Cimec

Fare la birra in casa: una guida per iniziare col piede giusto

Negli ultimi tempi mi sono reso conto che il fenomeno della produzione casalinga di birra sta prendendo sempre più piede. Non è un’impressione solo mia, molti amici homebrewer che gestiscono blog o canali YouTube dedicati alla produzione di birra in casa mi raccontano di ricevere moltissime richieste di aiuto da quelli che in gergo chiamiamo “newbie” o “niubbi”, ovvero chi ha iniziato a smanettare con attrezzatura e ingredienti da poco e si trova sovente con problemi e rogne da risolvere. Piccole cose che possono sembrare banalità per chi sguazza in questo mondo da anni, o addirittura da decine di anni; ostacoli a volte insormontabili per chi è appena arrivato e non sa dove sbattere la testa. Internet è piena zeppa di informazioni sulla produzione di birra in casa, ma è proprio questa abbondanza a mandare in tilt i poveri sventurati che si avvicinano a questo nuovo mondo. Troppe informazioni, spesso contraddittorie; decine di configurazioni diverse per l’attrezzatura; centinaia di ingredienti; tante – troppe – convinzioni vecchie che ormai non hanno più ragione di esistere ma che permangono in rete all’infinito. Di guide per iniziare, come vedremo, ne esistono molte. Alcune fatte molto bene, altre da cui è meglio stare alla larga. Video, testi brevi, articoli di blog, libri: chi più ne ha più ne metta. Ma se dovessi indirizzare un nuovo arrivato in poche parole, cosa gli racconterei? Questa è la domanda che mi sono fatto, l’articolo che segue è un tentativo di risposta. Ovviamente – ça va sans dire – non esaustivo.

Studiare o non studiare?

Diciamocelo subito: non serve essere scienziati per produrre una birra decente in casa. Se si acquista un kit pronto e si seguono le istruzioni passo passo, si riesce nell’impresa abbastanza facilmente. Ma il problema sono proprio le istruzioni dei kit, e molte volte i kit stessi. Spesso non forniscono le indicazioni e i consigli essenziali per evitare scivoloni, come ad esempio la corretta gestione del lievito e della fermentazione, portando l’inconsapevole produttore casalingo in erba verso il baratro. Capita spesso che si produca la prima birra senza troppi pensieri né attenzione, con risultati scoraggianti. Io stesso, prima di iniziare a produrre birra in casa ma già appassionato di birra da anni, ho storto diverse volte il naso davanti alle birre prodotte da amici con i kit. Per anni ho pensato che in casa si potesse produrre solo birra di pessima qualità, mentre non è affatto così. Con poco sforzo e un minimo di voglia di imparare, si riescono in breve a individuare i passaggi a cui prestare maggiore attenzione e i dettagli da non trascurare, nemmeno alla prima cotta. Il mio consiglio è quindi di leggere qualcosa di più approfondito prima di aggrapparsi alle istruzioni del kit come fossero l’unica scialuppa in grado di trasportarci all’altra riva del fiume. Perché spesso questa scialuppa imbarca acqua, e alla riva opposta rischiamo di arrivarci bagnati fradici o addirittura di non arrivarci per niente. Ovviamente non è necessario diventare degli esperti di produzione prima ancora di mettere le mani sul primo kit, ma un giro su internet e la lettura, anche parziale, di un buon manuale (i capitoli iniziali in genere sono dedicati ai kit) aiutano a orientarsi.

Libri

Di libri che raccontano come fare birra in casa ne esistono moltissimi. Cercando su Amazon ci si perde dopo poche pagine. Ampliando la ricerca ai testi in inglese, la selezione si estende quasi all’infinito. Per evitare di incappare nel libro-trappola, tipo quelli che raccontano ancora le leggende birrarie degli anni ’80, è bene restringere la scelta. Non spaventatevi se il tomo è grande: come già scritto, in genere questi libri si possono affrontare per gradi. Navigando tra i primi capitoli imparerete presto come funziona il processo di produzione a grandi linee e come si produce birra da kit e da estratti di malto (ne parleremo più avanti). Le pagine successive torneranno utili in seguito, quando avrete basi solide e un po’ di esperienza su cui costruire. Ecco la mia personale selezione (cito solo libri scritti o tradotti in italiano):

  • La tua birra fatta in casa” di Davide Bertinotti e Massimo Faraggi. Un libro che ha fatto storia in Italia. Bertinotti e Faraggi sono due pionieri dell’homebrewing nel nostro paese, due veri guru in materia. Frequentatori dei primi forum e newsgroup di homebrewer in Italia, produttori casalinghi per anni, sono da sempre impegnati nella divulgazione. Sebbene non particolarmente presenti sui social, i loro consigli continuano a formare decine e decine di homebrewer. La prima edizione del loro libro è apparsa – se non erro – nel 2009. Da poco, a distanza di 11 anni, è uscita la quinta edizione con aggiornamenti e restyling grafico. Un libro adatto a tutti, principianti e homebrewer più esperti.
  • Come fare… la birra fatta in casa” di Gianluca Rossi e Silvia Berti. Un libro più semplice e con un approccio più “leggero” rispetto a quello di Bertinotti. Adatto per chi vuole iniziare a produrre birra senza troppi pensieri. Il livello di approfondimento è medio, senza dubbio si tratta di un libro per principianti. Una caratteristica che può rivelarsi un punto di forza per chi non vuole addentrarsi troppo nella produzione o leggere testi troppo tecnici.
  • Birre fatte in casa di Greg Hughes. Scritto da uno degli esponenti di maggior rilievo della scena homebrewing del Regno Unito (è tra i fondatori del sito Brew UK), è un libro con taglio divulgativo e livello di approfondimento medio. Adatto per chi vuole iniziare a fare birra senza scervellarsi. La parte che descrive il processo produttivo occupa meno della metà del libro, per il resto ci sono tante ricette da cui trarre ispirazione.
  • Progettare grandi birre” di Ray Daniels. Anche questo è un libro storico. La prima parte spiega nel dettaglio il processo di produzione, scindendo il capello in quattro con formule e dettagli quasi ingegneristici. Interessante, ma non leggerissimo. La seconda parte, dove parla di stili e ricette, è un po’ datata e non particolarmente utile.
  • Fare la birra in casa di Francesco Antonelli e Angelo Ruggiero. Non potevo non citare il libro che ho scritto a quattro mani con Angelo, pubblicato da Publigiovane con Fermento Birra Magazine. Non posso farmi una autorecensione, ma posso dire che l’obiettivo di questo manuale è quello di arrivare a tutti: troverete molti dettagli tecnici, spesso raccolti in paragrafi di focus, ma anche indicazioni di base su kit e produzione da estratto. Sicuramente è nuovo e attuale, visto che è uscito a giugno 2020.

Video

Per chi non amasse la lettura o comunque preferisse passare prima dai contenuti visivi e gratuiti del web, molto materiale è disponibile anche su YouTube. Ovviamente c’è di tutto, anche canali terribili da evitare come ad esempio Cuore di Cioccolato (non me ne vogliano l’autore o i suoi fan, ma i contenuti sono a dir poco fuorvianti). Posso invece consigliare dei canali molto validi su cui trovare spunti interessanti da cui partire:

  • Sgabuzen Homebrewing di Giovanni Iovane. Tantissimi i video che Giovanni ha caricato sul suo canale, sempre curati e adatti sia ai principianti che agli homebrewer di livello più avanzato. Esiste anche un canale Patreon a cui ci si può iscrivere, a pagamento, per ottenere contenuti aggiuntivi. Ma anche i video gratuiti disponibili su YouTube sono molto validi.
  • BrewingFriends di Salvatore Arnese. Quasi tutti i produttori casalinghi in Italia hanno iniziato seguendo i video di Salvatore. Dalle sue prime avventure, quasi inconsapevoli, con i kit, si può imparare molto. Purtroppo il canale non è più aggiornato da diversi anni: Salvatore ormai è passato al mondo pro (è stato ed è birraio di diversi progetti brassicoli), ma i video restano assolutamente validi.
  • RovidBeer di Davide Cantoni. Il canale di Davide produce per lo più contenuti di livello molto avanzato (molti dei suoi video trattano temi legati all’infustamento e alla contropressione), ma da poco ha iniziato a caricare dei video in cui spiega i concetti base della produzione casalinga di birra. Questi video, ancora in corso di produzione (ne sono usciti solo alcuni per ora), sono ben fatti e indirizzati proprio a chi non ha mai fatto birra in casa. Consiglio vivamente di iscriversi al canale e seguirli.
  • Birramia. Torno a citare Birramia perché, tra i vari fornitori di materie prime e attrezzatura, è quello che dedica maggiore attenzione ai principianti. Anche il taglio del canale YouTube è il medesimo del già citato libro, con consigli di base per chi si affaccia al mondo delle produzione casalinga.

Chi mastica l’inglese potrà trovare tantissimi altri contenuti su YouTube, ma il mio consiglio è di guardare comunque qualche video in cui viene mostrato l’intero processo di produzione. Anche se in inglese, vedere gli aspetti pratici aiuta a riordinare le idee.

Esistono poi moltissimi blog a tema, ormai anche in italiano, da cui ricavare preziose informazioni. Reputo tuttavia il formato del blog non particolarmente adatto a un principiante, che in genere ha bisogno di informazioni ben strutturate e ordinate. In questo senso consiglio di scaricare il pdf gratuito di Davide Bertinotti (un po’ datato ma utile) e di farsi un giro sul portale di Fermento Birra che ha dedicato un’intera sezione alla produzione di birra casalinga con consigli strutturati in forma di guida.

L’attrezzatura base

Kit luppolato

Su questo argomento si potrebbe scrivere un intero libro. Non è ovviamente questo il contesto in cui dilungarsi o entrare nel dettaglio, tuttavia è possibile descrivere almeno le principali direzioni che si possono prendere quando si sceglie l’attrezzatura, che si differenzia anzitutto in base al metodo di produzione che si sceglie. Il più semplice e quello da cui consiglio di partire per farsi le ossa: la produzione da kit luppolato. L’approccio è semplicissimo: si acquista il kit, si mescola l’estratto liquido con l’acqua e si fermenta il tutto con il lievito (mi raccomando non usate quello del kit: qui alcuni consigli pratici). Questo approccio elimina tutta la fase di produzione del mosto, permettendo all’homebrewer di dedicarsi alla sanitizzazione dell’attrezzatura (sembra facile, ma non lo è, qui qualche consiglio), alla fermentazione e all’imbottigliamento. In questo caso l’attrezzatura è quella del kit base che trovate su qualsiasi sito che vende materiali per homebrewer. Si trovano kit già assemblati (ad esempio questo, ma attenzione a sostituire il metabisolfito con un vero sanitizzante come lo Starsan) oppure potete comporlo da voi, seguendo ad esempio la lista della guida di Fermento Birra. La spesa complessiva di aggira intorno ai 100 €, considerando l’acquisto delle materie prime (il kit luppolato) a parte. Non c’è bisogno di tanto spazio per produrre la prima birra: è sufficiente un posto con acqua corrente per produrre il mosto e un ripostiglio con temperatura ambiente non superiore ai 20°C per la fermentazione. Una fonte di calore (anche un fornello elettrico) può essere comodo per rendere più agevole l’estrazione dell’estratto dal barattolo.

Estratto + grani

Lo step successivo, di solito, è la produzione sempre da estratto di malto, ma stavolta con personalizzazione. Si aggiunge il luppolo e a volte anche qualche cereale speciale (in genere i cosiddetti malti crystal o i roasted). Questa tecnica si chiama E+G, ovvero estratto + grani (i grani sarebbero i cereali aggiunti). È una metodologia leggermente più complicata ma dà soddisfazione maggiore, soprattutto in termini di qualità del prodotto finito. Serve un po’ di spazio in cucina, una pentola capiente dove far bollire il mosto (dai 15 ai 25 litri), un mulino (a meno che non si acquistino i grani già macinati) e probabilmente anche una serpentina per raffreddare velocemente il mosto. La giornata di produzione si allunga, passando dai 20 minuti del metodo precedente alle 2 ore buone, a seconda dell’approccio che si intraprende. Si può riutilizzare tutta l’attrezzatura del metodo precedente, ma bisogna aggiungere pentolone, serpentina, mulino e qualche altro attrezzo (altri 200 € circa).

All grain

Da qui in poi si passa nel campo degli homebrewer di livello avanzato. Il metodo si chiama all grain, non facilmente traducibile in italiano ma dal significato piuttosto chiaro: faccio birra senza scorciatoie, partendo dai singoli ingredienti. Malto (cereali come orzo o grano), luppolo, acqua e lievito. Con questo approccio i tempi di produzione del mosto aumentano, arrivando facilmente alle 6 ore complessive. Si può seguire l’approccio all grain anche con il classico pentolone sui fornelli della cucina se si producono 15-20 litri, ma il tutto diventa più complicato da gestire (anche perché occupare la cucina per 6 ore non è il sempre possibile, considerando poi che si sporca parecchio). Tutto diventa più gestibile se si ricorre a un sistema elettrico cosiddetto “All-In-One” (abbreviato AIO), come il Grainfather o altri ancora più economici disponibili sempre sui vari siti online (come questo, ad esempio). Il costo di acquisto può variare tra i 400 € e i 700 € (ce ne sono anche da oltre 3.000 €, ma non è necessario in alcun modo arrivare a tanto). La comodità di poter usare questi sistemi in terrazza o in garage è particolarmente attraente (purché vi sia una sorgente di acqua corrente). Con un po’ di pratica, studio e attenzione ai dettagli, con il metodo all grain (anche con attrezzatura semplificata del tipo All-In-One) si possono produrre in casa birre al livello delle migliori artigianali che si trovano in commercio.

Il mio consiglio è di passare per i vari step: un minimo di studio, poi kit luppolato per concentrarsi su fermentazione, sanitizzazione e imbottigliamento. Successivamente E+G, magari con acquisto di un frigo a temperatura controllata o costruendo in alternativa una camera di fermentazione (dettagli qui e qui). Al posto dell’E+G si può anche far pratica con bollitura e ricette usando solo estratto di malto e luppolo, senza aggiunta di grani speciali (per esempio producendo qualche IPA o APA). Poi, se vediamo che il gioco ci piace, all grain con un bel AIO.

Dove acquistare

A differenza di qualche anno fa, ormai i siti specializzati si sono moltiplicati e, soprattutto, sono diventati molto più forniti. Sconsiglio di comprare kit, attrezzatura base (come fermentatori, tappatrice, etc…) e materie prime da Amazon o E-bay, meglio affidarsi ai siti specializzati. Molti acquistano attrezzatura avanzata (come gli AIO, le pentole inox e altro) su Aliexpress o su Amazon. Si può fare, ma a fronte di un risparmio – a volte nemmeno così cospicuo – si rischia di sbagliare l’acquisto. Meglio rivolgersi ai siti italiani che sì, anche loro spesso importano dalla Cina, ma in genere prima di rivendere verificano che tutto funzioni per bene. Segnalo alcuni dei siti più conosciuti da cui mi rifornisco.

  • Pinta. Sito molto fornito, offre una vasta gamma di ingredienti e attrezzatura sia per principianti che per homebrewer di livello molto avanzato.
  • Mr Malt. Sito storico, probabilmente il primo ad aprire lo shop online in Italia. Ampio catalogo sia di attrezzatura che di ingredienti, ha anche una sezione blog con articoli interessanti e spesso ben approfonditi.
  • Birramia. Forse ha un taglio un po’ più “easy” degli altri due (ma potrebbe essere una mia impressione). Questo non significa però che non sia valido, anzi. Forse più indirizzato ai principianti che agli homebrewer pro. Lo trovo molto ordinato nell’esposizione del catalogo, con i componenti facili da trovare e ben organizzati.
  • Beer&Wine. Non era partito benissimo a mio avviso, ma negli ultimi mesi ha fatto enormi passi avanti. È forse quello che ha i kit preparati più interessanti e con istruzioni ben fatte. Si sta muovendo bene anche su attrezzatura e ingredienti.

Ne esistono diversi altri, ma questi quattro mi sembrano al momento i più forniti e allo stesso tempo anche molto attenti al mondo dei produttori casalinghi. Difficile non trovare quello che ci serve su uno di questi siti. Se proprio non riuscite a trovare qualcosa, guardando all’estero c’è il fornitissimo e sempre all’avanguardia The Malt Miller (in UK) e il megastore Brouwland in Belgio (da cui si riforniscono in parte anche gli shop italiani sopra citati).

Quanto ci vuole per stappare la prima bottiglia?

Premesso che i tempi di produzione dipendono molto dalla tipologia di birra che si vuole produrre (ne esistono decine e decine), per una birra “standard”, diciamo una alta fermentazione dal grado alcolico medio/basso (quindi ad esempio IPA, APA, Stout, Porter, Bitter, Weisse) serve circa un mesetto. La cotta, ovvero la produzione del mosto che verrà fermentato dal lievito, a seconda del metodo utilizzato può durare dalla mezz’ora alle 6-8 ore. Poi circa 15-20 giorni per fermentazione e stabilizzazione, infine un paio di settimane di permanenza in bottiglia (a temperatura ambiente) per la carbonazione (ovvero per rendere la birra frizzante). In genere dopo un mese si stappa la prima bottiglia. Garantisco che l’emozione che si prova al prima “pssst”, appena rimosso il tappo, è indescrivibile. È importante però seguire un approccio ragionato, anche se non necessariamente rigoroso o ingegneristico, per evitare che l’emozione dopo il primo “pssst” si trasformi in delusione o, peggio ancora, che il primo “pssst” non sia in realtà un “boom” che vi inonda di birra pareti e tappeto persiano. Qualche linea guida ho provato a darla in questo articolo, per qualsiasi chiarimento ci sono i commenti. Buona birra!

L'autore: Francesco Antonelli

Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. Da febbraio 2014 è Degustatore Professionista dell'Associazione Degustatori di Birra.

Leggi anche

Homebrewing e gestione del lievito: cosa è cambiato rispetto a 10 anni fa?

Quando qualcuno avverte aromi di autolisi in una birra fatta in casa, mi sorge sempre …

Il report del BrewCon 2023, la convention sull’homebrewing di Londra

La prima associazione di homebrewer a cui mi sono iscritto è stata la American Homebrewers …

6 Commenti

  1. Grande Frank: sempre saggio, sempre illuminante. I tuoi articoli mi evitano mille “spiegoni” agli amici che chiedono consigli. Se avessi il tuo numero farei direttamente il trasferimento di chiamata…

  2. sei un mito !! sempre molto chiaro e esilarante !!

  3. Io non consiglierei gli all in one cinesi, ne ho avuti due e il problema più grave è che bruciano spesso il mosto sul fondo della pentola perché usano resistenze troppo economiche e non a bassa densità di potenza e questo li porta a piantarsi durante la bollitura, sacramentare durante la pulizia finale o ancora peggio uccidere la resistenza. Senza contare che sono difficilmente ispezionabili e hanno tanti collegamenti filettati difficili da smontare e pulire. Un braumeister/brewtools sembreranno avere un costo fuori dal mondo ma c’è un motivo.

    Secondo me il biab rimane l’opzione migliore per chi inizia. Se si fa monostep e si aggiusta solo la temperatura dopo il mash in con un fornello a induzione si fa presto anche a pulire la pentola. Poi un bell’upgrade è pompa + tubi con raccordi camlock/rapidi + resistenza ad immersione + controller. Se si aggiunge anche il cestello e un supporto per esso diventa un all in one migliore di quelli cinesi

    • L’osservazione è corretta, in effetti il problema della bruciatura esiste ma non credo sia dovuto al tipo di resistenza. Il problema è che con il cestello un po’ di farine cadono sul fondo (la sacca BIAB trattiene molto di più). Se questo non è un problema con il tre tini, dove poi vai a bollire in un’altra pentola, lo diventa con un All In One, dove le farine rimangono sul fondo durante la bollitura (poi, certo, brewtool e braumaster hanno resistenze di altro livello). Inoltre, il problema possono anche essere gli step di temperatura, dove la resistenza in alcuni modelli rimane accesa al massimo per diversi minuti, con le farine depositate sopra. Tuttavia questo si può facilmente evitare o mettendo una sacca intorno al cestello, oppure macinando meno fine. In molti usano gli All In One “cinesi” con soddisfazione, riuscendo a superare il problema della bruciatura sul fondo. Il metodo BIAB è anche una buona soluzione, io l’ho usato per molti anni, quindi assolutamente d’accordo a consigliarlo. Ma, da quello che vedo, ormai lo usano in pochissimi mentre la maggior parte degli homebrewer usa con soddisfazione gli All In One senza problemi di bruciatura.

Rispondi a Francesco Antonelli Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *