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Gli importanti effetti secondari delle lattine sulla birra artigianale italiana

Se ieri avete letto la nostra consueta panoramica sulle nuove birre italiane, probabilmente avrete notato che delle sei birre presentate nell’articolo ben quattro sono disponibili in lattina e non in bottiglia. Come saprete non è assolutamente un caso, bensì l’effetto di un cambiamento che in tempi recenti ha investito con forza il movimento nazionale della birra artigianale, sulla scia di quanto accaduto prima negli Stati Uniti e poi in Europa. Il fenomeno si è affermato con una velocità impressionante, tanto che negli ultimi mesi gli investimenti dei birrifici italiani si sono concentrati quasi esclusivamente sul confezionamento in lattina. Così nel giro di un paio di anni la prospettiva è cambiata radicalmente: dopo i primi pionieri italiani (Baladin, Lambrate, Mister B, Bibibir, St. Bernard, nonché gli ex-craft Birra del Borgo e Hibu) i contenitori in alluminio hanno letteralmente invaso il mercato, mostrando, oltre a qualche limite, tutti i relativi vantaggi in termini logistici, comunicativi e commerciali. La rivoluzione delle lattine è ormai in atto anche in Italia, con ripercussioni su tutti gli aspetti del mercato, anche quelli meno visibili o pronosticabili. Vediamone alcuni.

Grafica

Le lattine sono state – e sono tuttora – uno straordinario strumento di marketing per i birrifici. Alcuni produttori stranieri hanno raggiunto fama internazionale anche grazie alla grafica delle loro lattine, che garantiscono un impatto visivo neanche lontanamente paragonabile a quello delle bottiglie. Il vetro mantiene un certo fascino soprattutto per i prodotti più ricercati e particolari, ma per la stragrande maggioranza delle tipologie la lattina è un contenitore ideale: è smart, immediato, alla moda e soprattutto completamente rivestibile con la propria grafica. Questa possibilità ha spinto diversi birrifici italiani a sviluppare soluzioni visive ad hoc o a modificare le etichette preesistenti, affinché fossero valorizzate al massimo sui nuovi contenitori. Il risultato è che la qualità media delle grafiche delle birre italiane ha subito un’impennata non indifferente, sebbene siamo ancora lontani dalle eccellenze visive di altri paesi. Questa semplice necessità ha però convinto i produttori nostrani a investire in grafica e comunicazione, spesso affidandosi a professionisti ad hoc: le lattine hanno quindi imposto una maggiore attenzione a questo aspetto, che risulta fondamentale per il percepito di un settore nei confronti dei suoi consumatori reali e potenziali.

Formati

Forse in pochi avrebbero immaginato che l’avvento delle lattine in Italia avrebbe moltiplicato i formati disponibili per i consumatori, superando i limiti del passato. Salvo qualche eccezione, per anni infatti la birra artigianale italiana fu disponibile solo in bottiglie da 75 cl, rivelandosi poco appetibile in molte situazioni quotidiane. Poi finalmente diversi produttori cominciarono ad adottare il formato da 33 cl e non fu un caso che in quell’esatto momento alla birra artigianale si avvicinò una nuova fascia di pubblico, più giovane e improntata a un consumo informale. Questa “conquista” però non bastò a colmare tutte le lacune: in particolare le bottiglie da 33 cl si rivelarono perfette per alcuni stili, ma esigue per tipologie più facili da bere (Pils, Session IPA, Bitter, Kölsch, ecc.).

Quando le lattine hanno cominciato a diffondersi in Italia, alcuni produttori hanno cominciato a puntare su formati diversi e più capienti rispetto al 33 cl. Il primo in assoluto fu probabilmente Crak, che scelse il formato da 40 cl anche nell’ottica di una produzione improntata sulle birre luppolate di stampo moderno. Per sottolineare il valore di quella decisione, negli scorsi mesi l’azienda veneta ha lanciato una birra “celebrativa”, la Discovery Sei. Tuttavia Crak è oggi in buona compagnia, perché i formati da 40 cl o 44 cl sono diffusi almeno quanto le lattine da 33 cl. E c’è persino chi ha alzato l’asticella: Brewfist ha scommesso su lattine da 50 cl e ha persino coniato il tag #mezzolitro per sottolineare questa scelta. Un’operazione che ribadisce l’importanza della diffusione di formati alternativi al 33 cl (e al 75 cl) e che probabilmente non si sarebbe mai realizzata senza l’avvento delle lattine.

Comodità

Le lattine sono molto più comode delle bottiglie: non si rompono, possono accedere a luoghi o eventi dove il vetro non è ammesso, si raffreddano velocemente e si possono trasportare più facilmente. Sono un contenitore più smart, perché possono essere maneggiate con facilità e aperte senza ricorrere a cavatappi e apribottiglie. Probabilmente stanno avendo sui consumi di birra artigianale gli stessi effetti che ebbero le bottiglie da 33 cl: avvicinare ai prodotti dei microbirrifici un’altra ondata di giovani consumatori, a loro agio con contenitori “fighi” e immediati. Non possiamo parlare di ricambio generazionale perché non è passato abbastanza tempo, tuttavia le lattine hanno indubbiamente portato una ventata di freschezza in un ambiente che cominciava a patire la fine della sua epoca d’oro – quella cioè in cui la birra artigianale era la moda del momento, a tutti i livelli. Questi vantaggi insiti nelle lattine possono avere ripercussioni straordinariamente positive sul settore, perché rendono la birra artigianale ancora più immediata e “easy”, scrollandole di dosso quell’aura da “roba complicata” che spesso tiene lontani i neofiti e i curiosi.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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13 Commenti

  1. Quello che non hanno portato è un abbassamento dei prezzi, almeno per quelle più “facili”

  2. Le lattine però hanno un problema.. oltre a raffreddarsi velocemente si scaldano velocemente.. ergo qualche problema nella distribuzione sorge… quindi si torna ad un punto centrale.. quale distribuzione cercare?

    • Sì certo sono più sensibili ai cambi di temperatura rispetto al vetro. Ma è una differenza di alcuni minuti che incide sulle abitudini quotidiane, per quello che intendi tu non vedo particolari variazioni. Nel senso che se la distribuzione è fatta male, cambia poco che la birra sia in vetro o in lattina.

      • E il discorso igiene? con l’apertura della lattina che non si strappa piu’ ma che che si piega all’interno con tutto lo sporco accumulato? Sono poche le ditte che prevedono un coperchietto igienico.

    • Noto con piacere che anche qualcuno qui sopra tenta di focalizzare l’attenzione sul prezzo delle birre artigianali. Della diminuzione delle accise del luglio 2019, ad esempio, quanto è andato a favore del consumatore finale? Zero. A mio modesto parere, tutta la filiera vuole sfruttare fino all’osso il mercato. Spero che prima o poi (non succederà…) gli appassionati si rendano conto di quanto stanno pagando, allora si ci sarà da ridere. Intanto io la birra me la faccio. Prosit

  3. L’articolo fa la sintesi su alcuni aspetti, certamente interessanti, in cui si parla del “contenitore”, ma nulla sul “contenuto” che poi beviamo, e che é ció che poi piú di tutto ci dovrebbe interessare.

    La mia curiosità é se qualcuno stia riuscendo a valutare, ed analizzare con serietà, se e come le lattine cambino il processo di “maturazione” della birra, sia a breve termine (semplice rifermentazione e stabilizzazione pre-vendita), sia sulle birre pensate per essere in cantina anche per periodi medio-lunghe, come alcune imperial stout.
    E se ci sono altri aspetti che potenzialmente (o effettivamente) incidano sulle proprietà organolettiche e chimiche del contenuto delle lattine, sulla “qualità” della birra.

    Crak ad esempio, insieme all’introduzione delle lattine, ha anche introdotto una rigorosa catena del freddo (~5°C) anche nei mesi invernali, seguita poi da altri birrifici, per valorizzare ancora di piú le loro luppolature generose, che li hanno portati ad avere un buon successo; senza parlare poi delle loro NEIPA con scadenza brevissima già in etichetta (da bere “preferibilmente entro” un mese, in alcuni casi).
    Viceversa ci sono lattine, ad es. quelle che arrivano dagli USA che un po’ circolano, che trascorrono tantissimi mesi a varie temperature e condizioni di stoccaggio.

    In ultimo, c’é un saldo/un confronro tra la sostenibilità dell’alluminio rispetto al vetro ?
    Alcuni dicono che riducendo peso degli imballaggi e rotture accidentali, l’impatto ambientale ed economico é positivo, altri fanno notare che produrre da zero l’alluminio é dispensioso di risorse, senza contare poi le varianti del riuso (vuoro a rendere) e del riciclo, e dell’eventuale differenza di impatto idrico tra le due tipologie di filiera. Sarebbe interessante, anche da consumatori, per dirigere le proprie scelte, quando possibile.

  4. Al pari delle multinazionali gli artigianali ormai puntano al contenitore, al packaging, seguendo la moda del momento. Che tristezza. Naturalmente i blog specializzati, gli fanno gioco, evidenziando unicamente i fattori positivi. Le lattine consentono un risparmio per i produttori, che come sempre non si traduce mai in un risparmio per i consumatori. Interessanti le osservazioni di Pietro Viti, che naturalmente non avranno risposte.

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