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Homebrewing: i principali trend del 2016

Come ho avuto modo di scrivere piĆ¹ volte in questa rubrica, il 2016 ha visto una significativa crescita di interesse verso la produzione casalinga di birra. Quantificare questo incremento non ĆØ facile, ma ĆØ possibile osservare alcuni trend che ne confermano lā€™evoluzione in termini generali. Provo a commentare quelli che a me sono sembrati piĆ¹ significativi. Qualsiasi osservazione e integrazione sono benvenute.

I principali siti di e-commerce italiani si sono rinnovati

Potrebbe sembrare cosa da poco, ma la spinta al rinnovo che hanno mostrato i principali siti di e-commerce italiani, dedicati alla vendita di materiale per la produzione di birra, non ĆØ sicuramente un caso. Lā€™evoluzione verso il digitale non ĆØ proprio il punto forte delle aziende del nostro paese: quando il passo in avanti ĆØ significativo, si nota. Soprattutto, significa che il settore tira. ƈ vero che per queste aziende lā€™homebrewing costituisce probabilmente solo una piccola frazione dei ricavi (il resto viene dai microbirrifici), ma lo slancio verso il cambiamento rappresenta comunque un buon segnale. Ecco quindi che aziende come Mr. Malt, Uberti, Pinta hanno cambiato completamente veste ai propri siti rendendoli piĆ¹ fruibili e moderni (con risultati altalenanti, ma apprezziamo lā€™impegno). Lā€™evoluzione non ĆØ di sola facciata, ma sostanziale: le offerte per il mercato dei produttori casalinghi si stanno ampliando e affinando. Arrivano soluzioni innovative e di qualitĆ  direttamente dagli USA, come le bellissime attrezzature prodotte da SS Brewtech e importate in esclusiva da Pinta, o i lieviti e batteri particolari e innovativi degli americani di The Yeast Bay, apparsi recentemente nel catalogo di Birramia. Insomma, il mercato evidentemente va. Come homebrewer, non posso che esserne felice. Se si riuscisse anche a migliorare la gestione del cliente (tipo rispondere alle mail in tempi ragionevoli), saremmo al top.

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Sistemi elettrici automatici alla portata di tutti

Negli ultimi tempi ĆØ aumentata moltissimo lā€™offerta di sistemi automatici per produrre birra. Si spazia da setup che non richiedono quasi nessun intervento da parte dellā€™homebrewer (es. picobrew), a quelli che semplificano la giornata di produzione lasciando comunque un certo margine di creativitĆ  a chi produce (es. braumaster). Questi sistemi sono quasi tutti alimentati elettricamente, il che li rende ancor piĆ¹ semplici e pratici da utilizzare: niente piĆ¹ cotte sui fornelli della cucina o pericolose bombole di GPL da tenere in casa. I piĆ¹ romantici sostengono che gli apparati preassemblati tolgono una buona componente del divertimento allā€™homebrewing, cosa che ĆØ vera in parte. Indubbiamente, partire da una semplice pentola per poi costruirsi un impianto semi-automatico ĆØ fonte di grande soddisfazione. Inoltre, si imparano tante cose strada facendo. ƈ vero anche perĆ² che a molti non interessa lā€™aspetto ingegneristico di questo hobby: cā€™ĆØ chi ama creare ricette e curare la fermentazione e acquista volentieri sistemi automatici che gli permettano di lanciarsi nella produzione senza aver a che fare con pentole e fornelli. Ciascuno sceglie la strada che preferisce, ma ĆØ indubbio che la disponibilitĆ  di impianti come questi abbassa la barriera di ingresso al mondo della produzione casalinga. Bisogna ricordarsi sempre che non ĆØ affatto detto che un sistema migliore produca birra migliore, dietro ci deve sempre essere un solido birraio che conosce a fondo quello che sta facendo. Del resto, il birraio produce il mosto (aiutato, volendo, dal sistema automatico) ma ĆØ il lievito che fa la birra.

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Riduzione dei volumi di produzione

Storicamente, il volume standard delle cotte casalinghe si aggira intorno ai 20/25 litri. Tutti i kit giĆ  pronti sono tarati su questi volumi, cosƬ come la maggior parte delle ricette che girano sul web. Ultimamente, perĆ², ho notato che molti homebrewers si stanno tarando su volumi piĆ¹ piccoli, riducendo la produzione fino a 10 litri. La conferma che questo sia un vero e proprio trend ĆØ arrivata quando i principali siti online hanno iniziato ad affiancare ai soliti fermentatori da 25 o 30 litri altri piccoli fermentatori da 15 litri o 10 litri. La ragione di questo ridimensionamento secondo me non ĆØ tanto legata ai costi piĆ¹ bassi nĆ© al minore tempo di produzione: entrambi non si riducono poi di molto. I vantaggi sono piĆ¹ sottili: produrre meno semplifica molti piccoli passaggi che vanno dalla macinazione dei grani allā€™imbottigliamento, dal lavaggio delle pentole al metodo di raffreddamento del mosto caldo. Mettendo insieme tante piccole semplificazioni, diminuisce sensibilmente la complessitĆ  del sistema.Ā  Inoltre, cā€™ĆØ un indubbio risparmio di spazio, dovuto principalmente al volume dei pentoloni e allo spazio occupato dalle bottiglie (piene e vuote). Cā€™ĆØ da considerare poi anche il consumo personale di birra: molti homebrewer non producono birra per rimpiazzare gli acquisti di birra artigianale, ma per sperimentare. Avere a disposizione 20 litri della propria birra in certi casi puĆ² diventare noioso, specialmente se si tratta di birre che non si conservano bene. Ultimo ma non meno importante: se una cotta va storta, fa molto meno male buttare 10 litri piuttosto che 25.

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Fermentazioni acide, che passione!

Ormai non puoi definirti un vero homebrewer se non hai provato almeno una volta a fermentare una birra acida. Meglio ancora se hai lasciato un secchio di mosto nel giardino dietro casa nel tentativo (spesso vano) di catturare qualche lievito selvaggio. Una deriva che sembra non avere limiti, una sorta di contagio collettivo. Del resto era inevitabile: negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescita esponenziale nella diffusione delle birre sour (lambic, gueuze, etcā€¦), in parte trascinata dalla moda ma anche dalla passione genuina per stili particolari. Il passaggio allā€™autoproduzione ĆØ stato naturale. Produrre questo tipo di birre richiede molto tempo ed esperienza: un prodotto con un minimo di complessitĆ  richiede dai 6 mesi a diversi anni. Sempre che non si siano commessi errori strada facendo, cosa che capita spesso a chi ĆØ alle prime armi. Raccontata cosƬ sembrerebbe unā€™esperienza per pochi eletti, come mai questa diffusione? Due le principali ragioni, a mio avviso. La prima, quasi banale, ĆØ che spesso queste fantomatiche produzioni acide derivano da cotte ā€œnormaliā€ andate in vacca. Ti si infetta la birra? No problem, imbottiglia lo stesso, butta in cantina per qualche anno e poi spacciati per un gran produttore di acide. Se la vogliamo vedere in positivo, si tratta di un intelligente metodo per recuperare gli errori commessi in fase di produzione. La seconda ragione ĆØ piĆ¹ raffinata: il fast souring. Si tratta di un metodo che permette di acidificare la birra in poche ore, tramite lā€™utilizzo di batteri lattici selezionati. Dopo lā€™acidificazione, si procede come in una normale fermentazione, aggiungendo luppolo in dry hopping, frutta varia o altre diavolerie. In poche settimane si riescono a produrre interessanti birre acide. Non siamo ai livelli di complessitĆ  del lambic belga maturato in botte, ma con un poā€™ di bravura si possono tirar fuori produzioni discretamente interessanti.

Lā€™autoproduzione allā€™ennesima potenza

Qui arriviamo a un trend quasi maniacale, dal mio punto di vista. Siamo oltre il perimetro del fai-da-te, ci spingiamo quasi al fai-da-te del fai-da-te, se mi passate il gioco di parole. Un circolo che puĆ² diventare presto vizioso, un tunnel senza uscita. Provate a seguirmi. Prima compravo la birra al supermercato, poi ho scoperto che le birre industriali non sono allā€™altezza e sono passato alla birra artigianale. Ne ho provate diverse, alcune buone altre meno, fino a quando ho deciso di farmela da solo. Non voglio comprare un impianto giĆ  fatto, mi costruisco il mio partendo dalla pentola e dai tubi. Faccio la prima birra, non viene male. Ma perchĆ© comprare il luppolo? Compro dei rizomi, li pianto in giardino e mi coltivo il luppolo per la mia birra (da questā€™anno vendono le piantine addirittura su Mr. Malt, segno tangibile che il trend esiste). Come malto compro solo quello base, poi lo tosto nel forno per arrivare ai vari livelli di imbrunimento. Ma perchĆ© comprare il malto? Compro lā€™orzo e me lo malto a casa. Ma perchĆ© comprare lā€™orzo? Mi pianto lā€™orzo nel giardino di casa. E il lievito? Che faccio, mi compro il lievito? MannĆ², metto un poā€™ di mosto nel giardino di casa e catturo il lievito selvaggio. E il circolo vizioso ĆØ solo allā€™inizio. PerchĆ© comprare una pentola inox per lā€™impianto, in fondo lā€™inox ĆØ un lega di ferroā€¦

Francesco Antonelli
Francesco Antonellihttp://www.brewingbad.com/
Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. ƈ giudice certificato BJCP (Beer Judge Certification Program).

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