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2019 l’anno della svolta? Le tante novità birrarie previste nei prossimi mesi

Sul finire del 2018 abbiamo lanciato il consueto gioco con cui proviamo a prevedere le tendenze birrarie del nuovo anno. Come sempre le previsioni non sono mancate, ma questa volta possiamo partire da alcune certezze: il 2019 si apre all’insegna di alcune importanti novità, che potrebbero offrire ulteriore slancio a un settore in continua ricerca di solidità. La scorsa settimana un articolo di Repubblica, a firma Alessandra Favaro, ha cercato di mettere ordine tre le piccole rivoluzioni che si verificheranno nei prossimi mesi, come la riduzione delle accise o la tutela dei consumatori. Naturalmente il pezzo non entra nel dettaglio dei vari provvedimenti, quindi per cominciare ufficialmente il nuovo anno ho pensato di riprendere l’articolo e addentrarmi nei risvolti delle novità, cercando di capire quale impatto avranno sul mercato della birra artigianale italiana.

Riduzione delle accise

Ormai dovreste saperlo: con il nuovo anno i birrifici artigianali italiani potranno godere di un consistente sconto sul pagamento delle accise. Come spiegato nelle scorse settimane, il provvedimento è figlio di una sintesi tra due emendamenti della maggioranza di governo alla Legge di Stabilità e consentirà a quasi tutti i piccoli birrifici indipendenti (quelli cioè riconosciuti come tali dalle definizione legislativa di birra artigianale) di risparmiare il 40% sulle imposte di produzione. Il risultato, senza precedenti per la storia del settore in Italia, rappresenta il punto di arrivo di un percorso intrapreso da anni da Unionbirrai insieme ad alcuni esponenti politici, in primis Chiara Gagnarli (M5S). Pur non allineandosi alla disciplina a scaglioni richiesta dall’Unione Europea, la novità riconosce le particolari esigenze dei piccoli produttori rispetto alle multinazionali del settore, riservando loro un (giusto) trattamento di favore. Purché non producano più di 10.000 hl annui (ma a superare questo limite sono al massimo una decina di aziende).

Molti consumatori si sono chiesti quali ripercussioni avrà il provvedimento sui prezzi della birra artigianale italiana, da sempre percepiti come molto alti. Ebbene, ancora una volta mi vedo costretto a raffreddare gli entusiasmi, perché difficilmente si verificheranno diminuzioni sostanziali. Tuttavia il risparmio di cui godranno i birrifici permetterà loro di assumere nuovo personale o di investire in sistemi più efficienti, come nuove linee di imbottigliamento o laboratori per il controllo della qualità. Di conseguenza possiamo auspicare un generale impulso per tutto il segmento craft e, a tendere, un innalzamento della qualità. Quindi migliorie anche per gli utenti finali, senza considerare che nel medio e lungo termine questi cambiamenti potrebbero effettivamente portare a una riduzione dei prezzi. I consumatori possono dunque rimanere ottimisti per il futuro del mercato, anche se non percepiranno immediati vantaggi.

L’unica nota stonata di una situazione del genere è che in passato i listini furono rivisti al rialzo quando le accise aumentarono di qualche decimo di euro. Cosa dovrebbe succedere adesso che sono state quasi dimezzate?

Accertamento in fase di confezionamento

In questi giorni si è parlato così tanto della riduzione delle accise, che un’altra importante novità prevista dalla Legge di Bilancio rischia di passare inosservata: lo spostamento dell’accertamento in fase di confezionamento. È un concetto chiave, che merita attenzione perché potrebbe portare ulteriori fondamentali vantaggi ai microbirrifici italiani. Attualmente la disciplina prevede che il pagamento dell’accisa venga calcolato a monte del processo produttivo, senza perciò tenere in considerazione gli sprechi (anche abbondanti) che possono subentrare nelle fasi successive. È un problema minimo per l’industria, che grazie a metodi altamente ottimizzati riduce al massimo la “dispersione” di birra, ma piuttosto pesante per le fabbriche di stampo artigianale. Anche in questo caso l’emendamento è intervenuto a correggere questa stortura, prevedendo per i birrifici indipendenti la possibilità di effettuare l’accertamento alla fine del processo, cioè nel momento del confezionamento (cioè quando la birra finisce in fusto, bottiglia o lattina).

Il comma in questione non prevede imposizioni: la scelta di adottare il nuovo meccanismo è a discrezione del singolo birrificio. Personalmente mi aspetto che tutti si attivino per adottare la nuova disciplina, anche se questo significa lottare con la burocrazia e modificare le proprie abitudini. Il rischio infatti è che la pigrizia o errati calcoli opportunistici privino alcune aziende brassicole della possibilità di godere di ulteriori vantaggi, con ripercussioni positive per tutto il comparto. A ogni modo per l’effettiva introduzione di questa novità, come la riduzione delle accise, occorrerà presumibilmente attendere inizio marzo: c’è tempo fino al 28 febbraio per la redazione del decreto ministeriale che ufficializzerà il cambio di regime.

Salvaguardia della birra artigianale

Oltre alla vittoria conquistata sul fronte accise, nelle scorse settimane Unionbirrai ha raggiunto un altro importante traguardo: l’accordo con ICQRF per la tutela dei consumatori e la qualità della filiera. Di cosa stiamo parlando? Dietro a quell’incomprensibile sigla si nasconde il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, uno dei maggiori organismi europei di controllo nell’agroalimentare. Come riportato dal sito del Ministero delle politiche agricole, lo scopo della collaborazione è la tutela della birra artigianale, così come definita dalla legge 154 del 2016.

Nello specifico sarà possibile segnalare all’ICQRF abusi dell’uso della denominazione: non è infatti raro imbattersi in birre definite “artigianali” sebbene prodotte da aziende non rientranti nello status di piccolo birrificio indipendente. Queste fattispecie si riscontrano in locali o manifestazione che utilizzano (in buona o cattiva fede) il termine artigianale per birre che non possono essere annoverate come tali, ma talvolta sono gli stessi birrifici – magari quelli acquistati in passato da una multinazionale – a mettere in atto questi comportamenti illeciti. Fino a oggi Unionbirrai si limitava a inviare diffide in casi del genere, ma è ovvio che con il coinvolgimento dell’ICQRF la tutela della definizione sarà molto più efficace. In ultima istanza, quindi, nel 2019 possiamo attenderci maggiore salvaguardia per i consumatori finali, soprattutto quelli meno smaliziati.

Formazione

L’articolo di Repubblica accenna anche alla professione del “sommelier della birra” come una delle nuove figure che si stanno formando nell’ambiente. Il richiamo è collegato a uno studio di Osservatorio Birra in collaborazione con la Fondazione Birra Moretti, che a sua volta sponsorizza il concorso organizzato da ASPI promuovendo un premio dedicato al sommelier (del vino) che si sia distinto per la “valorizzazione della birra a tavola”. Ora a noi tutto questo ovviamente non interessa, ma vale la pena approfondire il concetto della formazione nel settore, soprattutto per quanto riguarda i degustatori. In Italia al momento esistono diverse iniziative didattiche di cultura birraria, ma nessun corso realmente capace di formare sommelier riconosciuti. Per simili scopi è meglio rivolgersi a realtà estere e consolidate, come il Beer Judge Certification Program (BJCP) o Doemens.

Negli ultimi anni l’interesse nei confronti di queste iniziative è cresciuto costantemente, seppure in maniera compassata. MoBI – l’associazione nazionale dei consumatori della birra – da qualche tempo organizza l’esame BJCP in Italia e recentemente ha convertito il suo campionato italiano di homebrewing agli standard della suddetta organizzazione internazionale. A fine marzo, invece, si terrà la seconda edizione di Craft Beer Italy, conferenza e mostra B2B che gode della stretta collaborazione con Doemens e VLB Berlin. Il 2019 insomma potrebbe essere un anno birrario di stampo ampiamente formativo, con la speranza che iniziative analoghe si sviluppino anche in altre pieghe del settore, come quello produttivo e commerciale.

Insomma il 2019 parte con molte novità e non poche speranze per la birra artigianale italiana. L’auspicio è che sia un anno grandioso per tutto il settore.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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Un commento

  1. Il corso di Beer Sommelier presso l’Accademia Dieffe di Padova (riconosciuta da Regione Veneto) è il primo in Italia a rilasciare una qualifica professionale EQF3 riconosciuta in tutta l’UE. Ha durata di 600 ore con stage curriculare, e prevede la discussione di una tesi e un esame teorico e pratico finale. Tra i docenti Lorenzo Dabove, Simone Monetti, Nicola Coppe, Paolo Erne e tanti altri nomi del settore. La formazione prevede approfondimenti a 360 gradi sul settore brassicolo: economia e gestione, marketing e comunicazione, chimica e laboratorio, oltre che naturalmente sull’aspetto più propriamente della conoscenza, della produzione (in accademia è presente un birrificio didattico) e del servizio del prodotto. Non credo sia da sottovalutare.

    Ho visto il programma di Doemens e concentra tutta la didattica in due settimane, una in Germania e una in Italia. Lo vedo però rivolto a chi è già operante nel settore.

    L’esame BJCP la vedo più come una sfida personale, dal momento che si studia singolarmente, che come una preparazione a tutto tondo spendibile come titolo sul mercato del lavoro.

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