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I vantaggi nascosti del delivery per i birrifici artigianali italiani

Da quando è cominciata l’emergenza coronavirus una delle parole che si sentono ripetere più spesso è “delivery”. Oltre che nel settore della ristorazione, il termine è diventato estremamente diffuso nel segmento della birra artigianale. Non è difficile capire il motivo: dovendo restare chiusi, pub e locali hanno nelle consegne a domicilio l’unico strumento per ottenere un minimo di ossigeno. In pochi, tra i non addetti ai lavori, avrebbero però immaginato che una simile soluzione sarebbe stata adottata anche da quasi tutti i birrifici artigianali, trovatisi anche loro senza molte alternative a causa dei meccanismi distributivi consolidati nel mercato – in breve, i produttori sono legati quasi esclusivamente al canale horeca. Così negli scorsi giorni molti microbirrifici hanno annunciato con entusiasmo l’attivazione del proprio servizio di delivery, riscontrando in generale un buon interesse da parte del pubblico. Ciò ha diffuso l’idea tra gli appassionati che le consegne a domicilio possano rappresentare un’alternativa valida per queste aziende. Niente di più sbagliato: anche per loro questa modalità di vendita non è che un palliativo in un momento di estrema urgenza.

Secondo i dati di Unionbirrai, in media i birrifici artigianali italiani stanno coprendo con il delivery appena il 5% – 10% del fatturato normale. Una stima tra l’altro prodotta nella fase iniziale del lockdown, quando presumibilmente i consumatori erano più propensi ad acquistare un primo lotto dal proprio birrificio di fiducia. Le consegne a domicilio, non di rado effettuate dagli stessi soci del birrificio, rappresentano quindi una toppa momentanea in grado di generare un minimo di entrate in un periodo che altrimenti segnerebbe la totale inoperosità dell’azienda. Non è un’alternativa ai canali tradizionali, come qualcuno pensa. È un brodino caldo per rifocillare in minima parte un paziente che non può durare a lungo nelle condizioni attuali.

Sebbene non rappresentino una svolta in termini economici, i servizi di delivery stanno però mostrando alcuni vantaggi secondari che vale la pena non trascurare. Per questa ragione è importante che i birrifici continuino a fornirli anche quando la situazione sarà tornata normale, speriamo nel più breve tempo possibile. Di quali vantaggi parliamo? Vediamoli di seguito.

Rapporto diretto con il cliente finale

In questi giorni molti birrai italiani hanno citato una ripercussione positiva delle consegne a domicilio: la possibilità di conoscere di persona i loro consumatori. Guardare negli occhi i propri clienti può sembrare un dettaglio irrilevante nell’economia della situazione attuale, ma non è così. Non è un discorso di semplice contatto umano in un periodo in cui le interazioni impersonali sono ridotte al minimo. È invece un modo interessante di dare un volto al proprio bacino di consumatori, apprendendo qualcosa su coloro che si celano dietro i freddi numeri. Si tratta di una sfumatura diversa di quel rapporto diretto di cui si sente sempre più necessità nel nostro ambiente e che è diventato evidente con la recente apertura di tante tap room in Italia. Per i birrifici è sempre più importante rivolgersi direttamente ai propri bevitori, per fidelizzarli e trasmettere i valori e la filosofia dietro il lavoro in sala cotte. Il delivery è uno degli strumenti che permettono di raggiungere questi obiettivi. Per un’azienda a regime presenta costi sostenuti e ridotta marginalità, ma il ritorno in termini di marketing non è da sottovalutare.

Rafforzamento sul territorio

Legato al vantaggio precedente c’è il rafforzamento del marchio sul territorio. Per ovvi motivi gran parte dei birrifici sta garantendo consegne a domicilio solo nella propria area di competenza, ma quella che può sembrare una limitazione è invece un’opportunità da sfruttare per il futuro. In questo periodo chi vuole acquistare birra direttamente dai produttori deve spesso limitarsi a quelli operanti nelle vicinanze, così è costretto a scoprire birrifici che in altre condizioni magari avrebbe ignorato – oppure non avrebbe avuto modo di assaggiare perché esclusi dalle distribuzioni locali. Più in generale questa attività forzatamente locale di vendita e acquisto è in grado di rafforzare l’identità del birrificio sul territorio e di creare affinità (anche semplicemente geografica) con i propri consumatori. In altre parole la situazione attuale potrebbe sviluppare comunità locali di bevitori, che a ben vedere è uno degli obiettivi delle già citate tap room e dei locali a marchio, sviluppatisi ampiamente negli ultimi anni. Se è vero che la birra artigianale italiana sarà sempre più locale, il momento che stiamo vivendo non può che rafforzare questa visione.

Aggiornamento tecnologico

L’emergenza coronavirus ha costretto molti birrifici a creare da zero il proprio shop online in brevissimo tempo. Fino a un paio di mesi fa erano pochissimi i produttori italiani che disponevano di un ecommerce sul loro sito: un panorama desolante in un settore che ha sempre mostrato difficoltà con la comunicazione online. Ma le necessità del momento hanno stravolto questa situazione, obbligando molte aziende a correre ai ripari. La conseguenza è che oggi in molti casi è possibile acquistare le birre direttamente sul sito del produttore, che può dunque avvalersi di un’ulteriore canale di vendita oltre a quelli che utilizzava precedentemente. Poiché spesso è il canale a generare l’utenza e non il contrario, è facile immaginare che questa modalità non solo rimarrà popolare anche alla fine dell’emergenza sanitaria, ma sarà destinata a crescere ancora. Gli utenti si stanno abituando a comprare birra online e in generale gli acquisti digitali tenderanno a crescere in tutti i settori. Il coronavirus ha causato un rapido aggiornamento tecnologico tra i birrifici italiani e una nuova propensione all’acquisto online da parte dei consumatori.

Incremento del fatturato

C’è infine quel 5% – 10% di fatturato attuale che potrebbe non scomparire alla fine dell’emergenza sanitaria, bensì aggiungersi al normale bilancio dei birrifici. Si tratta infatti di un fatturato ottenuto con soluzioni completamente nuove rispetto al passato, che in teoria si sommano a quelle tradizionali. In realtà il destino di queste attività è tutto da verificare. Tornati alla normalità, i birrifici potrebbero tranquillamente dismettere il canale del delivery e ricominciare a concentrarsi sulle classiche modalità di vendita. Sarebbe però un errore, per tutti i vantaggi illustrati precedentemente. Se uniamo il fisiologico aumento dei futuri acquisti online e i benefici legati alla vendita diretta, non è escluso che i produttori potrebbero davvero ritrovarsi con un incremento nel fatturato nell’ordine di diversi punti percentuale. E questo darebbe un senso completamente diverso alla situazione che stiamo vivendo, purché finisca in tempi brevi.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. Io continuerò a chiamarla “consegna a domicilio”.

  2. Da consumatore piuttosto che il delivery locale preferirei una tap room per i produttori vicini e Ecommerce per quelli che non posso raggiungere.
    Chiaramente l’ecommerce richiede un investimento minore e permette di raggiungere una platea più ampia, con possibilità di attivare delle politiche di merketing mirate e tracciabili. Credo che in futuro l’incremento del fatturato di questo canale possa essere ben più importante del 5/10%

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