Una cosa che mi piace dei blog birrari stranieri è quella sorta di continuità che talvolta si crea tra articoli di diversi autori: spesso accade che un blogger tiri fuori un argomento interessante e che altri “colleghi” alimentino la discussione riprendendo il tema sulle proprie pagine. Si crea quindi un interessante scambio di opinioni, che permette di avere diversi punti di vista su una questione comune. Credo che in Italia ormai esistano diversi blog di qualità per replicare lo stesso meccanismo: in passato l’ho fatto ricollegandomi a un post di Tyrser, oggi ci riprovo riprendendo una recente riflessione di Angelo Jarrett sul suo Berebirra. La domanda di partenza è: può la birra fatta in casa definirsi birra artigianale? Io ho la mia idea 🙂 , ma partiamo dal ragionamento di chi ha sollevato il quesito…
Secondo Angelo la differenza sostanziale tra homebrewer e birraio professionista risiede nel pubblico: mentre il primo può divertirsi a produrre le sue birre infischiandosene del giudizio di chi le beve, per il secondo il consumatore rappresenta un fattore fondamentale per decretare la riuscita del suo progetto. Più avanti la considerazione viene spiegata con un esempio:
Mettiamo il caso che un homebrewer ed un birraio decidano di brassare (l’uno per sè, l’altro per il suo birrificio), per esempio, una birra ispirata allo stile delle stout. Probabilmente l’homebrewer, avendo l’assoluta libertà di sperimentare, potrà fare anche qualche esperimento durante la cotta inserendo piccole dosi di altri cereali (per esempio segale, avena, frumento) o di altri ingredienti o spezie (per esempio caffè, ostriche, cacao) i quali potrebbero migliorare o peggiorare il prodotto finale ed il quale giudizio altrui non rappresenta una voce importante.
Un birraio, invece, spesso deve valutare diversi aspetti: se la birra che sta per brassare incontrerà i gusti dei consumatori; se il costo delle materie prime che vorrebbe impiegare gli permetteranno di rientrare nel costo della birra al dettaglio o se deve eliminare alcuni ingredienti più costosi; se sta davvero seguendo la tradizione brassicola creando un prodotto fedele allo stile di riferimento.
Secondo Angelo dunque l’elemento discriminante tra i due tipi di birra è il pubblico. Ma è giusto partire da questo assunto per valutare la questione? A mio parere no. Ritengo che sia più importante definire le caratteristiche di birra artigianale e verificare se possono essere applicate anche alla birra fatta in casa. Sia chiaro, non voglio riaprire la discussione sulla definizione di birra artigianale; piuttosto mi interessa isolare i caratteri distintivi delle produzioni dei microbirrifici. Non credo siano importanti le quantità, né gli strumenti impiegati, né le tecniche produttive. Piuttosto è fondamentale capire la “filosofia” che si nasconde dietro a una birra artigianale: solitamente è una creazione con un suo carattere preciso, che si allontana dal concetto di birra dell’industria e che punta a un concetto di qualità, almeno sulla carta.
E la birra fatta in casa è proprio questo: è un prodotto che esprime ciò che l’homebrewer aveva in mente di fare, che si oppone alla birra commerciale – anche solo a livello concettuale, non essendo commercializzabile – e che in termini realizzativi è molto vicino a quello di un microbirrificio. Secondo me le birre homebrewed non solo sono artigianali, ma racchiudono l’essenza stessa della birra artigianale.
Direi che il ragionamento è anche la risposta alla prima delle domande con cui Angelo ha concluso il suo post. Egli si chiede quale sia il punto d’incontro tra i due approcci brassicoli e la mia risposta è nella filosofia che li accomuna. Il pubblico è un elemento accessorio, cui è giusto dare il corretto peso: un birraio (che sia amatoriale o pro) dovrebbe prima di tutto brassare ciò che più gli piace, qualunque sia la sua idea di birra. Spesso capita che neo-birrai facciano mea culpa di fronte a ricette progettate temendo le reazioni dei consumatori. Il risultato? Birre sconclusionate e di poco carattere, in cui la ricerca di un compromesso ha avuto solo esiti negativi.
Interessante anche il secondo quesito di Angelo, in cui si chiede chi sia il vero protagonista tra birraio casalingo e professionista. Domanda tutt’altro che ovvia e che merita un minimo di riflessione. Con quasi 400 microbirrifici, si potrebbe pensare che i protagonisti della scena nazionale siano i birrai, ma il discorso non è così semplice. In realtà bisogna riconoscere agli homebrewer una fondamentale opera di divulgazione nei primissimi anni della nascita della birra artigianale in Italia. Quando i produttori erano appena qualche decina e non esistevano siti di informazione birraria, furono gli homebrewer per primi a diffondere il verbo della birra e a creare quella base di appassionati senza la quale il movimento non sarebbe cresciuto. Molti di loro poi hanno compiuto (e stanno compiendo ancora) il grande salto tra i professionisti, portando con sé tutto il bagaglio di conoscenze acquisite negli anni di produzione casalinga.
Il birraio è interessato a vendere il suo prodotto, l’homebrewer a diffondere passione e a far assaggiare le sue birre a quanta più gente possibile. Sono figure che operano a diversi livelli di cultura birraria, ma se oggi ci ritroviamo tra le più importanti nazioni birrarie d’Europa è giusto riconoscere agli homebrewer un ruolo di primissimo piano.
Concludiamo poi con l’ultima domanda di Angelo: “Fino a che punto birra artigianale e birra fatta in casa sono confrontabili, dato che il vincolo economico non ha pari effetto per entrambi?”. Non c’è problema a confrontarle, pur di non considerare centrali aspetti che non lo sono (o non dovrebbero esserlo). Credo che la sfida per chi produce birra sia di realizzare il miglior prodotto possibile, nei termini tracciati della storia brassicola internazionale. E questo vale tanto per chi si trova alle prese con un impianto professionale, tanto per chi opera tra le mura domestiche con bidoni e pentoloni.
Che ne pensate?
Alla fine in entrambi i casi parliamo di birra.
Le due cose sono accomunabili? secondo me no. c’è la stessa differenza che passa tra l’essere un angelo del focolare e un cuoco professionista.
In Italia però tropppi homebrewer sono proprietari di un birrificio 😉
Come non essere d’accordo con Andrea tout court!
Quotando l’ultima affermazione di Indastria 🙂
Come sempre, fa piacere essere letti e considerati, grazie Andrea.
Sai cosa mi ha fatto tendere ad individuare, in questa analisi personale, il pubblico come fattore discriminante? L’autoreferenzialità di molte birre (penso anche a molte delle birre forzatamente legate al territorio), contrapposta ad un bisogno di essere vicini al consumatore pur conservandone la filosofia di “educazione” al mondo craft.
Non dimentichiamo che poi la birra va venduta, non è oggetto di contemplazione.
Non so se qualcuno ha letto anche l’articolo di Luca Giaccone sul n°2 di Fermento Birra Magazine…in sostanza mi sembra andare più o meno in questa direzione.
Su quelle domande finali le tue risposte sono molto condivisibili!
Non ho letto l’articolo, rimedio appena possibile!
Un homebrewer è il massimo dell’espressione della birra artigianale. La fa per puro piacere personale e perciò la fa come piace a lui, normalmente con pentole da 50€ e fornelloni.
Ci sono anche alcuni birrai professionisti che fanno le loro birre esclusivamente secondo i propri gusti, e questi secondo me meritano più rispetto degli altri.
Ribaltando la frittata, un birraio con un impianto da 3000 litri automatizzato dalla macinatura all’imbottigliamento, che si preoccupa solamente di piacere alla massa, può ancora considerarsi un produttore di birra artigianale?
Se il birraio mantiene nelle sue birre identità, carattere e “filosofia”, rimane birra artigianale indipendentemente dalle dimensioni. Ovviamente estraendo il termine “artigianale” dal suo significato più letterale
Concordo con quest’ultimo concetto. “identità” e “carattere” sono fondamentali, a mio avviso, per parlare di “artigianalità”. Non ne farei una questione di volumi, quanto una questione di attenzione e responsabilità diretta del birraio nei confronti di tutte le fasi di produzione (gestione della cantina in primis), e conseguentemente nei confronti del cliente che, non dimentichiamolo, paga!
Considero sbagliato invece paragonare homebrewer e birrai (quelli veri!) professionisti. Sono figure diverse, con responsabilità diverse. Massimo rispetto a entrambi 🙂
Quote Indastria:In Italia però tropppi homebrewer sono proprietari di un birrificio
Replico da Homebrewer e rimando la palla dicendo che secondo il mio modesto parere oggi ci sono troppi “non birrai” proprietari di birrifici che almeno avrebbero potuto fare una cotta in casa prima di aprire e avvelenare le bocche degli appassionati bevitori di birra artigianale….
Detta così ti do più ragione di quanto ho scritto io 😀
Andando più nello specifico,credo anch’io che il birraio casalingo esprime la massima espressione della birra artigianale,fatta per pura passione e per soddisfazione personale,ma anche come nel mio caso,per potersene vantare con parenti e amici!!posso utilizzare tutti gli ingredienti possibili senza preoccuparmi troppo del prezzo,visti i quantitativi produttivi contenuti,tanto recupero e riciclo le bottiglie che per me non rivestono un importanza primaria…..aspetto 3-4 mesi di maturazione e se una birra viene male,la distillo al massimo,ma non mi sognerei mai di farla ssaggiare….
C’è da dire che la definizione “artigianale” oramai ha preso una certa strada, cioè vengono considerate artigianali tante cose. Tra un po’ artigianale non vorrà dire più nulla.
Secondo me per aggiungere un aggettivo alla birra bisogna/bisognava partire dall’Attore. Chi è il soggetto (il Diritto ci aiuta ad identificarli) che produce la birra?
è un artigiano? la birra è artigianale.
è un agricoltore? la birra è agricola.
è un birraiolo casalingo? la birra è casereccia.
e via dicendo…
Sono daccordissimo….
Quando c’è metodo artigiano(definiamolo) quindi genuinità e gusto(e qui si va sul soggettivo) allora c’è la birra artigianale…chiunque la produca!
NB: Unica eccezione me medesimo che ogni tanto mi cimento ma quel che vien fuori è ogni volta un offesa alla Birra con la R maiuscola 🙂
La parte commerciale di un birrificio Artigianale,purtroppo non è da sottovalutare,e secondo me un Homebrewer questo dovrebbe saperlo a priori.E poi definiamo anche la parola stessa,Home:CASA brewer:birraio cioè birra casalinga.Un birraio lavora per un azienda piccola o grande che sia….tutti le birre sono nate così in fondo no???La birra fatta in casa,benchè lo spirito possa essere lo stesso,è un altra cosa,risulta più vera anche quando viene male….secondo mio modesto e piccolo parere,si intende….
Io credo che l’esempio del cuoco calzi a pennello!!
WiWA il cuoco professionista che sa tenere alto il livello di un locale ma altrettanto…
WiWA la mamma che cucina bene solo x me…
A mio avviso è come domandarsi se un pittore è un pittore, o se un cantante è un cantante!! … La birra artigianale x me è birra artigianale!!
Però esistono prodotti eccellenti, mediocri, pessimi o 1000 altre sfumature…
Io mi sento di affermare che, seppur con obiettivi diversi, il lavoro di entrambi è arduo e per questo assolutamente degno di tutta la mia stima, se valevole.
Oltretutto non saprei scegliere chi dei due sia il più prode: da entrambi sicuramente esigo personalità!
Però non sottovaluterei tanto il lavoro del professionista: sicuramente l’homebrewer è un anarchico della birra e agisce come più gli pare e perciò lo stimo; ma al birraio va riconosciuto il fatto che “buona la prima!” (CIAK SI GIRA!) per lui non esiste!! … Con questo voglio dire che riuscir a fare un buon prodotto con continuità per me non è da meno!
E qui torno al cuoco professionista ed alla mamma: il primo lo apprezzo perchè tiene in piedi EGREGIAMENTE una cucina; la seconda pure perchè con 4 fornelli fa MIRACOLI!!
Scusa il mio italiano, sono um homebrewer brasiliano, dove anche cresce il movimento homebrew. Me piace moltissimo questo testo, perche anche noi abbiamo una produzione di birra artigianale che é venduta, ed una produzione casalinga. Ma mi sembra che il Brasile sta in quelli “primissimi anni della nascita della birra artigianale”, perche qui non esiste molto questa diferenza tra un produttore di birra artigianale ed un produttore di birra casalinga. Qui, la birra artigianale é la birra casalinga, ma é anche quela prodotta nele piccole fabbriche di birra. I miei complimenti. Ciao.
A mio avviso c’è molto poco di “artigianale” negli Homebrewer che utilizzano i malti preparati.
@giufandango Mi sa che devi documentarti un’attimino…..cosi come ci sono alcuni Micro che utilizzano gli estratti(si ci sono!), ci sono HB che utilizzano estratti, ma molti HB utilizzano le stesse procedure di un micro, partendo dalle materie prime acqua malti e luppoli, ovvero come come diciamo noi HB l’allgrain, alcuni come il sottoscritto con semplicissimi pentoloni, alcuni con impianti autocostruiti davvero notevoli.
Mi sa che sei rimasto un filo indietro.
E ti assicuro che ho assaggiato alcune birre di HB che sono davvero molto interessanti 😉
Sono implicitamente esclusi dal contesto.
Fin quando si usano i malti preparati c’è molto poco di artigianale, ma per il resto concordo con Andrea.
Un fattore da sottovalutare è anche la consapevolezza dell’HB e la sua conoscenza della birra, perchè molti ad esempio fanno una Stout per riprodurre la Guinness, o una lager perchè magari amano l’Heineken.
A quel punto la birra tecnicamente sarebbe artgianale, ma la filosofia che smuove l’HB ne sarebbe moooolto distante.
E ce ne sono moltissimi!
Non sono proprio d’accordo. Una birra “industriale” riprodotta in maniera artigianale mi sembra una fida di qualità 😀 E stili come le “lager” sono troppo trascurati da chi si preoccupa di sembrare artigianale.
Il problem nasce semmai quando se si vuole riprodurre una birra dal sapore pessimo (vedi altra discussione).
Credo che questo fosse il senso del tuo discorso.
CMQ di base andrebbe sempre capito cosa si intende per artigianale:
È artigianale brewdog? ma manco per niente;
È artigianale Närke? assolutamente sì.
Non è tanto un discorso di qualità.
BrewDog è artigianale, credimi. Il mashtun lo svuoto con le mie braccia, trasporto secchi con le trebbie di luppolo, mi sporco di lievito per inoculare 300 litri di lievito a 15 metri di altezza imbracato come uno scalatore. È fatto tutto a manina, senza controlli computerizzati. Se non è artigianale questo, dimmi tu cosa può esserlo. Nessun discorso sul fatto che piaccia o meno, ma ci tenevo a precisare che si fa tutto col sudore della fronte di 12 brewer.
Ci credo ma non era proprio quello il senso del discorso.
ok, qual era allora?
Penso che stai intepretando male quella che non era una critica.
Sicuramente l’a brewdog è uno dei migliori esponenti della scena craft mondiale, ma da qui a definirsi “artigianale” come si intende nell’italico suolo ce ne passa…
ah, beh. a differenza dell’italia non è così “craft”. ho capito il senso. già solo in termini di volumi in una settimana facciamo la produzione annuale di un birrificio medio-grande italiano.
secondo me bisognerebbe non usare più l’aggettivo artigianale.
un falegname è un artigiano, non certo ikea (o altri marchi).
per noi HB può avere un senso in quanto ti costruisci tuo impianto ecc…
ma per il resto mi sembra molto ridicolo usarlo anche per i microbirrifici.
parlerei di qualità non di artigianalità. poi se si usano impianti “industriali”/professionali chissene. l’importante è la birra.
e la differenza con birre industriali sono le materie prime usate, il ciclo di produzione (con partorizzazione o riuso delle trebbie per birre più economiche) e il fatto di creare un prodotto di qualità, non standardizzato.
spero di essermi spiegato.
complimenti per il sito
p.s. ovviamente ciclo di produzione riferito a birre industriali
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Se fossimo in un paese con regole certe ed uguali per tutti, la fantasia brassicola presente in ambito hb sarebbe presente tale e quale in ambito pro. Invece così non è, perlomeno non per tutti i pro distribuiti per la penisola (troppe dogane, asl e enti diversi per regione e mai in contatto tra loro). Per intenderci, se sono in casa a brassare una imperial stout e in bollitura mi viene lo schizzo di buttare dentro al tino un pò di glicine, oppure mezza bottiglia di Whisky, oppure due carrube oppure quello che preferite, lo faccio e basta. Poi starà a me dirlo a chi Berra la mia birra. Se sono in birrificio invece e scelgo di mettere il glicine o tutto il resto di prima all’ ultimo momento, o scelgo la latitanza burocratica (cioè lo metto e sto zitto, andando contro la trasparenza degli ingredienti in etichetta, la asl, le dogane, burocrazia varia ed eventuale e la fiducia della mia professionalità e serietà da parte del consumatore finale) oppure mi rendo conto d’aver fatto una calzata perchè tale ente piuttosto che talaltro l’avrebbero dovuto saperlo in anticipo. insomma, a parte l’artigianalità o meno, a parte gli strumenti più o meno professionali, a parte le quantità, ci sono un mare di registri cartacei e informatici, comunicazioni antecedenti ogni lavorazione, dichiarazioni, haccp, esperimenti falliti che costano, burocrati che non sanno neanche cosa siano le destrine e tante altre belle storie che un hb, fortunatamente, non dovrà mai incrociare nella sua (ipoteticamente lunga una vita) carriera spensierata.
“L’avrebbero dovuto sapere”… Scusate mi è partito un “lo” in più.
non capisco cosa centra problema burocrazia con artigianalità. nel senso in tutti gli ambiti lavorativi in italia esiste purtroppo la burocrazia.
secondo me siamo più artigiani noi HB dei birrai professionisti. alla fine le nostre birre sono uniche e difficilmente ripetibili visto che in generale non abbiamo un controllo preciso delle variabili.
insisto bisogna parlare di qualità per differenziare tra microbirrifici e industriali.
tipo marchio doc o robe simili.
cosa ne pensate?
Penso che l’HB resta un hobby più che un lavoro artigianale.
Se possiamo definire artigianale una statuetta del presepe intagliata nel legno e venduta a 25 euro dal simpatico artigiano della maremma, o la cintura in cuoio tagliata a mano dall’artigiana vicentina, l’unica differenza con l’artigianale dell’HB è che l’homebrewer non può vendere la sua birra.
che non sia un lavoro è ovvio. che sia un hobby è altrettanto vero.
va be secondo me c’è un uso della parola artigianale che non è corretto.
però non vorrei uscire dal tema dell’articolo.
Infatti, nella fonte da cui ho attinto per scrivere le mie considerazioni, si parte dalla parola “craft” e si valuta se si può estendere il significato anche alle birre fatte in casa.
Penso sia meglio che dire artigianale, così da togliersi almeno questo problema.
Sul controllo delle variabili, nell’homebrewing è scarso e la ripetibilità può venire a mancare, anche se non sempre significa che viene a mancare anche la qualità. Nel mondo dei microbirrifici, pur essendo più facile controllare le variabili, la qualità è spesso costante ma non mancano certo situazioni fuori dal controllo…
La burocrazia con l’artigianalità in generale quasi niente. La burocrazia con la differenza tra hb e pro tantissimo. Comunque il mio discorso ha come topico la differenza tra un homebrewer ed un birraio professionista. L’ artigianalità l’ho solo menzionata, contestualizzandola.
Anche una macchina in fiat ha del lavoro manuale. Ma nn dico è artigianale. Ma nn penso sia un di meno. È solo una questione di termini e del loro significato. È qui da noi spesso la questione non è chiara. Tutto qui.
Salve a tutti, sono un homebrewer. Credo che definire una birra artigianale ha poco senso. Mi spiego meglio, non capisco come possa essere un valore aggiunto del prodotto finale; a chi importa se un ottima birra è stata brassata in un tino da 100 litri con movimentazione manuale o in un tino da 2000 litri automatizzato?! Rimarrà sempre un ottima birra! Sarebbe più importante fermarsi sulle materie prime che la compongono, e distinguere la birra “di qualità” dalle altre.