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Viaggio al centro della birra – Settimo episodio

cantillonIl viaggio al centro della birra del nostro Marcello arriva al suo settimo appuntamento, dimostrando quanto impegnativo e complesso sia il percorso che lo porterà – si spera vivamente! – ad aprire il suo personale birrificio. L’ennesima tappa di avvicinamento al suo sogno è stavolta totalmente di piacere: si tratta di una breve vacanza in Belgio nella quale Marcello visiterà alcuni luoghi chiave per la birra in uno dei paesi con maggiore tradizione in tal senso. La visita però sarà anche l’occasione per continuare a riflettere sul suo progetto e per confrontare la realtà belga con quella italiana. La morale finale lascerà lui e tutti noi ottimisti per il futuro…

Bruxelles e Bruges

Forse sarà un passo indietro dal punto di vista dei contenuti della rubrica, ma non potevo non condividere anche quest’esperienza, che considero parte integrante del progetto. Sono ormai al mio terzo viaggio in Belgio e pur essendo una visita di piacere e in dolce compagnia, non nascondo che la birra faccia da traino alla mia voglia di tornare in questo Paese. Il tempo che dedico alla nostra bevanda preferita è, in effetti, sempre crescente nel corso dei miei viaggi in terra belga.

Per la prima volta soggiorno a Bruxelles e non faccio in tempo a lasciare le valigie in albergo che ho già prenotato la cena (per il giorno successivo) e sono sulla strada per visitare Cantillon. Arriviamo in tutta fretta al birrificio nei pressi della Gare du Midi. La zona non è proprio entusiasmante, il che rende l’apertura di quelle porte ancora più magica. Non mi stupisce che questo birrificio sia stato fonte d’ispirazione per molti pionieri del movimento birrario italiano. Il tour è libero e suggestivo, anche se facciamo il percorso (per forza di cose) insieme a una guida francese dal quale rubo informazioni qua e là.

Quando mi raccontavano delle scarse condizioni igienico sanitarie e delle “ragnatele di Cantillon”, ascoltavo con forte scetticismo, conoscendo la normativa italiana in merito. Eppure è tutto vero: al di sopra dei tini di cottura troviamo una soffitta con una vasca di raffreddamento che ospiterà il mosto per una notte intera, sovrastata da numerose ragnatele e polvere a vista. Stesso discorso per la cantina e gli altri vani del birrificio. Sull’imbottigliatrice invece… meglio sorvolare del tutto 🙂 . Il percorso si conclude con una doppia degustazione, alla quale mi sottopongo per due (visto che la mia compagna non cede all’irresistibile fascino del Lambic), mentre il birrificio si affolla di turisti americani.

La nostra passeggiata post Cantillon si ferma a Plaçe Fointanas per sederci al sole dei tavolini del Moeder Lambic. Mi tuffo letteralmente in un menu vario ma non immenso e chiedo “Cosa c’è alla spina?”. La risposta è fin troppo semplice: “Tutto!”. I nostalgici e i pionieri non saranno probabilmente d’accordo con me, ma credo che il Moeder Lambic sia assolutamente perfetto per noi seguaci e appassionati, e allo stesso tempo attraente per chiunque abbia semplicemente voglia di bere e/o mangiare: spine di primissima qualità ed eccellente varietà, tavoli all’aperto, selezione alimentare snella ma sofisticata, prezzi ragionevoli, bell’atmosfera.

Mentre beviamo Hop Ruiter di De Schelde, Witkap Stimulo di Slaghmuylder, il Faro di Cantillon e la Bière de Miel di Dupont, non posso non accorgermi dell’arrivo di molti degli americani pocanzi incrociati da Cantillon. Solo ora mi accorgo che sono accompagnati da una guida. Una riflessione è d’obbligo: mentre nel Bel Paese facciamo fatica a far quadrare i conti dei beni culturali, in Belgio tour operator e guide turistiche riescono a montar su il “tour de la bière”. Parbleu se siamo messi male!

Il pomeriggio trascorre in piena serenità tra le strade del centro di Bruxelles fino ad arrivare al palazzo reale e i suoi giardini. Puntando il Bier Circus in Rue de l’Enseignement incappiamo in un ristorante che ha l’aria familiare, due tavoli all’aperto e un menù breve e conciso. Sedersi è d’obbligo. Il Den Talurelekker è forse la più bella sorpresa del viaggio, regalandoci una “carbonnade à la kriek” con purea di mele e cannella, che difficilmente dimenticherò. Mangiamo e beviamo a sbafo e il conto mi mette quasi in difficoltà: 35 euro in due.

La giornata di sabato è bella piena: gita a Brugge e cena da Restobières. Brugge è uno dei luoghi più incantati nel quale sia mai stato e ci torno volentieri, sebbene la lingua non possa più aiutarmi poiché ci spostiamo nella parte fiamminga del Belgio. Ultimamente avevo anche visto il film “In Bruges” che aveva ulteriormente alimentato la mia voglia di tornare in questa magia.

Oltre alla visite ai canali e alle splendide passeggiate che Brugge sa regalarti, posso tornare in un luogo che aveva alimentato la mia passione per la birra anni fa: il 2be. Questo locale dà direttamente sul canale e ospita il “Beer Wall”: un muro con tutte, ma proprio tutte, le birre belghe. Sorseggiare una birra in buona compagnia e sulle rive dei canali di Brugge ha un sapore diverso, sicuramente meno “amaro”.

Nel tardo pomeriggio mi faccio tentare dal Cambrinus che mette in seria difficoltà la mia capacità di scelta. Il menù va considerato in peso anziché in pagine. Per sfinimento vado sul sicuro: Drie Fonteinen Oude Geuze.

La giornata vola e siamo costretti nostro malgrado a tornare a Bruxelles, dove però ci aspetta la cena prenotata al nostro arrivo. Sono incuriosito dalla capacità di questo ristorante (Restobières ndr) di cucinare tutto con la birra, agevolandomi  nella scelta delle birre da abbinare. Il locale ci accoglie con non uno, ma addirittura quattro tra addii al celibato e al nubilato. Questo ci costringe verso un altro paragone con l’Italia dove ormai sono davvero in pochi quelli che possono permettersi di sposarsi e tirar su famiglia. Il resto della serata trascorre tra paté “à la Rochefort”, Coniglio con le prugne “à la Geuze de Girardin”, Carbonnade “à la Rodenbach” e termina con una mousse al cioccolato “à la Hercule”. Cena e serata divertente, che si conclude con una Noir de Dottognies del birrificio De Ranke.

La domenica seguo molti dei suggerimenti di un amico che è stato a Bruxelles per un anno come stageur della Commissione europea, da dove decido di partire. Dai “palazzi” dell’UE passo da Plaçe de Luxembourg attraversando un parco e arrivando fino a Plaçe Jourdan. M’imbatto in un mercatino davvero affascinante pieno di prodotti che hanno l’aria genuina. Proseguo per il quartiere fino ad arrivare a Plaçe Flagey dove ci aspetta un altro mercato, meno sofisticato, ma ugualmente attraente. La piazza ospita tra l’altro uno dei luoghi più famosi in cui concedersi le famose patatine belghe: Frites Flagey. Il chiosco è gestito da un uomo brusco e insopportabile, cui passiamo giusto per dovere di cronaca. Ci concediamo un momento di relax in un chiosco di prodotti biologici, anche questa volta al sole, e rinfrescati da una Saison Dupont Bio e da una Blanche du Hainaut Bio.

La vacanza volge al termine e mi tocca tornare, mio malgrado, verso casa, progettando nella mente il prossimo viaggio in Belgio. Oltre alla voglia di tornare in questo Paese, rimangono nuove impressioni e sensazioni, e una vera e propria esigenza di brassare. Non passerà più di qualche giorno prima che io mi metta all’opera di una Blanche al miele.

Il vero insegnamento del viaggio me lo lascia un’insegna che per molti di voi sarà estremamente familiare. L’insegna recita “Le temps ne respecte pas ce qui se fait sans lui”. Questo vale per la birra e per il birrificio che ospita l’insegna, ma val bene anche per i nostri progetti e i nostri sogni. Diamo tempo al tempo senza bruciare le tappe che prima o poi, i sogni si avverano… se siamo capaci a rincorrerli.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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9 Commenti

  1. alexander_douglas

    comunque io ho assaggiato la carbonade flamande cotta in tre tipi diversi di birra: petrus oud bruin, gueuze ( non mi ricordo quale) e nella gulden draak….le varianti sour si sposano decisamente meglio col gusto di questo piatto 🙂

    • Con un’acida devo provarci, ormai il clima giusto è arrivato 😉

      • alexander_douglas

        direi di si, anche se è una ricetta impegnativa come tempistiche mi sa 😀 comunque l’idea di cuocerla nella kriek è affascinante, accentuerebbe ancora di più il contrasto sweet& sour secondo me 🙂

  2. Per dovere di “cronaca” dimenticavo di segnalare che il Moeder ospitava solo 3 birre straniere: 2 tedesche e un’italiana. Chi può indovinare di che birrificio parliamo?

  3. questo settimo episodio mi ha fatto venire una gran voglia di visitare sia Bruges che Bruxelles ed a breve mi attiverò per organizzare una 4 giorni ad aprile. grazie Marcello e grazie Andrea!

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