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Birra fatta in casa: quando l’infezione dilaga

Il termine “infetto” mi ha sempre fatto un po’ paura. Lo associo a film catastrofici americani dove una sconosciuta e mortale infezione si diffonde nelle grandi città mentre una manciata di eroi, lanciati in una adrenalinica corsa contro il tempo, tenta di trovare l’antidoto al male oscuro. In realtà, quando si parla di infezioni nel campo birrario, si fa riferimento a tutti quei microrganismi che, finendo accidentalmente nella birra, ne compromettono il profilo organolettico. Cosa che, diciamocelo, accade piuttosto spesso nel mondo degli homebrewers. Quante volte capita di assaggiare una birra fatta in casa da qualche amico e percepire un gusto strano, spesso acidulo, unito a un aroma non proprio invitante che può ricordare odori atavici come stalle di una fattoria, cuoio o panetti di burro? Cosa si nasconde dietro queste produzioni sbilenche? Ci stanno forse avvelenando?

Prendendo spunto da un lunghissimo e interessantissimo articolo uscito pochi giorni fa sul blog SourBeerBlog, volevo provare a passare in rassegna, a modo mio e semplificando estremamente, le principali cause di infezione nelle birre prodotte in casa. Il discorso chiaramente vale per tutte le birre (anche da alcuni birrifici a volte escono birre infette), ma sicuramente la produzione casalinga è più vulnerabile a infezioni di vario tipo. Nessuna di queste pericolosa per la salute, sia chiaro, ma bere brodazze infette non fa piacere a nessuno (a meno che non siano intenzionalmente infette, ma questa è un’altra storia. Vediamo quindi i principali microbi responsabili di questi incidenti domestici.

Img1 - Fioretta

Candida

Anche nota come “fioretta”, la candida è un particolare tipo di lievito che, in presenza di ossigeno, trasforma l’alcol in acqua e anidride carbonica. Può produrre composti come acetaldeide (mela verde/sidro), acido acetico (aceto) ed etil-acetato (solvente/acetone). Trattandosi di un lievito molto diffuso nell’ambiente, è facile che finisca nella birra durante travasi e imbottigliamento. Forma sulla superficie una pellicola bianca con struttura a placche che ricorda i petali di un fiore (da qui il nome fioretta). Quando agisce sotto pressione, la produzione di CO2 può rendere la birra eccessivamente frizzante e dar luogo a una fontana di schiuma quando la bottiglia viene stappata.

Nelle fermentazioni spontanee (lambic e gueuze), la candida, attiva in una delle tante fasi della fermentazione, può contribuire alle note sidrose caratteristiche del bouquet aromatico di queste particolari birre.

Segni particolari: la birra diventa watery per via della riduzione dell’alcol e può acquisire un aroma e un sapore sidroso e/o acetico. Se bevuta in tempi brevi, l’infezione potrebbe non essere evidente. Occhio alle bottiglie bomba, alle fontane di schiuma e ai tappeti persiani.

Img2 - Acetobacter

Batteri acetici

Come si evince dal nome, in questo caso non si tratta di lieviti ma di batteri. Agiscono in modo simile alla candida: in presenza di ossigeno, trasformano l’alcol in acido acetico. Rispetto alla candida, però, la produzione di acido acetico è predominante (da qui il nome). Vengono comunemente utilizzati per produrre aceto partendo dal vino e sono presenti naturalmente nell’ambiente. Spesso le contaminazioni avvengono a causa di piccoli moscerini, portatori di batteri, che finiscono nel fermentatore durante i travasi. Inutile dire che la birra, quando viene contaminata da questi batteri, è da buttare. Fortunatamente, lavorano a temperature piuttosto alte (sopra i 25 gradi) e in presenza di ossigeno: tenendo a bada questi due parametri (cosa che ogni homebrewer dovrebbe fare) si può ridurre l’entità dell’infezione.

Non sono i benvenuti nemmeno nei lambic, ragion per cui i produttori controllano la temperatura nelle stanze dove vengono stipate le botti, per evitare eccessiva produzione di acido acetico. Costituiscono invece una componente fondamentale nella fermentazione delle birre in stile Flanders Red/Brown. La Rodenbach e la Duchesse de Borgogne sono due un esempi classici di questi stili.

Segni particolari: forte aroma acetico e sapore di aceto, riduzione del corpo per via della diminuzione dell’alcol.

Img3 - Lactobacillus

Batteri lattici

Siamo ancora nel regno dei batteri. Di questo genere ne esistono tantissime tipologie, ma la caratteristica che li accomuna è la produzione di acido lattico. Vengono usati nel settore caseario per la produzione di yogurt e formaggi vari. Quando finiscono nel mosto, consumano gli zuccheri semplici producendo acido lattico e una serie di composti tra cui il più comune è il diacetile (aroma di burro). L’infezione da batteri lattici non è particolarmente diffusa tra gli homebrewers poiché in genere sono intolleranti al luppolo: molte specie vengono inibite già sopra i 5 IBU. Sono spesso utilizzati intenzionalmente per produrre Gose o Berliner Weisse.

Segni particolari: la birra risulta acida ma non del tutto sgradevole. L’aroma può ricordare lo yogurt o il burro.

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Pediococchi

Altro gruppo di batteri, altri problemi. Come i batteri lattici, producono essenzialmente acido lattico. Sono presenti in grandi quantità sulla buccia della frutta. Sono resistenti al luppolo e possono contaminare birre anche discretamente amare. Non liberano CO2 e producono spesso diacetile. In genere lavorano lentamente, impiegando solitamente mesi per concludere il loro lavoro. Mentre i batteri lattici fermentano principalmente zuccheri semplici (e quindi agiscono prima o in concomitanza con il lievito da noi selezionato per la fermentazione), i pediococchi possono fermentare gli zuccheri molto complessi (destrine e amidi) che vengono lasciati intatti dal nostro lievito. Questi zuccheri residui contribuiscono al corpo della birra e rendono meno secco il finale. La passione dei pediococchi per gli zuccheri complessi li rende particolarmente insidiosi, poiché possono iniziare il loro lavoro anche molto tempo dopo la fermentazione.

Sono i principali responsabili dell’acidità dei lambic e agiscono molto lentamente negli ultimi mesi della fermentazione in botte.

Segni particolari: evidente produzione di aroma burroso (diacetile), acidità marcata e pungente. Possono rendere la birra torbida, viscida e filamentosa (sick beer).

Img4 - Brett

Lieviti selvaggi

I lieviti selvaggi si trovano dappertutto: nell’aria, sulla frutta, in giro per casa. Vengono definiti selvaggi poiché nel loro percorso evolutivo si sono adattati a sopravvivere liberi nell’ambiente. Hanno sviluppato una forte resistenza alle avversità e per questo rappresentano uno dei maggiori spauracchi degli homebrewers: una volta che hanno colonizzato l’attrezzatura, è davvero difficile eliminarli. Ne esistono tantissime specie, alcune delle quali vengono impiegate nella produzione di birre intenzionalmente sour.

Il nome della macro categoria è Brettanomyces, per gli amici Brett. Nel mosto, si comportano come un lievito “comune” mangiando zuccheri semplici e producendo CO2 e alcol (oltre a tanto composti secondari, spesso piuttosto fruttati). Alcune specie sono in grado di fermentare zuccheri molto complessi. Oltre ad alcol e CO2, producono tantissime componenti organoletticamente attive che vanno dagli acidi ai composti aromatici più disparati come aroma di stalla, cuoio, legno ma anche frutta rossa, tropicale e pompelmo. In presenza di ossigeno, possono produrre acido acetico. Il loro aroma viene spesso definito genericamente “funky”.

I Brett sono il marchio di fabbrica dell’aroma dei lambic, ma in genere non sono grandi produttori di acidità (nei lambic, questo compito viene lasciato ai pediococchi).

Segni particolari: difficile generalizzare, ma ci proviamo. Anzitutto va detto che il loro contributo all’acidità è modesto, quindi una birra contaminata solo da Brett non sarà di per se’ molto acida (a meno che non venga prodotto acido acetico in presenza di ossigeno). La componente più evidente (specialmente nelle infezioni che si manifestano successivamente all’imbottigliamento) è l’eccessiva carbonazione unita a un aroma non proprio gradevole che può ricordare la stalla, il cuoio ma anche l’acetone e il solvente. Le birre infettate da Brett in genere puzzano parecchio, ma non sono particolarmente acide.

L'autore: Francesco Antonelli

Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. Da febbraio 2014 è Degustatore Professionista dell'Associazione Degustatori di Birra.

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18 Commenti

  1. Bell’articolo e bellissima la foto scelta, tratta dalla famosa serie. Solo una precisazione, lungi da me voler insegnare qualcosa a qualcuno, ma non è che lieviti indesiderati e batteri cadano accidentalmente nel mosto, ci si tuffano proprio. Il loro scopo è la colonizzazione, per loro il mosto contenuto nel fermentatore è una fonte cospicua di cibo e l’ambiente ideale per riprodursi. Una misto tra banchetto romano e gang bang room. Sarebbe inoltre interessante capire come evitare queste colonizzazioni indesiderate.

  2. Una cosa sola: l’equazione lieviti selvaggi = brett non mi sembra corretta. Lievito selvaggio dovrebbe essere qualunque lievito non intenzionalmente inoculato dal birraio e che finisce nel prodotto. Tra questi certo anche il brett che è presente nell’ambiente, però certamente anche il saccharomyces cerevisiae “selvaggio” e altri…insomma tutto ciò che non è stato selezionato e inoculato intenzionalmente.

  3. ciao io ho un prblema Volevo chiederti un parere dato che sono alla mia prima birra mi sorgono alcune perplessità ovvero :oggi é il 9 giorno di fermentazione e il gorgogliatore anche se in modo quiete gorgoglia ancora .. Insospettito della lunghezza della fermentazione 3 giorni fa assaggio il mosto ed era buono aveva il classico sapore della birra.. Oggi riassaggiandolo noto che la il mosto é piu limpido la densità é scesa ma il gusto é piu forte ovvero si sente molto l alcool e se si annusa sembra quasi di annusare un vino … Secondo te é da buttare pareri o consigli? Grazie in anticipo

    • Ciao Cristian, le informazioni che mi dai sono troppo vaghe. Sembrerebbe tutto normale, ma dipende da quale ricetta hai utilizzato e da cosa ti aspettavi da questa birra. Da come la descrivi non sembrerebbe infetta, quindi io andrei avanti e imbottiglierei se la densità è stata stabile per qualche giorno.

      • allora sto facendo una lager con malto già pronto e con lievito dry ale, ho usato dello zucchero di canna in molti mi dicono che è per questo zucchero che la fermentazione è più lunga… cerco di esprimermi meglio:
        il mosto che ogni tanto prelievo dal fermentatore per controllare l andamento della fermentazione all’ inizio aveva il gusto classico di birra e non mi preoccupava, in seguito passati 2 giorni prelevando un altro campione noto che era più limpido , la densità era scesa ma assaggiando si sentiva quasi esclusivamente l’ alcool ed era quasi imbevibile. il gorgogliatore espelle la co2 quasi sistematicamente ovvero ogni tot fa il classico ”blub” e da 4 giorni a sta parte(finita la fase tumultuosa del gorgoglio) non accenna ad arrestarsi

        • La fermentazione lunga con lo zucchero di canna non c’entra assolutamente nulla, anzi, semmai la velocizza visto che è uno zucchero semplice. Mi viene da pensare che hai sbagliato la quantità di zucchero producendo una birra troppo alcolica.

          • 1000 g per 23 litri come dice la ricetta comunque sia oggi la densità era scesa fino al punto di imbottigliare ed ho imbottigliato staremo a vedere cosa esce… grazie mille del tempo dedicatomi sei stato gentilissimo

  4. 3 birre fatte di nuovo dopo 3 anni di inattività e 3 birre acetiche! Da buttare! Il problema potrebbero essere i fermentatori? Che premettono sono stati disinfettati con Enoidrosan, amuchina, betadine , ecc…

  5. Se sono di plastica, li butterei.

  6. Ciao, qual è il giusto trattamento per un fermentatore in acciaio in cui è avvenuta un’infezione? Grazie in anticipo

  7. Non sono corrosivi per l’acciaio?

    • Be, no, altrimenti non li avrei consigliati. 🙂 Soda e peracetico si usano anche in birrificio, quindi mi sentirei abbastanza tranquillo sulla non corrosività. Attenzione però alla soda che è pericolosa da maneggiare: indossare sempre guanti e occhiali protettivi. In alternativa alla soda trovi altri detergenti come PBW, WVP o Enxybrass (meno pericolosi da maneggiare, ma meno efficaci contro le incrostrazioni molto dure).

      • OK, molto bene! Un ultima cosa: per quanto tempo bisogna lasciarli agire?

        • Segui le indicazioni sulle confezioni. In genere la soda un’oretta, se le incrostazioni non sono terribili, altrimenti anche tutta la notte. Occio al PBW che su lunghi tempi di contatto potrebbe essere leggermente corrosivo sull’inox (contiene una parte di candeggina). Per il peracetico 5-10 minuti sono più che sufficienti.

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