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Nuove campagne anti-alcool… e non servono a niente

pinta_etichetta-12Di tanto in tanto mi vedo costretto ad aggiornarvi sulle nuove disposizioni provenienti dal sentimento neoproibizionista tanto in voga di questi tempi. Spesso si tratta di provvedimenti al limite della ragionevolezza (e talvolta anche oltre), che puntano a demonizzare le bevande alcoliche senza alcuna distinzione, buttando nello stesso calderone vino, birra, superalcolici, alcolpops e quant’altro. Tali interventi riguardano soprattutto i paesi di stampo anglosassone, ma, come abbiamo visto in passato, non disdegnano anche il nostro paese.

Le disposizioni che vengono architettate dagli espertoni del settore nascono spesso da visioni isteriche e incompetenti, che generano meri divieti di fronte all’incapacità di portare avanti un giusto discorso culturale. La distanza tra la realtà immaginata dai provveidmenti e quella di tutti i giorni è così ampia che talvolta le nuove delibere rasentano il ridicolo, affossando anche quelle poche idee interessanti che talvolta si stagliano nella mediocrità generale.

Come non citare allora le ultime notizie in merito. Come si può leggere su Libero, in Inghilterra è allo studio una legge (non so se sia già entrata in vigore, magari qualcuno può aiutarmi) che imporrebbe ai produttori di bevande alcoliche di inserire sulle bottiglie delle etichette di avvertimento sui danni legati al consumo di alcool. Le bottiglie di vino, birra e alcolici in genere sarebbero così del tutto paragonabili ai pacchetti di sigarette, naturalmente con le dovute differenze.

Le etichette in questione dovranno indicare i limiti di consumo quotidiano per uomini e donne, quanti decilitri di alcool sono contenuti nella bottiglia e la relativa percentuale. Inoltre, dovranno riportare informazioni generali sui problemi legati all’abuso di alcool. Si tratta di un provvedimento che a prima vista potrebbe apparire sensato, ma che nella pratica tende a demonizzare qualsiasi bevanda alcolica, con ripercussioni devastanti sul relativo background culturale. Inoltre, vengono menzionati solo i danni collegati all’abuso, ma non i vantaggi di un consumo consapevole, dimostrando l’aberrazione e la faziosità di un simile disegno di legge.

Paradossi che diventano anche più evidenti se ci spostiamo negli Stati Uniti, e più precisamente in California, dove il nuovo obiettivo della moda neoproibizionista è ora rappresentato dalle bevande con caffeina. Come riportato da Charlie Papazian, la US Food and Drug Administration (FDA) è decisa a puntare il dito sui produttori di bevande alcoliche che aggiungono caffeina nei loro prodotti. Il bersaglio probabilmente sono gli alcolpops che utilizzano questo ingrediente come stimolante (purtroppo anche in Italia ci sono diversi esempi), ma evidentemente il provvedimento spara nel mucchio.

La FDA vorrebbe infatti imporre a ogni produttore di fornire dati e prove che l’uso di caffeina nelle proprie bevande sia sicuro per la salute dei consumatori. Inutile sottolineare che un simile provvedimento andrebbe anche a detrimento di quei birrifici che producono Coffee Porter o Coffee Stout, tipologie di birra abbastanze diffuse un po’ ovunque.

La battaglia neoprobizionista riguarda anche l’Unione Europea. Come segnalato dal sito Beverage Daily, infatti, i ministri dell’Unione stanno studiando un piano contro l’abuso di alcool, che ancora una volta punta a vietare invece di educare.  I nuovi provvedimenti riguarderebbero un aumento dei prezzi per la produzione di bevande alcoliche e dei limiti più ferrei alla pubblicità di questi prodotti.

L’associazione Brewers of Europe si è scagliata senza mezzi termini contro queste novità all’orizzonte, evidenziando che gli interventi previsti non sono una risposta a un consumo irresponsabile.

Ecco le parole di Rodolphe de Looz-Coswarem, segretario generale dell’associazione:

L’obiettivo dovrebbe essere di ridurre l’abuso di alcool, non di provare semplicemente a ridurre il consumo pro-capite nell’intera popolazione. […] Ciò che l’esperienza ci insegna […] è che le iniziative locali ben mirate – organizzate in collaborazione con i gestori – funzionano sempre.

Insomma, le novità purtroppo non mancano mai. La notizia però è che queste campagne anti-alcool spesso non funzionano assolutamente, anzi portano persino ad effetti opposti. E’ la conclusione di uno studio universitario condotto in America e citato da Intravino (un ringraziamento a Walter per la segnalazione), secondo il quale le campagne ad effetto che puntano a sfruttare il senso di colpa e la vergogna sono destinate a fallire.

Il messaggio in tali circostanze è così forte che i consumatori finiscono per prenderne le distanze, persuadendosi che si tratta di situazioni limite, distanti dalla realtà. Si convincono insomma che le vicende e i fatti proposti capitano solo in casi eccezionali: non solo non si avverte il problema, ma addirittura si tende ad avallare il proprio comportamento. Inoltre è sempre presente il fascino del vietato, che spingerebbe a infrangere le regole di fronte a campagne pesamente limitative.

Nonostante tali conclusioni, c’è da scommettere che a breve saremo invasi da nuove, mirabolanti disposizioni neoproibizioniste.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. fino a che si tratta di inserire degli alert sulle bottiglie o di limitare la pubblicità non ci vedo nulla di male. Anzi. Magari spendendo meno in relcame televisiva qualche multinazionale potrebbe pensare che migliorare la qualità dei propri prodotti sia il mezzo migliore per guadagnare clienti.

  2. @prinz
    Sì è la stessa cosa che ho pensato io inizialmente, ma c’è una cosa che non quadra. Queste etichette dovrebbero riportare i danni collegati all’abuso dell’alcool, ma non hanno niente a che fare con un consumo normale e consapevole di una bottiglia di vino o birra. E’ come se i produttori di coltelli da cucina fossero costretti a inserire su ogni coltello informazioni sui danni che può provocare se viene spinto con forza contro un corpo umano.
    Perché bisogna piegarsi a questo sentimento bigotto e puritano? Perché bisogna demonizzare il vino o la birra in questo modo? Lo vedo come un provvedimento umiliante e dannoso.

  3. Le info che trovo specie sulle bottiglie inglesi (UK units della bottiglia, Uk units max consigliate dagli enti sanitari per l’uomo e per la donna, warning per le donne incinte e per chi ha problemi di salute) le trovo un’idea interessante per avvertire il consumatore se sta per superare una determinata quantità “consigliata” di alcool nel bere birra. il problema è chi determina queste quantita consigliate e che valore esse hanno…

  4. a me la storia dei limiti non è mai piaciuta in generale! Anche perchè la gente pensa al limite come ad un traguardo e quindi se ad oggi il consumatore medio beve una birra appena vede che, chessò, tre birre sono il limite ne beve tre!!! Come in autostrada…il limite è 130km/h ma non ci obbliga nessuno…eppure per quasi tutti è la velocità minima da tenere!!!
    Ovvio, cancellare i limiti sarebbe sbagliato ma sarebbe buona cosa presentarli sotto ottiche differenti…tornando all’esempio dell’autostrada: se vai a 100km/h consumi tot in meno.
    Poi le tabelle statistiche sono fin troppo assurde…tra un pò assieme al listino a momenti devono portarti il laureato in medicina che ti fa i conti di cosa assumi!
    Gli interventi “drastici” devono essere più mirati, e non sparare a caso nel mucchio! dalle mie parti si dice “pezo el tacon del sbrego” tradotto: pezzo la pezza dello strappo…rende bene l’idea!!! 🙂

  5. pezzo….pardon…peggio!!!

  6. Qui siamo all’eterno dilemma del bilanciamento l’informazione/proibizione.
    La proposta del governo scozzese di mettere il prezzo minimo per limitare l’uso dell’alcool a basso costo sta trovando mille difficolta’, non ultima quella sulla concorrenza ma su cui, ad esempio, il CAMRA si e’ detto favorevole soprattutto perche’ gli alcool pops hanno penalizzato molto bevande qualitativamente migliori e la socialita’ del pub.
    In italia siamo passati dal lassismo piu’ totale al sert se ti prendono a guidare sopra i limiti e al proibizionismo del bicchiere in strada. A me sembra che si cerchi sempre di prendere la strada piu’ facile senza investire in cultura ed educazione, che non si comprano al bar e non ci stanno nell’etichetta.

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