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La rivoluzione di Unionbirrai: intervista ad Alessio Selvaggio

Con un comunicato apparso sul proprio sito web la scorsa settimana, Unionbirrai ha annunciato la sua più importante novità in quasi 20 anni di vita: la trasformazione da associazione culturale ad associazione di categoria. Nonostante possa sembrare un dettaglio minimo, la nuova natura giuridica dell’ente segna un passaggio fondamentale nella storia della birra artigianale in Italia. Da un punto di vista più prettamente simbolico, significa che finalmente Unionbirrai cambia visione e modo di proporsi: non più un approccio “hobbistico” e quasi carbonaro al mercato, ma un’impostazione evoluta e di alto spessore. Le differenze saranno tantissime, al punto che per una spiegazione dettagliata abbiamo deciso di contattare Alessio Selvaggio, neo Direttore Generale di Unionbirrai, che ringrazio per la disponibilità. Buona lettura.

Ciao Alessio, partiamo dal principio. Sul comunicato avete scritto che il 4 aprile 2017 sarà ricordato come un giorno storico per Unionbirrai. Puoi spiegarci perché e quali novità nello specifico comporterà?

Beh, è accaduto che Unionbirrai ha cambiato la propria natura giuridica, passando da associazione culturale ad associazione di categoria. Ciò significa che saremo più rappresentativi soprattutto nell’abito istituzionale, superando uno dei limiti più vincolanti dello statuto precedente. Quest’ultimo in particolare è stato totalmente redatto da zero come se fossimo al cospetto di una nuova associazione: abbiamo mantenuto il nome e altri aspetti che sono stati ritenuti importanti dal gruppo di lavoro dedicato, composto anche di produttori che fino a quel momento non avevano trovato elementi di interesse in un’associazione culturale (ad esempio Toccalmatto e Brewfist, ndR).

Una dei passaggi più importanti del nuovo statuto è che ora i soci produttori sono gli unici ad avere il diritto di voto su questioni gestionali di Unionbirrai. Rimane comunque aperta la possibilità di associare persone che vogliono dare una mano, nella forma di soci ordinari, senza chiaramente diritto di voto.

C’è quindi una distinzione tra socio produttore, cioè birrificio, e socio ordinario?

Esatto. I birrifici sono soci produttori, le beer firm e gli appassionati no. Il diritto di voto è dunque consentito solo a chi possiede un codice accisa e, soprattutto, a chi rispetta determinati requisiti ispirati ad alcune norme legislative. Per noi il birrificio che può associarsi deve essere indipendente, non deve produrre più di 40.000 hl l’anno, né ricorrere a pastorizzazione o microfiltrazione. Nel corso del 2017 entreremo nel dettaglio di questi criteri.

Nonostante le novità a livello di statuto, confermi dunque che la parte “culturale” di Unionbirrai – uno degli zoccoli duri del’associazione – rimarrà attiva?

Assolutamente sì. La parte culturale continuerà a operare con tutte le sue attività, come i corsi di I e II livello e chiaramente il concorso Birra dell’anno. Anzi, posso affermare che funzioneranno ancora meglio, perché nel momento in cui partiremo con una gestione di carattere manageriale riusciremo a ottimizzare una serie di parametri considerati critici nella precedente organizzazione. Ecco, questa sarà una delle novità più importanti: una gestione manageriale di Unionbirrai, che consenta alle cose di funzionare come se fossimo un’azienda. In questa prima fase sto ricoprendo il ruolo di Direttore Generale perché mi è stato chiesto di dare un minimo di continuità nel percorso di trasformazione in atto, ma entro la fine dell’anno sarà individuato un manager che prenderà il mio posto e avrà il compito di far diventare Unionbirrai un’entità di alto livello.

Ottimo. Ma come siamo arrivati a questa trasformazione?

Nel 2015 fu organizzato a Firenze un incontro con poco meno di 100 birrifici. In quella sede denunciammo il fatto che come Unionbirrai non riuscivamo minimamente a raggiungere gli obiettivi prefissati a causa di una struttura inadatta a certi discorsi. Così avanzammo la proposta di creare una sorta di “associazione ideale” per capire come poi potesse calzare all’interno di Unionbirrai o di Assobirra – tra i presenti c’erano anche alcuni soci di quest’ultima. Da quel momento partirono 3 gruppi di lavoro formati da una quarantina di birrifici, che formularono obiettivi, requisiti e statuto dell’associazione immaginaria. Alla fine fu chiaro a tutti che l’unico soggetto in grado di accogliere tali istanze e rappresentare realmente la birra italiana artigianale e indipendente era proprio Unionbirrai. Così partì la fase di trasformazione, nella quale abbiamo mantenuto ciò che di buono era stato fatto negli anni, tra cui tutta la parte culturale.

Nel comunicato si parla anche di nuovi servizi per i soci. Puoi anticiparci qualcosa al riguardo?

In particolare ci concentreremo su quei servizi che, per inefficienza della struttura, non siamo riusciti a garantire nonostante le richieste dei nostri soci. Parliamo di servizi di natura legislativa, come uno sportello che risponda in maniera precisa e veloci su temi quali accise, etichettatura, esportazione e via dicendo. Sicuramente poi amplieremo altre tematiche alle quali abbiamo sempre pensato, ma che non siamo riusciti ad approfondire, come l’accesso al credito e l’internazionalizzazione. Inoltre come associazione di categoria potremo sviluppare delle iniziative di carattere commerciale che prima non potevamo svolgere nel migliore dei modi, perché semplicemente non possedevamo i giusti requisiti.

La nuova impostazione di Unionbirrai apre anche le porte a progetti rimasti fino a oggi nel cassetto, come l’organizzazione di una grande fiera nazionale di cui si vocifera da sempre. Una manifestazione che abbia come interlocutore sia il mondo degli operatori che quello degli appassionati… comunque è ancora presto per parlarne concretamente, occorre vedere come si svilupperà questa idea nei prossimi mesi.

Negli ultimi anni come Unionbirrai avete infuso tantissime energie in una riorganizzazione della disciplina delle accise, salvo poi scontrarvi con la beffa della recente diminuzione, priva dell’impostazione a scaglioni. Di fronte alla cecità della politica, pensare che valga la pena continuare questo discorso o preferite rivolgere gli sforzi verso altre questioni?

Vale la pena continuare perché abbiamo dei canali aperti e perché è una questione per la quale è giusto lottare, sebbene non sia una l’unica priorità della birra artigianale italiana. Perciò andremo sicuramente avanti, senza tuttavia dimenticare altri importanti temi da monitorare come l’etichettatura, le Italian Grape Ale, la legge sulla birra in generale, che risale al 1962 e che porta una marea di problemi per tutto il comparto. Quindi in termini legislativi ci sono diversi nodi da sciogliere, ma riteniamo che qualsiasi battaglia vada affrontata con il supporto della comunicazione, sulla quale abbiamo in mente di investire parecchie risorse. A ben vedere la partita del futuro per Unionbirrai si giocherà su questi due grossi binari: la modifica legislativa di tanti piccoli aspetti gestionali, in grado di rendere più competitive le nostre aziende, e la comunicazione, per veicolare i punti di forza della birra artigianale al grande pubblico.

A questo punto non posso esimermi dal rivolgerti una domanda che immagino si stiano facendo in molti. Se è vero che la trasformazione di Unionbirrai porterà tutti questi vantaggi, perché è stata compiuta solo ora, a distanza di quasi 20 anni dalla sua fondazione?

Perché è in questo momento che l’ambiente ha mostrato una maturità tale da permettere il passaggio ad associazione di categoria. Nello specifico se questa trasformazione oggi è stata possibile è grazie alla presa di coscienza della parte culturale di Unionbirrai. Come forse saprai precedentemente avevamo 180 soci rappresentanti di birrifici e più di 400 soci dell’ambito culturale: ebbene questi ultimi, in maniera quasi commovente, hanno deciso di farsi da parte – cioè rinunciare al proprio peso decisionale nella nuova organizzazione – pur di far compiere all’associazione un salto di qualità. A ben vedere è stata una decisione bellissima e positiva, l’unica versa scelta drastica da quando esiste Unionbirrai: una straordinaria espressione di maturità.

Un’espressione di maturità che, aggiungo, dimostra che l’ambiente talvolta è più coeso di quanto si pensi. Concludo con le cariche assegnate nell’ultima assemblea:

  • Per il Consiglio Direttivo sono stati eletti: Alessio Selvaggio (che ricoprirà per l’anno in corso il ruolo di Direttore Generale), Vittorio Ferraris, Andrea Signorini, Andrea Soncini e Pietro Di Pilato.
  • Per il Comitato Paritetico Corsi/Concorsi sono stati eletti: Manila Benedetto, Alfonso Del Forno e Donato Di Palma.
  • Per il Collegio dei Probiviri sono stati eletti: Enrico Borio, Giampaolo Miotto e Ellis Topini, Bruno Carilli (supplente) e Alessio Facchini (supplente).

Non mi rimane che fare un grosso in bocca al lupo a questa Unionbirrai 2.0, sperando che tutte le sue attività siano sempre più di supporto al movimento della birra artigianale italiana.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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