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Viaggio al centro della birra – Sesto episodio

cyx7HugnudDx3zkfA6h7Dopo le visite presso alcuni birrifici italiani e a qualche evento a tema, ora per Marcello Mallardo è il momento di fermarsi un attimo e riflettere. Grazie alle esperienze raccontate in passato, ora le idee cominciano a prendere forma e di conseguenza il progetto del suo personale birrificio. Ecco allora che uno dei primi problemi da affrontare riguarda l’impianto di produzione, cuore pulsante di ogni azienda brassicola. Nell’articolo di oggi, Marcello esporrà qualche ragionamento al riguardo, spiegando come conviene strutturarlo e quali ripercussioni – anche profonde – può avere sull’intero progetto. La pianificazione di un aspetto del genere è infatti fondamentale e non può essere minimamente preso sotto gamba.

Viaggio al centro degli impianti birrari

Le ultime due visite mi hanno fatto riflettere a fondo sulla questione del dimensionamento degli impianti e della cantina. Le considerazioni che qui vi riporto (e sulle quali aspetto critiche e consigli) sono frutto dei due corsi cui ho partecipato (Unionbirrai e Università di Udine), oltre che, naturalmente, delle visite che qui condivido.

Come tutti sappiamo quello di cui abbiamo bisogno è un tino di miscelazione, un tino filtro, un tino cottura, un whirpool, una caldaia e un sistema di raffreddamento. Gli impianti proposti sul mercato offrono sistemi a 4,3 o 2 tini. Un sistema a 4 tini, benché rappresenti la soluzione sicuramente ideale, non sembra moto fattibile per questioni di spazio e di soldi. Tendono a mancare entrambi con una notevole frequenza nel nostro Belpaese.

I sistemi a 3 tini sono quelli verso cui cercherò d’indirizzarmi. Una prima soluzione concentra la miscelazione e la cottura in un unico tino riscaldato, mentre il tino di filtrazione e il whirpool sono separati. Un simile espediente è più economico di quello che invece dovrebbe interessare noi aspiranti birrai. Un sistema a 3 tini con miscela e filtro concentrati in unico tino ci offre la possibilità di lavorare in doppia cotta investendo maggiormente sul lavoro e sul sudore della nostra fronte. Avere due tini riscaldabili ha infatti il vantaggio di velocizzare le procedure e permettere di concentrare in una giornata lavorativa (straordinari permettendo) il lavoro di due giorni.

Chiaramente questa non è la sede per parlare dei fornitori di impianti cui ci si può interfacciare con semplici ricerche su internet o partecipando a una fiera di settore (RHEX Rimini ad esempio). L’ultima tappa del viaggio ci ha fornito però un prezioso spunto sulla possibilità di costruirsi l’impianto a propria immagine e somiglianza. In tal senso può essere d’ispirazione un articolo apparso recentemente sulla rivista e sul blog di Mobi, in cui Andrea Agostini condivide il suo impianto per homebrewer auto costruito: Dominus Draconum 1.0.

Gli impianti nei quali finora mi sono imbattuto sono molto diversi tra di loro, innanzitutto in termini di dimensionamento. Credo che quest’ultimo debba essere rapportato principalmente alle capacità del mercato di prossimità e alle reali potenzialità e prospettive di sviluppo verso ulteriori mercati, oltre che alle nostre disponibilità economiche. Non smetterò mai di sottolineare come una corretta programmazione e gestione delle risorse possa abbattere notevolmente i rischi d’impresa anche in presenza di un solido patrimonio e di una buona idea. Le semplici scommesse, mi dispiace dirlo, hanno fatto il loro tempo. Sognatori sempre, ignoranti mai! Rispetto agli impianti (produzione, imbottigliamento, etichettatura, ecc) è dunque imprescindibile inserire una quota d’ammortamento nel business plan, valorizzata all’8% secondo decreto ministeriale.

Non vi nascondo che l’idea che più mi affascina è l’apertura di un brew pub, sebbene possa configurarsi come la strada più tortuosa. Il mercato in questione è rappresentato per larga parte dai frequentatori del locale, dando la possibilità al birraio di fare una forte esperienza su un impianto dalle dimensioni contenute, avere un feedback immediato sulle proprie birre e prospettare, in caso di successo, di separare e allargare la produzione in un secondo momento.

Ai rischi imprenditoriali del birrificio si affiancano però i rischi tipici della ristorazione, oltre a ulteriori investimenti per allestire e mantenere una cucina di qualità. La scelta della posizione diventa in questo caso determinante per essere appetibile sotto tutti i punti di vista, sebbene non manchino gli esempi di brewpub nati nel nulla, poi diventati tra i marchi di birra artigianale più famosi e celebrati.

Per questa tipologia potrebbe essere utile un sistema a 2 tini che può prevedere il tino miscelazione-filtro e il tino cottura-whirpool o un sistema con un tino miscela-cottura-whirpool e il filtro separato. Questa è chiaramente una soluzione consigliata per chi ha pochissimo spazio a disposizione rappresentando la situazione ideale per un brewpub. Non si pensi però in questo caso di risparmiare, considerate le dimensioni minori dell’impianto. Un impianto a vista deve essere a un tempo funzionale ed elemento di arredo per il locale. Come ci ricorda Aristotele: “la bellezza è la miglior lettera di raccomandazione”.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. Complimenti Marcello per l’interessante diario di viaggio.
    Io continuo a seguirti 😉

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