Con il post di oggi vorrei tornare per l’ultima volta su Birra dell’anno. “Ancora?” direte voi, e non avreste tutti i torti. Ma stavolta non voglio analizzare i risultati e commentare le medaglie, bensì verificare se esiste una “morale” nascosta nelle varie edizioni del concorso organizzato da Unionbirrai. Fino a oggi infatti non sono mancate le sorprese, aspetto confermato anche dalla cerimonia di sabato scorso. In un’iniziativa del genere la variabilità è dunque molto elevata, eppure se consideriamo tutte le passate edizioni del contest è probabile che riusciamo a trovare delle costanti, dei dati capaci di offrire con maggiore certezza uno spaccato dell’Italia birraria degli ultimi anni. E ciò che emerge è molto interessante.
Il dato più interessante da analizzare nel nostro tentativo di ridurre l'”entropia” del concorso è il premio Birrificio dell’anno. Questo riconoscimento infatti non è arbitrario, ma dipende dal totale dei punteggi ottenuti da ogni produttore con le sue birre. Nel regolamento di quest’anno, ad esempio, sono stati assegnati 6 punti alle medaglie d’oro, 3 agli argenti e 1 ai bronzi. Il risultato, come abbiamo visto, è stato il trionfo di Baladin. Se la variabilità entra in gioco per singoli piazzamenti – magari ho beccato una cotta particolarmente fortunata e ho vinto un insperato oro – essa si riduce nel caso in cui la valutazione insiste su tutte le categorie (e non sono certo poche) nella loro totalità . Se poi estendiamo l’analisi alle varie edizioni, questa caratteristica si amplifica ulteriormente.
Detto questo, di seguito riporto i vincitori del premio Birrificio dell’anno delle ultime edizioni: Baladin (2008), Ducato (2010), Ducato (2011), Birrificio Italiano (2012), Baladin (2013). Spesso il concorso è criticato perché non c’è rispondenza tra le medaglie e le birre che l’opinione pubblica ritiene essere migliori nel panorama brassicolo. Eppure, come possiamo vedere, i birrifici qui riportati sono tutti nomi storici, con un presente e un passato glorioso. Inoltre due di questi si sono aggiudicati il riconoscimento due volte, confermando quindi una certa continuità di valutazione generale. L’ampia variabilità citata all’inizio è nella fattispecie ridotta in modo drastico, con buona pace di chi sostiene la non autorevolezza delle opinioni dei giudici.
Ma in questo post non voglio difendere la bontà di un concorso nel quale in passato ho partecipato in prima persona e che secondo me non ha bisogno di avvocati della difesa. Riprendendo invece l’analisi di partenza, negli anni mi ha colpito il modo in cui i birrifici citati hanno conquistato il suddetto premio. Cioè spesso con birre particolari, lontanissime da quelle di tutti i giorni. Prendiamo le medaglie di Baladin quest’anno: Xyauyù Barrel, Lune, Terre e Leon. A parte l’ultima (che comunque è una natalizia, non certo una “chiara da battaglia”), le altre sono produzioni complesse da molti punti di vista, nonché non propriamente a buon mercato.
Mi si potrebbe ribattere che Baladin negli anni si è specializzato in queste creazioni, ma il punto potrebbe essere proprio questo. Comunque andiamo oltre… Nel 2012 il premio andò al Birrificio Italiano, che può essere considerato uno dei produttori che più di tutti puntano su birre quotidiane. Nonostante i piazzamenti di Tipopils e B.I. Weizen, la vittoria arrivò grazie a Scires, Cassissona e BRQ SC#3. All’epoca il risultato mi sorprese parecchio e lo sottolineai con decisione.
Il dominio del Ducato nel 2011 si manifestò con gli ori di Via Emilia e Chimera, ma anche con i piazzamenti di Wedding Rauch, L’Ultima Luna, Black Jack VIS e Luna Rossa. A parte le prime due, le altre sono tutte birre insolite. In certamente numero maggiore furono le medaglie di birre “normali” nel 2010, ma anche in quell’occasione furono premiate diverse produzioni particolari. Nella vittoria del 2008, infine, Baladin confermò la sua ottima predisposizione per prodotti speciali.
Dobbiamo dunque pensare che i birrifici italiani più blasonati hanno negli anni spostato la loro attenzione verso birre inusuali? È una lettura che inizialmente mi ha intrigato e probabilmente non è del tutto errata. Tuttavia c’è una variabile ben più importante, come ha sottolineato Angelo sul suo Berebirra: in tali categorie la concorrenza è decisamente minore. Birre di questo tipo possono infatti essere realizzate con continuità solo da birrifici che hanno raggiunto da tempo una certa costanza produttiva. Richiedono spesso che il prodotto rimanga invenduto per mesi o anni (ad esempio per affinamenti in legno), oltre a necessitare di strumenti e tecnologie particolari. Non sono quindi ad appannaggio di tutti, ma solo delle aziende più grandi e strutturate.
Come si chiede Angelo è quindi giusto considerare le medaglie di queste tipologie alla stregua di stili più “normali”? La domanda è lecita, perché il consumatore cercherà un riscontro del premio Birrificio dell’anno acquistando le birre base di quel produttore, non quelle speciali. Tuttavia in termini assoluti non ha senso valutare un birrificio peggio di un altro solo perché specializzato in prodotti particolari. Una soluzione potrebbe essere quello di prevedere un premio aggiuntivo, alla stregua di quanto fa la guida di Slow Food con il riconoscimento “birra quotidiana”.
Per concludere ho fatto un giochino. Ho ricalcolato il premio Birrificio dell’anno 2013 prendendo in considerazione solo gli stili da tutti i giorni: no birre barricate, no affumicate, no acide e via dicendo. I risultati sono stati i seguenti: oro a Statalenove con 13 punti, argento a BAV con 12, bronzo a pari merito a Brùton e Rolio Beer (9 punti). Se aumenta la concorrenza, emergono birrifici meno quotati (o vere e proprie sorprese). Secondo voi questo cosa significa?
Ci sarebbe anche un altra constatazione da fare.
Un produttore può presentare anche più di 20 birre piazzandole in varie categorie ed avere maggiore possibilità di podio, rispetto ad un produttore piccolo che presenta 3 birre e magari centra il podio con tutte e 3.
Secondo me l’assegnazione del birrificio dell’anno dovrebbe essere fatto in proporzione ai podi e birre presentate.
Sì ma allora dovrebbe distribuirsi equamente in tutte le categorie, cosa che non avviene.
otterresti come risultato che ogni produttore iscriverebbe solo i propri cavalli di battaglia diminuendo il numero complessivo di birre presenti
Significa che c’è qualche errore di metodo……io sono d’accordo con te si dovrebbe dare pesi diversi per categoria….
Otretutto occorrerebbe porre un limite al numero di birre iscrivibili al concorso….se uno ne iscrive 50 cosa succede (anche se il concorso è organizzato per tirar su del danaro)?
Questo lo scrivo solo per analisi metodologica e per rompipallismo….anche perchè ai concorsi non partecipo più….e me ne vanto…..
e per quale motivo pesi diversi? le IPA sono più simpatiche dei BW?
Ricci
quante birre sono iscritte nella categoria Ipa-otetica delle IPA? Quante nella Categoria dei Barley Wine? Se un Birrificio presenta 15 BW su 20 che facciamo?
In una categoria numerosa “probabilmente” la % di successo è inferiore….
Quanto pesa questo sulla considerazione di essere Il Birrificio dell’Anno?
Altrimenti non ha valore…….o meglio magari uno vince il titolo di Birrificio dell’anno che magari fà il 90 % di prodotti di merda e poi ho 4 BW della Madonna….. Il tutto sinceramente mi dà da pensare….
Qualche peso dovrebbe essere dato ….almeno nel caso del Miglior Birrificio….
sei tu quello in UB, proponi un metodo di ponderazione se trovi qualcosa che non rasenta la follia. secondo me ci tireresti fuori un regolamento da suicidio
poi ovviamente qualche idea per ponderare un premio assegnato su 4 BW si può trovare eh… cmq Baladin ha vinto un oro anche con la Leon eh. e non so se chi si è piazzato secondo magari poi non fa pietà sulle altre birre che non ha classificato. si può fare qualche correttivo, ma l’optimum non esiste, forse ponderare il voto per il rapporto fra numero di birre nella categoria e numeri di birre totali del concorso, senza però penalizzare troppo il BW della situazione, è ovvio che saranno sempre la metà delle IPA e non vorrei che si finisse per premiare solo chi trionfa in questi stili più di “massa”
Nel 2007 vinse l’Italiano, mi sembra….
Ma che senso ha eccellere in produzioni particolari quando non si è in grado di brassare una pilsener, una bitter, una tripel o una saison?
Per ora in Italia soltanto Giovanni Campari ha dimostrato di saper padroneggiare con uguale maestria tutti gli stili, semplici o complessi che siano.
Aggiungo che le birre di nicchia, salvo rari e comprovati casi, sono one-shot o le prime cotte, non produzioni costanti sul mercato da anni. Se al GABF vince, per dire, Stone con Arrogant Bastard, sai che è quella che trovi anche al supermercato coreano nella Death Valley. Le nostre produzioni “particolari” sono veramente particolari, fatte per stupire per alcol, luppolo, legnosità , acidità e quanto la natura benigna ha regalato a quel batch fortunato. Discorso a parte per i big come Teo che producono Lune da anni
è praticamente quello che già dissi nel lontano 2011…
http://sergioriccardi.altervista.org/?p=203
Dato che dietro all’eventuale motivazione della scelta dei più storici dei birrifici di beccare premi spesso con birre “speciali” può esserci – come sostengo e come tu appoggi, Andrea – anche una motivazione legata alle dimensioni dei suddetti birrifici, credo non sarebbe male il modello del GABF, dove ogni birrificio gareggia nelle categorie di riferimento (Small Brewpub / Small Brewing Co. / Mid-Size Brewing Co. / Large Brewing Co.) .
In questo modo si eviterebbe di discriminare uno stile dall’altro e si gareggerebbe ad armi quasi pari.
Ovviamente la formula ideale non la si troverà mai…
Scusami Angelo in Italia secondo me tra i pochissimi produttori molto grandi e la miriade di piccoli rischieresti di non riuscire a formare le categorie. Borgo e Baladin praticamente farebbero gara a 2.
Ho sparato, non è una proposta vera ma uno spunto e comunque non mi riferivo a quel tetto dei 10 hl ma ad una qualsiasi suddivisione in macro-fasce, visto che la realtà dei micro è disomogenea in termini di dimensioni e produzioni.
Per me il birrificio dell’anno non deve essere preso in considerazione solo sulle cotte che porta a birra dell’anno, ma su quello che produce e vende durante l’anno…. che è leggermente diverso….
I nomi in questo caso sarebbero diversi sia rispetto al concorso reale, sia rispetto alla tua classifica Andrea…..
ma secondo te è praticabile? ma insomma, qualcuno vuole fare un discorso serio senza utopie lunari? nemmeno il CIBA del Polli che compra le birre nei negozi assaggia tutte le cotte di tutti i birrifici durante l’anno. ma cosa pretendete da un concorso gente?!?
Assolutamente non si puo’ provare tutta la birra prodotta, ma almeno come fanno nel CIBA prendono birra destinata alla vendita e non brassata per concorsi… era questo il senso.
Testare la birra di tutti i giorni, quella che il pubblico beve…
E’ ovvio che non intendevo bere tutte le cotte… pensavo di essermi spiegato….
Se un birrificio porta una cotta a posta per il concorso, quando poi fa uscire birra di dubbia qualità per la vendita non dovrebbe meritare premi…..
Vuol dire che i piccoli ( come me ) che producano birra da 4 anni stanno arrivando! E poi non voglio dire altro…saluti
Interessantissima analisi la tua Andrea.
Nulla da eccepire, nelle birre artigianali normali si ha lotta e novità dei birrai, nelle tipologie di nicchia invece i grandi nomi che hanno fatto la storia sono maestri, vero.
A questo punto andrebbero cambiate le regole di partecipazione. O no?
Alla fine va bene così, ci sono i premi, li si commenta, si dice che era meglio quell altro birrificio, l’ importante è che non entrino nei concorsi Unionbirrai, ADB e affini i grandi marchi dell’ “”Eccellenza” italiana…
Indipendentemente dal ricalcolo, che ci sta, la cosa che mi domando é come sia possibile che un giudice beva 130 birre in 2 giorni e soprattutto che cosa potrà mai sentire dopo tutte ste birre?
Ho provato tutte le birre vincenti e ragazzi… ce ne sono alcune arrivate addirittura prime, che sono ben lontane dalla qualità prevista per una birra che vince !
Bo..