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Idee per un Natale gastronomico alternativo (con la birra)

Il Natale, si sa, quando arriva, arriva. I quindici giorni delle festività natalizie, per chi è appassionato di enogastronomia, sono un regalo straordinario, gradita occasione di (ri)provare i piatti più succulenti e opimi delle tradizioni familiari, godendoseli senza necessità di produrre recensioni e senza gli antipatici dissapori delle settimane lavorative. La scintillante e variegata cucina italica di stagione s’è cementata su una storia di ricette, da sfoggiare e sacrificare agli onori delle cronache familiari, in grado di unire gli ingredienti della povertà con quelli che, con un sacrificio da ultimi giorni dell’anno, si reperivano per innalzare la nobiltà dei piatti. Ecco allora una breve selezione di piatti, estratta qui e lì della nostra stupefacente tradizione regionale, abbinata alla “blasfema novità” delle birre: pazienza se anche a voi, a tavola, toccheranno le figure sociologiche del dubbioso, del polemico, del tradizionalista e, quella più divertente, del parente che insinua competenze vinicole. Chi ama la birra, in questi casi, in un paese come l’Italia, può vivere attimi di smarrimento alcolico. Dureranno pochissimo: evitando poco natalizi momenti di singolar tenzone tra chi difende “il figlio dell’uva” e chi “la figlia del grano”, come in una vecchia discussione di appartenenza a DC o PCI, con i fatti vi prenderete una gustosissima rivincita.

Iniziamo con delle pittule (frittelle di pasta lievitata tipiche della Puglia) cavolfiore e alici, da abbinare con una birra che possieda le necessarie capacità sgrassanti della CO2, un corpo niente più che presente e un’aromaticità che possa completare quella del condimento del piatto. Abbiamo dunque pensato ad una cream ale, come la Terzo tempo di Argo, oppure l’ottima Bianca, blanche dello storico Bruton.

Proseguendo, due primi piatti agli antipodi: polenta di mais bianco perla con stoccafisso e pasta con le sarde. Il primo un simbolo del biancomangiare e della povertà contadina veneta, tipico della Vigilia, a cui possiamo accoppiare una extra stout, per far incrociare i toni moderati e scuri della birra con le note umami e a tendenza dolce della portata, oppure una APA stile Sierra Nevada, dove c’è l’accogliente morbidezza (del caramello) e le doti dei luppoli vengono usate per suggestionare il naso e chiudere con giustezza il sorso, senza procurare astringenze fuori luogo. Il secondo, celebrato piatto siciliano di matrice araba, gioca sul contrasto dolce-salato e prende una spinta aromatica grazie alle spezie e alla frutta secca: una maltata e affidabile Munich Dunkel saprà certamente valorizzarne gli aspetti più interessanti.

Sui secondi, opzione infallibile è il romanissimo abbacchio al forno con carciofi, menta e una grattugiata di pecorino che affidiamo alle cure alcoliche della rotonda e prestante scotch ale di Birrificio dell’Aspide, la Gairloch, dal sorso avvincente ed equilibrato con un finale dinamico e secco. Ma ci sentiamo di proporre anche un animale acquatico poco considerato, l’anguilla. A Napoli è vero piatto simbolo, O’ Capitone, la femmina della specie: essendo simile a un serpente, il capitone simboleggia la vittoria degli uomini su Satana, che assunse la forma di questo rettile per tentare Eva. Fritta e normalmente servita con insalata di rinforzo, gode dell’accompagnamento di una oude geuze, acida e frizzante, con carattere e grande lunghezza aromatica.

La chiusura del pasto è con il classico e intramontabile panettone, dolce originariamente meneghino, ma ormai divenuto in tutta Italia simbolo del Natale: la raccomandazione è quella di investire nelle versioni autentiche, realizzate da fidati artigiani, più che spendere pochi euro per delle squallide imitazioni industriali. Le opzioni di abbinamento sono numerose: potete scegliere tra le numerose Christmas ale in commercio in questo periodo, evitando però quelle che insistono su malti scuri ed eccessive opulenze tattili, preferendo invece quelle che puntano su personalità e presenza, sì, ma con dolcezza e speziatura dosate. Altra opzione, vintage e leggermente fuori dal coro, la vigorosa, amabile, abbracciante (e non dolce) Biere de miel, di Dupont.

Piccola postilla dedicata alla serata di San Silvestro. Tradizionalmente l’anno chiude e principia con l’immancabile cotechino e lenticchie, simbolo di speranza monetaria e fortuna pingue: se arriverete sufficientemente lucidi, il caldo consiglio è quello di accompagnarlo con una (purtroppo rara) foreign extra stout, carbonata, corposa, torrefatta e alcolica.

L'autore: Roberto Muzi

Docente, degustatore e consulente di settore. Classe 1980, appassionato di fermentazioni e di tutto ciò che riguardo quello straordinario micromondo abitato da lieviti e batteri, è responsabile regionale per la Guida alle birre d’Italia di Slow Food Editore e giurato in alcuni concorsi nazionali. Ama leggere e bere birra mentre segue il calcio: una semplice scusa, sciocca e inossidabile, per foraggiare il consumo pro-capite italiano.

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