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Gli homebrewers sono una massa di nerd sfigati

Fare birra in casa non è l’hobby più trendy del mondo. In molti sono convinti che gli homebrewer siano dei nerd, dei tecnici del fai da te, e che di birra ne capiscano molto poco. In effetti, pensandoci bene, i maggiori esponenti del movimento di beer lovers italiani non producono birra in casa. Esiste quasi uno scollamento tra il mondo dei produttori casalinghi, quelli dei birrai professionisti e la dimensione parallela dei divulgatori birrari. Proprio su questo blog, diversi anni fa, Andrea (che non produce birra in casa) scrisse un articolo in cui si meravigliava del fatto che gli homebrewers non fossero anche dei veri e propri appassionati di birra. Io stesso, dopo anni da frequentatore di pub, quando ho iniziato a produrre in casa e a conoscere tanti homebrewers, ho dovuto dar ragione ad Andrea. Se queste erano le condizioni di partenza, negli ultimi tempi qualcosa si è mosso. Sono sempre più gli homebrewers che fanno la loro comparsa nel mondo dei beer lovers con profondità, competenze ed esperienze internazionali di viaggi e assaggi. Qualcosa sta cambiando, vediamo quali sono i segnali che mi è sembrato di intercettare.

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Il mondo della produzione casalinga è in gran fermento

Su questo non c’è alcun dubbio, i numeri parlano chiaro. Qualche tempo fa, in un altro post di questa rubrica, azzardai una stima (che molti reputarono conservativa) sul numero degli homebrewers in Italia: 20.000, tra semplici appassionati e homebrewers seriali. Considerando i numeri di gruppi come il forum della birra (+5.000 membri su Facebook, +3.000 sul forum), Areabirra (+6.000), il forum di Mr. Malt (+4.500), questo numero inizia a sembrare conservativo anche a me. Probabilmente siamo molti di più e stiamo crescendo di giorno in giorno a giudicare dai nuovi volti che si affacciano sui vari gruppi online. A moltiplicarsi non sono solo gli appassionati, ma anche le iniziative collegate a questo hobby. I concorsi per homebrewers spuntano ormai come funghi, spaziando senza soluzione di continuità dal nord al sud Italia. Anche i corsi che introducono alla produzione casalinga, in modo più o meno serio, sono sempre più presenti e pubblicizzati tramite gli strumenti social.

In questo folle turbinio troviamo grandi appassionati guidati dal più puro e nobile spirito di abnegazione, ma anche sedicenti birrai improvvisati che tentano di raccogliere qui e là qualche briciolo di popolarità e, alle volte, una manciata di spicci. Del resto, l’arrivo degli approfittatori nell’ambito di una qualsiasi nicchia è da sempre un segnale di interesse. State pure certi che se non ci fossero dei soldi in giro, certi elementi starebbe ben lontano da questo mondo. Detto ciò, resta da sottolineare la forte crescita di un micro-settore che in pochi anni sta appassionando un numero sempre maggiore di persone senza barriere di età: c’è l’hombrewers ragazzetto che si produce la birra in casa per stordirsi e il fantastico nonno in pensione che, sebbene dai video su YouTube sembri più un serial killer che agisce in solitaria nella penombra del suo garage, è in realtà un compagnone che fa birra più che altro per incontrare amici e farsi quattro risate. 

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Il mercato inizia a far gola anche ai grandi

Qualche settimana fa è accaduto un evento che ha colto di sorpresa homebrewers e appassionati. AB-InBev, il mega conglomerato che da diversi anni ha lanciato una campagna acquisti di birrifici craft (in Italia ha recentemente acquistato Birra del Borgo), si è affacciata anche sul mercato dell’homebrewing acquistando l’azienda americana Northern Brewer, specializzata nella vendita di materiali per la birrificazione casalinga. Diverse sono state le speculazioni sulle motivazioni che avrebbero portato la AB-InBev ad acquistare questa azienda che, sebbene si possa considerare quasi un colosso nel contensto hb, è ben poca roba se paragonata ai soldi che muove la multinazionale nel mondo. Difficile pensare che l’interesse sia economico nel medio termine; è molto più probabile che il grande gruppo statunitense sia interessato a studiare i trend di acquisto degli homebrewers che da sempre, almeno in America, rappresentano un bacino di incubazione per le nuove tendenze birrarie del settore craft. Anche questo è un evidente segno dell’importanza che la produzione casalinga riveste nel mondo della birra artigianale, dove uno stile può salire improvvisamente alla ribalta grazie alle sperimentazioni casalinghe degli homebrewers.

In italia siamo ancora indietro, ma dei miglioramenti si sono visti

Ricordo che fino a pochi anni fa le aziende che vendevano materiale per homebrewers si contavano sulle dita di una mano. Lo scenario era triste e la scelta scarsa: i pochi siti che vendevano online erano lenti nelle spedizioni e il loro catalogo era veramente limitato, sia per quanto riguarda gli ingredienti che per l’attrezzatura. Oggi, fortunatamente, la scena è decisamente cambiata. I negozi online sono tanti e, soprattutto, la varietà di ingredienti e attrezzatura che mettono a disposizione è molto alta. Molti hanno anche iniziato a importare oggetti interessanti dall’America, dove il mercato dell’attrezzatura per hb è in continuo fermento. Stanno anche emergendo alcune realtà imprenditoriali giovani fortemente orientate all’innovazione come per esempio Bac Brewing di Francesco Teboni, che propone attrezzatura in inox da design d’avanguardia o SmartPID, il progetto di Davide Arzarello che porterà presto l’Internet Of Things negli sgabuzzini degli homebrewers. Se in Italia non fosse così difficile fare impresa, sono sicuro che queste piccole realtà aumenterebbero in maniera esponenziale in tempi brevissimi, come sta succedendo in America, dove ne inventano una al giorno (come per esempio questo fantastico strumento per monitorare la fermentazione a distanza, chiamato BrewNanny).

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Ci manca ancora una direzione comune

Qualche tempo fa, in un post di questa rubrica, cercai di delineare quelle che secondo me erano le principali carenze del movimento homebrewing italiano. L’elemento di paragone principale è ovviamente la scena americana, dove una associazione nazionale, la American Homebrewers Association, guida da anni il movimento lanciando iniziative ed eventi di respiro internazionale. Forse il confronto è impari, visto il volume di fuoco che hanno gli Stati Uniti, ma anche muovendosi in Europa troviamo situazioni di gran lunga più organizzate della nostra (Norvegia, Svezia e Polonia su tutte).

Come già detto, in Italia abbiamo tante piccole associazioni, più o meno attive, che organizzano eventi sul territorio, ma poco, se non zero, coordinamento nazionale. MoBi rimane un’associazione mista che raccoglie homebrewers e appassionati, lancia delle iniziative interessanti, ma non riesce, secondo me, a fare massa critica. Manca un evento nazionale che riunisca gli homebrewers a livello nazionale, un momento di aggregazione serio, organizzato; una sorta di fiera a cui potrebbero partecipare sia gli homebrewers che i fornitori di ingredienti e attrezzatura. Si potrebbero organizzare degli speech, invitare ospiti stranieri, allestire degli stand in cui le varie associazioni locali potrebbero fare divulgazione e, perché no, far assaggiare, gratis ovviamente, le migliori birre prodotte in casa dai loro soci.

Mi rendo perfettamente conto che scrivere è facile, mentre fare le cose è molto, molto difficile. Vorrei però che ci si rendesse conto della situazione e che si provasse, magari a piccoli passi, a cambiare le cose. MoBI secondo me ha in casa tutte le competenze per fare un passo del genere, ma forse, e ripeto  – forse – è arrivato il momento di separare gli appassionati dagli homebrewers. Perché gli interessi e gli obiettivi di ciascuno sono diversi, tenerli insieme è controproducente per entrambe le categorie. Il rischio è di rimanere fermi per accontentare tutti.

E il futuro?

Alla luce  di queste considerazioni, del tutto personali e assolutamente opinabili, mi sento di poter affermare che il movimento è in grande ascesa e crescerà sempre più velocemente nei prossimi anni. Non so se arriveremo mai ad una potenza di fuoco tale da influenzare il mercato della birra craft come avviene in America, ma sicuramente nel futuro prossimo la voce degli homebrewers si farà sentire sempre di più. Spero che nasca finalmente un’associazione che possa definirsi tale, un moto aggregativo che raccolga gli spunti provenienti da tutta Italia per dar loro una voce comune. Siamo agli inizi di un cambiamento: ad alcuni potrà sembrare scomodo e inutile, ma come tutti i cambiamenti sarà pieno di sorprese e novità.

L'autore: Francesco Antonelli

Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. Da febbraio 2014 è Degustatore Professionista dell'Associazione Degustatori di Birra.

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12 Commenti

  1. Gianriccardo Corbo

    Ciao Francesco,
    condivido che manchi un festival Hb in Italia. ne abbiamo anche parlato in MoBI tempo fa e non è escluso che si potrà fare tra un po’ di tempo (anni?). vanno valutati tanti aspetti… ma in principal luogo misurare l’interesse e il numero edi partecipanti. E’ quindi un percorso che passa attrverso varie tappe.

    Dissento un po’, ovviamente, 🙂 sul fatto che ci sia ZERO coordinamento nazionale da parte di MoBI:

    Organiziamo da anni un campionato nazionale a tappe che ha coinvolto migliaia di HB in vari anni in un po’ tutto il territorio nazionale. Da questi campionati sono venuti fuori anche bravi birrai professionisti e molti HB sono cresciuti enormemente facendo da traino per il movimento. Molti campionati in Europa offrono una sola tappa nazionale.

    Organizziamo da anni la giornata nazioanle dell’HB

    Abbiamo organizzato il primo campionato europeo HB e l’Italia ne è uscita anche vincitrice… segno che il movimento è crescito tanto anche in qualità

    Organizziamo alemno una decina di corsi formativi sull’HB all’anno

    Ci occupiamo della pubblicazioni di molti testi specializzati sull’HB (quasi tutti lo sono)

    abbiamo una rivista che ha molti contenuti HB e la distribuiamo gratuitamente a tutti (soci e non)

    Abbiamo convenzioni attive con gran parte dei maggiori fornitori riservate ai nostri soci

    promuoviamo e supportiamo le attività delle associazioni HB locali

    magari si può fare di meglio (sicuramente) ma almeno per me non è proprio ZERO :-). Penso che i progressi fatti dal movimento HB nelgi ultimi anni siano di tal portata anche perchè c’è stata MoBI. ma ovviamente questo è il mio pensiero.

    Dividere poi l’associazione tra degustaori e HB? per me (al momento) ci sono più svantaggi che altro. seppure non è fondamentale per un degustatore/giudice saper fare la birra non ho dubbi sul fatto che fare la birra possa migliorare le skill da degustatore. almeno per me è stato così.

    tutto può cambiare e nulla è certo per il futuro… si vedrà

    a presto,
    riccardo

    • Ciao Gianriccando,

      probabilmente non ho comunicato bene il mio pensiero. Ho riletto la frase in oggetto, effettivamente potrebbe essere male interpretata. Non intendevo dire che MoBI non fa coordinamento nazionale. Conosco il campionato HB e tutti gli eventi che fate, e sono assolutamente sparsi in tutta la penisola. Io intendevo una sorta di coordinamento tra le varie associazioni, un qualcosa che possa unire i singoli sforzi verso un obiettivo comune. Secondo me la commistione tra appassionati e homebrewers pesa, invece, ma è un mio modesto parere assolutamente contestabile. Fa base associativa, ma non permette agli homebrewers di essere ben identificati anche a livello internazionale (vuoi mettere una Associazione Homebrewers Italiani?). Potrebbe sembrare solo una questione di nome, ma secondo me va oltre.

      Comunque non penso che MoBI faccia ZERO, non volevo assolutamente intendere questo. Penso che si possa fare meglio? sì? Magari focalizzando l’impegno in qualcosa di nuovo.

    • Inoltre, sempre a mio parere, sarebbe più interessante una giornata unica di incontro tra homebrewers affiancata da una unica tappa del concorso, piuttosto che 10 tappe sparse sul territorio nazionale a cui è veramente difficile stare dietro in termini di produzione (si finirebbe col produrre birra solo per il concorso e non tutti hanno voglia di farlo). Il concorso Europeo è stato per esempio organizzato molto bene, peccato mancasse di una componente aggregativa (certo c’era Eurhop, ma non era propriamente un evento per hb).

      Come ho scritto, MoBI ha grande competenza e grande potenziale, spero che nel futuro si continui per la via del rinnovamento, anche radicale. Grande stima comunque per il lavoro dei singoli, immagino quanto sia faticoso stare dietro a tutto.

  2. Il dramma degli homebrewers Italiani è che poi tendono a diventare birrai.

    • Più che altro diventano beerfirmari… 😉

    • Forse c’è qualcosa che non caspisco del tuo intervento…
      Chi dovrebbe diventare birraio, se non un homebrewer? Un panettiere?
      Tanti bravi birrai italiani sono ex homebrewer.
      Beer firm è un altro discorso…

      • E’ questo il dramma. Dovrebbero diventare birrai le persone che non si fermano alla formazione da home brewer, ma le persone che hanno studiato davvero. All’estero per fare birra serve una laurea ed anni di pratica. Penso che il livello qualitativo generale sia sotto il palato di tutti.

  3. Orca, leggo solo ora!
    Hai fatto un bel minestrone, con di tutto un po’.
    Hb-degustazione, un grandissimo hb che conosco, che e anche un grandissimo degustatore, un giorno mi disse che secondo lui un ottimo hb non può non avere un bagaglio suo nel campo della degustazione, magari se lo trascina inconsciamente eh, ma lo ha eccome.
    Veniamo ad hb-nerd, beh sarà anche, oddio non sempre magari.
    Quelli che tu chiami beer lovers sono molto più nerd secondo me.
    In grado di litigare per un diacetile si diacetile no.
    Si fanno prendere dalle mode del momento spendendo fortune in viaggi e birre, spesso bevendosi cose che….
    Basta vedere la moda delle birre fanghiglia….cosa che farebbe vergognare qualunque hb con un minimo di dignità.
    Ma d’altronde, pur di liberare i maturatori prima possibile si fa diventare figo pure ciò che non lo sarebbe, anzi lo si fa diventare cool…ahahahah.
    Se non e essere nerd bersi ciò….e farne motivo di vanto.
    Un hb ci ride alla grande sotto i baffi davanti a certe cose.
    Per non parlare di ciò che spendono….li un hb si rotola dal ridere…ahahah
    Hb-birrai, molti dei migliori erano hb, ora se lo son dimenticato, ok.
    Ma ciò e una realtà che non si può negare.
    Io personalmente ne conosco un 5-6 che meriterebbero di far del loro hobby un lavoro, sarebbero a livello molto alto come birrai, ma qua conta poco saper far birra, conta “altro”, per cui e inutile affrontare questo discorso.
    Poi gente, un ex hb ha spillato al colosso venditore di pisciazza con il lime nel collo fior fiore di eurini….se non e un grande costui.
    Ah già con costui i beer lovers sono adirati…e in nerd sarebbero gli hb….ahahah
    Hb -beerfirm, molti lo fanno, a me non piacerebbe, ma non ci vedo nulla di male.
    Il tuo amico Eastside ha iniziato così, mi sbaglio?
    Ah già, i beer lovers odiano i beer firm.
    Agli hb non frega un cazzo dei beer firm.
    Per il resto vero che il movimento e in forte crescita già da un po’, e ciò porta ad avere una fauna variegata.
    Ma così è.
    Su un associazione solo hb sono d’accordo al 100% con te.
    Mobi non lo è.
    E di Mobi io non voglio assolutamente parlare.
    Ma servirebbe eccome.

    • Hai ragione Conco, forse non l’ho scritto benissimo (era tra le righe ma probabilmente non si capiva): sono d’accordo con te che alcuni bravissimi birrai sono ex-hb, ma io mi riferivo di più ai divulgatori/giudici che spesso e volentieri non hanno mai fatto birra in casa (e credo che gli avrebbe fatto un gran bene). Gli homebrewers li vedo più nerd sul lato tecnico, e di nuovo sposo il tuo punto di vista sul fatto che i beer lovers siano mooooolto più nerd per quanto riguarda la birra (sul tema juicy soprassiedo, che è meglio, anche perché sono di nuovo d’accordo con te).

      La maggior parte delle beerfirm sono senza alcun progetto dietro, lanciano birre a caso una dopo l’altra. Eastside, insieme ad altre poche, ha fatto parte di quel 10% che hanno un progetto solido dietro e utilizzano lo strumento firm per farsi conoscere mentre avviano il progetto principale. Solo così una beerfirm può avere senso a mio avviso.

      Comunque siamo troppo d’accordo oggi, quindi chiudo dicendo che il roasted barley è inutile e astringente ;-).

      • Ahahahah….no cazzo se vuoi litigare sul roasted….ahahah
        Come vedi noi litighiamo da nerd su altre cose. 😉
        Dunque lo siamo.
        Esat era un ottimo hb, lo ricordo bene.
        Non sono affatto stupito che se ne parli così bene ora.
        Ci sono tante beer firm come dici tu campate in aria, solo per cavalcare la moda del momento.
        Ma anche molti Micro fanno la stessa identica cosa.
        Io non vedo grosse differenze…anzi una la vedo.
        Un micro e un hb che ha 200.000 € o più a sua disposizione.
        La beerfirm e un hb che non ha questa cifra.
        Non capisco cosa ci vedano di male…..boh.
        Comunque prima o poi ci faremo sta pinta di stout insieme, e bedrai che poi il roasted lo rivaluterai….ahahahah
        Un saluto.

  4. Ahahah…ah beh, ottimo, una irish stout senza roasted e come na donna senza patata!
    Però una donna o ha la patata…o e un trans! 😉
    Dunque…occhio.
    Ma basta con sti discorsi da hb-nerd….che dimenticavo che qua siamo su un sito di beer lovers.
    E ci guardano male poi…..

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