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Piatti e street food di Palermo: come accompagnarli con la birra artigianale

Palermo è una città che ammalia. Nonostante un impatto estetico non sempre immediato, prontamente percettibile, possiede il fascino decadente di alcune città portuali, ma con un’originalità tutta sua e picchi di splendore non comuni. C’è tanto di vissuto stratificato, frutto di passaggi di civiltà, culture e influenze e, naturalmente, a livello gastronomico questo incessante meticciato non poteva non avere degli effetti (positivi), producendo un aumento di possibilità dei menu (costruiti sia avvalendosi delle risorse alimentari marine che di quelle terrestri) e ispirando creazioni e ibridazioni, oltre alla particolare ricchezza del cibo di strada (su cui torneremo). Oltre a un’invidiabile offerta gastronomica, a livello regionale si registra anche una crescita confortante dal punto di vista brassicolo: negli ultimi 3-4 anni il settore ha infatti mostrato un’apprezzabile vivacità, spesso valorizzando l’utilizzo dei tanti grani da varietà antica di cui l’isola è storica e preziosa miniera.

Antipasto: caponata

Apriamo il desco con la caponata, nella versione più nota, in cui prevale la melanzana. Piatto celebre, e giustamente celebrato, semplice e gustoso, uno dei veri simboli dell’estate. Per l’abbinamento, potremmo optare per una Munich Dunkel o Helles Bock: di entrambe sfrutteremmo la morbidezza maltata, una necessità vista la presenza dell’aceto, e la moderata aromaticità fruttata che ben si incontrerà con quella spiccata del piatto. Sarà molto difficile trovarla in commercio, ma se avete qualche amico homebrewer cui piace sbizzarrirsi su stili rari, un tentativo potreste farlo anche con una Kentucky Common: potrebbe risultare prolifico per la sua caratteristica tendenza al maltato, l’immediatezza gustativa, la carbonazione spiccata, il basso contenuto alcolico.

Primo: pasta con le sarde

Proseguiamo con un altro classico irrinunciabile, la pasta con le sarde: la tradizione la vuole in bianco, con finocchietto, zafferano, pinoli e uva passa. L’idea è dunque quella di andare incontro ad un piatto così ricco dal punto di vista gustativo con una Saison non speziata, dalla personalità spiccata, per sfruttarne le capacità asciuganti, fornire una spalla mielata e fruttata alla sezione aromatica, e valorizzare, rideclinandola, la speziatura del piatto.

Secondo: tombarello fritto

Come secondo abbiamo scelto un pesce azzurro poco considerato, ma tipico, il tombarello fritto (spesso venduto per tonnetto), caratterizzato dalla bella compattezza delle carni: possiamo detergere e valorizzare al massimo le freschezze con la Nura, Hoppy Saison con limone del siracusano Malarazza; oppure, indugiando sul versatile stile tradizionale belga, optare per versioni con maggiori complessità, acidità e secchezza dovute a contaminazioni con microflora da stazionamenti in legno.

Dolce: cassata

Chiosa dolce con la cassata, vero simbolo gastronomico della storia dell’isola: creata come dolce carnevalesco e divenuto peculiare della Pasqua, essa ebbe origine durante la dominazione araba, che diffuse canna da zucchero, limone, arancia amara, mandarino, cedro e mandorla; la composizione a freddo arrivò con i Normanni, successivamente gli spagnoli portarono il cioccolato e il pan di spagna e durante il periodo barocco furono aggiunti i canditi. In abbinamento, ne possiamo assecondare le dolcezze e la persistenza aromatica con un Barley Wine giovane; possiamo aggiungere un tocco di tostature e caramello con una Eisbock; oppure tentare un incontro di dolcezze fruttate con un Wheat Wine.

Bonus: street food palermitano

Fatto un menu da giocarsi a tavola, andiamo anche alla scoperta delle alternative da street food. Una branca della cucina palermitana che affonda le proprie radici nel tempo passato, frutto delle difficoltà di conservazione, dell’angustia di abitazioni poco accoglienti, della perfetta capacità di adattarsi alla socialità di strada tipica dei luoghi meridiani e al consumo nei numerosi, vivi, peculiari mercati all’aperto. La cucina di strada fa letteralmente parte del patrimonio culinario, e dunque culturale, della città siciliana. Ecco di seguito una stuzzicante carrellata di pietanze.

Pane e panelle, si tratta di sottili frittelle realizzate con farina di ceci, con una birra alle castagne non eccessivamente corposa.

Le arancine tradizionali, con la carne, vere regine dello street food palermitano, con una Märzen o una APA “classica”, senza eccessi amari.

Lo sfincione, una schiacciata variamente condita con base salsa di pomodoro, con una Kölsch o una Helles Export.

Il pani ca’ meusa, panino con la milza di vitello bollita, a volte con aggiunta di polmone, che possiamo abbinare all’interessante American Pale Ale del siracusano Alveria.

Stigghiole, budelline di agnello o capretto cotta sulla brace dopo essere stata avvolta su uno spiedo con del prezzemolo alla brace, con la potente e splendida Old Ale del validissimo Cantirrificio Vittoria, la Tempora.

Per gli amanti dei sapori forti, la quarume, una ricetta a base di viscere del bovino, cotte nel brodo assieme a verdure e ortaggi che le conferiscono profumo e una lunga, gustosa sapidità: con l’ottima Culovra, Golden Strong Belgian Ale lievemente affumicata di uno dei migliori birrifici dell’isola, Yblon, godrete a più non posso.

L'autore: Roberto Muzi

Docente, degustatore e consulente di settore. Classe 1980, appassionato di fermentazioni e di tutto ciò che riguardo quello straordinario micromondo abitato da lieviti e batteri, è responsabile regionale per la Guida alle birre d’Italia di Slow Food Editore e giurato in alcuni concorsi nazionali. Ama leggere e bere birra mentre segue il calcio: una semplice scusa, sciocca e inossidabile, per foraggiare il consumo pro-capite italiano.

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