Se la birra è la vostra bevanda preferita molto probabilmente il pub è il tipo di locale pubblico che visitate più frequentemente. Nei paesi anglosassoni è una vera istituzione sociale, ma lo stesso non si può dire dell’Italia, dove l’idea britannica di birreria è stata importata solo negli ultimi decenni. Non è un caso che il concetto di pub nel nostro paese sia evoluto rapidamente, acquisendo caratteristiche del tutto proprie o comunque ben distanti da quelle delle tradizionali birrerie inglesi. Il boom della birra artigianale ha poi fatto il resto, favorendo la fusione con elementi inediti e velocizzandone l’evoluzione a diversi livelli. Gli stessi pub incentrati su prodotti di qualità hanno cambiato pelle in pochi anni, al punto che in questo breve lasso di tempo diversi tratti distintivi sono comparsi o scomparsi con rapidità impressionante. Oggi percorriamo insieme questi cambiamenti…
Arredamento
Il tempo della dittatura dei (finti) Irish Pub è ampiamente concluso. In passato il pub doveva ricordare sin dall’aspetto la controparte anglosassone, per calare il cliente in un ambiente appartenente a un’altra cultura. Oggi che l'”andare al pub” è diventata un’attività consolidata nella società italiana, non esiste più l’esigenza di allinearsi a simili caratteristiche estetiche. Certo, gli Irish Pub non sono scomparsi, ma accanto ad essi sono nati locali con identità proprie e ben definite. Talvolta sono addirittura chic: il concetto di birreria è riuscito a emanciparsi da connotazioni negative, elevandosi a un livello superiore. Oggi esistono pub esteticamente “fighetti”… un decennio fa probabilmente erano anche semplicemente impensabili.
Elementi informativi
Fino a non troppi anni fa sapevi che se saresti entrato in un pub con birra artigianale avresti trovato ad aspettarti la carta delle birre. Appena ti mettevi seduto la cameriera ti lasciava un pesante tomo con l’elenco delle birre alla spina (ed eventualmente in bottiglia), corredate di lunghe descrizioni su storia e aspetti organolettici. Oggi questo elemento sta rapidamente scomparendo, sostituito da il nuovo oggetto identificativo dei pub: la lavagna delle birre. L’avvicendamento tra questi due elementi informativi è dipeso da diversi fattori: più frequente rotazione delle birre disponibili, numero crescente di spine, maggiore consapevolezza da parte dei clienti. In pochi anni abbiamo dato il benvenuto e l’addio a un tratto tipico dei pub con birra artigianale: questo forse è l’esempio più evidente della rapida evoluzione della birreria di qualità in Italia. Riflettendoci, non so quanto essere felice della costante scomparsa del menu delle birre. Voi che ne pensate?
Cucina
Per nostra fortuna i tempi in cui nei pub potevamo trovare solo pessimi snack o panini dal dubbio gusto sono finiti. L’introduzione di birre di livello superiore ha aperto la strada alla commistione con una cucina di qualità, fino a raggiungere il (gustoso) estremo di abbinamenti studiati appositamente. In un articolo che scrissi circa un anno fa sull’ibridazione del concetto di locale birrario, citai proprio il connubio cibo – birra come un tratto saliente di questa evoluzione. Non solo la birra artigianale è entrata nei menu dei grandi ristoranti, ma ha favorito un ripensamento dell’offerta gastronomica delle stesse birrerie. Negli ultimi anni sono comparsi innumerevoli esempi in questo senso, che hanno fondato il loro successo proprio su un discorso del genere. A noi appassionati non resta che godere di tutto ciò, sperando ovviamente che non si speculi su uno dei fenomeni più rivoluzionari di sempre nel settore.
Impianto di spillatura
Negli ultimi anni sempre più frequentemente vediamo la comparsa di locali con impianti di spillatura proprietari, in contrapposizione al precedente trend dei pub con impianti in comodato d’uso. A fronte di un investimento iniziale più impegnativo, l’impianto di proprietà garantisce molta più libertà al publican ed è realizzato in base alle esigenze di quest’ultimo. La differenza non è secondaria: se oggi trovate birrerie con tantissime spine e una rotazione di birre ampia ed eterogenea, ciò avviene perché il locale ha a disposizione un impianto proprio. Anche la presenza delle handpump inglesi è un fenomeno abbastanza recente, che segna un curioso ritorno al concetto di pub anglosassone, ma in un aspetto assolutamente apprezzabile e genuino.
L’unico aspetto che in questi anni non è cambiato sono i bagni, in alcuni casi persino peggiorati 🙂 . Scherzi a parte, siete d’accordo sul modo in cui sono cambiati questi elementi? Ne avete notati altri?
Concordo con l’articolo e aggiugno dicendo che questi nuovi pub sono frequentati da una clientela sempre più varia, cosa che in passato non si verificava, rendendo l’ambiente più tranquillo e godibile.
C’è da dire però che la concezione britannica è a mio avviso ancora lontana… Forse i loro pub si avvicinano di più ai bar di paese (ovviamente non per la qualità dell’offerta, ma come punto di aggregazione).
Yes, direi che il corrispettivo sociale del pub è proprio il bar. Anzi, un ibrido tra bar e chiesa 😉
Potremmo trovare la giusta via di mezzo… Una chiesa con l’impianto di spillatura
sono giusto di ritorno da Londra e lì ho constatato che i pub sono un punto di aggregazione, non solo degli esercizi commerciali di ristorazione. Le persone dopo lavoro (che mi è sembrato finisse alle 17, non alle 18 come da noi) vanno al pub sotto casa, di quartiere, e fanno due chiacchiere con gli amici mentre sorseggiano birra. Ho visto pub alle 18 stracolmi di persone molte delle quali si capiva perfettamente che avevano finito appena di lavorare (giacca e cravatta con cravatta allentata e camicia sbottonata). Da noi questo avviene poco, l’unico pub dove ho visto una situazione del genere è il “Ma che siete venuti…”. La situazione inglese mi è piaciuta molto, aiuta sicuramente e socializzare e a rilassarti con gli amici dopo una bella giornata di lavoro, che è molto meglio che andare a casa e mettersi davanti alla tv da solo o al più con mogli e fidanzate.
Amen
La carta delle birre: sono convinto della sua utilità soprattutto se dettagliata (non prolissa) e di facile comprensione per il cliente. Le lavagne sono utili ma, spesso, sono ad uso e consumo di chi conosce in maniera approfondita il panorama brassicolo. Visto che sono entrambi strumenti di marketing e commerciali, in quanto tali devono essere realizzati nella miniera migliore possibile (per degustatori esperti e non), perchè aiutano l’avventore a capire e il publican a vendere il prodotto.
Il problema della carta delle birre è che spesso risulta una gabbia per la rotazione delle stesse.
Io dico lavagna tutta la vita. All’estero è abitudine centenaria; per fortuna ci siamo arrivati anche qui.
Concordo perfettamente, al massimo la si può avere per le bottiglie.
Concordo sin quanto detto,e commentato,però alle volte dipende ancora molto dal luogo dove tali pub nascono.
Per esempio, dopo aver visto quello di Mikkeller a Kobenhavn,credo sia impensabile riproporlo qui,visto che a””prendere””una birra,molte volte,le si associa un cibo/hamburgher.Attenzione parlo di struttura del locale non a numero di spine o presenza di lavagne/menù.
Non ho capito bene a cosa ti riferisci, io trovo il Mikkeller bar un posto leggermente asettico, ma oggettivamente sarebbe un posto con fila da 200metri se proposto da noi…In particolare a Roma.
Del resto credo che l’evoluzione dei pub sia andata di pari passo con il cambio di mentalità degli stessi consumatori, la collocazione nell’alta ristorazione voluta da anni da alcuni birrifici ne ha sicuramente ampliato il target di clientela, stravolgendo il concetto di birra che è sempre esistito nel nostro paese…Vedo che la birra artigianale, grazie a un gusto e (perchè no) ad un immagine più accattivante, ha coinvolto sempre più un pubblico femminile ed è sicuramente entrata a gamba tesa nelle preferenze di classi sociali benestanti…In molti casi spodestando nelle loro tavole il vino…
Personalmente trovo l’esempio del Bir&Fud creato con Leonardo, un esempio che mi ha dato molto da riflettere su dove il mercato stava virando…era il 2007, sembrerebbero 20 anni, e ancora ricordo con tenerezza tutta la gente seduta al tavolo (in particolare le categorie sociali di cui sopra) esclamare “Menabrea!” quando dicevi a loro che servivamo solo birra artigianale italiana…Ora le stesse persone sono preparatissime in merito, e per molte nuove aperture birrarie la fatica (ma anche il piacere) di comunicare, passa in secondo piano, tanto la birra artigianale va da sola…O forse “tanto se bevono tutto” 😉
“Magari” tutti i posti fossero come Roma!
Attenzione perché fuori dal epicentro della capitale c’è ancora molta ignoranza birraria nonostante il boom degli ultimi anni!
Per farti un esempio io aspetto ancora il primo locale birrario nella mia Asti: una città e forse una provincia intera senza una birreria degna di essere chiamata tale!
Ci fosse qualche socio appassionato coraggioso…
ps. Andre quoto tutto il post!
va di pari passo con il definire lo stile di birra italiana.
essendo tutto in fermento c’è spazio per qualsiasi idea.
a mio parere però la qualità del rapporto birra-cibo che si sta offrendo in italia ha ormai superato diverse patrie storiche birrofile grazie sicuramente al nostro gusto
una cosa non cambierà mai…il bagno è sempre in fondo a sinistra
ps:anche da mikkeller
“Il cesso è sempre in fondo a destra” Giorgio Gaber
🙂
I bagni di “Crudo” erano fra i più agibili di Roma centro!! Bene a fatto l’Open a mantenerli!! (peccato solo che hanno levato i Playboy anni 60 🙂 )
Beh il concetto di “chic” per un pub mi terrorizza anche perché può essere un modo per venderti birre “artigianali” a prezzi assurdi. Certo non si può pensare di portare “pub” inglese qui. Da noi si mangia e si vuole varietà! Comunque ritornando alla birra va bene la lavagna ma spesso la carta delle birre è piena zeppa di prodotti che poi non sono fruibili (io spesso mi alzo e vado a vedere direttamente in frigo). Ma oggi quanti giovani sono disposti a bere birra con cultura? (oggi li vedo cercare solo birre forti o addirittura andare in birreria e prendere red bull o schifezze tali).
L’open è chic e vende pinta americana a 5 euro.
Come il Birfud Open sceglie pinte da 33cl, la pinta americana è un’altra cosa…Mi piace darti sempre contro…Ma ogni volta sei così assolutista nelle tue affermazioni in maniera eguale all’erroneità delle stesse.
Spezzo una lancia invece sui “giovani disposti a bere birra con cultura”: è vero che nella stragrande maggioranza dei casi si cerca altro piuttosto che il buon bere, ma nell’ultimo paio d’anni c’è da constatare una voglia di ricerca da parte soprattutto delle generazioni più giovani, con ottimi risultati…Spesso sorprendenti. Penso che sia un problema di possibilità di scelta, oggi Roma ricopre il territorio con 50 beershop e numerosi pub dedicati alla birra artigianale, e per il consumatore è sicuramente più facile avvicinarsi a un prodotto diverso, appassionarsi oppure semplicemente incuriosirsi…E sono certo che il fenomeno della capitale è facilmente ripetibile ovunque.
In veste di rappresentante della categoria “giovani che cercano di bere bene” confermo quanto detto!
Se si pensa alla carta del kulminator vale la pena di avere una carta delle birre ( anche in piccolo l’ottavo nano) ma come tutte le cose deve essere fatta accuratamente….
Sì, poi passa la ASL e ti spacca il didietro perchè vendi birre scadute…
Ti hanno cercato quelli dell’ASL per la De Eylenbosch Gueze del 1984 ( o forse 1986??) ?
No, perchè sulla lista non ho un prezzo di vendita, ma potrebbero farti dei problemi…Certo, l’ipotesi è veramente remota, ma plausibile. L’Italia è così.
Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109
Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396 CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari.
(Gazz. Uff., 17 febbraio, n. 39 – Suppl. Ord.)
Articolo 10 termine minimo di conservazione
punto 5
lettera “c”
Ciao Paolo, Ciao Emanuele 🙂
Ottimo Yuri, sempre sul pezzo!!! A presto spero!
Confermo purtroppo che la situazione piemontese è molto lontana da quella romana. Anche Torino non brilla certo per i suoi Pub (salvo il solito Piper….e forse basta). Qui si lotta quotidianamente con RedBull e Vodka e i clienti se non hai la Corona (e non ce l’ho!) ti domandano indignati che razza di birreria è! Cuneo e provincia poi sono disperati. Salvi il Baffo d’oro, i vari microbirrifici bewpub (che spesso poco hanno al di fuori della loro produzione), i locali Baladin ed ora il Terzo tempo ad Alba. Pub ve ne sono tanti, ma la lista delle birre è fotocopiata a seconda del distributore. Nonostante cartelli, menu e lavagne, il lavoro da fare per uscire dalla “media bionda” è ancora tanto, ma ce la faremo!
Ciao Lelio,
il Piper di Torino proprio non riesco ad apprezzarlo… ci saranno 200-300 bottiglie diverse ma la conoscenza e la comunicazione da parte del personale è nulla, immagino quanti leggendo la lista tra “Corona” e “Smisjie” scelgano la prima, visto che nessuno ti spiega che differenza c’è.
Piuttosto molto meglio Orobirra del buon Dieghino. Anche se non ha ancora ingranato al 100% con la frequentazione.
il piper è buono come beer shop visto che ha delle cose praticamente introvabili in altri posti (il fatto che stia parlando di Flying Dog la dice lunga), orobirra è regolare, dieghino un grande..ma la temperatura delle spine è sempre troppo bassa
piano piano sta ingranando comunque
Quando ci facciamo un beer tour per Torino?? cosi mi aggiornate sulla situazione. Comunque che su 1 milione di abitanti si citino 3 locali (e con dei limiti) mi pare dimostri quanto lavoro ci sia da fare e quanto poco recettivo sia il Piemonte e Torino in particolare.
Lelio tieni durooooo!!!!
Io davanti alla richiesta di una cachaca o una khalua,li stronco subito:
“Qui siamo MONOTEMATICI: no cocktails, no vino, no aperitivi!”
… “Ma a me non piace la birra! Come faccio???”
…”Gira l’angolo e troverai un locale che esaudirà qualunque tuo desiderio!”
….”Mi fai una panaché??” …”Guarda, non vendo Sprite proprio per non rischiare di fare certe porcherie!!!”
Oggi, in “quei di Milano”, trovo gente molto più preparata; anche i giovani devo dire, abbandonata la mentalità di “quella che sconvolge di più tipo
Super-Tennent’s”, sanno darti enormi soddisfazioni!!
Lelio tieni duroooooo
Ah! … La Corona? ….Solo alla Regina!!
Il Pub è il coefficiente di soddisfazione delle mie bevute.
Meglio sto nel locale, migliore è la compagnia (conosciuta o appena incontrata) e migliore è il servizio meglio bevo. Perchè la maggior parte delle volte beviamo, non degustiamo spaccando tutto in quarti. O per lo meno così mi piace fare.
E ammettiamolo: una Tourtel con Samantha Fox io me la berrei. A canna.
Ma tanto è lesbica. Ah..ma dicevi per dargli la bottiglia…
…. Qui vorrei aggiungere che anche i cessi ahimè, sono coefficienti delle migliori e più soddisfacenti bevute!!! …. Sfido chiunque ad entrare da noi alle 18.30 e dire che il bagno fa schifo, certo che poi più passa il tempo e più il degenero è evidente!!
Il movimento dei pub indipendenti secondo me è la chiave di molte cose, è chiaro che i gestori scelgono in funzione della loro cultura e non è semplice rinunciare ai finanziamenti di multinazionali e grossi gruppi di distribuzione. Penso però che potremmo fare di più noi tutti per sostenere il valore anche culturale della scelta di essere indipendenti e che ciò potrebbe portare ad un incremento consistente dei volumi di birra artigianale venduta in questo segmento di mercato, ed anche ad una qualificazione dell’offerta, perchè è difficile vendere birra artigianale se non hai un minimo di cultura birraria dietro..
ieri sono tornato da bruxelles,molti dei migliori locali hanno le spine scritte sulle pratiche lavagne.di più credo non si possa fare, per dare al gestore la libertà di cambiare l’assortimento quando crede.
la carta delle birre in bottiglia invece è divisa in:chiare amare,chiare dolci,scure amare ,scure dolci.secondo me questa insieme al grado alcolico e’ già una buona indicazione per un neofita che si avvicina al settore.