungere la crescita dei salutisti – o pseudo tali se vogliamo – convinti dall’opinione pubblica a bollare la birra come bevanda negativa. In questo le moderne campagne neo proibizioniste – e questo è un aspetto che aggiungo io – stanno sicuramente avendo il loro peso.

Da parte di un appassionato, tuttavia, sembra esserci un motivo più profondo che è legato al modo in cui in Germania si vive la birra. Non conoscendo quotidianamente la società tedesca sono ovviamente solo impressioni, ma sarei pronto a scommettere che negli ultimi decenni c’è stato un costante allontanamento della gente nei confronti delle proprie tradizioni brassicole. Come questo sia accaduto è difficile da dirsi, ma non escluderei che tra i responsabili ci siano proprio i birrai, sempre meno interessati alla propria, ricchissima cultura birraria.

Su questo punto già mi sono soffermato più volte, ma è sempre importante tornarci. Spesso la percezione che hanno gli appassionati stranieri della cultura brassicola tedesca è che sia noiosa, sterile e poco variegata. Molti associano questi aspetti all’Editto della purezza e alle sue limitazioni nell’uso degli ingredienti. In realtà non mi stanco mai di ribattere che la birra tedesca è entusiasmante come quella di altre realtà, estremamente variegata e sicuramente più interessante di quanto si pensi. Il problema è che spesso sono gli stessi produttori di Germania a negare le proprie tradizioni, concentrandosi sulle solite tre o quattro produzioni: una Helles, una Dunkel e una Weizen. A parte alcuni paradisi sopravvissuti in Baviera, il resto del panorama brassicolo è caratterizzato da questa ripetitività desolante.

In Germania il rapporto con la birra è ben diverso che da noi. La bevanda è parte integrante del tessuto sociale e, a parte i grandi marchi, spesso non ha senso parlare di birra artigianale. Questo perché i piccoli produttori sono diffusi ovunque: non bisogna mettersi a studiare la birra, perché si vive quotidianamente. Ma proprio per questo motivo si danno per scontate cose che in realtà non lo sono, finendo con l’accettare passivamente l’evoluzione del settore. Fenomeno quasi fisiologico, che quindi sposta la responsabilità su chi invece dovrebbe farsi guardiano della cultura birraria di un paese.

La situazione della Germania è quindi anche figlia del peso che ha questa nazione nel panorama brassicolo internazionale. Si potrebbe pensare allora che anche le altre superpotenze della birra si trovino ad affrontare gli stessi problemi, e infatti è così. Ma negli altri casi (prendiamo il Regno Unito, il Belgio, la Repubblica Ceca), c’è stata la capacità di rinnovarsi continuamente, pur senza rinnegare il proprio passato. I risultati sono stati diversi da stato a stato, ma nessuno si trova nella condizione della Germania. Addirittura l’Inghilterra negli ultimissimi anni è stata in grado di tenere botta ai grandi cambiamenti del settore e, come scritto in passato, oggi Londra è senza dubbio la migliore meta birraria per un appassionato: in un sola città convivono alla perfezione le espressioni più classiche accanto a fenomeni moderni, legati alla new wave della birra craft.

Sia chiaro, anche in Germania le incarnazioni più attuali della rivoluzione artigianale stanno prendendo piede. Tuttavia ciò che mi lascia ancora interdetto è che queste ultime sembrano distanti anni luce dalle tradizioni brassicole del paese. C’è questo scollamento tra presente e passato che non riesce a penetrare le abitudini dei bevitori, lasciando che le birre dei nuovi produttori siano ricercatezze per appassionati (magari stranieri) e non prodotti consumati quotidianamente dal popolo.

In questo contesto è la stessa concezione di birra dei tedeschi a pesare come un macigno. Tornando di nuovo all’articolo di Flitz, egli afferma che, a differenza di quanto avviene negli USA o nel Regno Unito, in Germania la gente è poco propensa a spendere più soldi per birre “premium”. Perciò quando Bitburger propone una IPA del marchio Craftwerk a un prezzo quattro volte superiore a quello della sua Pils base, è chiaro che difficilmente quel prodotto potrà essere percepito come una birra da tutti i giorni.

Questa la situazione attuale in Germania. Qual è la vostra opinione in merito?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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18 Commenti

  1. Articolo interessante, ma prendo solo questo: “Perciò quando Bitburger propone una IPA del marchio Craftwerk a un prezzo quattro volte superiore a quello della sua Pils base, è chiaro che difficilmente quel prodotto potrà essere percepito come una birra da tutti i giorni.”
    E’ una situazione che vivo anche in Italia, il costo è sempre messo davanti. Problemi di cultura, di conoscenza, di speculazione? Forse tutti e tre, ma spesso sento quando propongo birre artigianali agli amici “si ma è cara…”, ancora prima di valutarne differenze e qualità.

    • io di solito trovo utile il paragone con il vino tra un vino buono e uno “in brick” a poco più di un euro al litro.
      la risposta è “bè ma il vino in brick non lo prendo neanche in considerazione” al che io rispondo che è la stessa cosa per la birra e il problema è che con il vino per cultura si è più in grado di apprezzare la differenza, per la birra bisogna studiare un po’ ma poi le soddisfazioni sono immense

  2. Ti quoto ‘spesso sono gli stessi produttori di Germania a negare le proprie tradizioni, concentrandosi sulle solite tre o quattro produzioni: una Helles, una Dunkel e una Weizen’

    Io viaggio spesso in Baviera per diversi motivi, e quindi spesso cerco qualcosa di speciale da bere, ma la generale impressione è che il tedesco medio spesso non voglia conoscere nulla di più che lo stile ultraclassico Dunkel, Helles o Weizen.. Certo, la mia esperienza è piccola e limitata alla zona dei paesini attorno a Norimberga, ma spesso mi è capitato di passare nottate in compagnia di amici tedeschi con una cassa di birra da dividere, e il massimo che mi hanno proposto è una cassa di Pils poco degna di nota (ho promesso di portare alla prossima visita un cartone di Tipopils per vendicarmi!).

    Quindi generalmente credo che si possa dire che in media il tedesco consuma 2/3 tipologie di prodotti, senza avere lo stimolo di conoscere altro, se non qualche Rauch di Bamberga, che poi, al di fuori della città stessa, ho notato essere considerato un prodotto per turisti più che altro..

    Ad ogni modo ripeto, la mia è una minuscola percezione.. certo molti altri che conoscono meglio il territorio potranno smentirmi.

    • Anch’io sono stato spesso in Germania e ho avuto la tua stessa impressione:
      le tipologia di birra proposte sono sempre le stesse, la loro mentalità probabilmente si é fossilizzata e non sono propensi a nuove sperimentazioni.
      Se passate dalla baviera vi consiglio di provare il birrificio Maxlrainer che si trova nei pressi di Rosenheim, la città dell’Herbstfest!!! 🙂

      http://www.maxlrain.de/it

      • Di base il bevitore di birra tedesco sperimenta poco: specie nelle città con poco respiro internazionale l’autoctono ama la birra prodotta nella sua città quasi come elemento caratterizzante della propria identità (a Essen si beve la Stauder, a Fussen la Kaltenberg ecc) e si accontenta di stili classici (Hell, Dunkel, Pils e Weisse). La varietà, di base, consiste nella produzione stagionale del periodo (Bock, Marzen ecc.) come già rilevato in altri commenti. Eppure piccoli segnali di cambiamento ci sono, pure a Monaco. A fronte di crisi di birrifici “tradizionali” che hanno chiuso (ad esempio Unions Brau, vicino al Maximilianeum, che era senz’altro preferibile ai giganti spenna-turisti in centro tipo l’Hofbrauhaus o l’Hacker-Pschorr Am dom) sorgono posti come la Tap-House di Rosenheimer Strasse, dove in aggiunta alle produzioni tedesche si trovano pure realtà come il nostro Birrificio del Ducato o la Mort-Subite. Certo non stiamo parlando di prodotti “rivoluzionari” per un bevitore italiano ma per un mercato come quello di Monaco credo sia già un passo avanti.

        • A Monaco segnalo anche l’ottima Forschungsbrauerei e la loro Pilsissimus, così tanto per far capire a chi dice che le birre tedesche sono monotone come si possono fare delle ottime pils dal sapore non standardizzato (e di loro consiglio pure la Jacobi bock).

  3. Posso inserirmi nella discussione? Vivo in Germania (a Berlino) ed ho viaggiato abbastanza in lungo e in largo la Bundesrepublik per poter dare un parere “di primo pelo”. E’ vero che il consumo qui è sempre minore, a favore di vino e cocktail. Questo perché? Perché la birra è una bevanda tradizionale, da vecchi, come può esserlo da noi il vino. Perché in Italia c’è un’esplosione nel consumo di birra? perché è qualcosa “cool”, perché c’è “hype”, perché fa figo bersi una birra artigianale. Tutti fattori che qui mancano.

    E’ vero che la gente tende a preferire gli stili tradizionali ai nuovi, e io anche mi comporto così. Del resto, se in un beershop trovo la Ungespundetes di Wagner o la U di Mahr’s a 1,60€ per mezzo litro, perché dovrei spenderne 2,50 per una IPA di Camba Bavaria da 33cl?

    Poi, un altro problema fondamentale è l’assenza di distributori sul territorio e le scarse quantità prodotte dai birrifici. Molti birrifici vendono le loro birre solo nel raggio di 50km, perché non possono permettersi altro vista la scarsa disponibilità produttiva. Ed è (ad esempio) per quello che al di fuori di Düsseldorf e Köln si trovano solo Frankenheimer Alt, Früh e Dom Kölsch. Stessa cosa per le Rauchbier. Schlenkerla ha una produzione vasta e una rete distributiva che ti permette di comprare le loro birre online anche se vivi negli USA. A Berlino trovare una Spezial, una Göller, una Hummel non è raro, deppiù 😀 Poi mettiamoci il campanilismo regionale, cosa che noi italiani conosciamo benissimo (ognuno di noi dirà che i prodotti della sua regione di provenienza sono i migliori in assoluto e che nel resto d’Italia la gente non sa magnà) ed ecco fatto.

    Esempio pratico: ieri sera sono uscito con una tedesca e l’ho portata in un birrificio. Io mi sono scolato un litro e mezzo di pils e dunkel non filtrata, lei un bicchiere di prosecco e uno di apfelschörle (succo di mela mischiato ad acqua minerale).

    E per concludere, basta con il dire che le birre tedesche sono monotone, che si fanno solo pils e dunkel e weiss, perché non è vero. C’è un modo diverso di intendere la birra. Quelli sono i prodotti base di quasi ogni birrificio, poi più o meno tutti con cadenza mensile producono una birra del periodo, che so… Dunklerbock per Natale, schwarz ad aprile, maibock a maggio, sommerhelles a giugno, märzen ad ottobre e così via.

    Se a questo aggiungiamo la svolta “salutista/vegana/ecologista” di molti tedeschi, ecco spiegato perchè la birra diventa una bevanda da evitare. Almeno tra i giovani.

    Ad ogni modo, calo o no, preferisco mille volte vivere qui e godermi la “monotonia” delle birre tedesche invece che stare in Italia e cercare birre che non siano “secchiate di luppolo a buffo”

    • Straquoto, ma temo che i nerds della birra, non la capiranno. Classico dell’appassionato italiano è, entrando in una birreria, cosa hai di nuovo? Classico del mitteleuropa è entrare in una birreria ed avere già l’acquolina in bocca per la propria amata. Sono modi diversi d’intendere la birra, solo che l’Italia è un paese molto meno birrario, rispetto alla Germania o limitrofi.

      Verissima la cosa che dici, la birreria in Germania è vista come le vecchie osterie da noi, mentre qui è un posto fico.

      • E non sanno cosa si perdono ‘sti tedeschi non andando a bere nelle Gasthaus, nelle Gaststätte o nei Biergarten. La scorsa estate sono andato con dei miei amici da Witzgall, in Franconia. Età media degli astanti: 75 anni, di cui due su una sedia a rotelle e senza le gambe. Vedono arrivare sti quattro giovani del Sudeuropa e ci guardano tutti stupiti come a dire “e sti alieni da dove arrivano?”. Ordinare keller e vollbier, con i vecchi che brindano con te togliendosi il cappello in segno di saluto e spendendo tipo 4 euro al litro, è un’esperienza che va fatta. Così come farsi la campagna nei dintorni di Bamberga a piedi solo per arrivare da Hoh e bersi la sua keller (unica birra in produzione) a 1,20€ per mezzo litro tra vecchi del posto.

        Sì, del resto sono come le nostre osterie, ma quanto è bello andare lì per farsi una birretta o due?

    • Analisi perfetta che condivido in pieno, no poteva esserci riflessione migliore a un interessante articolo, al di là delle soggettività gustative. Ti quoto!

    • Penso sempre che mettere in mezzo la questione IPA vs tradizione in germania non ha poi tanto senso e non c’entra nemmeno con il problema.
      Se ma in germania scoppierà la moda delle birre riguarderà sempre una minima parte e un settore specifico degli sterminati consumi di birra in generale.

      Semplicemente uno dei mercati che più ha spremuto nei secoli il settore, può avere in dati momenti cali fisiologici.

      Sicuramente le mode giovanili in Germania stanno avendo un grosso peso sui gusti dei ragazzi. Birra in calo e bevande alla caffeina in salita per dire.

      • Dici che non ha senso? Vallo a dire sui forum tedeschi dove pare che se non ti Bevi le IPA non hai mai bevuto una birra in vita tua. Quasi ogni giorno esce fuori il discorso “Reinheitsgebot VS Craftbeer”, come se le due cose debbano per forza escludersi. Di sicuro non c’entra con il problema, ma è una componente su cui bisogna porre estrema attenzione. I tedeschi sono talmente abituati ai microbirrifici che per loro “craft” è solo quello che copia USA e Belgio.

        “Se ma in germania scoppierà la moda delle birre riguarderà sempre una minima parte e un settore specifico degli sterminati consumi di birra in generale.” Stessa situazione che in Italia. Non so le cifre, ma dubito che il più grande dei micro riesca a vendere più di Peroni o Moretti. O sbaglio?

  4. Questo cambiamento sullo stile di consumo dei tedeschi è sensibile anche sui dati dell’export. La Germania è storicamente uno dei primi importatori di vino italiano, segnando nel 2012-2013, per la prima volta, una flessione. Così come noi abbiamo ormai imboccato a grandi passi la strada della produzione brassicola, che i crucchi non abbiano tracciato la strada per quella vitivinicola, e in particolar modo quella biologica?

  5. articolo interessante. io è da qualche tempo che vorrei farmi un cultura birraria anche per quanto riguarda la germania ma trovo poco e mi rendo conto di non conoscere praticamente nessun birrificio artigianale crucco. mentre per gli altri paesi brassicoli tutti conoscono almeno quei marchi diciamo più in voga.
    la sensazione è che ci sia anche un problema di immagine e marketing e il voler rimanere dentro i confini della propria patria. io sono un amante del luppolo ma un appassionato vuole cmq cercare e assaggiare di tutto. quindi non penso che si veda la pils come una birra monotona, anzi c’è grande interesse anche qui per questi stili. dopo tutto una delle più famose birre italiane è la tipopils.

    adesso è da un po che nn vado in germania, spesso sono stato a monaco ma allora ero ancora un ignorante…….

    approfitto x chiedervi di segnalare alcuni birrifici crucchi. grazie

    • La Pils non è neanche tedesca di nascita… leggi i miei articoli su Bamberga e organizza quanto prima un viaggio in zona!

      • giusta precisazione…..intendevo indicare uno stile della zona continentale europea. sono in ufficio e ho scritto velocemente senza pensare troppo.
        cerco l’articolo sicuramente. bisognerebbe fare un tour includendo colonia e dusseldorf

  6. Nella mia limitata esperienza della città di Tuebingen, riportata in un articolo del blog, l’idea che mi sono fatto è di una modalità di consumo appiattita, come dici tu, su due o tre stili. Credo le tipologie meno diffuse siano appannaggio di pochi, coloro i quali hanno la fortuna di conoscere le realtà ove trovarle o la fortuna di averle vicine. Per il resto, essendo un Paese famoso per il consumo costante e quotidiano di birra, immagino la componente economica incida non poco. Insomma, mia impressione, si preferisce la quantità (a basso costo) piuttosto che la qualità

  7. Una birra fredda da 1/2 litro comincia a costare 6 euro in pizzeria. CHI DIAVOLO SE LA PUO PERMETTERE. TI CREDO POI CHE DILAGANO LE BIRRE INDUSTRIALI CHE NON SONO ALTRO CHE UN INTRUGLIO CHIMICO PER MAIALI CLASSICO FOOD ANGLOFONO. UNA AL MESE, MA SOLO RIGOROSAMENTE BIRRE TEDESCHE.

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