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Viaggio nelle Fiandre: tra Bruxelles e Lovanio

Nel post di ieri vi ho raccontato la mia esperienza al Toer de Geuze, l’evento biennale dedicato ai produttori a fermentazione spontanea del Belgio. La mia trasferta in terra straniera non si è però limitata alla manifestazione organizzata da Horal: il sempre efficientissimo Ente del Turismo delle Fiandre ha creato per l’occasione un programma molto ricco, che ci ha permesso di toccare diverse tappe brassicole nei due giorni e mezzo di viaggio. Nello specifico ci siamo mossi tra Bruxelles e Lovanio, due città che ormai conosco bene ma dove torno sempre molto volentieri, anche perché ci sono sempre nuove cose da scoprire, sia dal punto di vista della nostra bevanda, sia da quello puramente turistico. Insomma, le Fiandre come sempre si rivelano una destinazione spettacolare per qualsiasi appassionato di birra, fondendo le straripanti bellezze paesaggistiche e cittadine con usi e costumi birrari a dir poco suggestivi.

La nostra giornata scarsa passata a Bruxelles, ad esempio, mi ha permesso di approfondire un aspetto mai toccato prima nei miei tanti viaggi nella capitale belga: la new wave brassicola locale. Accanto a produttori attivi da anni, se non addirittura risalenti a secoli passati (leggasi Cantillon), negli ultimi anni sono nati alcuni nuovi birrifici capaci di portare un vento di novità nella scena cittadina. Insieme ai miei compagni di viaggio abbiamo avuto la fortuna di visitare due dei nomi più importanti in questo senso: En Stoemelings e Belgian Beer Project.

Il birrificio En Stoemelings è situato nella parte sud-occidentale di Bruxelles, all’interno di un locale dalle dimensioni piuttosto contenute. È in effetti uno dei più piccoli birrifici che mi è mai capitato di vedere: l’impianto è praticamente quello di un homebrewer evoluto e sembra davvero di essere all’interno del garage di un appassionato di birrificazione casalinga, con fusti e sacchi di malto accatastati dove possibile. Tuttavia i prodotti di En Stoemelings appaiono curati sotto tutti i punti di vista e – cosa ben più importante – risultano di ottimo livello qualitativo. Credo che solo la straordinaria scuola brassicola belga avrebbe potuto tirar fuori birre del genere da un contesto simile.

Da En Stoemelings abbiamo assaggiato tre birre. La Curieuse Neus è una Tripel volutamente meno secca di quanto ci si aspetti, ma con il lievito valorizzato al massimo e in grado di esprimere una potenza e una pulizia aromatica invidiabile. La Cuvée Houdini è invece un’alta fermentazione ambrata a cui sono stati aggiunti coriandolo e scorze di agrumi (arancio e limone): mi aspettavo una speziatura invadente, invece si rivela straordinariamente bilanciata e con un finale inaspettatamente rinfrescante. La Noirolles è invece definita una Belgian Porter e ricorda le migliore “scure” del Belgio (per me Hercule e De Dolle Extra Double Stout), pur mantenendosi su una gradazione alcolica contenuta (5%).

I ragazzi di En Stoemelings mi sono sembrati tanto appassionati quanto umili, preoccupati di mantenere un legame con le proprie tradizioni brassicole pur proponendosi come una giovane novità nel panorama cittadino. Non nascondono che i loro prodotti costano più della media delle birre del Belgio, ma aggiungono che i loro clienti sono ben contenti di spendere un po’ di più per una birra di qualità nella quale riconoscersi. Una realtà che mi ha positivamente colpito e che consiglio di tenere in seria considerazione nel futuro.

Dopo En Stoemelings ci siamo spostati presso il più conosciuto Belgian Beer Project, situato nella parte occidentale di Bruxelles. È un brewpub ospitato all’interno di un locale dalla forma particolare: inizialmente ha uno sviluppo in lunghezza, salvo poi aprirsi nella sala in cui trova posto l’impianto e il maggior numero dei posti a sedere. Si pone come progetto collaborativo, nel quale è coinvolta un’attiva comunità di appassionati e aficionados, tra i quali si contano circa 2.500 aderenti al programma di crowdfunding da cui ha origine il birrificio. La clientela in effetti è molto giovane e apparentemente competente: evidentemente Belgian Beer Project è riuscito a intercettare un pubblico nuovo e lontano dalla concezione classica di birra.

In effetti la filosofia produttiva di Belgian Beer Project è quanto di più lontano si possa immaginare dal concetto classico di birra belga. La parola d’ordine è reinventare ogni stile brassicolo, senza escludere estremismi piuttosto evidenti. In effetti nella gamma è difficile, se non impossibile, trovare birre che appartengono a tipologie ben precise, mentre le sperimentazioni sono all’ordine del giorno. L’ammiraglia della casa è la Delta Ipa, la cui ricetta è stata scelta dai clienti del birrificio superando altre tre concorrenti. È una Belgian Ipa con lievito Saison e un mix di luppoli americani, di buona fattura. La Patagonia Dream è invece una Wheat Beer ai mirtilli, dove la frutta rimane in secondo piano e l’amaro diventa protagonista nel finale. Decisamente fuori di testa è la Churchill Delusion, una Mild realizzata con l’aggiunta di tabacco di sigari del Nicaragua in whirpool, mentre non è da meno una delle birre della linea Barrel (non ricordo il nome) che consiste in una Blond brassata con un agrume giapponese, pepe e maturata in tre botti diverse con infezione di Brett. Meno estrema (e più godibile) è invece la Barrel Minautore, un’Imperial Red Ale passata in botti di vino rosso.

A mio parere Belgian Beer Project è di quei produttori senza mezze misure, che ami o odi. Personalmente non sono un fan delle sperimentazioni così spinte e alcune birre nascono da ricette oggettivamente arzigogolate. Però il locale è molto bello e merita senza dubbio una visita, anche per tastare il polso della moderna scena birraria di Bruxelles. E se siete beer geek di un certo tipo, sicuramente andrete pazzi per il progetto e per le birre.

La nostra ultima visita a un birrificio si è svolta domenica mattina, quando siamo stati ospiti di De Kroon, situato appena fuori Lovanio. L’intera struttura è divisa in quattro parti facilmente distinguibili tra loro e di dimensioni pressoché analoge: il vecchio birrificio (risalente, se non erro, al XIX secolo), il nuovo birrificio, la taverna (bar e ristorante) e il laboratorio. Come capirete, a quest’ultimo luogo è dedicato molto spazio e non a caso: nel birrificio lavora Freddy Delvaux, professore all’Università di Lovanio e considerato un genio in termini di conoscenze brassicole. Il tour nel vecchio birrificio è davvero pittoresco, grazie alla presenza di macchinari e strumenti d’altri tempi (e ormai in disuso). È presente anche una vasca di raffreddamento posta sotto un tetto a spiovente, realizzato con delle ampie aperture: il riferimento ai produttori di Lambic è fin troppo evidente.

Nel nuovo birrificio vengono prodotte tre birre. La Job è un’ottima Belgian Blonde, di impostazione classica: intense note fruttate nell’aroma (banana e polpa gialla), ma anche equilibrata e facile da bere. La Super Kroon è una Belgian Pale Ale asciutta e molto bevibile, che se da un lato risulta molto bilanciata e facile da bere, dall’altro manca di un quid a livello di carattere. La Delvaux, infine, sembra una versione più muscolare della Job, con un tenore alcolico superiore (8,5%) ma comunque incredibilmente bevibile. Il birrificio De Kroon merita una visita – magari con pranzo annesso – sia per il luogo in sé sia per le birre, che saranno apprezzate soprattutto da chi ama le classiche tipologie del Belgio.

Nei due giorni e mezzo di viaggio abbiamo anche avuto la fortuna di mangiare in ottimi ristoranti. A Bruxelles siamo stati ospiti del mitico Restobieres, dove abbiamo cenato accompagnando i piatti con la birra della casa, la ForMi. Sabato sera abbiamo cenato a Lovanio presso l’affascinante De Hoorn, ottimo ristorante situato in una location polifunzionale ricavata nel vecchio birrificio di Stella Artois. Qui abbiamo bevuto Taras Boulba e Tripel Karmeliet. Infine, prima di ripartire per l’Italia, abbiamo pranzato presso il Kokoon di Lovanio, situato in pieno centro e davvero squisito. Tra le birre disponibili ce ne sono anche alcune artigianali, come quelle del già citato De Kroon. Merita menzione anche il Contrebande, piccolo locale con una bella selezione di microbirrifici belgi che mi ha fatto scoprire Niccolò Querci: un indirizzo da segnare fuori dalle solite destinazioni di Bruxelles.

Ecco cosa hanno di bello le Fiandre: parti per partecipare al Toer de Geuze e riesci a incastrare altre splendide tappe birrarie, restando intanto affascinato dalle architetture delle città o dalle bellezze della campagna. Ci tornerei anche subito: le cose da scoprire non finiscono mai, anche parlando solamente di birra!

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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