Quello tra birra e frutta è un rapporto non sempre facile. Probabilmente il primo esempio nel quale ci si imbatte nella propria carriere di bevitore è l’odiosa fettina di limone incastrata ad arte in un bicchiere di Weizen, secondo un’abitudine che forse si sta finalmente perdendo. Ma sfortunatamente esistono consuetudini ben più gravi, come l’impiego di censurabili sciroppi usati per addolcire i Lambic o la realizzazione di birre industriali “aromatizzate” alla frutta secondo gusti quantomeno discutibili – la banana vi dice niente? Per fortuna il movimento craft ha rivalutato questo incontro, spesso valorizzandolo in maniera stupefacente. In particolare esistono birre alla frutta perfette per la stagione calda, che si rivelano delle straordinarie “ammazza sete”. È su queste che voglio concentrarmi nel post di oggi.
Il rapporto contraddittorio tra birra e frutta non risiede solo nell’uso che si fa di quest’ultima, ma anche nelle difficoltà che nascono dalla loro commistione. La frutta può essere impiegata in varie maniere durante l’iter produttivo, ma il modo migliore per esaltare al massimo gli aromi e i profumi è aggiungerla fresca senza particolari trattamenti. E qui cominciano i dolori, perché se è vero che in questo modo vengono preservate tutte le qualità del frutto, di contro ci si scontra con la microflora naturalmente presente sulla superficie della buccia.
Come suggerisce anche questo articolo di Craftbeer.com, la soluzione può essere il ripiego su puree che, essendo sottoposte a trattamenti termici – leggi pastorizzazione – evitano gran parte dei suddetti problemi. Ma chiaramente si tratta di una soluzione poco “naturale” e che ricorre a un escamotage tecnologico estraneo alla birra artigianale. L’utilizzo di frutta fresca, invece, può rivelarsi particolarmente interessante in birre ideate per presentare un certo grado di acidità, soprattutto quando il gusto stesso del frutto vira su note del genere. Il risultato in questi casi può essere una birra fresca, profumatissima, complessa ma anche straordinariamente rinfrescante. Gli esempi non mancano e, considerando le difficoltà legate alla gestione di batteri e lieviti non ortodossi, possono essere considerati piccole perle brassicole.
In questo senso il sito Microbirrifici.org può darci qualche indicazione preziosa. Spulciando la classifica delle Fruit beer e considerando le produzioni con un numero sufficiente di voti, ci si imbatte in nomi molto interessanti. Alcuni però devono essere scartati perché stiamo parlando di birre dissetanti e rinfrescanti: ad esempio non possiamo prendere in considerazione la Draco di Montegioco, prodotta aggiungendo mirtilli a una base di Demon Hunter (per la bellezza di 11% alc.).
Invece rientra perfettamente in questa panoramica la Quarta Runa dello stesso Montegioco, realizzata con pesche di Volpedo. Credo che tutti siano concordi nel considerarla una delle opere d’arte del birraio Riccardo Franzosi, grazie alla sua incredibile capacità di rimanere in equilibrio tra due mondi, quello appartenente alla sfera brassicola e quello appartenente all’universo della frutta. Al palato è diversa da qualsiasi altra produzione analoga: intensa ma elegante, dolce ma mai stucchevole, acidula quanto basta. Soprattutto è di una bevibilità disarmante.
Continuando a spulciare la classifica di Microbirrifici.org si incrocia la Cassissona del Birrificio Italiano, meno “rurale” e più sofisticata della precedente ma soprattutto una della storiche birre alla frutta del movimento italiano. Prodotta con bacche di ribes nero, ha un carattere “spumantino” piuttosto marcato, ottenuto anche grazie a un imbottigliamento prematuro che avviene prima della fine della fermentazione. Dopo una maturazione di sei mesi è finalmente pronta per ammaliare il bevitore con il suo profilo aromatico complesso e che evolve rapidamente durante la bevuta.
E ancora, se parliamo di birre alla frutta rinfrescanti, non si può non citare la Rubus di Birra del Borgo, che prima di tutto colpisce per il suo colore rosso brillante. Ma è all’olfatto e poi al gusto che ammalia: l’esuberanza dei lamponi è incontenibile (ne vengono impiegati 100 g/l) e regalano nel finale un’acidità netta ma ben controllata, che invita immediatamente a un altro sorso. Il segreto di questa birra è probabilmente anche nell’uso della Duchessa come base, la Saison di Birra del Borgo realizzata con farro locale.
Un altro riferimento prezioso può essere il concorso Birra dell’Anno di Unionbirrai. All’ultima edizione dello scorso marzo la categoria Birre alla frutta ha riservato un podio di sole sorprese: nell’ordine sono state premiate la Pink di MOA (con lamponi), l’Orceana de La Fenice (non sono riuscito a risalire alla frutta utilizzata) e la Morosa di Via Priula (con more). Da notare che la stessa Pink trionfò anche nel 2015, precedendo la già citata Rubus di Birra del Borgo e la Bloody Mario di Retorto, realizzata con ciliege locali.
Fuori dalle classifiche e dai concorsi esistono altre birre alla frutta italiane perfette per la stagione calda. Una delle prime che mi viene in mente è la Figu Morisca del Birrificio di Cagliari, con il quale il produttore isolano ha ottenuto fama fuori dai confini locali. La base è quella di una Blanche (Poetto) e il frutto utilizzato è il fico d’india, non certo usuale nelle ricette brassicole. Lo stesso si può affermare per il cocco, che il birrificio laziale Eastside ha usato tostato per la sua Sixheaven, una “American Coconut Ipa”. E anche le pere non si incontrano facilmente nel mondo della birra, ma in Italia abbiamo nella Martina di Pausa Cafè un esempio molto interessante. Per non parlare del kiwi (IGP di Latina), usato dal Birrificio Pontino per la loro 41° Parallelo.
Come si può vedere l’universo in questione è assolutamente ampio e variegato e ho volutamente ignorato quegli stili che prevedono di loro un’aggiunta di frutta (Blanche, IGA, ecc.). La panoramica in questione è solo la punta dell’iceberg, anche perché i birrai italiani sono tra i migliori al mondo nell’uso di frutta – sono anni ad esempio che Kuaska rivendica questa nostra virtù. E come qualsiasi altro micro-mondo, anche quello delle birre alla frutta vive di mode e di tendenze passeggere. Le prossime? Saranno probabilmente rappresentate dalle Ipa aromatizzate con agrumi e dalla fusione tra tipologie di frutta e birre solo apparentemente discordanti (come ad esempio le Stout ai lamponi). E intanto c’è chi come il Drunken Duck organizza festival a tema.
Che ne pensate delle birre alla frutta per i mesi caldi? Ce n’è qualcuna che amate particolarmente e che ho tralasciato nella mia carrellata?
Ma cosa mi dici della Purple Rain?
Che è ottima e in questa carrellata ci sta benissimo!