Cimec

Fermate questa cavolo di birra artigianale!

Anche questa è Piazza Navona

Che la birra artigianale in Italia sia un fenomeno emergente è ormai risaputo anche dal cane della mia portiera. E come tutti i fenomeni emergenti, anche quello della birra artigianale mostra di tanto in tanto evoluzioni “particolari”, situazioni che potremmo definire “aberrazioni” o “degenerazioni” rispetto alle quali l’appassionato di turno (soprattutto se con qualche anno di carriera sulle spalle) non può che rimanere esterrefatto. Come porsi nei confronti di queste deviazioni dall’ortodossia di un fenomeno? E’ giusto restare indifferenti – o magari sorridere al loro cospetto – in quanto inevitabili in un settore in ascesa, oppure è giusto sottolinearne i pericoli, perché contrari all’approccio tradizionale? Recentemente di cose strane ne ho viste parecchie…

Certo, vivendo a Roma ho una visione privilegiata, perché – come già accennato in passato – a mio parere la Capitale è una sorta di laboratorio che anticipa possibili evoluzioni future. Prendete il fenomeno AiPiEi, che ha ormai fatto letteratura: centinaia di nuove leve tra i consumatori di birra artigianale interessati solo ad assaggiare l’ultima interpretazione di questo stile anglosassone. Un acronimo, tre lettere, che per molti giovani bevitori a volte indica un marchio di birra, altre volte coincide con il concetto di “birra artigianale” tout court, altre volte ancora è il segnale per la rincorsa alla birra più amara della serata. Con buona pace di stili classici internazionali, come le Saison, che sono snobbati o – peggio ancora – neanche conosciuti.

Un’aberrazione che nasce dalla rapida diffusione che sta avendo la birra artigianale a Roma (e in Italia). Così rapida che publican, esperti ed “evangelizzatori” non riescono a starle dietro con la loro attività di comunicazione. Anche perché i prodotti dei microbirrifici non sono più disponibili solo nei luoghi tradizionalmente associati alla birra: ormai si trovano tranquillamente in ristoranti, lounge bar, chioschi e attività di natura assai eterogenea.

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere ciò che non avrei mai creduto. Ero in piena Piazza Navona, nel cuore di una delle attrazioni più turistiche di una delle città più turistiche del mondo. Ebbene tra i tavolini all’aperto di uno dei ristoranti lì presenti – classico posto turistico, potete facilmente immaginarlo – era affisso un grazioso cartello che orgogliosamente recitava: “We serve real Italian craf beer. Try it now…”. Non ho avuto il coraggio di avvicinarmi ai camerieri e chiedere che birre avessero, faccio mea culpa. Ma il senso del discorso è un altro e penso sia chiaramente comprensibile.

Per chi è appassionato da vecchia data è naturale inorridire di fronte a certe scoperte. Magari a livello inconscio c’è anche la propensione verso un atteggiamento un po’ snob, non lo nego. Personalmente sono sempre stato convinto che la diffusione della birra artigianale alla fine fosse un bene, perché ogni luogo in più dove trovarla rappresenta un’occasione per conoscere i prodotti dei microbirrifici. Però di fronte a certe degenerazioni mi rimane difficile mantenere la stessa serenità 🙂 .

Non so, la mia passione è cresciuta in un periodo diverso, dove anche in una città come Roma i locali in cui rifugiarsi per bere bene si contavano sulla punta delle dita. Al tempo ogni bicchiere di birra che ti serviva il publican veniva accolto come se fosse un miracolo della natura; spesso e volentieri era accompagnato da una spiegazione oppure capitava di scambiare qualche opinione al riguardo, ampliando le proprie conoscenze. Oggi dove ti giri c’è birra artigianale, spesso compio interi itinerari a piedi con almeno un negozio che vende birra di qualità ogni 100 metri.

Sto diventando un vecchio rompicoglioni 😛 ? Oppure certe degenerazioni sono reali e discretamente pericolose? Curioso di conoscere la vostra opinione…

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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93 Commenti

  1. Beh, la corsa alla Ipa più amara in effetti è un po’ un vezzo, ma i gusti più dolci e bevibili come una Bloemenbier o La Chouffe non ce li scordiamo. Confesso, alla spiaggia e nei picnic qualche pastorizzata ci scappa 🙂
    La moda in effetti impera, anche in Liguria: c’è chi le artigianali le tiene da un bel po’, c’è chi le esibisce perché più “trendy”, ma sulle degenerazioni sono curioso… che succede a Roma a parte la corsa all’amaricato più estremo?
    Ciao, Nicola

    • Orde di bambini imberbi che bevono a canna fuori da ognuno dei 25 beershop romani

      Come immagine esemplificativa ti va bene? 🙂

      • secondo me quelli berrebbero pure il vov se fosse di moda. Passione 0

      • Esaustiva :/ nei locali dove andiamo (scrivo da Genova e ‘sperimento’ soprattutto sulla riviera ligure) devo dire che i ragazzini sono o i fighetti “doc” da birra artigianale a tavolino oppure quelli più alla mano che vanno di pastorizzate. La corsa alla “ai pi ei”, per quel che posso vedere, non mi risulta. Quando passo da Roma farò un giretto ‘birraio’… spero che alla fine, dopo la moda, almeno alcuni sappiano apprezzare 🙂 buona serata! Nicola

  2. Anche perché c’è il rischio di ritrovarsi ad acquistare prodotti di un birrificio mai sentito, portarli ad una cena con publican e birrai, aprirle ed accorgersi che sono tutte porcherie infette.

  3. bisogna dire che il ristoratore conosce i gusti di possibili appasionati stranieri provenienti da scene dove il concetto di craft è forte. 😀

    A me dispiace che i due aspetti della cosa rimangano separati e a distanza, anche per volere dei protagonisti: per me la “birra” è la “birra”; poi può essere più o meno buona ma non per questo dovrebbero esistere due mondi diversi.

    Anche in germania ho notato che la birra di qualità (anche italiana!) vive in un mondo tutto suo (riguardo i prezzi soprattutto) davvero lontano dal consumo occasionale.

    gli appassionati poi hanno le loro colpe: tu citi le saison giustamente come esempio di birre snobbate. Ma è anche vero che gli “appassionati” quando tentano di fare divulgazione si fanno trascinare dalle proprie idee e dagli esempi più modaioli o dalle tendenze dell’ultimo momento senza saper comunicare l’essenza dello stile.
    Cosa sia davvero la birra? attualmente penso che ben pochi abbiano le idee chiare…

    • credo di non aver letto bene !
      ho letto che in germania la birra di qualità è anche italiana
      ma noi non abbiamo la cultura della birra !
      com’è possibile ?

  4. Questo è un discorso lungo e poco chiaro che rischia di degenerare in pomposi luoghi comuni. Purtroppo, non avendo chiesto al ristorante quali fossero queste birre, c’è poco da discutere..

  5. Il Turco può facilmente ripassare a chiedere.
    Apriamo le scommesse:io dico ReAle.

  6. Andrea, non avertene a male, ma questo post mi sembra piattamente snob;
    mi sembra la solita storia del si stava meglio quando di stava peggio

    • Figurati, l’ho scritto io stesso che probabilmente emerge una vena snob.

      Però ripeto, a me vedere quel cartello in piena Piazza Navona, accanto a “menù turistico 15 euro”, “we have the real porchetta romana” e “no service, no cover charge” mi fa riflettere su quanto certe evoluzioni abbiano senso

      • fa tutto parte di questa nuova onda, alla fine fa tutto parte di questa moda nascente, anzi crescente.
        C’è che si lamenta per le latte brewdog buttate a terra, chi per le delirium bevute acanna..tutto ci sta.
        ma, a 16 anni uno magari si beve la birra a canna per fare il figo (e sballarsi) a 30 se la gusta in maniera differente, fa tutto parte del gioco..e del business..
        poi, avercene a Torino locali dove si trovano birre di qualità

        • può essere ma non è un passaggio scontato

          • dal mio punto di vista è quasi inevitabile, sopratutto in in paese come il nostro, dove vige conformismo e poca propensione all’approfondimento culturale

          • intendevo dire altro: non sempre i “pischelli” 16enni (ma io ne vedo pure di 30 40 anni) con la maggiore età arriveranno ad un consumo consapevole.

            Oggi si beve per atteggiamento la birra ad alto tasso alcolico e forte di sapore (questo è il succo del discorso); domani chi lo sà…

            Sicuramente maggiore è la base più appassionati veri si verrannno a creare. il problema è sopportare il resto.
            Anche se, per assurdo, troppi appassionati, discussioni, tasting, blend, collaborazioni etc etc allontanano anch’esse da quello che dovrebbe rappresentare la birra.

    • “Magari a livello inconscio c’è anche la propensione verso un atteggiamento un po’ snob, non lo nego. ”

      E’ pure in grassetto.
      Comunque vedere uno che si beve una Delirium Tremes a canna a 50 metri dal Macche/Bir&Fud, sarà snob quanto vuoi, ma a me fa inorridire.
      Poi ogni persona fa quello che vuole, io sono un dinosauro.

    • Dovresti venire a Roma, ti faresti un’idea chiara.

  7. Alberto Parmigiani

    proprio ieri sono stato a una fiera a Cerea (VR), di seguito il link, http://www.cereafiere.it/it/public/dettaglioevento/id/8/slug/fiera-birra-artigianale-2011/back/index

    dal sito non c’era una lista di possibili birre/birrifici, ma andando a trovare amici del posto, complice anche la bella giornata abbiamo deciso di provare…

    all’interno della fiera varie bancarelle gastronomiche (molte chiuse) e al centro il classico stand dell’ainichen, a lato quello dell’ichnusa, del bacardi…e di birre artigianali???

    beh…alla fine c’erano dei banchetti con assaggi in bottiglia: (curmi, audace, oppale) 32 via dei birrai, (chiara, bianca, bionda e rossa) pratorosso, moretti gran cru, duvel, alcuni prodotti della Brewery Lefebvre, maredsous blonde e triple, Brugse Zot Dubbel, silly pils, la erdinger e alla spina floreffe blonde e un’altra non identificabile (c’erano i cartellini dell’ainechen!)

    tra i ragazzi che ti versavano la birra c’erano poche info (e poca voglia di trasmettere qualcosa), qualche brochure, molta superficialità…

    la gente latitava (forse partita del Verona per salire in B: ancora complimenti!), delle birre sopracitate alcune non c’erano neanche, alla fine abbiam mangiato e siam venuti via…

    forse oggi siam abituati ad avere e a volere birre super particolari, ma che c’entravano l’ainechen, l’ichnusa, la moretti gran cru con le birre artigianali???
    inoltre promuovi una fiera sulle birre artigianali e il personale non è preparato, dei birrai non c’era traccia…
    quello che non riesco a capire è il motivo di sfruttare la moda quando lo scopo dell’evento era un altro!

    bisogna stare attenti a questi fenomeni degenerativi, andrebbero fermati per non rovinare quello che di buono si è fatto!!!

    CIao,

    Alberto

    • Tutte o quasi le birre che hai citato sono di proprietà diretta o indiretta di Heineken, o nella migliore delle ipotesi sono distribuite da società partner. La stessa 32 via dei Birrai è in Assobirra assieme ad heineken ed altre.

      • Mattia, spero che tu stia scherzando!
        Dire che iscriversi ad un’associazione di categoria vuol dire diventare partner commerciali con gli altri associati è una frode intellettuale.

        La gente si associa a chi da servizi.
        Non ci sono guerre di religione.

        • Volevo dire “sarebbe” una frode intellettuale se si fosse voluto insinuare quanto ho scritto.

        • Nessuno ha parlato di partner commerciali. Ma che ci sia una sorta di legame mi pare naturale e normalissimo, tanti altri lo fanno e non ci vedo niente di male. Molti birrifici sono distribuiti da grandi marchi, per interesse pratico, comodità eccetera. Chiamiamola “area di influenza”, “collaborazione” “interesse comune” “comodità”, come si vuole, ma tant’è.

    • noi stessi avendo un micro a Verona non abbiamo partecipato in quanto, dopo un rapido giro di telefonate con i colleghi Veneti, abbiamo sentito odore di fiera basata esclusivamente sul fattore moda…
      Una volta appurato questo abbiamo gentilmente declinato l’invito.
      Mauro

  8. Saison sconosciute? Ma non ne aveva una ogni birrificio italiano o giù di lì?

  9. Ciao,
    io mi sto avvicinando al mondo della birra artigianale da qualche mese.
    Da neofita, non riesco a capire il vantaggio, sia dal punto di vista del consumatore che del produttore, di mantenere la birra artigianale un prodotto di nicchia.
    Qual’è il vostro pensiero?

    • A me piacerebbe che la birra artigianale sia sempre più reperibile, a patto che questa crescita vada di pari passo con la consapevolezza di chi vende ancor prima di chi compra. So che è utopistica come idea, ma quantomeno vorrei farne a meno di tante trovate pubblicitarie finalizzate solo a vendere.

      Sembra un’idea scontata, ma c’è chi invece preferirebbe che la birra artigianale rimanga di nicchia. I vantaggi sono tanti anche in questo caso (non per i consumatori, a mio modo di vedere)

    • Guarda ti faccio un esempio.
      Anni fa un noto pubbaro romano mi ha condotto per un giro di beershop della capitale. Ai tempi (!!) erano meno di oggi.
      Scena: interno beershop.
      C’erano un paio di casse di Lees Harvest Ale sul banco, io strabuzzo gli occhi e ne prendo 6 da riportare a casa perchè non si erano mai viste a queste latitudini. Col noto pubbaro parliamo di come questo barleywine sia ottimo e di come fosse bello trovarlo a Roma, in mezzo a tante altre birre buone. Ne beviamo uno con il gestore.
      Usciamo, e vedo un ragazzino su uno scooter che si ingolla il suddetto nettare a canna.
      Pessimismo e fastidio.
      Non perchè anche lui aveva accesso al nettare ma perchè per lui, il pischello tracannatore, bere quella bottiglia era come spararsi un Bacardi dal porchettaro.
      E’ un po’ come se una tua amica, bella e intelligente, si mettesse con uno che tu reputi insignificante.
      Non è che la vuoi rinchiusa in una torre ma preferiresti che si accompagnasse con qualcuno alla sua altezza.
      La birra non ha potere di decisione, purtroppo solo il bevitore lo ha;-)

      PS
      Sono uno snob.

      • tyrser vai in qualunque club “trendy” e vedrai Champagne tracannato a volontà, fa tutto parte dell’essere “cool”.
        Il ragazzino pensa che faccia fico spararsi una bottiglia da 6/7 euro così nel gozzo..però intanto qualche sentore ce l’ha…vedrai che tra 10-15 anni se lo gusterà in un baloon,l’importante è che al momento ci sia disponibilità del prodotto..
        L’importante è che tu abbia la possibilità di prendere un tuo amico e dirgli “senti un pò questa che roba” ve la raccontate un pò e poi, magari, il tuo amico se ne andrà da solo al beershop a comprarsela quella bottiglia

      • Secondo me è proprio qui che sbagli! se si fosse andato a sparare un bacardi dal porchettaro, non lo avresti trovato fuori…..tiro a indovinare, dall’Off-License a bere barleywine 😀
        Johnny lo avrebbe preferito dar porchettaro!??!?!

      • Marco ti contesto fermamente il “porchettaro” …qui a Firenze ci hanno fatto uno speciale su cibo di strada e birra artigianale 🙂 (faccina soddisfatta nel senso che ho gradito l’evento).

    • E’ quello che iniziano a chiedersi in molti anche io in effetti me lo chiedo.
      Ma se le cose succedono non succedono per caso…..e non è una affermazione complottista! 🙂

  10. Io non vi capisco più di tanto. Credo che se la birra di qualità, di colpo, fosse venduta/acquistata solo da chi lo fa “con la consapevolezza”, per usare le parole di Andrea, un congruo numero di birrifici italiani (magari anche chi la birra la fa buona per davvero) chiuderebbe.
    Più che dei bambini che tracannano ettolitri di aipiei (e che se non hai una aipiei se ne vanno), bottiglie di delirium bevute “alla goccia” e “We serve real Italian craf beer” credo che bisognerebbe preoccuparsi della spocchia che ogni tanto qualcuno, pochi, rimprovera agli addetti ai lavori (birrai, publican e bloggers) o dei simpaticissimi siparietti schigi/carilli, quelli si che mi fanno inorridire….

    • Beh però queste derive esistono solo da qualche anno e non è che prima la situazione fosse così critica per i birrifici

      Non credo che la birra artigianale per sopravvivere (o anche per crescere) debba necessariamente aver bisogno delle derive più kitsch di un classico fenomeno modaiolo

      • “Orde di bambini imberbi che bevono a canna fuori da ognuno dei 25 beershop romani”

        Non credo scambino le birre con le figurine…..le pagano e anche tanto!
        Non vedo motivi per “insultarli”!

        • Perché insultati? Non mi pare di aver scritto insulti, tra l’altro a me come fenomeno neanche da fastidio, anzi…

          Ho fatto un ritratto un po’ esagerato semplicemente per rispondere con una sola frase alla domanda che mi era stata posta

          • Era virgolettato appositamente, proprio perchè non sapevo come spiegarmi……certo che non hai scritto insulti!

            Resto dell’idea che ognuno deve avere la libertà di acquistare e bere quello che gli pare e nel modo che preferisce (tra un po’ arriveremo alla cannuccia :D) senza necessariamente essere guardato dall’alto in basso.

            http://www.tyrser.com/wp-content/uploads/2011/05/AlBancone001.gif

          • Non escludo, come scritto nell’articolo, che possa emergere qualche deriva un po’ snob da alcune valutazioni. Credo sia insito in qualunque appassionato che frequenta l’ambiente da più tempo degli ultimi arrivati. E’ normale, sebbene io sia il primo a non gradire certi atteggiamenti… cerco di “controllarmi” diciamo 😉

            Poi ci sono situazioni che possono più o meno piacere, indipendentemente dal tono che si vuole avere. Ad esempio può dare fastidio il sommelier che approccia la birra come fosse un vino, possono dar fastidio i pischelletti fuori dai beershop, può dar fastidio chi si devasta su una nave piena di birra oppure chi non riesce a godersi una birra senza per forza farsi le pippe mentali. Gusti personali, insomma, senza che uno sia etichettato necessariamente come snob.

            Ognuno comunque rimane libero di bere come preferisce, io mica vado in giro con la rivoltella a sparare ai primi che chiedono una AiPiEi 😉

    • Mah, il fenomeno penso lo si possa intuire solo vivendo dietro a un bancone, o sostando nelle zone limitrofe…A Roma c’è degenerazione, questo è ovvio. Anni fa si chiedeva la Ceres o la Corona, ora la chiedono solo i “forestieri”, il romano è passato a “Ce l’hai una birra co le spezie, col pompelmo o co la ciliegia dentro?” (il pompelmo è riferito, come già scrissi, alle IPA) e se poi tenti di affrontare un discorso di spiagazioni te fa “Se vabbè, sbrigate però che c’ho sete”.
      Questo perchè ormai la birra “diversa” è venduta non solo nei 25 beershop (dove comunque trovi qualcuno che come minimo te la sa proporre e spiegare), ma anche nei laboratori artigianali, pizzerie al taglio, paninoteche…Dove un gestore di una suddetta l’altro giorno ci fa:” Ma la Saison che è? Una weisse più luppolata?”

      Quindi tutti hanno a portata di mano ogni cosa, e la percentuale dei locali dove a questo prodotto si abbina un pò di comunicazione scende sotto il 15% e il pischello che beve a tracanna sa che certe birre costano due euro di più, ma non fa niente, la si spartisce con l’amico, non c’è quella percezione.
      Qualsiasi beershop romano ti dirà che buona parte di quei clienti è meglio perderla che trovarla. Ma sono là e ognuno fa le sue scelte commerciali.

      Per il resto non cè cura del prodotto e del consumatore, ma del resto per noi era facile intuire tutto da parecchio tempo. E’ bene per il consumatore consapevole (e per fortuna ce ne sono tanti) che può scegliere ovunque, ma per il nuovo arrivato non credo…Come non credo che fra 10 anni il suddetto pischello si berrà la birra nel baloon, primo perchè per alcune scelte commerciali molti locali (come di pub che hanno costosissime IPA come “prima chiara”) alla soglia dei fatidici due anni dall’apertura rischieranno di chiudere, secondo perchè, come detto più volte “SE BEVONO TUTTO” e non gliene frega niente del nome della birra , produttore o cosa ci sia dietro.

      Bene per tutti perchè se ne vende molta di più, durerà? Il consiglio, come ha fatto Tyrser, è quello di stare un pò al bancone, vedere e osservare.

      • La pecora nera

        “Qualsiasi beershop romano ti dirà che buona parte di quei clienti è meglio perderla che trovarla. Ma sono là e ognuno fa le sue scelte commerciali.”

        Sai quante serrande abbassate senza quei clienti?

        • Vero. Ma è proprio l’unica via commerciale? Non credo.

          • La pecora nera

            Non è certo l’unica via commerciale, alternative ci sono ma non ci sarebbe lo spazio per tutti.
            La “profondità” è roba per pochi che ci perdono tempo prima ancora che soldi, pensare di trasformare tutti gli attuali bevitori di birra “diversa” in bevitori consapevoli è utopia.

            E me va bene così, sia chiaro: i tracannatori che sostengono i conti di un beershop come Off License (ma anche di un pub come il tuo) mi fanno, inconsapevolmente, un gran favore.

        • E’ proprio questo il punto, serve anche un po’ di rispetto per chi ti permettere di arrivare a fine mese (anche se tracanna dalla bottiglia)!
          Poi bisogna fare una netta distinzione tra chi con arroganza ti viene a chiedere una birra col pompelmo e se provi a trasmettergli un po’ di passione ti dice seccato “se vabbè…” e chi ti chiede “una rossa” pittosto che “una triplo malto” e se provi a spiegargli che quei termini non significano nulla sta li ad ascoltarti e ad apprendere…..
          Ho visto persone (anche al macche) derise davanti a tutti perchè si erano azzardati a chiedere una doppio malto.
          Che si possa trattar male uno arrogante e maleducato sono daccordo, ma un ignorante no, semplicemente perchè “ignora”…….

          • Non è questo il punto, non stiamo a insultare chi tracanna dalla bottiglia, io la degenerazione la vedo nei gruppi e capannelli di tizi che rendono la vita difficile anche di chi entra a casa alle 4 del pomeriggio. Io ti dico che c’è modo e modo di arrivare a fine mese, e il primo è fare un’attenta selezione della gente che viene a bere, anche perchè “investire” sul cliente significa anche rendere il posto gradevole anche per altri successivi clienti. Non tutti sono il sig. 5 euro che ti entra in cassa, con le bestie ci combattiamo ogni giorno e un minimo di dialogo, di spiegare cosa stai bevendo è tempo investito bene. E’ per quello che ti dico che ci sono altri modi per evitare che il tuo posto diventi uno scenario di guerriglia urbana.

            E’ vero che si sentono sempre più prese di posizione da parte di publican “saccenti” e probabilmente (come fai notare) nemmeno noi ne siamo esenti. Il comportamento che attui dietro al banco è finalizzato in quanto sopra, se dovessi “deridere” ogni persona che chiede “doppio malto” faremo cabaret, visto che uno su tre ti chiede quello. Hai tre possibilità in quel caso:1) Il tipo ti ispira e cerchi un dialogo, probabilmente ne viene fuori un’esperienza interessante per entrambi, 2) Fai finta di niente e gli molli la prima cosa che capita, tanto se beve tutto (senza esagerare con DIPA varie, una buona Bibock lo manda a casa felice, se se ne accorge), 3) Il tipo non ispira e gli rendi la vita difficile, non diventerà mai un tuo cliente e risparmi soldi per il buttafuori da “bevitori di Ceres”, il locale rimane un tranquillo ritrovo e tutti sono più felici.
            Stare dietro a un banco non è facile e sono d’accordo con te quando scrivi di rispetto, ma non stiamo parlando di quattro universitari che si bevono IPA a canna, quello che accade in una certa frangia di “consumatori” è diverso. Io ho centinaia di clienti che bevono principalmete IPA, molti di loro si costringono a berla in 2 centimetri quadrati per evitare il “plasticone”, ma quello che li rende clienti straordinari non è bere in vetro, plastica o a canna, è il RISPETTO per il posto che frequentano, per se stessi e per gli altri, del resto la socialità è il valore aggiunto della birra. Lì la cosa è reciproca.

          • eheheh non c’eri andato pesante, è solo che Andrea alle 2 e venti di martedì notte forse dorme 😛

            Seguo perfettamente il tuo ragionamento e mi trovi, non daccordo, DACCORDISSIMO!
            Però tu parli di “rendere la vita difficile”, “guerriglia urbana” e “buttafuori”……Andrea invece, come degenerazione, faceva riferimento a “Orde di bambini imberbi che bevono a canna fuori da ognuno dei 25 beershop romani”!

            In ogni caso, ormai ho preso un impegno! Presto partirò in pellegrinaggio 😉

          • Secondo me, un po’ come dice manuele, la differenza non è neanche in cosa bevono, ma il tipo di atteggiamento che hanno.
            Da quel che vedo da tempo anche il più incolto e “zuccone” bevitore occasionale trova massima disponibilità e tempo dei publican se vuole imparare anche un minimo.

          • Penso che le due cose siano correlate, il comportamento non proprio piacevole di alcuni tipi (io sono stato anche preso a cinghiate da uno che ruttava in faccia a ogni persona che passava su via Benedetta…Però gli piaceva bere “artigianale”) e il loro modo di rapportarsi con quello che bevono. Io non trovo molta differenza nel bere a canna dalla bottiglia o rovesciare la suddetta in bicchieri di plastica, cambia, ma poco…Deve interessare la comunicazione (a chi vuole ascoltare) e deve interessare il rispetto che questi tizi ci mettono. Plastica o a canna sono necessità, commerciali ovviamente, ma il rispetto e il buon rapportarsi dovrebbero essere cosa scontata.

            Poi è certo che da appassionato fa innervosire il tipo che ti fa: “mi piacciono pure le Saison, ma la Saison Dupont mi fa cagare, è commerciale” Secondo voi sono peniseri propri o indotti da qualcuno che ne sa meno di lui??? E’ l’informazione e le percezioni errate che dovrebbero essere combattute

    • Una pedatina ni culo però gliela daresti volentieri di la verità andrea…..;-)

  11. “A me piacerebbe che la birra artigianale sia sempre più reperibile, a patto che questa crescita vada di pari passo con la consapevolezza di chi vende ancor prima di chi compra. ”

    Ben detto.

  12. La pecora nera

    Giusto ieri, passeggiando lungo via dei Giubbonari ho notato un avamposto della birra artigianale in quel marasma che è campo de fiori.
    E’ un buchetto di beershop che vende anche piercing ed orecchini di dubbio gusto, ma tant’è.

    Chissà che la prossima rissa notturna non si concluda con una gola tagliata da una 0.75 di cantillon! Sarebbe un bel passo avanti per tutto il movimento!

    • L’importante è che prima di usarla come coltello non sia stata bevuta a canna…altrimenti un passo avanti e due indietro.

      • Leggendo tutto il thread torna spontaneo il vecchio tormentone.
        Cos’è la birra artigianale?
        E’ il prodotto, il produttore, il publican o il consumatore che fa l’universo della cosiddetta birra artigianale?

        Dal mio punto di vista nessuno dei tasselli può essere sottovalutato.
        Ma il cuore sta con il consumatore, cultore e promotore di questa rivoluzione.
        Appena dopo arriva il publican che ha indubbi meriti sopratutto nella diffusione della cultura.
        Il prodotto e il produttore sono solo una conseguenza. Tutto sarà faciel se gli altri tasselli sono al posto giusto (un po’ come la musica degli anni di fermento sociale era figlia del tempo più che degli stessi autori).

        La forza sta nell’intero, non nel particolare.

    • uauauahhh..
      commento da incorniciare.

  13. La birra artigianale è il fenomeno del momento, questo è sotto gli occhi di tutti e nessuno può affermare il contrario, e come tale è soggetta a speculazioni di vario genere, è uno scotto che deve pagare, come tutte quelle cose che passano da cose da nicchia a cose di dominio della massa, ma dopo un periodo dopo si raggiunge il picco di castronerie, la cosa pian piano si riequilibria, quindi io non starei tanto a preoccuparmi ma starei alla finestra ad aspettare che questo fuoco di paglia si spenga.

  14. Personalmente penso che il popolo italiano sia un popolo molto particolare…e come succede per tutte le cose in Italia raggiungono un picco di richiesta elevatissimo,poi però l’italiano si stufa della solita cosa e lascia perdere…quindi secondo me il futuro della birra artigianale italiana a lungo termine non è molto roseo….adesso stanno aprendo birrifici,beershop e molte cose associate alla birra,ma da qui a non molto a mio parere la richiesta non sarà così alta come ad adesso e molta gente si ritroverà con le famose “pezze al culo”,è una visione poco ottimista ma abbastanza realista…

  15. direi che alcuni birrifici hanno voluto che le birre artigianali diventassero un fenomeno modaiolo e ciò può spiegarsi con il fatto che birre da loro prodotte un tempo erano eccellenti ed ora sono quasi imbevibili,perdendo in credibilità!

  16. Se usassero questo cartello fuori dai locali delle mie parti credo non lo cagherebbe nessuno…ah ecco perché non lo usano!
    Poi qui nel nord-ovest siamo indietro: i giovani usano ancora tracannarsi la Tennent’s Super o la Ceres per andar fuori in fretta!
    E non nego di averlo fatto anch’io agli inizi del nuovo millennio.
    Eppure mi son convertito al bere responsabile.
    Mmmm…..Raro caso di snobbismun birraius post adolscenzialis??

    • idem, dai 18 ai 20-21 oltre a qualche scappatella artitigianale il mio consumo è stato di Tennent’s a galloni.
      Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa

      grazie a Gambrinus però sono stato folgorato sulla via di Damasco…

  17. Le gufate hanno ragion d’essere se il fenomeno rimane unicamente modaiolo.
    E adesso lo è, grazie ai nostri pionieri che hanno usato unionbirrai come fortino personale più per prevenire la concorrenza che per creare un vero movimento.
    E gli altri che invece di riformarla se ne sono da tempo fuoriusciti per diversi lidi e personalissimi progetti. Tanto che di fatto ad oggi l’unica associazione che da qualche ritorno di servizi e supporto lobbistico è assobirra. E non è uno scandalo, ma nemmeno un bene.

    Oggi la litigiosità e la divisione prevalgono sull’unione e lo spirito di categoria.
    Il momento è favorevole, ma se lo perdiamo perderemo molto
    Catalizzatore, dobbiamo procedere con il piano B.
    Il tempo stringe!

    • Piano B?? quale era il piano A?

    • simone monetti

      “Tanto che di fatto ad oggi l’unica associazione che da qualche ritorno di servizi e supporto lobbistico è assobirra”.
      Ciao Franco, ogni tanto mi tocca: la frase di cui sopra è falsa. E ne hai un esempio molto concreto accaduto appena 20 gg. fa.
      Aspetto sempre uno scambio concreto di opinioni, progetti ed idee.

      • Simone,
        Unionbirrai, per me, è stata a lungo la soluzione “A”.
        Dopo che UB è stata latitante per anni, almeno dal mio punto di vista, possiamo parlare perchè gli scambi di opinione sono sempre costruttivi, ma trovo che i vizi d’origine non possano essere più superati.

        Mancanza di identità, per esempio. Il modo che avete trovato per risolvere è tirare dentro anche i publican. Un po’ paradossale.
        Non c’è la dinamicità necessaria per rappresentare un mondo in vorticosa evoluzione.
        Mancanza di energia. Per tirar su un evento degno di nota stanno persino correndo in aiuto gli ex.
        Mancanza di confronto. Grande mistero su quello che succede all’interno di uB. Quali sono gli obiettivi? Come si pensa di trovare le risorse necessarie?

        Ripeto.
        Se non abbiamo un movimento più forte è anche perchè UB non ha saputo cogliere l’attimo. E qualche anno fa sarebbe stato molto più facile di oggi. Tutto più vergine. Molto ottimismo. Minori divisioni. I grandi sembravano ancora grandi e non erano divisi in patetiche fazioni.

        Oggi siamo oltre.
        UB come associazione di categoria fa parte del passato.
        Per quello dico che AB è l’unica associazione.

        Bisogna avviare il piano b.
        E portare a casa qualche risultato.
        Altrimenti meglio far festa.

        Saluti.
        F.

  18. i Metallica spaccavano di brutto fino a che son stati vagamente di nicchia, poi è arrivato il Black Album.
    questo per chi mi snobba “la nicchia”.

  19. Che visione talebana ed esagerata. Che male c’è nell’offrire, in abbinamento a una pizza o a un panino, della ottima birra artigianale italiana anzichè avere nel menu le Peroni e le Heineken? E’ tutto di guadagnato se la qualità media dell’offerta si alza. Colonna e Andrea dovrebbero smontarsi un attimino. Non è che si debba chiedere il permesso a voi per servire birra artigianale. Non tutti vengono al pub per bersi una birra e sapere vita morte e miracoli di quello che stanno bevendo. Spiegatemi voi che male c’è nell’offrire birre artigianali in pizzerie di qualità come Pizzarium o Gatta Mnagiona. Questo vivere per la birra io lo trovo francamente esagerato. Io non giudico un posto solo per quante birre vende, ma anche per l’ambiente, il cibo, la varietà del menu. Poi in questo mondo si è liberissimi di vivere di birra e basta, come ci sono i nerd, ci sono anche i beer geeks. Ma la vita non gira attorno a voi, sia chiaro.

    • Maurizio grazie, davvero.
      Grazie per avermi aperto gli occhi: la vita non gira attorno a me, è vero. Ora capisco perché nessuno mi era ancora venuto a chiedere il permesso per servire birra, un dovere che mi sembrava sacrosanto.
      Grazie per aver paragonato Pizzarium e Gatta Mangiona a uno dei tanti ristorantini di Piazza Navona. La prossima volta mi aspetterò di mangiare una delle migliori pizze d’Italia in una delle piazze più belle del mondo.
      Grazie soprattutto per aver letto il mio articolo con attenzione ed averne compreso il significato.

    • Maurizio ci sono un paio di tuoi commenti in approvazione, nei quali attacchi altri utenti. Come in altri casi analoghi, oltre a regolare il tono, ti chiedo di evitare di postare dietro anonimato. Ergo fammi sapere – anche in privato se preferisci – chi sei. Tutto questo per trasparenza.

  20. In un supermercato dell’Axa (vicino Ostia) ho trovato Baladin, Blanch de Namur, alcune trappiste, Brooklyn…
    Tutte a prezzi vantaggiosi (tranne Baladin) + varie artigianali mai snetite e dalle etichette un pò losche
    quando passo dai suoceri faccio un salto e mi segno i nomi…

  21. Andrè vorrei rincuorarti: vecchio lo stai a diventà, ma rompi cojoni lo sei sempre stato.

  22. Aneddoto 1:
    Tre sere fa dopo il lavoro camminavo sulle banchine del Tevere che in estate vengono riempiti da mille bancarelle (magliette, fritture de calamari, giochetti vari) e qualche stand di locali mai sentiti a Roma (almeno stando al nome). Uno di questi ultimi vendeva le solite schifezze alla spina e aveva una parte riservata all’esposizione-vendita di bottiglie di vino (una cinquantina circa, quindi manco poche) fra cui svettava una splendida Morettona gran cru.
    Aneddoto 2:
    La settimana scorsa sono passato in un beershop romano e all’esterno ho trovato uno splendido esemplare di “pischello-AiPiEi” che beveva vino bianco direttamente da una bottiglia di acqua rocchetta. Cinquanta metri più in giù c’erano due ragazzotti che bevevano My antonia a canna e sparavano ad una bottiglia di Reale Extra posta su un ceppo di legno usando una pistola ad aria compressa (un tiro su venti beccava la bottiglia, gli altri 19 beccavano le macchine parcheggiate).
    Non credo ci sia da preoccuparsi più di tanto sulla questione birra, semplicemente ci sono coglioni qualsiasi e coglioni che notiamo di più perché bevono birra artigianale. Magari sarà pure vero che fra 30 anni la berranno dal baloon ma rimarranno dei coglioni con un bel bicchiere in mano, imho.

  23. @Andrea sei un maledetto snob! 😉
    Quante volte che quando sono a giro per lavoro vorrei andare a bermi una birra buona da qualche parte ma non c’é niente nelle vicinanze! E da voi ormal la usano addiritura come esca per i turisti!
    PS: Esigo birra buona in ogni bar a max € 3,50 per la 33cl!

  24. “pischello-AiPiEi che beveva vino bianco direttamente da una bottiglia di acqua rocchetta”
    Sicuro che non fosse un noto clandestino? 🙂

    Comunque concordo sul fatto che, semplicemente, notiamo di più le “stravaganze” se illuminate dalla birra artigianale. Andrea probabilmente non avrebbe fotografato un cartello in piazza di Spagna con “sangria artigianale alla spina”.
    E comunque questi da grandi spareranno con una Beretta col manico di avorio intagliato a bottiglie di champagne.

  25. D’accordissimo per le IPA, se voglio poi un sapore martellante di agrumi, mi faccio una bella spremuta! E pensare che la prima volta che ho assaggiato una IPA (una chouffe Houblon) mi sono chiesto perchè cosi in giro non se ne trovavano!!

    Dico solo sia a produttori che ai commercianti, che se non si crea ORA una radicata tradizione (il cliente vuole essere guidato, bisogna dargli dei saldi punti di riferimento, altrimenti si rompe e sceglie quella con l’etichetta più conosciuta), la birra artigianale sarà sempre ‘profanata’. Personalmente mi piacerebbe respirare l’aria della Vallonia…….

    Capisco che vendere al ristorante in piazza sia un modo facile per far soldi, ma è anche vero che la birra bevuta li non ha il suo sapore migliore.

    P.S. a Milano invece ancora praticamente nessuno ci capisce di birra, neppure chi la beve da tempo, quindi ce la si può fare ancora!!

    Quindi il mio consiglio è: se una birra nuoce alla crescita birraia italiana, diciamolo, non diamogli un 6-6,50 per l’impegno di aver creato una birra che si beve (o peggio un 9 per la novità, qualsiasi essa sia), più critici, più obiettivi, fino in fondo!

  26. Beh sicuramente i tempi pioneristici mi mancano, ma è un bene che si diffonda il buon bere, purtroppo anche senza un minimo di cultura birraia…

    I problemi sono due:

    uno vecchio trito e ritrito..i prezzi..no comment

    uno nuovo: vista la richiesta al limite delle capacità produttive degli impianti, la birra arriva nei locali troppo giovane senza la dovuta maturazione e questo non va affatto bene….

  27. Ho chiesto al mio cane? Ma, anche sottoposto a ricatti (biscotto), non ha saputo dirmi niente sulla birra artigianale!TALE CANE TALE PADRONE!? Io in realtà un pò per..diciamo..lavoro, ne ho bevute provienienti da deverse parti..Ma a pari del mio cane, che cercherò di convincerlo a bere e a conscere birra artigianale , per evitare l’inferiorità canile, ho conosciuto tanti proprietari di birrifici-paninoteche-ristoranti che non ne hanno MAI sentito parlare.Quindi ben vengano anche gli “eccessi” promozionali. Bacioni da Giovanni

  28. I bimbetti sono parte del problema ma non sono il problema in se,a negozio per un certo periodo ho fornito i bicchieri di plastica per fargli bere le birre almeno in maniera decente,alcuni ne approfittarono (e in seguito hanno sempre chiesto di poterne usufruire) altri se ne fregarono continuando a bere a canna.Il problema non è solo se bevono a canna ma se sono mediamente educati o se interpretano il negozio o il pub come una sorta di terra di nessuno dove fare i propri comodi.Visto che la seconda categoria è piuttosto nutrita si possono fare solo due cose:1)scremare la clientela attraverso la selezione e l’offerta delle birre,2)tirare a campare cavalcando l’onda e non lamentandosi per le inevitabili rotture di palle che ne deriveranno.
    Io come tanti frequento i “Ma che siete” da quasi 10 anni e non ho dubbio che la prima volta abbia fatto una figura mediamente misera.Per fortuna Colonna,Zaniol e Chen accesero in me la scintilla della curiosità e mi introdussero in questo mondo sterminato…ma per uno che si è convertito e che non ha mai creato grane tanti altri (che pure bevevano molto più di me) sono stati allontanati.La ragione è semplice ed è una normale valutazione costi benefici…..

  29. Forse il post di oggi di Avery puo’ essere in topic:
    http://thebeerboy.blogspot.com/2011/06/beer-is-for-everyone-right.html#comments
    “This post isn’t really about Chad, it’s about the idea that you have to reach a level of ‘beerdom’ in order to be allowed to drink certain types of beers. Sure, there are some beers that benefit from a little explanation, most sour beers and rauchbiers being the primary examples. But surely beer is a democratic, egalitarian drink that can be shared by everyone? Or do you disagree?”

  30. Buon per chi vende. Un dubbietto però sulla qualità di cosa vende mi rimane: cicli corti di produzione, braccette corte sul luppolo, l’orzo va bene quello che mi manda mio cugino dalla Baviera magari viene dall’Ucraina vicino a Chernobyl ma mi faccio certificare biologico lo stesso, compro un impianto da cento ettolitri con un imbottigliatrice a nastro ma pazienza se la birra non è quella di una volta. Ah dimenticavo: che sbattimento fare la xx in bassa, se cambio lievito (ma non etichetta e formato) e vado in alta faccio prima.

    Qualcuno disse: finalmente l’Italia ha un suo “gusto” riconoscibile nelle birre!! Non vorrei che fosse il cavolo cotto (e chi fa birra sa cosa voglio dire)

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