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Viaggio a Pechino: dove e cosa ho bevuto

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La mia prima artigianale cinese: la Pale Ale #6 di Great Leap

Eccoci qui, Cronache di Birra torna regolarmente operativo dopo una pausa di un paio di settimane. Il periodo di silenzio ha coinciso con le mie vacanze estive, che quest’anno sono state completamente dedicate a un indimenticabile viaggio in Cina. Chiaramente è stata una destinazione con scopi principalmente turistici, scelta per scoprire una nazione davvero affascinante, che sta vivendo una rapida trasformazione caratterizzata da alti e bassi e da aspre contraddizioni. In questo contesto estremamente dinamico uno spazietto se lo sta ritagliando anche la birra artigianale: d’altra parte sarebbe strano il contrario, visto che la Cina sta vivendo una crescita impressionante in tutti i settori economici. Dunque tra una passeggiata sulla Grande Muraglia e una visita alla Città Proibita, sono anche riuscito a inserire qualche bevuta in posti precedentemente programmati, che mi hanno offerto una panoramica generale sulla scena birraria cinese.

Partiamo però da una premessa: non aspettatevi di poter elevare la Cina a meta birraria d’interesse primario. Nonostante in rete si possano trovare articoli che parlano di un boom dei prodotti artigianali a Pechino e altrove, la verità è che si tratta ancora di un movimento tutto da costruire. Le destinazioni minimamente interessati al momento sono pochissime, rappresentando casi isolati e del tutto estemporanei, per di più da ricondurre quasi sempre all’iniziativa di qualche americano trasferitosi in Cina. Per una nazione grande poco meno dell’Europa e dalle enormi potenzialità, è una situazione abbastanza deludente, ma bisogna anche considerare l’evoluzione socio-economica vissuta negli ultimissimi decenni. Se una vera esplosione ci sarà, si verificherà in pieno solo nei prossimi anni.

Considerazioni generali a parte, un classico viaggio in Cina può comunque essere accompagnato da assaggi interessanti, proprio come ho potuto verificare di persona. Il mio itinerario ha toccato le città di Pechino, Xi’an e Shanghai: ho visitato due indirizzi nella prima e due nell’ultima, mentre in quella di mezzo non ho trovato destinazioni interessanti. Questo particolare dovrebbe fornirvi un’idea di ciò che ho espresso precedentemente, soprattutto considerando che Xian è una metropoli da oltre 8 milioni di abitanti. Ma bando alle ciance e passiamo alle bevute, che in questo articolo limiterò a quelle sperimentate a Pechino.

10561058_267310466798236_784437352_nLa mia prima tappa è stata la tap room della Great Leap Brewing (sito web), situata a Doujiao Hutong 6. Si trova in una posizione molto centrale di Pechino, mezza nascosta in quel dedalo decadente di bettole e vecchie stradine conosciuto con il nome di Hutong. Il fondatore è – come accennato poco sopra – lo statunitense Carl Setzer, che per primo ha proposto birre artigianali nella capitale. Il luogo è relativamente carino, soprattutto se paragonato al degrado che lo circonda, valorizzato anche da un piacevole dehors. Quando ci sono stato gli avventori erano pochi e quasi tutti occidentali: un dettaglio non secondario e che ho riscontrato anche altrove, segno che i prodotti di qualità sono – almeno a Pechino – ancora ad appannaggio di un pubblico molto particolare. Il motivo probabilmente è da ricercare anche nel prezzo di somministrazione, non lontano dagli standard italiani e ben più elevato di quello dei beni di consumo quotidiani cinesi.

Per riprendermi dal caldo soffocante della capitale ho subito puntato la Pale Ale #6, che è scomparsa nel mio bicchiere nel giro di pochi minuti: niente di trascendentale, sia chiaro, ma è stata comunque una bevuta piacevole e con spunti interessanti, che mi ha ben predisposto agli assaggi successivi. Per approfondire meglio il discorso ho quindi virato verso il quartetto da degustazione: quattro bicchierini da riempire con le birre presenti alla spina, che nel mio caso sono state Edmund Blackhouse (una Pils), East City Porter, Little General Ipa e Iron Buddha Blonde. A dispetto del primo assaggio, il livello generale non mi ha certo entusiasmato, con l’unica punta interessante rappresentata dalla Porter. Il mio primo incontro con la birra artigianale cinese è stata quindi caratterizzata da luci e ombre.

10584823_1469140170022573_147241657_nLa seconda tappa pechinese è stata la tap room della Slow Boat Brewery (sito web). Il locale si trova in Dongsi Batiao 56, raggiungibile dall’uscita 4 della fermata Zhangzizhonglu della metropolitana (linea 5). La zona se vogliamo è ancora meno invitante della precedente e la tap room si sviluppa all’interno di un’unica sala di forma rettangolare: una situazione non proprio accogliente, ma che i proprietari hanno cercato di rendere più calda possibile. Operazione che si è avvalsa anche di una grande lavagna alle spalle del bancone – di quelle che abbiamo imparato a conoscere molto bene anche in Italia – e da una batteria di spine a parete che fanno la loro porca figura. Due elementi in comune Great Leap: la nazionalità dei fondatori, che rispondono ai nomi di Daniel Herbert e Chandler Jurinka, e la clientela, quasi totalmente occidentale e composta in gran parte di stranieri.

Come per Great Leap, la provenienza dei creatori di Slow Boat si riflette sugli stili delle birre prodotte, tendenti chiaramente al gusto americano. Per dichiarazione dello stesso Jurinka, la tap beer solitamente ha alla spina 18 birre (io in realtà ne ho trovate molte meno), di cui 5 o 6 riconducibili a IPA. Qui mi sono subito orientato verso la soluzione degustazione, scegliendo Canon Smoked Porter, Knot 51 Red AleSea Anchor Imperial Vanilla StoutHelmsman’s Honey AleMonkey’s Fist IPA. Nel complesso il livello qualitativo mi è sembrato migliore di Great Leap, sebbene in nessun caso mi sia stracciato le vesti. Comunque sono stati assaggi molto piacevoli, che in due casi hanno raggiunto standard di un certo livello: la Stout alla vaniglia si lascia bere facilmente e l’ingrediente aggiuntivo è dosato alla perfezione; la Monkey’s Fist IPA è invece profumata e fragrante, come nelle migliori interpretazioni americane dello stile.

914470_317557788405683_225905516_n (1)Oltre alle due tappe menzionate, Pechino offre altri indirizzi interessanti, che viste le dimensioni della metropoli non ho avuto tempo di visitare – uscendo tuttavia ampiamente soddisfatto dalla mia esperienza. Mi incuriosiva ad esempio il brewpub NBeer (prima realtà brassicola totalmente cinese), mentre è da segnalare anche la Panda Brewery, a quanto pare famosa in città per le sue birre al miele. Per il resto ci sono alcuni locali con un’ampia selezione di birra belga (marchi comuni, non aspettatevi niente di particolare), che chiaramente non hanno attirato la mia attenzione. Ho però notato che in Cina c’è un diffuso interesse per i prodotti del Belgio e questo mi ha ricordato i primi passi del movimento italiano.

Concluso il discorso su Pechino l’appuntamento è a domani con il resoconto delle mie bevute a Shanghai. C’è qualcuno tra voi che è mai andato alla scoperta della birra artigianale nella capitale cinese?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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4 Commenti

  1. Ho avuto modo di assaggiare alcune birre della Great Leap ad Hong Kong qualche mese fa. Per le birre che ho assaggiato (Honey Ma, Three Doors e Iron Buddha) condivido la tua opinione, sono prodotti decenti ma nulla di eccezionale.
    Leggendo gli articoli che si trovano sul movimento birrario cinese uno si aspetterebbe molto di più anche perché Great Leap in Cina ha un gran nome essendo stato uno dei primi birrifici non industriali ad aprire ed essendo molto apprezzato dagli stranieri che lo conoscono e frequentano.
    Confermo anche quanto dici sugli avventori dai vari locali che servono birra artigianale. Sono, anche in altre città della Cina, per la stragrande maggioranza stranieri. Il movimento fatica ancora a fare proseliti tra i cinesi che si accontentano spesso dei grandi nomi dell’industria della birra cinese o di prodotti stranieri comunque industriali o quasi (vedi alcune birre del Belgio che sono molto popolari).
    Ad ogni buon conto, trovo molto interessante il fatto che un movimento si stia creando e che si stia iniziando a sperimentare anche con prodotti locali tipo tè (se non ricordo male proprio la Iron Buddha è fatta con tè oolong del Fujian) o spezie quali il pepe del Sichuan.

    • Sì l’aspettativa è leggermente più alta, probabilmente si cerca di pompare una realtà ancora essenzialmente embrionale. Ma anche in questa forma può regalare risvolti interessanti.

  2. Ciao Andrea e bentornato ! Personalmente io sono rimasto deluso dalle produzioni di Slow Boat e Great Lap, che ho trovato, in via generale, troppo watery in tutte le loro interpretazioni. Anche Villa Castanea, sempre a Pechino, non mi aveva regalato assaggi memorabili sugli stili di ispirazione tedesca da loro brassati. Fermo restando che magari sono tutti e 3 migliorati e la tua esperienza è stata diversa (io ci sono stato nel 2011 e in tre anni se ne possono fare di progressi), tra i produttori craft avevo salvato solo Boxing Cat (di cui immagino ci parlerai domani).
    P.S. tanto per curiosità, ti sei lanciato su qualche industriale cinese ? Io ai tempi mi sono fatto del male praticamente nel 99% dei casi, ma la Tsingtao Dark non l’ho trovata malaccio. Il livello è ben lontano dai “grandi classici” cechi e tedeschi ma difetti clamorosi non ne avevo percepiti.

    • Grazie per il bentornato! Beh come scritto non siamo a livelli alti, ma la situazione non mi è parsa così drammatica come la dipingi. Probabilmente nel frattempo la qualità è migliorata: leggevo ad esempio che il birraio di Great Leap ha brassato a lungo solo nel tempo libero e solamente dallo scorso anno ha trasformato la sua attività nel lavoro quotidiano. La birra industriale non l’ho praticamente toccata (ho preferito il tè 🙂 ), mentre confermo le qualità di Boxing Cat… ma come hai capito ne parlerò domani.

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